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Autore: Ray Wings    12/07/2016    5 recensioni
Che Bokuto fosse un idiota era appurato.
A scuola non c'era persona che non conoscesse il suo nome e non per le sue qualità e capacità. Bokuto dormiva in classe e spesso russava, non scoprirlo era difficile. Bokuto aveva quella ridicola capigliatura che solo a guardarlo avrebbe portato al suicidio di massa intere generazioni di parrucchieri. Bokuto era rumoroso e faceva sempre un sacco di figuracce. Non era galante neanche un po', era tonto, sciatto, smemorato, credulone e aveva sempre quell'espressione da gufo sconvolto in faccia, con quelle sopracciglia innaturalmente a boomerang. Spesso camminava a gambe larghe, si sedeva scomposto e aveva la cravatta legata male o la camicia fuori dai pantaloni.
Che Bokuto fosse un idiota era appurato.
Ma che Yukie desiderasse che fosse il suo idiota, quello era già più difficile da concepire.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Koutaro Bokuto
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NDA. (lunghe... chiedo scusa, ma le intro necessitano del loro spazio ahahah)

Tutto nacque quel dì di Luglio in cui mi imbattei nella seguente immagine (vedi sotto) e da allora l'amore e la ship compulsiva nacquero in me, e più tornai in uno stato di sanità mentale.
Poeticismi a parte xD
Era da un po' che desideravo scrivere qualcosa in questo Fandom, ma non ho mai trovato niente che mi ispirasse, anche perché lo yaoi non mi piace *volano torte, pomodori e torte al pomodoro*.
Poi l'illuminazione... quindi, grazie facebook e le tue meraviglie u.u 
(Chiedo scusa ma non conosco la fonte dell'immagine >.<)
Come avrete capito, vi state per imbattere in una... Yukuto... Bokie... Bokuyukie... YukieBo... Va bene, avete capito! Quei due lì!
Ho messo tra gli avvertimenti "raccolta" perché in realtà si tratta di una serie di scenette abbastanza indipendenti tra loro (con forse qualche accenno l'una all'altra), che però comunque seguono tutte lo stesso arco narrativo che partirà da questo primo capitolo e che vedrà protagonisti, appunto, Bokuto e Yukie.
Chiedo scusa da subito se Yukie potrà sembrarvi forse un po' OOC, ma io ho visto solo l'anime, il manga lo leggo da poco perciò le mie fonti sul suo carattere sono un po' scarse (e comunque non mi pare che compaia molto nemmeno nel manga). Andrò molto di fantasia xD
Per quanto riguarda il titolo: Baka-to è una manipolazione fatta al nome "Bokuto", dove semplicemente cambiando le prime vocali l'ho trasformato in "baka" (che, come tutti sappiamo, significa "Stupido", cosa che certamente si addice al nostro gufetto). Inoltre mi piaceva l'assonanza italiana "Baka-to" con "bacato", che in alcuni dialetti si usa sempre per dire "stupido", "bacato di mente" xD
Insomma, invece che "ti amo in tutte le lingue del mondo", al povero Bokuto gli tocca il "sei idiota in tutte le lingue del mondo", però sempre affettuosamente parlando <3
Detto ciò... vi lascio (finalmente) alla storia.
Spero di avervi intrigato (anche perché mi pare sia la prima storia che prende in considerazione questo pairing su questo sito) e che vogliate darmi una chance ;P
Bandino le ciance e ciancino le bande!!! (?)
Buona lettura!

PS. No, ma io non sono mica fissata con Ed Sheeran... no, no!
PPS. Il Font spesso e volentieri mi gioca brutti scherzi. Se non riuscite a leggere/c'è qualche problema non esitiate a contattarmi e vedrò di sistemare le cose in qualche modo :)

 


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First Sight


I’m thinking ‘bout
how people fall in love in mysterious ways
Maybe just the touch of a hand
(Thinking out loud – Ed Sheeran)


Primo giorno di scuola, primo anno di liceo. Un grande passo, eppure Yukie si sentiva stranamente tranquilla. Non poteva essere tanto diverso dalle medie, in fondo. Le dispiaceva solo dover affrontare il tutto da sola. Le sue amiche avevano scelto un'altra scuola, tranne Mayako, che però era finita comunque in una classe diversa dalla sua.
Sarebbe stata sola, ma almeno quel primo passo l'avrebbe fatto insieme a una faccia amica.
Si fermò fuori dal cancello, un quaderno ben stretto al petto, la borsa appesa a una spalla e lo sguardo sperduto intorno a sè. Molti volti le passarono accanto e lei si chiese quanti di loro avrebbe rivisto in quei tre anni e chissà che magari tra quelle facce non si nascondesse qualche nuova amicizia.
Ok, forse un po' agitata lo era.
Ma non poteva essere troppo diverso dalle medie... no?
Si lasciò andare un leggero sospiro, cercando di ritrovare la calma e rilassare i muscoli, mentre le braccia si stringevano ancora di più intorno al quaderno ad anelli sul suo petto. Era come un portafortuna, nei momenti importanti le piaceva tenerlo vicino al cuore, le infondeva sicurezza e tranquillità.
Lì dentro c'era tutta se stessa, con centinaia di disegni che aveva fatto da tre anni a quella parte, dall'istante in cui aveva imparato a usare una matita. Ogni foglio era una parte di sè e stringerselo contro le dava l'impressione di stringere se stessa, abbracciarsi e darsi calore.
Si guardò attorno, cominciando a essere scocciata.
Che fine aveva fatto Mayako? La campanella sarebbe suonata di lì a poco e lei non poteva permettersi di fare tardi il primo giorno. Sbuffando si voltò a guardare l'enorme orologio della scuola: se non fosse arrivata entro due minuti, sarebbe entrata sola.
Cominciò a saltellare sul posto, scalpitando e scaricando nei piedi la fretta e l'agitazione.
Guardò ancora a destra, poi a sinistra, scorrendo tra gli occhi di tutti gli altri ragazzi che andavano nella sua direzione e poi la superavano, entrando a scuola.
«Basta! Mi sono stancata! Io entro!» brontolò infine, Yukie, ormai esasperata. Si voltò e stava per farlo quel passo, superando la soglia, quando udì una voce amica chiamarla da dietro.
"Era ora!" pensò, tirando indietro il piede e voltandosi per vedere Mayako arrivare. La camicia era tutta disordinata, il fiocco al collo quasi sciolto e i capelli arruffati.
Mayako si fermò col fiatone, piegandosi appena in avanti e poggiando le mani alle ginocchia, riprendendo fiato.
«Che ti è successo?» chiese Yukie.
«La sveglia...» ansimò Mayako.
«Non ti è suonata?»
«Ho dimenticato di metterla» spiegò ancora lei, tra gli ansimi.
«Che?! Il primo giorno?»
Mayako alzò la testa, sorridendo con fare birichino e tirando fuori la lingua sghignazzò: «Che sbadata.»
«Andiamo, è tardi. Meno male che sei comunque riuscita ad arrivare in tempo» disse Yukie e si incamminò, facendo quel benedetto primo passo. Mayako le stette dietro, cominciando a darsi una rassetata, legandosi meglio il fiocco al collo.
«Hai portato i tuoi disegni?» chiese, assorta nel suo lavoro.
«La scuola ha un bel panorama, magari mi viene l'ispirazione per qualcosa di nuovo» spiegò Yukie, cominciando a salire lungo la scalinata che portava dal cortile esterno all'ingresso. Si voltò a guardare l'amica, ancora impegnata a sistemarsi il fiocco, operazione che a quanto pare non le riusciva molto.
«Queste nuove divise sono più complicate di quanto immaginassi» lamentò Mayako.
«Giralo dall'altro lato» provò a suggerirle Yukie. «Non così, verso sinistr...» ma si interruppe quando, mettendo un altro piede sullo scalino successivo, sbattè contro la schiena di qualcuno che aveva deciso che restare fermo lì era un'ottima idea.
Dallo spavento arretrò appena, ma incontrò la fine del gradino su cui stava prima di quanto avesse previsto e inevitabilmente perse l'equilibrio. Allungò le mani in avanti, cercando qualsiasi appiglio, lasciando volare via il suo quaderno dei disegni, ma non trovò altro che il vuoto.
«Yukie!» la chiamò Mayako spaventata quando la vide cadere giù e provò ad allungarsi per prenderla, senza successo.
Il resto fu confuso. Qualche urla, qualche "Ahio", e un rovesciarsi di immagini senza nesso alcuno, fintanto che non si fermò, ormai in fondo alla gradinata.
Il primo pensiero che la colse fu un sorpreso: "Non mi sono fatta niente!"
Aprì gli occhi, cercando di capire dove fosse la terra e dove il cielo, per potersi rialzare quanto prima. Poggiò una mano sotto di sè e si sorprese di trovare del morbido e non la dura terra, come s'era immaginata. Ora che riprendeva lentamente lucidità si rese conto che niente sotto di lei sembrava terra.
Portò rapidamente gli occhi sotto di sè e sorprendentemente vi trovò steso un ragazzo. Nel cadere l'aveva travolto e se l'era trascinato dietro. Probabilmente per quel motivo non si era fatta niente: lui aveva attutito la caduta.
Si sollevò di colpo e arrancando, aggrovigliata e poco stabile su quel cuscino d'emergenza, stridulò panica: «Mi dispiace! Ti sei fatto male?»
Il ragazzo, in tutta risposta, alzò improvvisamente una mano verso il cielo, con aria vittoriosa, e scoppiò a ridere orgoglioso nella voce, mentre mostrava al mondo il quaderno che stringeva tra le dita.
Aveva una risata sganasciata, tanto potente che perfino il petto gli ondeggiava.
«L'ho preso!» annunciò, mentre un gruppo di ragazzi li raggiungevano, allarmati.
«Bokuto! Stai bene?» chiese uno di loro.
«Yukie!» fece eco la voce di Mayako, ancora dietro.
Yukie rimase un attimo perplessa, trovando stravagante che il ragazzo invece di preoccuparsi della caduta si stesse vantando di essere riuscito a prendere al volo il suo quaderno. E poi non aveva mai sentito nessuno ridere in quel modo.
Bokuto pian piano placò la sua potente risata, ma le labbra gli restarono tirate in un enorme sorriso, mentre piegava la testa per guardare Yukie appoggiata al suo petto. Aveva lo sguardo da fesso, ma luminoso come quello di un bambino.
Senza scomporsi, restando steso a terra e senza dare cenno di volersi alzare, le porse indietro la sua proprietà.
«Meno male che c'ero io a prenderti» rise ancora, fiero di quanto aveva appena fatto.
«Ti è caduta addosso, non l'hai presa tu» gli fece notare uno dei suoi amici e questo parve infastidirlo.
«È pur sempre stato un salvataggio da maestro!» sbraitò.
Yukie si tirò in piedi con l'aiuto di Mayako e stringendo di nuovo il quaderno al petto si chinò educatamente, mormorando, dispiaciuta per l'accaduto: «Grazie mille!»
«Non c'è di che» rispose Bokuto, alzandosi e colpendosi i vestiti per scuotersi dalla polvere e dallo sporco. «Fai più attenzione la prossima volta.»
«Detto da te, Bokuto-kun, non ha credibilità» ridacchiò un altro dei suoi amici.
«Che vorresti dire?» protestò ancora lui.
«Niente, niente» disse un altro, sventolando una mano davanti al viso per far intendere di lasciar correre, ma il sorriso denigratorio contraddiceva quel suo gesto.
Yukie restò qualche secondo ad osservarlo, mentre continuava a bisticciare con i suoi amici che a quanto pareva non perdevano occasione per prenderlo in giro. Aveva l'aria da scemo, questo era sicuro, e forse proprio per quello era vittima di tutte quelle frecciatine. Eppure qualcosa pareva attorcigliarsi alla bocca del suo stomaco: non poteva far a meno di pensare che fosse stato estremamente carino nel non arrabbiarsi con lei per la sua sbadataggine. Ma anzi, aveva perfino salvato il suo quaderno, che certamente non aveva la priorità in tutto quello. E quel suo sghembo sorriso, la risata sganasciata, la mettevano allegria.
Tornò a stringere il quaderno al petto, in un dolce gesto istintivo, e incavò leggermente la testa nelle spalle.
"Meno male che c'ero io a prenderti" ripensò a quelle parole e le guance le si arrossarono appena.
«Yukie-chan, dobbiamo andare» disse Mayako, mettendole una mano sulla spalla e ridestandola. Yukie annuì e tornò a guardare Bokuto. Si inchinò e ringraziò ancora, prima di scappare via e tornare a risalire quella scalinata che prima non era riuscita a completare.
Bokuto stava per fare altrettanto, dopo aver smesso di bisticciare con i suoi amici, quando il suo sguardo venne attirato da un foglietto che svolazzava appena lontano da lui. Incuriosito, lo guardò posarsi nuovamente a terra e gli si avvicinò, raccogliendolo.
Si voltò verso Yukie, intuendo che fosse potuto essere suo, volato dal quaderno forse durante lo scontro, e accennò a richiamarla ma lei era già lontana.
"Glielo ridarò la prossima volta" pensò, prima di dare uno sguardo al contenuto del foglio, curioso di sapere cosa fosse.
Rimase a bocca aperta quando vide il disegno di un giocatore di tennis, intento a lanciarsi contro una pallina, a braccio teso e il volto corrucciato. Lo trovò meraviglioso nelle sue ombre, l'espressione concentrata, i muscoli tesi e i lineamenti sinuosi.

Yukie entrò in classe dopo aver salutato Mayako, andando a cercarsi un posto. Guardò tra i banchi vicino alla finestra, sperando che ce ne fosse ancora uno vuoto. Le piaceva poter guardare fuori quanto si annoiava, le dava nuovi spunti per i suoi disegni e si perdeva a indovinare la forma delle nuvole.
Riuscì per fortuna a trovarne uno e si avvicinò, impossessandosene. Poggiò il suo quaderno sul banco e si mise a sedere, concedendosi qualche istante per trovare la calma che ancora non sembrava voler tornare in lei.
Il primo giorno non era cominciato bene, nonostante lo scontro sulle scale con quel ragazzo non riuscisse a considerarlo totalmente negativo. Non riusciva a smettere di pensare al suo sorriso luminoso e quel suo modo di fare tanto gentile e simpatico.
Qualcosa la portò ad alzare gli occhi, una specie di sesto senso arrivato proprio nel momento in cui era tornata a pensare a lui, quando lo vide vercare la soglia della sua classe.
Si irrigidì, improvvisamente nervosa, e la sensazione di attorcigliamento allo stomaco tornò a farsi sentire. Bokuto diede un rapido sguardo all'interno dell'aula e anche lui la vide. Sgranò improvvisamente gli occhi, lanciando un leggero urlo sorpreso e questo non aiutò l'agitazione di Yukie.
«La ragazza dei disegni!» gridò, correndole incontro.
"Disegni? Come fa a sapere dei disegni?" si chiese lei, arretrando appena con la schiena, come se fosse stata impaurita di essere travolta nell'istante in cui l'aveva visto caricare nella sua direzione
.
«Siamo nella stessa classe!» disse ancora lui, con un pizzico di gioia nella voce.
«Mi dispiace per prima» cercò di dire Yukie, balbettando, chiedendosi cosa sarebbe stato giusto dire in un momento come quello.
Bokuto si affrettò a infilarsi una mano nella tasca dei pantaloni ed estrasse un foglio di carta, che aprì con foga. Poi l'alzò davanti agli occhi di Yukie, ben serrato tra le dita e quasi a sfiorarle il naso.
«Questo l'hai fatto tu?» chiese lui.
«Sì» balbettò Yukie, sempre più frastornata.
«Ne fai uno anche a me?» chiese poi Bokuto, togliendole il foglio da davanti e puntandosi un dito contro.
«Cosa?» stridette Yukie.
«L'hai disegnato nell'attimo di massimo sforzo, questo tizio emette grandezza da tutti i pori! Ne voglio uno anche io! Voglio anche io essere fico come lui!»
Yukie sbattè le palpebre un paio di volte, ancora su di giri, chiedendosi se avesse capito bene. Neanche si conoscevano eppure le stava dando tutta quella confidenza.  
«Tu giochi a tennis?» chiese poi titubante, lei.
Bokuto negò con la testa, prima di spiegare: «Pallavolo! Ho il primo allenamento proprio oggi, dopo le lezioni, puoi venire con me così mi guardi giocare e puoi cogliere il mio attimo di ficagintezza!»
"Ficagintezza non esiste come parola" pensò Yukie e la cosa le strappò una risata. Che tipo che era quel Bokuto!
«Allora? Lo farai? Per favore!» insistè lui, prima di battersi le mani davanti al viso e unirle in segno di preghiera.
«Beh, non ho mai disegnato qualcuno che gioca a pallavolo» osservò Yukie, sorridendo intenerita dal suo modo di fare. «Potrebbe essere una buona occasione.»
«Mitico!» esultò lui, alzando i pugni al cielo. «Ora che ci penso, mi pare di aver sentito quelli del club che oltre che giocatori cercavano nuove Manager. Chissà che magari non scopri che ti piace stare tra noi» disse ancora, per poi scoppiare a ridere con quella sua risata sganasciata.
Yukie non rispose, ma si limitò a sorridere. Stare al suo fianco le faceva una strana sensazione, le piaceva, la faceva sentire bene. Lui era così divertente e così amichevole, che era stato in grado di farle passare con poche parole l'agitazione da primo giorno.
«A proposito» si illuminò Bokuto. «Come ti chiami?»
«Yukie Shirofuku» rispose lei.
Bokuto allargò nuovamente il sorriso in viso, illuminandosi come il sole, e puntandosi un pollice contro disse tutto orgoglioso: «Koutaro Bokuto! Diventerò l'Asso della Fukurodani!»

   
 
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