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Autore: Tony Stark    09/07/2016    1 recensioni
Preferiva la solitudine agli altri.
E tutto per una leggenda che lui nemmeno conosceva e che gli aveva distrutto la vita e continuava a farlo
Genere: Angst, Avventura, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Herobrine, Notch, Steve
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un-justified Hate
 Capitolo 24: The Black Tower Massacre
 
Il fuoco dell'ira aveva illuminato gli occhi viola del suo cavaliere. E Herobrine aveva sorriso con una gioia deviata nel vedere quello che era l'eroe di suo fratello venire contaminato dalla sua stessa furia.
 
Notch l'aveva creato per essere quello che lui non era mai stato, l'aveva creato per essere la sua "versione migliore", colui che avrebbe riportato l'equilibrio.
 
"Non più, fratello." pensò divertito. 
"Non ci sarà più alcun equilibrio da mantenere dopo che avremo finito"
 
 
<< Steven >> lo chiamò il sovrano. Lo sguardo pieno d'ira del giovane minatore si puntò nel suo e Herobrine sentì, sentì il potere che il suo caro fratello aveva dato a quel mortale. Un potere che avrebbe potuto essere pari al loro.
 
Un potere che non aveva alcuna inclinazione né al bene, né al male. Quel potere che era tanto forte quanto il suo possessore era incapace di usarlo.
 
Avrebbe insegnato al suo cavaliere come usare quel potere, avrebbe fatto in modo che venisse irrimediabilmente contaminato dalla sua oscurità.
 
 
 
 
Il demone aveva accettato il suo patto. 
 
Il sovrano dell'End sorrise crudelmente, mentre atterrava sull'isola più grande del suo regno.
 
Puntando il sigillo rosso che Notch aveva impresso nel suo regno, una runa simile a quella dei cristalli ormai scomparsi. 
 
Una runa che gl'impediva di riaprire il portale per il Overworld. Presto Herobrine l'avrebbe spezzato.
 
 
 
Doveva impedire a suo fratello di contaminare ancora il giovane Steven. Soprattutto ora, ora che lui sapeva chi era... che cos'era.
 
Doveva dividerli, ma purtroppo, al momento, nemmeno lui che era il Creatore di Minecraftia aveva abbastanza potere per contrastare la magia del fratello.
 
Poteva ancora fermarlo però e per farlo gli serviva lo scettro di Brine. Quello stesso strumento che aveva nascosto nel labirinto dello Slither. 
 
Lo avrebbe recuperato, personalmente, perché era ancora sicuro che fosse a causa sua che suo fratello era diventato così.
 
Sperava solo che Herobrine non trovasse  la Torre Nera prima che lui recuperasse lo scettro.
 
 
 
Steven era al suo fianco, come doveva essere. Lui e il suo cavaliere sarebbero tornati nel Nether. Lì, oltre il Deserto delle Anime avrebbe trovato il portale che conduceva alla dimensione in cui Notch aveva nascosto la Torre Nera.
 
 
Avrebbe potuto semplicemente teletrasportarsi nel suo regno, ma non voleva che il suo cavaliere fosse troppo confuso dal trasporto dimensionale. Quindi aveva preferito aprire, grazie alla sua magia che ora era più forte di quanto lo fosse mai stata, uno squarcio nella dimensione dell'Overworld.
 
Un portale per il Nether. Lo squarcio brillava di vortici viola perlacei. Un coro di grida tormentate e il crepitio furioso delle fiamme proveniva da questo come uno spaventoso sottofondo.
 
Insieme attraversarono lo squarcio dimensionale. Un cupo rumore come turbinare di un vortice risuonò nell'aria mentre questa si piegava e si torceva come spostata da un vento immobile, saturandosi di viola.
 
Il turbinio si fermò e lo squarcio si richiuse dietro di loro.
 
L'aria era calda, densa di zolfo. Una nebbia sui toni dell'arancio saturava l'ambiente scuro. Illuminato da alcuni fuochi che bruciavano la roccia rossa venata di magma che componeva il terreno di quell'inferno.
 
Delle enormi colonne d'ossa spuntavano dall'alto soffitto e dal terreno, come scheletri di enormi esseri, morti secoli prima.
 
Il magma ribolliva in un lago poco distante da loro. Ribolliva e scorreva lentamente fondendo le sue rive.
 
 
Steve si era bloccato, non per lo shock, anche se era una piccola parte del motivo della sua immobilità, ma perché non riusciva a respirare. L'aria era troppo calda, troppo densa. Come fosse liquida.
 
Herobrine notò il disagio del suo cavaliere e, tracciando una spirale  nell'aria bollente, sussurrò qualcosa. L'aura rossa lo avvolse nuovamente.
 
<< muirepmi suem ni, et ogetorP1 >>
 
E immediatamente, per Steve, fu come se l'aria avesse smesso di essere così soffocante, come se quel calore infernale non lo infastidisse in alcun modo. Come se il Nether lo avesse appena accettato.
 
<< Vieni, mio cavaliere, abbiamo molto da fare >>
 
E Steve lo seguì... D'altronde perché avrebbe dovuto dubitare dell'originale, quando lui era solo la sua copia?
 
 
 
 
Il giovane minatore era ancora troppo accecato dalla rabbia per rendersi conto di essere stato ingannato dal demone dagli occhi bianchi.
 
 
 
 
 
Herobrine vide che il suo mortale era affascinato dal Nether. Più di quanto ne era spaventato.
 
Attraversarono uno dei suoi giardini, la Netherrack era coperta da uno strato di vegetazione di un verdino-giallastro e degli alberi crescevano qua e là in questa distesa "viva", la corteccia pareva essere coperta di tizzoni ardenti e le foglie sembravano essere fatte di fiammelle, azzurro-arancioni. Dei funghi di un brillante celeste luminoso crescevano nei punti più buii assieme a dei normali funghi marroni e a delle piantine dal fusto rosso sangue con dei piccoli fiori bianchi che emanavano lo stesso odore alchemico delle Blaze. 
 
E in piccoli cespugli crescevano dei fiori dai colori del fuoco che parevano innocui all'apparenza con quell'invitante profumo dolce che emanavano. Ma che erano capaci di dar fuoco a chiunque li toccasse.
 
 
Il suo regno era pericoloso anche nei luoghi in cui pareva non esserci alcun pericolo.
 
 
Attraversarono una distesa apparentemente infinita di Netherrack inframmezzata da alcune pozze di magma circondate da Erba del fuoco. E raggiunsero il Deserto delle Anime, una distesa di sabbia delle anime che si estendeva fin dove l'occhio poteva vedere. 
 
Le anime dannate galleggiavano in questa oscura distesa, legate a delle tombe in pietra grezza. 
 
 
Al passaggio del sovrano le anime si zittivano, i loro lamenti si fermavano del tutto. Mentre al passaggio del suo mortale le anime riprendevano il loro coro sofferente. Mentre cercavano di farlo affondare nel loro pozzo di oscurità. Non riuscendoci. Perché il giovane minatore aveva la protezione del Sovrano di quel regno d'inferno.
 
 
 
 
 
 
Il labirinto dello Slither si estendeva in una dimensione esterna all'Aether sebbene ne facesse parte. 
 
Era un luogo oscuro e pericoloso persino per il Creatore di Minecraftia.
 
La pietra che componeva le pareti era coperta di rune circolari, viola, nere e indaco che contenevano il pericoloso Slither e gli impedivano di fuggire dal labirinto.
 
Notch sapeva che mancava poco al punto in cui lui aveva nascosto lo scettro di Brine. Ma nel momento stesso in cui lo raggiunse. Sentì come una folata d'aria gelida colpirlo.
 
Herobrine e Steve avevano raggiunto Dustopia.
 
 
 
 
 
 
Quando attraversarono il portale, che era nero, nero come il Vuoto, si trovarono in un regno oscuro.
 
L'aria era polverosa, stantia. Aveva l'odore della morte. 
 
Herobrine stesso sentì l'aura opprimente di quel luogo. Lo sentì stringerlo e soffocarlo, senza dargli tempo di comprendere dove si trovasse.
 
 
Il demone chiamò a sé il suo scettro. La gemma brillando illuminava il loro passaggio. 
 
La terra sotto i loro piedi era nera come petrolio, e il cielo... non c'era un cielo in quel mondo oscuro.
 
 
Lui e il suo cavaliere proseguirono per quel mondo oscuro e soffocante. Non c'era nulla oltre loro e i loro passi risuonavano nel silenzio.
 
E poi la videro.
 
Centinaia di luci color sangue la illuminavano.
 
Era una torre costruita con una pietra tanto scura da assorbire qualunque luce. I pilastri che la sostenevano erano però bianchi del più pregiato marmo.
 
Al centro della torre vi era un frontone di vetro rosso, nero e grigio che insieme formavano quattro ombre immerse in uno sfondo rosso.
 
Le alte porte di massiccio legno oscuro, non si aprivano. In alcun modo.
 
Finché Steven non si avvicinò poggiando una mano su di esse. Una ramificazione viola illuminò la porta e questa si aprì.
 
L'interno era illuminato da una luce quasi angelica, fin troppo bianca. E una serie di minuscoli canali segnavano il pavimento come percorsi di minusoli fiumi ormai in secca.
 
Al centro dell'enorme sala, sotto il pavimento di vetro passava un fiume d'acqua purissima.
 
E ai lati vi erano quattro figure, immobili come fossero semplici armature esposte.
 
Una di queste impugnava una falce dalla lama che scaturiva dalle fauci spalancate di un teschio di drago ghignante. L'altra, un falcetto da mietitura, semplice dal manico in legno.
Di quelle sulla sinistra una impugnava una spada, dalla lama nera l'elsa aveva la forma di un artiglio di drago che reggeva la lama mentre l'impugnatura era la zampa di questa. L'altra, teneva in mano una fiala di vetro che terminava in una lunga punta cava di ferro.
 
E nel punto in cui le quattro armature guardavano c'era un altare con una splendida rosa azzurra che galleggiava su questo.
 
 
<< Steven, questo è l'ultimo passo che dobbiamo fare. Raccogli quella rosa >>
 
 
Il suo cavaliere, dagli occhi ancora pieni di furia e odio, si diresse verso l'altare. Le armature non si mossero. 
 
E raccolse la rosa azzurra che lentamente si tinse di viola e poi di nero.
La luce bianca che illuminava la torre si tinse di rosso.
 
 
I quattro cavalieri che proteggevano l'ultimo altare si svegliarono.
 
Ma il demone aveva altre idee per loro.
 
Suo fratello aveva detto, millenni prima, che per ottenere il più alto, e oscuro, fra i poteri avrebbe dovuto compiere un sacrificio di sangue. Nell'ultima dimensione del mondo da loro creato... Dustopia.
 
 
Richiamò la falce, questa aveva una forma diversa più letale, una doppia lama di diamante sostenuta da un fregio, a forma di fiamma, d'oro e ametista.
 
<< Sta' indietro, Steven >> ordinò, la sua voce era cupa, oscura. Steve fece come gli era stato detto. Mentre sentiva un sibilo nella sua mente. Una voce che lui non conosceva
 
< Non farlo, Steven. Non permetterglielo >
 
 
La falce roteò in aria, tagliandosi senza difficoltà una strada nelle armature nere dei quattro cavalieri. 
Tagliando loro gli arti, con una facilità incredibile. Mentre il folle sovrano rideva, rideva col volto macchiato dal sangue rubino dei suoi nemici.
 
Il sangue cominciò a defluire lungo i piccoli canali, e il fiume d'acqua pura che scorreva sotto la torre si tinse di sangue.
 
La Torre tremò.
 
 
 
 
 
La barriera che proteggeva il tempio di Notch scomparve frantumandosi come vetro. Mentre l'ultimo altare veniva corrotto, nello stesso istante in cui il Creatore di Minecraftia vi arrivava portando con sé lo scettro di Brine. Ma ormai non c'era più nulla che potesse fare.
 
 
 
 
Herobrine aveva conquistato il potere supremo...
Niente poteva più fermarlo... No, non era così... Poteva fare ancora una cosa...
 
 
Avrebbe mandato Steven, il canalizzatore del potere supremo di suo fratello, nell'End.
 
 
"Non volevo che finisse così" pensò affranto Notch, mentre faceva roteare lo scettro tracciando velocemente runa dopo runa.
 
Doveva farlo prima che Herobrine  ponesse la sua runa protettiva su Steve.
 
 
 
 
 
 
 
 
Amici miei, questa storia sta per giungere alla sua fine. Ma ancora c'è molto che io stesso non so... so però che non vi è alcuna certezza... Sarà il giovane Steven a scrivere il suo destino.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore 
 
Ringrazio: Mattalara per aver recensito il precedente capitolo.
 
Piccola nota:
 
1. "muirepmi suem ni, et ogetorP", "Protego te in meus imperium" in latino significa, "Ti proteggo nel mio regno" E' una specie di formula da imperatore che significava che si aveva il via libera all'interno dell'Impero romano... ma in questo caso è come se Hero avesse reso Steve parte del Nether, per permettergli di sopravvivervi.
 
-Anthony Edward Stark
   
 
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