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Autore: xSabryx    10/07/2016    2 recensioni
'Siamo solo amici.' ripeteva la mia testa. E intanto il mio cuore tremava come il terreno durante un terremoto.
'Siamo solo amici.' mi dicevo. Ma ogni bacio era una coltellata di piacere che non riuscivo a disprezzare.
'Siamo solo amici.' sussurrava il mio cervello. 'Lui non ti piace, meriti di meglio.' Meritavo di meglio, forse sì. Ma in quel momento non riuscivo ad immaginare nulla di migliore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 3
 
‘Non c’è nulla interamente in nostro potere,
se non i nostri pensieri.’

~ Renato Cartesio
 
Tornai a casa ancora amareggiata per la magnifica notizia ricevuta. Già la scuola era un carcere di per sé, ora avevo anche un pessimo compagno di cella. Guardai sul telefono la lista delle canzoni, pentendomi di non averne scaricate di nuove. Era da un po’ che non mi interessavo di musica nuova, la verità era che ciò che preferivo delle canzoni era il ricordo a cui le attribuivo. Ogni canzone mi faceva ripensare ad un particolare momento della mia vita. Così decisi di ascoltare ‘Counting Stars’ dei OneRepublic ricordandomi di quella notte stellata trascorsa durante l’estate precedente. Sorrisi al pensiero di me e le mie amiche distese sulla spiaggia di notte a guardare quei mille puntini luccicanti, con il rumore delle onde come sottofondo. E un improvviso senso di malinconia mi pervase. Pochi mesi, e forse avrei potuto rivivere un momento del genere.
Dopo pranzo mi catapultai in camera per ripetere gli ultimi argomenti di filosofia che avevo già studiato durante le vacanze. Il mio telefono vibrò e lo sbloccai per leggere il messaggio. Era Claudio.
‘Selene, scusa il disturbo. Potresti darmi una mano con filosofia?’
Era dall’inizio dell’anno che mi chiedeva i compiti, cominciai a domandarmi se avesse un diario. Non era possibile che non li scrivesse mai.
‘Certo. Vuoi solo le pagine dell’ultimo assegno o tutte quelle che servono per l’interrogazione?’
La risposta arrivò subito.
‘In realtà pensavo che potremmo vederci, se ti va. Ho davvero bisogno di prendere un buon voto. Dai, vieni a casa mia per le 4, ti offro una merenda con i fiocchi.’
Rimasi sconvolta per l’invito e sorrisi per l’offerta non poco invitante della merenda. Ma si, in fondo Claudio era un bravo ragazzo, a differenza del suo amichetto deficiente, quindi perché non aiutarlo.
‘L’offerta è molto allettante. Ci vediamo dopo!’
Cliccai invio e guardai l’orario sul mio orologio: 2.35. C’era tempo per un sonnellino.
 
“Prego, entra!” disse Claudio. Varcai la soglia di casa sua e rimasi esterrefatta. La casa era stupenda, in perfetto ordine. Il pavimento era in parquet e l’ambiente era grande ma confortevole. La signora Ceppi uscì da quella che pensai fosse la cucina e mi venne incontro per salutarmi.
“Molto piacere Selene, io sono la mamma di Claudio.” Disse porgendomi le mano che io strinsi delicatamente. La signora aveva un aspetto per così dire angelico, con i capelli biondi leggermente mossi e gli occhi color nocciola. Solo alcune rughe le segnavano il viso, ma non rovinavano per niente il suo aspetto. Anche il suo sorriso era confortevole, dava l’impressione di essere una persona con cui è piacevole trascorrere del tempo. Claudio aveva i suoi stessi occhi ma i suoi capelli erano neri come la pece, e anche la pelle era più scura.
“Piacere mio.” Risposi, poi Claudio mi fece togliere il giubbino e lo appese in un apposito appendiabiti per gli ospiti. Tutto lasciava pensare che la sua famiglia stesse abbastanza bene economicamente.
“Andiamo in camera mia, lì staremo più tranquilli.”
 
“Cogito ergo sum. Penso quindi esisto.” Spiegai per  la terza volta a Claudio. Cartesio proprio non gli piaceva.
“Ma che senso ha una cosa del genere? Cioè una persona esiste soltanto perché pensa? Non significa nulla!” replicò lui.
“Non puoi non pensare a qualcosa, quindi un senso ce l’ha. Comunque a te cosa importa se ha senso? Tanto devi dirlo così alla professoressa.” Risposi gesticolando un po’.
“Mi importa perché mi chiedo quale sia il motivo per il quale noi studiamo queste cavolate.” Forse aveva ragione. Improvvisamente il suo telefono squillò. Claudio lo prese e rispose.
“Ehi.. Lo so, lo so. La sto facendo anch’io. Una cosa impossibile.’ Parlava di filosofia supposi. ‘Casco, non so come aiutarti.”
“Casco?” mi venne spontaneo chiedere.
“E’ Paolo.” Rispose, e sentii un’altra fitta allo stomaco. Perché mi dava sempre quella sensazione il suo nome. “No Casco, non parlavo con te ovvio. Chi c’è con me? Selene.. Cosa?”
“Che dice?” chiesi curiosa. Ormai ero stata messa in mezzo.
“Vuole parlare con te.” Volevo morire. Poi pensai che non avevo nulla da temere. Con la mia acidità e la repulsione che provavo verso di lui non sarebbe durata molto la conversazione. Feci cenno a Claudio di passarmi il cellulare.
“Pronto?” dissi.
“Compagna di banco! Che onore!” Disse Paolo. Non capivo se fosse ironico o meno. Decisi nel dubbio di stare al gioco.
“L’onore è tutto mio. Allora, cosa desidera?” chiesi, ansiosa di concludere la chiacchierata, fin troppo amichevole per i miei gusti.
“Se avessi saputo che davi lezioni private, ne avrei prenotata una prima di quel coglione di Ceppi.” Disse. “Guarda che ti sento stronzo!” replicò l’amico. “Scusa tesoro!” risi alla sua risposta.
“Mi dispiace, troppo tardi.” Aggiunsi io.
“Non fa nulla, tanto ora avrò tutti i giorni per farmi aiutare, bambola.” La mia mente si soffermò solo e solamente su ‘bambola’.
“Bambola?” chiesi senza parole.
“Pensavo ti piacesse come soprannome.” Affermò serio. Ma era la prima volta che mi chiamava così.
“E quando te l’avrei detto che mi piace?” chiesi infastidita. Claudio intanto rideva ascoltandoci.
“Quindi tu.. niente, lascia stare. Ripassami Claudio che già mi sono stancato di parlare con te.” Un secondo prima mi aveva chiamata ‘bambola’ con una confidenza che non c’era mai stata tra noi, e poi mi scaricava così. Decisi di non alterarmi per non rovinarmi la serata.
“Subito.” Mi limitai a dire prima di passare il telefono al suo legittimo proprietario.
I due parlarono un altro po’ mentre io mi rileggevo gli schemi di filosofia senza dar loro molto conto. ‘Meglio pensare alle cose serie’ mi dissi, e di certo Paolo, o Casco come lo chiamava Claudio, non era né serio, né utile. Anzi era del tutto insignificante. Ma perché ci stavo ancora a pensare? Quando ebbero finito la chiamata Claudio si rivolse a me con un sorriso.
“Scusa. Che ne dici di fare merenda?”
“Non aspettavo altro.”
 
Il mattino seguente un timido sole mostrava qualche raggio tra le nuvole, anche se la sua presenza sembrava del tutto vana viste le basse temperature. La mia era una città di montagna fondamentalmente, e in fondo ci ero abituata. Arrivai velocemente a scuola, senza fare alcun incontro che avrei ritenuto in quel momento sgradevole. La serata con Claudio era andata bene, lui era simpatico e la madre gentilissima. Mi piaceva l’idea di frequentarlo anche più che come semplice compagno di classe.
Arrivata in classe, lasciai lo zaino vicino al mio ‘nuovo’ banco e fui contenta che almeno Paolo non fosse ancora lì. Sperai in realtà che non venisse affatto, in modo da risparmiarmi il primo giorno di tortura. Purtroppo dopo cinque minuti, il mio acerrimo nemico varcò la soglia della porta della classe, e io sospirai scocciata guardando Bianca. ‘Dai, ce la farai!’ mi aveva rincuorato, ricordandomi anche che lei sarebbe stata proprio davanti a me se avessi avuto bisogno.
Paolo si sedette affianco a me e mi diede il buongiorno, come se fossimo amici. Io risposi per educazione ma avrei voluto tanto dirgliene quattro per il suo comportamento.. di sempre.
Durante la mattinata non mi diede molto a parlare, anche perché ogni occasione era buona per entrambi per alzarci. Non sarebbe stato facile affrontare un intero anno in quel modo. Pesante davvero.
 
“Mi piacerebbe sapere cosa disegni su quei fogli.” La voce di Paolo mi sorprese. Stavo appunto facendo uno dei miei scarabocchi mentre la professoressa di arte cercava di spiegare qualcosa anche se nessuno la ascoltava.
“Nulla, sono solo dei ghirigori che faccio quando non ho voglia di seguire le lezioni.” Dissi minimizzando al massimo il mio lavoro.
“Fammi vedere.” Disse strappandomi i fogli di mano, senza chiedermi il permesso.
“Ridammeli!” gli urlai contro, ma senza alcun successo.
“Caspita Sel, sei veramente brava!” non c’era alcuna ironia nelle sue parole, solo ammirazione. Mi stupì.
“Grazie.” Risposi sentendo un leggero calore alle guance. Ero.. in imbarazzo.
“Hai mai pensato di farli vedere a qualcuno?” disse rivolgendo il suo viso di nuovo verso di me. Era proprio serio, come non lo avevo mai visto.
“No, è solo un hobby.” Gli spiegai, senza capire il suo intenso interessamento.
“Beh, per me dovresti bambola.” Ancora quel soprannome?
“La smetti di chiamarmi così?” chiesi, ma ridendo.
“No, sei la mia bambola ormai. Ho deciso.” Disse per poi tornare a guardare i miei disegni, lasciandomi letteralmente senza fiato.

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Ciao a tutti!
Sono (finalmente) tornata per un nuovo capitolo. Prima di parlare di quest'ultimo, vorrei ringraziare davvero di cuore chi ha recensito la storia e chi la legge. Vi adoro! Ho chiesto quattro recensioni e avete avverato il mio desiderio. Grazie mille!

Parlando invece della fanfiction, con questo capitolo scoprite un po' il personaggio di Claudio, migliore amico di Paolo anche se abbastanza diverso da quest'ultimo. Come si evolverà il rapporto di Selene con entrambi?
Al prossimo capitolo!
Baci xx
Sabry

P.S. Se arrivassimo a 5 recensioni, potrei postare immediatamente il prossimo capitolo ;)

 
  
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