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Autore: Melina     20/04/2009    1 recensioni
“Mmmm” disse Starsky avvicinandosi per abbracciare Hutch “Adesso ho capito! Mi vuoi prendere per la gola!” e lo baciò su quelle labbra morbide ancora impregnate del sapore del caffè che aveva bevuto a colazione.
“No, non per la gola...” rispose sussurrando Hutch.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non possiedo i personaggi di Starsky e Hutch. Questa fiction non è intesa come infrangimento di nessun diritto di autore, ed è senza fine di lucro.

 

Starsky&Hutch

WHAT YOU MEAN TO ME

 

“Mescolare 250 grammi di farina con un cucchiaio di sale” lesse Hutch ad alta voce da un librone alquanto polveroso che dava l'idea di non essere stato più aperto dai tempi della guerra di indipendenza “versare 165 millilitri di acqua tiepida... dunque acqua tiepida, acqua tiepida...” mormorò cercando con gli occhi qualcosa come una brocca per misurazioni che avrebbe dovuto aspettarsi di non trovare nell'appartamento di un soggetto altamente anti-cibo-sano come Starsky. Poi scuotendo la testa afferrò direttamente la bottiglia d'acqua minerale comprata appositamente per la ricetta e si mise a studiarla in controluce come per cercare di misurare la quantità a occhio.
“Aggiungere un cucchiaio di olio d'oliva e il lievito...” mentre impastava, Hutch sentì un rumore provenire dalla camera da letto, poi il suono familiare della voce di Starsky raggiunse la cucina dove Hutch si stava lavando le mani dopo aver impastato.
“Vedo la mia cucina messa sotto sopra ma non sento nessun profumino qui...” disse Starsky sbadigliando mentre baciava i capelli biondi di Hutch, che era ancora occupato a coprire l'impasto con uno straccio umido prima di lasciarlo lievitare.
“Cosa stai combinando? Spero che sia buono almeno!” rise Starsky nell'orecchio di Hutch il quale si girò immediatamente per poterlo guardare in faccia “Se non è buono puoi dare la colpa direttamente a tua madre” sorrise Hutch.
“Mia madre? Cosa c'entra adesso mia madre?” chiese Starsky con quella sua voce da bambino ingenuo che faceva sempre venire i brividi lungo la schiena ad Hutch. “Chiedilo a lei, su quel libro di cucina ebraica che ho trovato sullo scaffale c'è il suo nome” disse Hutch indicando con un cenno del capo il volume in questione aperto sul tavolo mentre riportava velocemente l'attenzione sulle parole di Starsky invece che sul suono della sua voce.
“Ah... il famoso manuale di cucina tradizionale della famiglia di mamma!” disse Starsky schioccando le dita all'improvvisa illuminazione “Non lo tiravo fuori da decenni” aggiunse poi con un'espressione tra sognante e incuriosita “Come hai fatto a trovarlo?”
“Che mestiere faccio, Starsk?” chiese retoricamente Hutch scompigliando i capelli di Dave con una mossa gentile.
“Molto divertente, Biondino. Molto divertente...” gli fece il verso Starsky con un sorrisino sciocco stampato in faccia “Sai, quel libro se lo tramandavano di madre in figlia, ma a mia madre è andata male in quanto a figlie femmine... e poi nè io nè Nick ne abbiamo...”
“Mi sa che tua madre dovrà cominciare a sperare eredi solo da Nick...” lo interruppe Hutch con un sorriso caldo e facendo passare il braccio dietro il collo di Starsky.
“Oh, non ti preoccupare per lei, una volta mi ha detto che aveva già rinunciato ad avere nipotini da me quando le hai telefonato la prima volta per avere la ricetta del Paul Muni Special” disse Starsky guardando negli occhi di Hutch spalancati dallo stupore, poi avvicinò il viso al suo e gli baciò delicatamente la fronte “Ma se fosse per me saprei a chi affidare il libro di ricette di famiglia senza pensarci due volte...” sussurrò, e sentì il rossore avvampare sulle guance di Hutch senza bisogno di vederlo.
“Adesso mi vuoi dire cosa mi hai cucinato?” continuò Starsky sempre stando a pochi millimetri dalla fronte di Hutch.
“Oh, giusto... Bagels” disse Hutch, rompendo il corso dei suoi pensieri, e si spostò per andare a cotrollare il livello di lievitazione dell'impasto.
“Bagels? Con i semi di sesamo?” Hutch annuì divertito dalla reazione di Starsky “Mi sono perso qualcosa? Non è mica il mio compleanno... com'è che ti sei messo a spignattare così in un giorno che non ha nulla al di fuori dell'ordinario?” chiese sorpreso Starsky, che evidentemente non capiva le ragioni del partner.
“Intanto questo non è un giorno che non ha nulla al di fuori dell'ordinario perchè oggi Dobey ci ha dato la mattina libera; e questa da sola sarebbe una ragione sufficiente per festeggiare” Starsky sogghignò e annuì mentre Hutch faceva un cenno di assenso col capo “e in secondo luogo, mi andava di fare qualcosa di speciale per te” aggiunse dolcemente.
“Mmmm” disse Starsky avvicinandosi per abbracciare Hutch “Adesso ho capito! Mi vuoi prendere per la gola!” e lo baciò su quelle labbra morbide ancora impregnate del sapore del caffè che aveva bevuto a colazione.
“No, non per la gola...” rispose sussurrando Hutch dopo che si furono staccati.
“Come sarebbe?” ribattè Starsky con quel suo tono da finto tonto, come usava definirlo affettuosamente Hutch.
“Sarebbe che l'impasto deve riposare ancora per un'ora almeno, e io odio sprecare i giorni di vacanza” disse Hutch tirando Starsky per un braccio.
“Non dirlo a me” disse lui quasi tra sé e sè menre si lasciava condurre verso la camera.

---

“Si può sapere dove diavolo siete stati fino ad ora?!” tuonò la voce di Dobey ancora prima che Starsky potesse appendere la giacca alla sedia subito dopo aver lasciato Hutch al piano di sotto per ritirare dei fascicoli.
Dopo colazione avevano indugiato un po' troppo sotto la doccia, e Hutch aveva insistito per passare da casa sua per occuparsi delle sue piante prima di entrare in servizio, Hanno bisogno della loro potatina settimanale, non posso andare al lavoro senza prima prendermene cura, aveva detto Hutch adducendo la cosa come scusa.
“Ehm, Capitano, sa com'è... una questione di vita o di morte” mentì Starsky, ma non era del tutto una bugia; se per Hutch le sue piante costituivano un impegno irrinunciabile, era anche vero che Starsky adorava vedere il suo partner così rilassato, e da un po' di tempo questo era diventato raro tra lo stress del dipartimento e quello che procurava loro dover fare i conti con la nuova relazione che li univa. Così ogni notte che non passavano a Venice Place, Starsky accompagnava Hutch a casa sua per bagnare le piante e questo gli dava una scusa per guardarlo. Avrebbe passato volentieri lì tutta la giornata dimenticando i criminali di Bay City pur di poterlo vedere sempre così. Il viso rilassato, un sorriso beato e quegli occhi. In quegli istanti erano accesi da una scintilla di vivacità e a Starsky ricoradavano tanto quelli che il suo biondino aveva avuto quella sera a casa sua, sul divano, appena lui gli aveva tolto la benda.
Il pensiero lo fece sorridere e Dobey se ne accorse “E allora?” chiese brusco.
“Oh, scusi Capo, pensavo ad altro” rispose Starsky.
“L'unica cosa a cui devi pensare ora è a scrivere quel maledetto rapporto sul caso della settimana scorsa che tu e il tuo partner non mi avete ancora consegnato, capito? E poi dov'è Hutchinson?!” sbraitò Dobey mentre rientrava nel suo ufficio sbattendo la porta in un modo che se fosse stato Starsky a farlo gli avrebbe di sicuro tirato dietro una sedia come minimo.
Già, dov'era Hutch? Starsky era ancora immerso nei suoi ricordi della mattina appena passata per accorgersi della sua assenza.
Dopo una buona mezz'ora Hutch rientrò dalla porta dell'ufficio e si sedette al solito posto davanti alla scrivania di Starsky.
“Starsk?” richiamò l'attenzione del partner.
“Che c'è Hu...” Starsky alzò la testa di scatto e rimase così stupito da quello che vide che quasi gli sembrò di essere rimasto paralizzato. I baffi di Hutch erano spariti e al loro posto era ricomparsa la sua bella pelle chiara che creava un delizioso contrasto con il resto del suo viso ambrato dall'abbronzatura. Anche i capelli erano più corti, e il primo pensiero che attraversò la mente di Starsky fu quello di avere di nuovo davanti l'Hutch dei primi anni di servizio. Certo, la sua forma fisica non era più acerba ed esageratamente snella come allora, e aveva anche qualche capello in meno a dirla tutta, ma Starsky non potè negare di aver avuto la stessa sensazione di quando si erano incontrati per la prima volta.
“Così è abbastanza potato per i tuoi gusti” disse Hutch sorridendo all'amico.
Improvvisamente Starsky si ricordò della conversazione avuta poche ore prima a casa di Hutch.
***
“Lo sai che sei bellissimo mentre sei impegnato, Biondino?” disse Starsky con un'alzata di sopracciglia molto provocante.
“Se non la smetti di guardarmi così non sarò impegnato con queste ancora a lungo” disse Hutch indicando le piante sul tavolino della serra “Questa ha bisogno di una potatina...” continuò posando lo sguardo di nuovo sul suo Philodendron Scandens.
“Una volta tanto ti dovresti decidere a dare una potatina anche a quello spazzolino da denti che ti ritrovi sotto al naso” disse Starsky alludendo ai baffi incolti di Hutch.
“E chi mi dice che non rimpiangerò di averli tagliati?” chiese Hutch con voce accusatoria ma divertita allo stesso tempo.
“Te lo dico io. Non ti fidi?” disse Starsky lasciandosi cadere su una sedia.
“Vengo in macchina con te sì o no?” rispose Hutch sorridendo nella direzione di Starsky mentre la sua attenzione stava già tornando alle sue piante.

---


“Non ti piace, lo sapevo” sospirò Hutch sconsolato mentre appoggiava la schiena alla sedia.
Starsky nel frattempo si era ripreso dalla sorpresa e aveva appena realizzato cosa avesse detto il suo partner “Ma che dici, Hutch! Sei meraviglioso!” disse un po' troppo ad alta voce, subito dandosi un'occhiata in giro per controllare che nessuno dei loro colleghi avesse sentito.
A questo punto Hutch sembrò rilassarsi un po' “Pensavo che prendere questa decisione in modo improvviso mi avrebbe impedito di cambiare idea nello spazio del tragitto da qui al barbiere all'angolo” disse Hutch tutto d'un fiato, così velocemente che Starsky fece fatica a captare tutte le parole.
“Non potevi prendere una decisione migliore” sorrise Starsky e subito aggiunse “Sì, sì, mai migliore di quella dell'altra sera” vedendo la reazione imbronciata di Hutch, che pensava al loro primo bacio.
“Questa è la seconda sorpresa che mi fai oggi, Biondino” riflettè Starsky “E in più sei andato tu a reclamare quei documenti giù in archivio senza fiatare quando Dobey ce l'ha chiesto... e ora che ci penso ieri da Huggy hai pagato il conto senza tentare di farti fare il solito sconto clienti affezionati”.
“Cosa c'è di male nel voler rendere felici le persone a cui teniamo, me lo dici Starsk?” si difese Hutch, cercando di convincere più se stesso che l'amico, cosa che non sfuggì a Starsky dandogli così la possibilità di andare a fondo della questione.
“Non è solo questo, e lo sai. Vuoi che tutti siano felici, ma tu non lo sei” disse piano Starsky guardando Hutch dritto negli occhi. Lui si lasciò sfuggire un sospiro profondo “Si vede così tanto?” disse alla fine guardando in basso.
“Io lo vedo. Perchè ti amo, Hutch” sussurrò Starsky appena percettibilmente, così che solo Hutch potesse sentirlo.
“Lo so” disse altrettanto piano Hutch sorridendo e resistendo all'irrefrenabile impulso di abbracciare Starsky e accarezzargli quella bella testolina riccia. Ancora una volta aveva colto nel segno. La verità era che aveva paura. Aveva paura di tutto quello che la gente avrebbe potuto pensare di loro, cosa che non lo aveva mai preoccupato né prima né ora, visto che per lui era la cosa più naturale del mondo, ma questa volta era diverso... erano lui e Starsky contro i pregiudizi di chi vedeva l'amore in un'unica direzione.
Neanche sapeva come, ma Starsky gli leggeva dentro come se fosse stato un altro di quei giornalini sul wrestling che aveva sempre in mano, e questo lo faceva sentire tanto piacevolmente compreso quanto infastidito dalla paura dall'essere messo a nudo così com'era, anche se sapeva benissimo che quando era con Starsky era veramente come voleva essere. Solo Hutch. Hutch...
“Hutch? Hutch?” Starsky lo stava chiamando.
“Sì...” rispose Hutch scuotendosi dai pensieri che lo avvolgevano.
“Qualsiasi cosa sia che ti turba ricordati che siamo in due, lo siamo sempre stati, e adesso non è diverso. Okay partner?” lo rassicurò Starsky mai rompendo il contatto visivo tra di loro.
“Non è il luogo né il momento qui per parlarne” tagliò corto Hutch subito pentendosi del tono col quale gli era uscita la frase, e cominciò a battere il famoso rapporto che Dobey aveva sollecitato. Starsky non disse niente.
“Comunque grazie” aggiunse dopo un po' Hutch, ed entrambi sorrisero.

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"Sembro davvero così diverso?" disse Hutch dopo un po' che erano sdraiati a guardarsi sul divano di Venice Place, uno con la testa appoggiata a un bracciolo e l'altro nella stessa posizione dall'altro lato.
"Sì e no" rispose Starsky con una voce insonnolita, poi continuò con un tono più concentrato "Voglio dire, eri già uno schianto prima, Biondino, ma adesso sei proprio come..."
"Come cosa?" lo interruppe Hutch ansioso e incuriosito.
"Come eri prima. Sai, quando eravamo normali" disse Starsky facendo strani cenni con le dita per indicare il 'tra virgolette' dell'ultima parola.
"Starsk, sono normale ora com'ero normale prima; e sfortunatamente anche tu lo sei..."
Alla battuta di Hutch, Starsky scosse la testa con la sua espressione da finto broncio e continuò senza badare alle allusioni di Hutch "Sai cosa cerco di dire, su. Siamo leggermente usciti dalla normalità, ora"
Hutch sorrise con quel suo speciale brillio negli occhi azzurro intenso, che sembravano essere ancora più intensi quando erano posati sopra quelli di Starsky "Fidati, non siamo noi a essere cambiati, è la nostra percezione della normalità che lo è"
"Hutch, normale significa sempre normale, non può cambiare" replicò Starsky interessato dalla piega che aveva preso la loro conversazione, dato quello che si erano detti poche ore prima in commissariato. Ora Hutch sembrava essere molto più tranquillo sul conto delle apparenze della loro relazione.
"Non sono d'accordo" disse Hutch, ansioso di esporre il suo punto di vista all'amico "E' solo una parola che descrive un concetto più ampio che ha a che fare con la naturalezza soggettiva di qualcosa, non credi? Alcune cose rimangono le stesse, ma altre cambiano per adattarsi alle situazioni"
Sì, sembrava proprio che si fosse preparato la lezione, pensò Starsky. Ma dirlo ad alta voce lo aiutava anche ad accettarlo meglio?
"Noi abbiamo cambiato parecchie cose, Hutch" disse Starsky con un tono realistico e alzando, con fare malizioso, entrambe le sopracciglia di almeno due centimetri.
"Sì, ma certe altre sono le stesse" continuò Hutch con un sorriso divertito "Come per esempio vederti mangiare un hamburger alle cipolle per colazione e ciambelle glassate per pranzo. O stare seduti in macchina per ore a giocare a 'indovina il numero che ho pensato' fino a che sarei disposto persino a parlare di verniciature e sospensioni pur di non doverti sentire un'altra volta chiedermi di pensare a un maledetto numero" A questo punto Starsky non riuscì a trattenere una risata mentre colpiva la spalla di Hutch con il piede per farlo star zitto. Ora sì che riconosceva il suo Hutch.
"Okay" disse appena si fu calmato abbastanza da poter pensare a come replicare "Ma invece tutte quelle cose che sono cambiate? Mi stai dicendo che ora sono normali per te?" lo provocò.
Starsky vide Hutch annuire "Infatti. Normalità per me significa svegliarmi con quelle tue gambe grasse e pelose attorcigliate intorno alle mie. Oh, scusa scusa, riformulo la frase" si affrettò a dire Hutch alla vista dell'espresione trucida del viso di Starsky "Allora, le tue forti e sensuali gambe pelose attorcigliate a me. Così va meglio?" aggiunse con un sorriso così timido che ricordò a Starsky quello di un bambino mentre tenta di scusarsi dopo aver rubato il famoso barattolo della marmellata dallo sportello più alto della cucina.
"Accettabile, accettabile. E poi?" si azzardò a chiedere Starsky con un sorrisino malizioso.
"Seriamente?..." chiese Hutch, ma senza aspettare una risposta cominciò "Normalità è andare al lavoro con la persona più intelligente che conosca e tornare a casa con quella più affascinante" poi, vedendo che l'amico era rimasto colpito decise di stemperare la tensione, ma sapeva che Starsky aveva capito che era sincero e che per questo non serviva insistere con gli argomenti seri "Oh, non mi dire... stai davvero arrossendo?" Al che Starsky arrossì sul serio e distolse lo sguardo "Vediamo che altro..." continuò Hutch, ma questa volta non rideva "Che ne dici di... tagliarmi capelli e baffi anche se non ne avevo l'intenzione solo perchè sei stato tu a chiedermelo? O avere te che mi ami in ogni momento, anche quando non me lo merito affatto. O sentire tutti i nervi del mio corpo svegliarsi al solo tocco delle tue dita sulle mie labbra" Adesso Starsky aveva rialzato lo sguardo e fissava Hutch stupito, ma resistette alla tentazione di tuffarsi tra le sue baccia e sbaciucchiarlo fino all'ora di cena, preferendo fare il suo stesso gioco e optare per una battuta delle sue "Di' la verità, Hutch, ci hai pensato tutta la notte e speravi che dopo queste moine ti saresti meritato un po' della mia esclusiva attenzione..." finendo di parlare Starsky diresse un paio di occhiolini verso Hutch.
Questo provocò nel biondo una risatina piena di imbarazzo "Esatto. Come sono andato?" disse alla fine.
Starsky allora si alzò con fatica cercando di non procurarsi uno strappo alla schiena e di non disturbare Hutch allo stesso tempo. Si sporse verso di lui per accarezzargli la guancia e il labbro superiore ora libero da quei baffi ispidi. Con uno sguardo penetrante avvicinò le sue labbra a quelle di Hutch e le baciò delicatamente mentre chiudeva gli occhi. Hutch rispose al bacio con altrettanta delicatezza, poi guardò Starsky come se aspettasse ancora la sua risposta.
"Direi che hai buone probabilità" disse allora lui sorridendo, poi ritornò a baciargli il collo.

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Era ancora buio fuori, ma qualcosa aveva svegliato Starsky nel bel mezzo di uno di quei suoi sogni che lo vedevano protagonista di una partita importantissima di baseball, questa volta era sicuro che la palla che aveva battuto sarebbe andata così lontana che neanche Speedy Gonzales sarebbe riuscito a recupararla prima che lui facesse il giro del campo.
Un po' deluso dal finale brusco che aveva subito la sua carriera da battitore, Starsky si girò sul fianco pensando di approfittare del fatto di essere sveglio per fare un po' di coccole ad Hutch. Qando non lo trovò alla sua sinistra la solita sensazione di inquietudine cominciò a farsi strada in lui dandogli quegli spiacevoli crampi allo stomaco, ma alla prima nota che sentì provenire dal soggiorno questi si calmarono, così come le rughe sulla fronte di Starsky si spianarono mentre si lasciava andare in un sospiro di sollievo accompagnato da un sogghigno per scacciare via la tensione.
Si chiese perchè Hutch alle tre di notte fosse in piedi e stesse suonando la chitarra sapendo benissimo che lui era addormentato nella stanza accanto, si alzò deciso a scoprirlo e si fermò poco distante il divano dove Hutch sedeva con la chitarra in braccio.
"If you could see me now..." Hutch aveva iniziato a cantare e Starsky preso da un'improvvisa ispirazione rispose alla frase.
"Va bene che non ho più vent'anni, ma ci vedo ancora piuttosto bene, sai?" affacciandosi da dietro al divano così da rivelare la sua presenza ad Hutch,
il quale alzò gli occhi dalla chitarra con uno sguardo truce al commento dell'amico, ma tuttavia continuò a cantare con un mezzo sorriso "The one who said he'd rather roam..."
"Eh, sai com'è biondino... si invecchia..."
"The one who said he'd rather be alone..."
Hutch di nuovo alzò lo sguardo come se si aspettasse un'alra battuta. Il piccolo giochetto di Starsky cominciava a divertirlo sul serio, e adesso il sorriso era ben evidente e gli illuminava il volto
"I presenti non contano, come sempre, vero?" lo punzecchiò Starsky che intanto si era seduto sulla poltrona di fianco ad Hutch, e cercava come una risposta negli occhi dell'amico, che lo fissavano con un'espressione che traduceva un Secondo te, ricciolino? in modo perfetto.
"If you could only see me now..."
"Ti vedo meglio di quanto tu non creda" disse Starsky questa volta con voce ferma.
A questa dichiarazione Hutch quasi perse l'attacco del verso succesivo della canzone per cercare di cogliere l'esatto significato delle parole di Starsky, lui lo vedeva meglio? Meglio di chi? Ma sì che lo sai. Di te stesso. Lo sai benissimo che è così, lo è sempre stato...
"If I could hold you now..." Adesso Hutch cantava come se provocasse Starsky per sentire la sua risposta.
"Quante volte te lo devo dire, Biondino, che devi smetterla di parlare e iniziare ad agire" rise Starsky con un'espressione leggermente maliziosa.
Hutch però questa volta non alzò gli occhi dalla chitarra "Just for a moment, if I could really make you mine..."
Starsky non rispose, cosa che fece smettere Hutch di suonare per capirne il motivo, ma prima che potesse aprire bocca per chiederglielo, sentì le sue mani afferrare la chitarra e appoggirla sul tavolino di fronte al divano.
“Perchè...” cominciò Hutch, ma prima che potesse finire la domanda le dita di Starsky si posarono sulle sue labbra per zittirlo, subito rimpiazzate dalla sua bocca. Appena Starsky si staccò, Hutch gli sorrise e tentò di dire qualcosa, ma lo sguardo di Dave era così intenso che le parole gli scivolarono via di bocca.
“Lo sai che sono tuo, Hutch” disse Starsky con tono gentile.
“Lo so” rispose Hutch “Cucino troppo bene per non meritarti” finì sorridendo.
“Ma smettila!” Starsky prese un cuscino e lo tirò in faccia ad Hutch, che sebbene fosse ancora emozionato per l'ultima frase di Starsky aveva i suoi riflessi da poliziotto ben attivi, e schivò il cuscino con una risata. Poi tornò serio. “Non so cosa farei senza di te, Starsk”.
"Stai sicuro che non dovrai mai scoprirlo” rispose lui addolcendo il viso mentre guardava gli occhi di Hutch illuminarsi d'amore.

FINE

 

 

   
 
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