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Autore: Ari Youngstairs    12/07/2016    7 recensioni
Malec | Divergent!AU
“Eppure, io ero convinto di non avere nulla di speciale.
Schietto, timido, voglio bene ai miei fratelli e ho poca voglia di stare in mezzo alla gente: un normalissimo Candido. Beh, forse non proprio normale, dato che ho fin troppi scheletri nel mio armadio.
La città in cui vivo è divisa in cinque Fazioni, ma non le amo particolarmente: ci limitano, e nel mio caso sono la cosa più scomoda che possa capitarti.
Però se tengo la bocca chiusa non potrà accadermi nulla di male. Giusto?”

Alexander Gideon Lightwood si sbaglia: la sua semplice vita viene completamente stravolta dopo il Test Attitudinale, rendendola quasi come un vero e proprio thriller.
Aggiungete dell'azione, intrighi, cospirazioni e qualche battito cardiaco di troppo.
Che ne verrebbe fuori?
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Note: Ci si rivede, bellissimi!
Come penso abbiate notato, in questo periodo sto aggiornando più velocemente del solito: il mio blocco sembra essere finito! Sto scrivendo davvero molto in queste settimane, e sto già (mi si spezza il cuore a dirlo, giuro) programmando il finale di questa storia che mi ha accompagnata nei momenti più belli e più brutti degli ultimi due anni, in cui ho perso e conosciuto persone meravigliose.
Questa storia è dedicata a loro, anche se, probabilmente, non lo sapranno mai.
Mi sono persa un po' di lettori per la strada nell'ultimo capitolo...c'è un motivo in particolare? Spero non abbiate trovato il capitolo troppo noioso (mi piacerebbe molto sentire il vostro parere, per me è essenziale) e che questo vi piaccia di più: è uno dei capitoli più importanti della storia! Detto questo vi auguro buona lettura, spero di sentirvi in numerosi! ♥️
Ari Youngstairs



• Capitolo Venti •


«Non muovere quel dannato collo.» Mi intima Isabelle, mentre passa il pennello intinto di crema bianca sotto al mio orecchio.
«Smettila con quello stupido fondotinta!» Sbuffo, con il collo dolorante per via della posizione scomoda: io Iz siamo seduti fianco a fianco sul bordo del suo letto, intenti a mascherare il succhiotto che Magnus mi ha lasciato ieri notte. Sono le sei e quaranta del mattino, e la sveglia dovrebbe suonare fra non molto.
«Non la smetto finché tu non lo dici a Jace. Altrimenti ci arriverà da solo e sarà peggio.»
Sposto lo sguardo sul ragazzo che sta ancora dormendo nel suo letto, dall'altra parte della piccola stanza: lo spazio basta giusto per un piccolissimo bagno, un armadio e tre letti, di cui due a castello. L'unica fonte di luce è costituita da una piccola abat-jour posata malamente per terra, che emette un bagliore fioco come il lume di una candela.
«Te l'ho detto Iz. È...è difficile. Tu sei una ragazza, sei mia sorella di sangue, la prendi in modo...diverso.» Sussurro.
«Lo so che è difficile, posso immaginarlo. Ma Jace, per quanto sia sin troppo etero, ti vuole bene. A lui non cambierà assolutamente nulla il fatto che preferisci i pettorali scolpiti alle tette, ci arrivi?» Mi chiede, continuando ad armeggiare sul mio collo con il fondotinta. Il cosmetico è come ghiaccio liquido sulla pelle. «Puoi tenerlo segreto a chi ti pare, ma Jace merita di saperlo.»
«Ho capito Iz, ho capito. Glielo dirò presto, te lo giuro, ho solo bisogno di un po' di tempo.»
Lei sorride e mi dà un bacio leggero sulla guancia. «Meglio così allora.»
Dal suo sguardo trapela la sua tipica sicurezza che le ho sempre, inconsciamente invidiato: la sicurezza di chi sa cosa vuole e come ottenerlo, di chi ha la forza per affrontare gli altri dirimpetto.
Anche Jace l'ha sempre avuta, la sicurezza, mista ad un tagliente sarcasmo e alla capacità di attirare l'attenzione come un potente magnete.
Io invece, a volte, incespico nei miei stessi passi.
«Scusate una cosa-» Mormora una voce impastata dal sonno, facendoci sobbalzare. «-cos'è che merito di sapere?»
Io e mia sorella guardiamo con un misto di terrore Jace, sveglio e sdraiato su un fianco, che ora ci fissa incuriosito: alla luce della lampada da notte i suoi occhi sembrano color castano chiaro, come legno di quercia.
«Alec, perché Izzy ti sta mettendo del fondotinta?» Domanda ancora, mettendosi a sedere con un sonoro sbadiglio.
«Ho...ho un livido.» Balbetto, nel panico più totale. «Sono caduto.»
«Sul collo?» Ribatte scettico, inarcando un sopracciglio. «Che state nascondendo?»
Mia sorella non osa emettere un fiato, paralizzata completamente sul posto.
Che situazione tremenda, per Dio. Nell'arco di sole quasi sette ore (di cui sei e mezza ho dormito) mi sono fatto beccare in flagrante da entrambi i miei fratelli, nemmeno avessi sei anni.
Sia Magnus che Isabelle mi hanno detto di potermi fidare, ma...Jace reagirebbe davvero così bene allo scoprire che il suo migliore amico è gay?
Lo guardo attentamente, con un groppo in gola che quasi mi impedisce di respirare: anche appena sveglio tutto in lui sembra emanare luce, dai capelli color oro ai tratti del volto angelici come quelli di un dipinto, caratteristiche che gli hanno permesso di far battere il cuore a decine e decine di ragazze.
Ho due possibilità: mentirgli o dirgli chi sono davvero. La risposta però è chiara quanto spaventosa. Prendo un respiro profondo, e mi butto.
«Sono gay.» La mia schiettezza nel dirlo è disarmante, le mie parole sembrano uno sparo all'interno della stanza.
Mia sorella spalanca la bocca dalla sorpresa, mentre Jace rimane perfettamente immobile.
Non so cosa aspettarmi, perché l'espressione sul volto di Jace è calma e impassibile: rabbia, amarezza, disgusto?
«Oh-» Esclama, passandosi una mano fra i capelli. «-beh, ora capisco perché a ginnastica non volevi mai venire con me a spiare le ragazze nello spogliatoio.»
Sento rimbombare il cuore nelle orecchie, mentre le tempie mi pulsano con forza.
«I-io...che significa?» La voce mi esce più tesa di quel che pensassi. Mia sorella mi guarda come se fossi una bomba pronta ad esplodere.
«Alec, calmati un attimo e respira.» Jace tende le mani avanti, ridendo un poco. «Secondo te a me cambia qualcosa se sei gay?»
Apro la bocca per rispondere, per poi richiuderla. Mi sento così stordito che il mondo attorno a me comincia a girare: temo di star per svenire. O vomitare. O entrambi.
Il mio cuore sembra stia per collassare, probabilmente è solo questione di secondi.
È tutto così dannatamente assurdo: per anni sono stato tormentato dall'idea che qualcuno venisse a scoprire della mia omosessualità, il segreto che da sempre occulto in modo quasi paranoico a tutti come se fosse un cadavere, ed ora i miei fratelli la stanno prendendo con una leggerezza e semplicità incredibili.
«Visto?» Mi rassicura Izzy scuotendomi per le spalle, il che non fa altro che farmi venire ulteriormente voglia di vomitare l'anima. «Noi ti vogliamo bene esattamente come prima.»
Jace continua a ridacchiare, ma senza alcuna cattiveria o scherno. «Ora, prima che ti prenda un infarto, potrei sapere dove, o meglio, con chi sei stato ieri notte?»
Sì, ora andrò decisamente a rimettere nel bagno.
«Io...ehm...sono stato con Magnus.» Balbetto, mentre il ricordo di lui che mi bacia schiacciandomi contro la porta di camera sua mi si proietta davanti come un video: ciò non aiuta certo a calmarmi.
Il sorriso sulla bocca di Jace svanisce alla velocità di un flash.
«Magnus Bane? Il nostro allenatore?» Ripete, come per accertarsi che sia vero. «Oh porca troia. Isabelle, nostro fratello si è fatto di droga pesante e non ci ha invitati
Iz si batte la mano sulla fronte.
«Ma perché devi essere un tale coglione?» Sibila esasperata. «Non lo vedi che sta per avere una crisi isterica? Ha appena ammesso di essere gay e tu gli dai del drogato!»
Jace alza le mani sulla difensiva, mentre Isabelle sta sfoderando il suo sguardo assassino più crudele.
«Io l'ho sempre sospettato che Magnus si mangiasse Alec con gli occhi.» Un momento, come? «Ma quel tipo mi sta un po' sulle palle, e da quel che si dice di tresche ne ha avute parecchie. Alec, sei sicuro di quel che stai facendo?»
Il divertimento di prima è completamente sparito dal suo volto, ed ora mi guarda come un padre apprensivo potrebbe guardare la figlia.
«Jace, questo non-»
«BASTA!» Scatto dal letto e urlo più forte del dovuto, zittendoli entrambi all'istante. Nel mio stomaco ribollono ansia, confusione e rabbia. «Per favore, basta. So che su Magnus non girano belle voci, okay? Ma lui non è come pensate, lui è...di più. È più di quanto possiate pensare.» La mia voce va pian piano affievolendosi, e mi chiedo se riescano a capire dalle mie parole che sono fottutamente, irrimediabilmente cotto di lui. «Io...ero terrorizzato da quello che avreste potuto pensare.»
Loro si scambiano un'occhiata d'intesa, poi Isabelle mette via il pennello sul ripiano accanto al letto e si alza a sua volta, in modo da potermi guardare dritto negli occhi.
«Alec, tu tra noi tre sei sempre stato il più maturo e il più protettivo: ci hai sempre coperto per le nostre cazzate e da quando papà è stato cacciato abbiamo sempre preso te come punto di riferimento. Tu ci sei stato per noi e noi ora ci saremo per te. Giusto Jace?»
«Confermo tutto.» Ribadisce lui, tornando a sorridere.
L'ossigeno torna a circolare nei miei polmoni. Non mi ero quasi accorto di quanto fossi agitato, come se ogni fibra del mio corpo fosse stata tesa in uno spasmo per ore.
Pochi secondi prima che suoni la sveglia, mi soffermo ad osservarli: i ricordi tornano uno dopo l'altro nella mia mente come vecchie fotografie, un po' sbiadite e impolverate, ma ancora perfettamente intatte.

Isabelle che si ferisce ad un ginocchio e si trattiene dal piangere.
Jace che per la prima volta entra in casa nostra con i capelli arruffati e le guance scavate, gli occhi troppo addolorati per un bambino di sette anni.
Noi tre che facciamo le smorfie a Max ancora in fasce, facendo dondolare la sua culla troppo velocemente.
Il primo giorno di scuola in cui siamo tutti e tre perfettamente tirati a lucido, ma Jace riesce comunque a cadere strappandosi i pantaloni.
Io che suggerisco a Izzy durante l'interrogazione di Storia delle Fazioni, scrivendo le risposte sul retro del quaderno.
Jace e Isabelle che mi guardano carichi di speranza alla Cerimonia della Scelta, mentre faccio colare il mio sangue sui carboni ardenti.

Sorrido inconsciamente: tra tutte le scelte che ho fatto, di certo non mi pentirò mai di aver scelto loro.


§



Il fucile è liscio e gelido tra le mie mani, ma ancora più gelido è il vento che soffia sul tetto della Torre.
Anche se mi fanno sussultare, ogni volta i colpi dell'arma centrano perfettamente il bersaglio di legno davanti a me, ridotto ormai ad un colabrodo.
Tutti gli Iniziati sono disposti in righe, perfettamente allineati come un vero esercito, mentre Woolsey e Magnus ci osservano attentamente ad uno ad uno e bisbigliano tra il rimbombare degli spari. Tessa prende appunti in disparte, i capelli castani raccolti con il nastro viola che io e Clary abbiamo trovato nel gioco a squadre.
Sopra di noi il cielo è plumbeo e promette tempesta, ma nessuno sembra preoccuparsi minimamente: in questo momento siamo tutti soldati valorosi e letali, che nemmeno il vento, la pioggia o i fulmini possono piegare.
Allineo la canna del fucile davanti al mio viso, chiudo un occhio e focalizzo il bersaglio.
Prima di premere il grilletto un brivido freddo mi attraversa tutta la colonna vertebrale, mentre una lieve pelle d'oca va a formarsi sulle mie braccia: non mi abituerò mai all'idea di poter uccidere.
Spero di non dover mai essere costretto a versare del sangue, ma essendo un Divergente in un momento critico come questo, temo la sorte non sia dalla mia parte.
Il grilletto scatta con un suono metallico, il rumore della detonazione mi esplode nelle orecchie.
Il proiettile si schianta contro il bersaglio in un frastuono di legni rotti.
Mi deconcentro qualche momento per guardarmi intorno: tutti gli Iniziati si trovano qua sopra ad allenarsi con i fucili, sia Trasfazione che Interni. In totale siamo circa una sessantina, ma solo quelli ritenuti adeguati e pronti ad affrontare le proprie paure diventeranno Intrepidi a tutti gli effetti e iniziare una nuova vita, completamente daccapo. Dopotutto, si è sempre saputo che tra tutte le Fazioni quella degli Intrepidi è sempre stata la più pericolosa e crudele con la sua Iniziazione.
Quel traguardo è tutto ciò di cui ho bisogno per sopravvivere, o almeno così sembra: diventare un adulto, avere una casa tutta mia e un lavoro da vero Intrepido. Inoltre, potrei condividere tutto questo con Izzy, Jace, Clary e...Magnus.
Questa mattina mentre facevamo colazione Jace e Clary si tenevano per mano, ridevano, chiacchieravano, facevano i dementi insieme. Mi sono chiesto se anche io e Magnus potremmo mai fare cose del genere, come una coppia di adolescenti qualsiasi. Una coppia normale.
Sposto lo sguardo verso di lui, in piedi sul muro che delimita l'area del tetto: è in tenuta da Intrepido -pantaloni neri a fasciargli le lunghe gambe e giacca di pelle scossa dal vento gelido-, ha il portamento fiero di un'aquila ed elegante come quello di un felino.
Sussulto quando trovo il suo sguardo già posato su di me, ed il cuore mi accelera un poco.
Ci sosteniamo lo sguardo a vicenda per quelle che sembrano ore, finché lui non solleva in modo quasi impercettibile l'angolo della bocca e spezza il contatto visivo, voltandosi altrove.
Forse io e Magnus di normale non abbiamo proprio niente.
I rumori assordanti degli spari mi riportano pian piano alla realtà, e riprendo a mirare verso il bersaglio con il fucile dritto davanti a me.
Faccio scattare il grilletto, un altro colpo va a segno.
Poco distante da me, Jace e Jonathan si sfidano in silenzio a chi distrugge per primo l'intero bersaglio: sia negli occhi scuri di uno che in quelli castano-dorati dell'altro brucia il fuoco della contesa.
Credo non sia difficile capire che tra tutti gli Iniziati loro sono sicuramente i più forti.
Isabelle si è legata i capelli in un'alta coda di cavallo, il rossetto bordeaux spicca sul suo volto cereo e concentrato. Con i tacchi e un fucile tra le mani, persino io avrei quasi timore di avvicinarmi a un simile misto di bellezza, forza e pericolo.
Se le persone intorno a me sono soli ardenti, io sono una piccola stella persa nell'immensità del cielo.


§



«E quindi, Jonathan mi ha detto che mentre ci allenavamo, ha sentito Magnus e Woolsey parlare della Prima Classifica.» Clary si stringe nelle spalle. «Cioè, vi rendete conto? Se non siamo ritenuti adatti ci cacceranno. Diventeremo Esclusi e non avremo mai più una casa o un lavoro, e mangeremo soltanto grazie alle donazioni degli Abneganti.»
Jace la prende per mano e le stringe forte le dita.
«Lo sappiamo, tutte e cinque le Iniziazioni lo prevedono. Ma non devi preoccuparti, passerai. Te lo dice Jace Lightwood.» Abbassa un poco la voce. «D'accordo?»
Lei annuisce poco convinta.
Tutti gli Iniziati si trovano nel cuore del Quartier Generale, scossi da un trambusto generale causato dall'attesa: per gli Iniziati Interni non è una gran cosa, dopotutto loro potranno rivedere i loro genitori quando e come vogliono, ma gli Iniziati Trasfazione non vedono l'ora di poter riabbracciare la propria famiglia.
Sempre che la mia non sia stata arrestata dal Governo.
I corridoi si diramano sopra e intorno a noi, centinaia e centinaia di Intrepidi vanno e vengono come formiche laboriose, creando un brusio costante di chiacchiere e rumori in sottofondo.
Vorrei fosse sufficiente per non sentire tutti i pensieri che mi frullano in testa creando un fracasso assordante, così assordante che nemmeno mi accorgo dei portoni che pian piano cominciano a spalancarsi.
Genitori, fratelli ed amici si riversano all'interno della Torre, in un tripudio di colori: Abneganti in grigio, Candidi in bianco e nero, alcuni Eruditi in blu, Pacifici in rosso arancione e giallo che si mescolano con il nero degli Intrepidi.
Tutti attorno a me cominciano a correre concitati: le persone si trovano, si abbracciano, raccontano fiumi di avvenimenti, si commuovono.
Mi muovo a spallate tra la folla, gli occhi che cercando disperatamente due soli volti tra le centinaia che mi si parano davanti.
Fà che stiano bene. Per me. Per Jace. Per Izzy. Non lo sopporterebbero.
Poi, improvvisamente, li vedo stagliarsi nel mio campo visivo come un miraggio, una madre con il figlio di dieci anni: abiti da Candidi, capelli scuri, occhi azzurri.
«Max, non correre!»
«Mamma muoviti! Voglio vedere gli Intrepidi!»
Un'incredibile scossa di euforia e sollievo m'investe come un'onda anomala, ed i miei muscoli scattano in avanti come non avevano mai fatto prima d'ora.
Mi sembra di non udire le loro voci da anni, e per una terribile manciata di ore ho temuto che non avrei mai più potuto farlo.
Raggiungo mia madre e la stringo forte ancor prima che se ne renda conto, affondo il viso tra i suoi lunghi capelli tenuti sciolti sulle spalle e ispiro forte: sa di lavanda e di casa.
È solo questione di pochi secondi prima che mi stringa a sua volta, per poi allontanarmi da lei solo per potermi guardare bene in volto, quasi come se avesse paura di non vedere lo stesso Alec che ha cresciuto per anni. Non ha nemmeno una ruga, il suo sorriso è gioviale e suoi occhi luminosi.
«Mamma!» Isabelle a sua volta si catapulta su di lei, seguita a ruota da Jace e Clary.
«Ciao anche a te, piccola peste.» Mi piego all'altezza di Max e gli scompiglio i capelli, facendogli cadere gli occhiali sul naso. «Ti sono mancato?»
«Senza di voi a casa è una noia.» Sbuffa. Si guarda intorno con la sua solita aria curiosa, osservando con meraviglia l'imponenza del Quartier Generale, dai numerosi corridoi all'enorme volta di vetro del soffitto. «Ora vivete qui? Siete già Intrepidi?»
«Non ancora, ma si spera di sì.»
Accanto a noi, Jace sta presentando Clary a nostra madre. Fino ad ora era sempre rimasta più o meno all'oscuro di tutte le sue numerose ragazze, ma se ora Jace gliela sta presentando ufficialmente, la faccenda con quella piccola rossa tutta pepe è più grossa di quel che pensassi.
Da dietro gli occhiali Max osserva me, Izzy e Jace come si potrebbe guardare il proprio idolo preferito. «Voi Intrepidi siete troppo fighi! Avete le pistole, e i treni super veloci riservati solo a voi, e...»
«E un look fantastico, anche.» Aggiunge una voce dietro di me, riuscendo a distinguersi da tutte le altre seppur con un tono non molto forte. Un brivido mi corre lungo tutta la schiena, e subito mi alzo di scatto.
Magnus è ancora più bello di quanto non fosse questa mattina: ora i suoi capelli sono decorati con dei brillantini sulle punte formate dal gel, mentre una lieve linea di eye-liner scuro gli contorna gli occhi rendendoli due irresistibili magneti color oro e giada, tagliati in due da quelle bizzarre quanto affascinanti pupille verticali.
Non avrei mai pensato che un ragazzo potesse truccarsi, e se mai l'ho pensato, di certo credevo che fosse una cosa abbastanza ridicola.
Ma con Magnus non è così: il trucco non sminuisce la sua mascolinità, l'accentua. Lo fa sembrare un felino affascinante e pericoloso, sempre pronto all'attacco.
«E così tu sei il famoso Max. Tuo fratello mi ha parlato molto di te.»
Gli occhi di mio fratello sembrano ingrandirsi all'inverosimile, la sua bocca si spalanca in una "o" di meraviglia.
«Tu sei un vero Intrepido? E conosci mio fratello?» Domanda, con la voce carica di entusiasmo.
«Oh, io conosco molto bene tuo fratello.» Ribatte, lasciandosi andare ad una risata non appena vede le mie guance tingersi di un evidente rosso. Max si limita a fare una smorfia confusa, per poi tornare a travolgermi di domande.
Improvvisamente, però, la situazione cambia: Jace Izzy e Clary si allontanano, diretti verso una donna Pacifica dai lunghi capelli rossi che abbraccia la piccola pel di carota con infinito affetto, posandole un bacio sulla guancia piena di lentiggini. La mamma di Clary?
Mia madre dunque si volta verso di noi, e il sorriso sul suo volto svanisce ad una velocità tale da farmi dubitare della sua presenza: non appena posa i suoi occhi su Magnus, questi si riempiono di nero terrore e il suo volto si contrae in una smorfia sorpresa e spaurita.
L'Intrepido la guarda a sua volta, sgranando gli occhi come se avesse visto un morto riemergere dalla tomba.
Io e Max rimaniamo come intrappolati in questa fitta rete di sguardi tesi e velenosi.
«Maryse Lightwood.» Pronuncia glaciale. Come fa a conoscere il nome di mia madre? «Vedo che sei invecchiata bene dai tempi del Circolo.»
Lei arretra come se l'avessero pugnalata allo stomaco. È sempre stata una persona sicura, sempre capace di mantenere tutto sotto controllo, ma ora...sembra un topo tra le fauci di un leone.
«Non davanti ai miei figli, Magnus.» Intima, ma la sua voce suona quasi supplicante.
«Loro non lo sanno?»
«Che cosa non sappiamo?» Domanda Max, la sua innocenza e tranquillità che si dissonano da tutto il resto.
La mamma lo guarda apprensiva, quasi spaventata.
«Nulla, Max. Saluta Alec, dobbiamo andare.» Si avvicina a me, completamente paralizzato dalla confusione, e mi dà un bacio sulla fronte come quando ero piccolo. I suoi occhi sembrano immensamente tristi. «Salutami Isabelle e Jace, Alec. Mi dispiace molto.»
Dopo queste parole prende Max per un polso, camminando senza voltarsi verso l'uscita.
Un pezzetto del mio cuore se ne va con loro.


§



Ancor prima che possa metabolizzare tutto, Magnus mi fa cenno di seguirlo.
Gli cammino dietro come un automa, ancora con lo sguardo diretto all'entrata della Torre, quasi sperando che mia madre e mio fratello ritornino. Ma non lo fanno.
Mi ha mentito. Ci ha mentito. Ci ha sempre mentito...
Saliamo in silenzio le scale e percorriamo i rumorosi corridoi fino a che non arriviamo alla sua stanza, collocata ad uno dei piani più alti.
Mi sento come se qualcuno mi avesse messo in un frullatore.
Magnus apre le ante del proprio armadio, i vestiti rigorosamente neri sistemati malamente al suo interno, e dopo aver frugato un po' tira fuori quello che sembra un fascicolo, sottile e con la copertina azzurra. Sopra vi è scritto a caratteri informatici “Centro di Ricerca Erudito - Sezione 071 - Il Circolo”.
«Che cos'è?» Chiedo, quando Magnus me lo mette fra le mani. È rovinato, come se l'avessero sfogliato centinaia di volte.
«Era il gruppo di scienziati a cui mio padre mi ha venduto. Quelli che mi hanno reso così.» Risponde, senza troppi giri di parole.
Lo apro con cautela, temendo ciò che potrebbe esserci al suo interno: sono tutti documenti identificativi, con tanto di foto, data di nascita, gruppo sanguigno, secondi nomi.
Il primo che appare è un certo Valentine Morgenstern, un uomo robusto dai capelli color carta e gli occhi d'inchiostro.
«Questo è...»
«Il padre di Clary e Jonathan, sì, è lui. Era la mente di tutto. E lei...» Volta la pagina sfiorandola appena, come se scottasse. «Lei è Jocelyn Fairchild, era la sua ragazza, poi divenuta sua moglie.»
È la donna Pacifica che ho intravisto prima, con gli stessi occhi verdi e i boccoli rossi che ha trasmesso alla figlia. Non so perché, ma ho come l'impressione che nemmeno Clary sappia nulla di tutta questa storia, talmente assurda da sembrare inventata.
Giro di nuovo pagina, la bile che mi sale in gola. Robert Lightwood.
A casa nostra madre ha gettato via qualsiasi cosa lo riguardasse, foto comprese, e rivedere il suo volto dopo tanti anni fa quasi male: ha gli stessi lineamenti duri e seri che ricordavo. I suoi occhi non sono azzurri come i miei, ma di un blu più profondo, come il cielo notturno illuminato dalla luna.
Altra pagina, altro volto. Maryse Trueblood.. Ma certo, doveva essere il suo cognome prima del matrimonio con papà. Mi chiedo perché abbia tenuto il suo anche dopo il divorzio.
In questa foto non avrà più di ventitré, forse ventiquattro anni circa. È raggiante e bellissima, praticamente identica ad Isabelle.
Nonostante le domande a cui non ho ancora una risposta siano molte, al momento non ho bisogno di vedere altro. Restituisco il fascicolo a Magnus, rimasto in silenzio a guardarmi, e mi siedo sul bordo del suo letto con la testa pulsante.
«Mi dispiace.» Mi dice lui. «Non avresti dovuto scoprire una cosa del genere così.»
«Mi ha detto di essere sempre stata una Candida...» Soffio. Ad ogni battito il cuore sembra far male, come se fosse in una rete di filo spinato. «Sapevi che ero loro figlio?»
«Lo sospettavo. Ne ero certo per Clary e Jonathan, perché insomma, sono praticamente identici ai loro genitori, ma tu sei così diverso da loro...forse speravo solo che non lo fossi.»
«Perchè?» La mia voce tremola come il lume di una candela al vento.
Il suo sguardo s'incatena al mio, pieno di tristezza, rabbia e frammenti di un cuore infranto troppe volte.
«Ho tenuto quel fascicolo per ricordare, Alec. Quando mi tenevano con loro e mi facevano tutti quegli orribili test ero solo un bambino, ma non sono cose che dimentichi facilmente. L'ho guardato e riguardato centinaia di volte, sperando di potermi riscattare un giorno, di far provar loro ciò che loro hanno fatto provare a me, però...» Alza la mano e con i polpastrelli mi accarezza gli zigomi delicatamente, facendomi venire un brivido. Sfiora le mie labbra con il pollice, come a tastarne la consistenza. «...dovrei odiarti, Alexander Lightwood. Dovrei odiarti e invece ti desidero dal primo momento in cui ti ho visto.»
Le sue parole mi colpiscono a tal punto da togliermi il fiato.
Mi muovo d'istinto, senza lasciargli il tempo di rendersene conto: lo afferro per i lembi della giacca nera e premo la mia bocca sulla sua, in un bacio rude e disperato.
Voglio dimenticare le bugie di mia madre.
Voglio dimenticare il mondo in cui vivo.
Voglio dimenticare di essere un Divergente.
Voglio credere che con Magnus la mia vita possa andare per il verso giusto, almeno per una volta.
   
 
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