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Autore: Princess of Dark    12/07/2016    4 recensioni
Per Sara la vita in casa Wilson non è facile perché ogni giorno deve scontrarsi con i suoi fratellastri:
Alexander, di cui un tempo è stata segretamente innamorata e che sembra provare disgusto nei suoi confronti, il sadico Darren che si diverte a stuzzicarla di continuo, il piccolo Jeremy completamente pazzo di lei.
Ma tutto cambia alla morte del padrino, quando per ricevere l'eredità i fratelli sono costretti a rispettare un'impossibile clausola...
Dalla storia: "Alexander era completamente diverso da me e insieme eravamo del tutto sbagliati.
Eravamo come due colori bellissimi che insieme stonano.
Alexander ed io avevamo in comune solo una cosa: il cognome."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Alexander era via da pochi giorni e già ne avevo abbastanza. Passavo interi pomeriggi davanti alla tv mangiando porcherie, dormendo, leggendo, sperimentando nuove ricette. Il lavoro era ormai fuori discussione: dopo le mie lunghe assenze era chiaro che non potessi più ritornare come se niente fosse e alla fine, per evitare problemi con il mio superiore, mi licenziai. Ora che Alexander stava conducendo delle indagini proprio sui miei colleghi era ancora più impossibile convincerlo a tornare a lavorare.
L’unica compagnia che avevo era Robert che mi scortava ovunque andassi: chiacchieravo con lui, prendevamo insieme il caffè e spesso l’avevo invitato a unirsi a me per il pranzo o la cena. Infondo era una brava persona e anche molto loquace per cui mi sentivo meno sola con lui.
La sera però era il momento più brutto della giornata: il letto affianco a me era vuoto e mi addormentavo con i miei strani pensieri in testa. Cosa starà facendo Alexander? Sarà a qualche festino in compagnia di belle donne? Sente la mia mancanza o forse è davvero più felice senza di me?
Il telefono squillò ed ebbi un tuffo al cuore leggendo il nome di Alexander sullo schermo.
«Alex!», risposi con entusiasmo.
«Ciao piccola». La sua voce calda mi riempì il cuore e fece allargare un enorme sorriso sul mio viso. «Ti ho svegliato?»
«No, no. Come stai?». In realtà mi ero appisolata, ma non m’importava se mi aveva svegliato: volevo tanto parlare con lui anche tutta la notte.
«Stanco. Sono appena tornato in albergo. Non ho avuto un po’ di pausa per chiamarti, mi dispiace». La sua voce era stanca, me lo immaginavo sul letto con gli occhi arrossati dal sonno, i capelli ancora umidi dopo la doccia, la bocca curvata in un sorrisetto e all’improvviso mi venne voglia di stargli accanto.
«Come vanno le cose lì?»
«Riunioni su riunioni. Ma sto strappando altri contratti a grosse multinazionali. Se riuscissi a sistemare quella faccenda della società, diventeremo milionari». Risi del suo entusiasmo, felice che la nostra lontananza almeno possa dare i suoi frutti. Lo sentii sospirare.
«In tutti questi anni questi anni che non ci sei stata, non mi sei mancata. Ma ora è strano… mi ero quasi abituato alla tua voce da mal di testa»
«Ehi!»
«Tranne per i piedi ghiacciati, quelli non mi mancano per niente!»
«Goditi il letto vuoto», lo presi in giro.
«Lo farò! Buona notte, Sara»
«Buona notte Alex», sussurrai. Staccò la chiamata e rimasi lì impalata per qualche minuto col cellulare in mano senza accorgermi del sonno in cui stavo scivolando.

Il mattino seguente, a svegliarmi fu la persona che più odiavo sulla faccia della terra. Inutile dire il nome.
«Si può sapere chi ti ha dato il mio numero?», dissi scorbutica, maledicendola per avermi svegliato.
«Alexander», rispose prontamente Angelica.
«Perché Alexander avrebbe dovuto darti il mio numero?!»
«Stammi a sentire ragazzina, non ti chiamo mica per farci una chiacchierata. Il suo cellulare è scarico e dato che sarà fuori tutta la giornata mi ha chiesto di avvisarti, così non gli rompi le scatole». Parecchio nervosa la tipa… ma… un momento, Angelica era con Alexander?!
«E tu cosa c’entri?», bofonchiai sospettosa.
«Sono a Londra con lui». Sgranai gli occhi. A Londra con lui?! Cosa c’entra Angelica con gli affari di Alexander?
«Cos’è questo silenzio? Oh… non te l’aveva detto, vero?». Si finse dispiaciuta, poi la sua risatina divertita la tradì prima di staccare a telefonata. Se avessi avuto un po’ più di forza, avrei stritolato il telefono tra le mie mani. Angelica e Alexander insieme? Da soli?
Sentii lo stomaco contorcersi dalla rabbia: quello stronzo di Alexander non mi aveva detto nulla.
E se si stavano solo divertendo? Se in realtà se la stavano spassando?
Composi il numero di Alexander ma rispose la segreteria telefonica. Anche la speranza che si trattasse di uno scherzo naufragò. Chiamai Robert.
«Buongiorno signora»
«Robert! Riesci a rintracciare Alexander?»
«Ci provo. È successo qualcosa?», mi rispose allarmato.
«No, è che… sai se c’è qualcuno con lui?»
«Credo sia partito da solo ma non ne sono sicuro». Certo che no, la gatta morta era lì a strusciarsi contro le sue gambe.
Si prospettava una fantastica giornata: non potevo sentire Alexander per tutto il giorno così me lo immaginavo rotolarsi tra le lenzuola con Angelica…
Dovevo andare al suo ufficio e assicurarmi che non si trattava solo di un caso.
«Qualcuno dovrà pur sapere se questa stronza gli è corso davvero dietro», bofonchiai, vestendomi rapidamente per uscire. Robert intanto aveva parcheggiato la sua auto nel viale e mi guardava perplesso.
«Dove va così di fretta?»
«Alla Wilson Group». Si rimise in macchina e mi seguì per tutto il tragitto, trovando posto nel parcheggio alle spalle dell’edificio.
«Se le serve qualcosa, sono qui». Lo ringraziai e entrai velocemente nell’edificio, chiedendo informazioni al personale.
Sembrava che nessuno fosse a conoscenza di ciò che volevo sapere… e la cosa iniziava davvero ad irritarmi.
«Possibile che nessuno sappia mai niente?!», sbraitai.
«Ehi, ehi, qualcuno si è svegliato con la luna storta stamattina». Perfetto, ci mancava solo lui.
«Non è giornata, Vincent», bofonchiai, voltandomi per salutarlo. Lui mi sorrise, impeccabile come sempre con i suoi pantaloni classici e la camicia bianca.
«Cosa c’è che non va?»
«Tutto», mormorai lamentosa.
«Ti va di pranzare insieme? È da tanto che non chiacchieriamo un po’, così mi racconti tutto». Mi mostrò uno dei suoi sorrisi più belli ed impossibili da rifiutare. Almeno mi avrebbe distratto un po’ per qualche ora.
«Avviso Robert che torno con te, ci vediamo giù all’ingresso», sorrisi, andando via senza rispondere alla sua domanda su chi fosse Robert.
Presi l’uscita sul retro, quella utilizzata raramente e solo dal personale, che mi avrebbe risparmiato di percorrere tutti i reparti del piano. Scesi delle grosse scalinate di ferro, diretta verso il parcheggio dove Robert si era fermato.
Qualcuno mi afferrò per un polso.
«Vincent», sussurrai, prima che una mano mi tappasse la bocca e mi costringesse ad arretrare verso il sottoscala.
«Zitta», mi ordinò una voce rude. Avvertii contro la mia schiena una persona possente che mi stringeva con tutta la sua forza.
Impaurita tentai di liberarmi, scuotendo il capo per cercare di urlare, ma l’uomo era più forte di me e mi teneva troppo stretta. Tentai di urlare, ma qualsiasi suono era strozzato dalla sua mano ruvida. Qualcosa di metallico mi sfiorò la gola.
«Dì soltanto una parola e ti levo al testa», mi minacciò ed io trattenni il fiato, accorgendomi del coltellino che aveva in mano. «Capito?», ringhiò, scuotendomi. Annuii freneticamente e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Dov’era finito Robert? Non poteva vederci?
«Quel bastardo è volato via?». Parlava di Alexander? La pressione sulla mia bocca iniziava a farmi male, le mie gambe tremavano e temevo che sarei crollata lì a terra.
«Il tempo è scaduto. Adesso vieni in macchina con me e lo chiamiamo». Le lacrime scivolarono lungo le mie lacrime. Non volevo andare via con quell’uomo… avrebbe potuto uccidermi. Soprattutto oggi che Alexander aveva il telefono scarico.
Si sentirono dei passi e la scala metallica si mise a vibrare: qualcuno stava scendendo. Cercai di urlare per attirare l’attenzione ma l’uomo mi spinse contro un muro e si mise davanti a me, mimandomi di fare silenzio. Il suo volto era coperto da un passamontagna e i suoi occhi neri mi guardavano minacciosi.
«Sara? Sei lì?». Vincent mi stava cercando. Dovevo fargli capire che ero lì. Diedi un calcio alla scala, facendola vibrare pesantemente.
«Che cazzo fai», ringhiò l’uomo, aumentando la pressione del coltellino sul collo. Deglutii, chiedendomi se era stata una mossa sbagliata. Vincent mormorò qualcosa, scendendo le scale.
L’uomo ringhiò, guardandosi attorno, chiaramente disorientato. Poi lasciò immediatamente la presa e si mise a correre veloce.
«Ehi!», urlò Vincent, correndo giù per le scale. «C’è qualcuno lì!». Due poliziotti scesero immediatamente dopo di lui e si misero a rincorrere l’uomo che ormai era fuori dalla nostra visuale. Vincent si fermò dinanzi a me e mi trovò inginocchiata in lacrime.
«Dio , Sara, stai bene?», mi chiese preoccupato, inginocchiandosi davanti a me. Le sue braccia mi circondarono.
«Voleva… voleva portarmi con lui», singhiozzai.
«Ssh, ora sei al sicuro», mi rassicurò cullandomi dolcemente.
«Ho avuto paura»
«Non permetterò che qualcuno ti faccia male», mi sorrise, asciugandomi le lacrime con il pollice, aiutandomi poi a rimettermi in piedi.
Le due ore successive furono un caos totale: si scoprì che Robert era stato addormentato con un sedativo e l’uomo era riuscito a fuggire perché aveva un complice che lo aspettava su un motorino alle spalle dell’edificio. La polizia aveva iniziato ad indagare sul mio tentato rapimento, chiedendomi di fornire loro un identikit del rapitore e un resoconto tutto ciò che mi aveva detto.
Per la polizia era tutto molto strano e dedussero che probabilmente si trattava di qualche stupido che voleva farsi qualche soldo chiedendo un riscatto ad Alexander. Robert mi aveva intimato di non dire nulla riguardo al problema che stavamo affrontando: sapevamo entrambi che cosa voleva dire che il tempo era scaduto.
Avevamo chiesto alle forze dell’ordine di non contattare Alexander: era fuori per stringere quei famosi accordi, non avrebbe fatto bene alla società se Alexander fosse corso precipitosamente qui.
Vincent non mi mollò per un secondo insistendo per venire personalmente a casa. Anche Robert ci accompagnò e mi rassicurò del fatto che non si sarebbe mosso dal mio viale.
«Hey, piccola, hai fame? Vado a ordinarti qualcosa se vuoi»
«Mi si è chiuso lo stomaco», mormorai, ancora visibilmente scossa. Mi esaminai allo specchio: i miei capelli erano tutti scompigliati, avevo dei lividi sul braccio sinistro e un graffio sul collo, anche se non ricordavo di aver provato dolore in quel momento. Vincent mi venne dietro, accarezzandomi un braccio.
«Quando hai sposato Alexander non avevi considerato questo pericolo, eh?»
«Sinceramente no», borbottai, chinando il capo. «Grazie di tutto Vincent, puoi tornare a casa ora che-»
«Non se ne parla, non ti lascio sola. Mi sento colpevole di questa faccenda»
«Colpevole? Non dire stupidaggini», feci sconcertata, voltandomi per guardarlo dritto negli occhi. Dio se erano belli…
«Ti ho fatta aspettare tutta sola», sospirò, mettendomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Ti dispiace se resto qui stanotte? Il divano andrà benissimo»
«Ma no…. Non è il caso…», mormorai a disagio, vagando con lo sguardo per la stanza alla ricerca di chissà cosa. Era il caso di lasciare che Vincent dormisse qua? Non volevo dargli altri fastidi, mi era stato accanto per tutto il giorno tra interrogatori e report, ma avevo anche bisogno di sentirmi al sicuro…
«Non accetto un no», sorrise, indietreggiando per sfilarsi la giacca e appenderla all’appendiabiti.
«Fatti pure una doccia, ti do un pigiama di Alexander»
«Signor Wilson per una sera», sorrise sornione, scomparendo dietro la porta non appena gli ebbi dato il pigiama.
Ne approfittai per stendermi sul letto e rilassarmi. Avevo bisogno di acquistare lucidità e riflettere su ciò che avrei dovuto fare… quell’uomo avrebbe potuto minacciarmi ancora.
Il cellulare squillò e apparve il numero di Alexander sullo schermo. L’orologio segnava quasi mezzanotte.
Per tutta la giornata non si era fatto sentire mentre io avevo rischiato la vita per colpa sua.
«Pronto», risposi fredda.
«Sara! Ho trovato tante chiamate perse, va tutto bene?»
«Che fine hai fatto?», borbottai, deviando la sua domanda. Volevo vedere fino a che punto Alexander mi avrebbe mentito.
«Ho avuto diversi incontri e il cellulare era-»
«Scarico, lo so», tagliai corto. Il suo tono di voce non mi convinceva del tutto. Non aveva ancora citato Angelica.
«Come lo sai?», mormorò dopo un attimo di pausa.
«Angelica me l’ha detto». Un pizzico di bugia allora c’era: Angelica aveva preso chissà dove il mio numero e mi aveva chiamata fingendo che fosse stata incaricata da lui.
«Ah». Dopo avermi omesso di dire che Angelica lo accompagnava, dopo averlo scoperto, tutto ciò che aveva da dirmi era “ah”?!
«Perché diavolo non mi avevi detto che partivi con lei?!», sbraitai, lasciando che la mia gelosia prendesse il sopravvento.
«Non è partita con me. Mi ha raggiunto dopo»
«Questo non cambia le cose! È proprio necessario che debba esserci sempre Angelica?!»
«Sara, non iniziare. È proprio per questo che non ti ho detto nulla», mi riprese severamente, cosa che mi fece imbestialire ancora di più.
«Non mi hai detto nulla perché così potevi spassartela con lei in santa pace»
«Non dire stronzate, è qui per lavoro proprio come me»
«Allora non c’era motivo di nasconderlo…»
«Non vedo perché debba informarti di tutto quel che faccio! Ho vissuto anni senza di te e senza dover dare conto a nessuno, quindi non starmi col fiato sul collo»
«Vaffanculo, Alexander», ringhiai, staccando la chiamata.
Odiavo quell’uomo. Odiavo la sua esigenza di libertà, le sue bugie, il suo finto perbenismo, il suo scaricare la colpa sempre addosso agli altri. I addormentai senza accorgermene, con la testa piena di pensieri negativi che mi vorticavano in testa.

Mi svegliò uno squillo insolito e, subito dopo, la voce di Vincent che parlava al telefono. Per un momento mi ero dimenticata che fosse nell’altra stanza ma poi mi ricordai che mi ero addormentata senza accorgermene. Quel poverino aveva dormito senza una coperta o un cuscino…
Presi il cellulare dal comodino per guardare l’ora ma la mia attenzione venne catturata dalla notifica di un messaggio. Il numero non lo conoscevo, per cui lo visualizzai con il cuore in gola.

“From London, xoxo”

In allegato, c’era una fotografia scattata da un terzo che mostrava Angelica e Alexander sorridenti, appoggiati su una ringhiera molto decorata mentre sullo sfondo si intravedevano tanti alberi.
Angelica aveva un tubino nero e una vistosa collana oro come la pochette che stringeva tra le mani, mentre Alexander aveva un completo grigio chiaro con una camicia azzurrina leggermente sbottonata, una mano nella tasca dei pantaloni e l’altra che sorreggeva un calice di spumante.
La vista quasi si annebbiò dalla rabbia. Era così allora… se la stavano spassando e quella stronza ne stava approfittando per farmi rosicare. Rendermi la vita un inferno era diventato il suo hobby preferito.
Come aveva potuto farmi questo? Non era così che mi dimostrava di tenerci a me…
Mi alzai velocemente dal letto imprecando contro loro due, piombando in salone. Mi accorsi di Vincent a petto nudo con addosso il pantalone di Alexander, i muscoli della sua schiena ben delineati mi offrivano una bella visuale.
«Ti sei svegliata». Vincent si voltò, avendomi sentita arrivare, e mi sorrise, posando sul tavolo il cellulare. Arrossii, voltando altrove lo sguardo.
«Mi dispiace essermi addormentata ieri, hai dormito senza una coperta…»
«Sono stato benissimo. Hai riposato bene?»
«In realtà no», sospirai. E non mi ero nemmeno svegliata bene a dirla tutta…
«Oggi ce ne andiamo al mare. Hai bisogno di distrarti»
«Al mare?», ripetei ridendo. «Tu sei matto!». In realtà aveva proprio ragione, tra gli eventi di ieri e il mio “dolce” risveglio infernale, mi occorreva un po’ di svago. Se Alexander si divertiva “a lavoro” potevo farlo anch’io.
Feci una doccia rapida, infilai un costume, misi in una borsa due teli da mare e un po’ di crema solare e uscimmo sorseggiando il caffè che Vincent aveva preparato mentre ero sotto la doccia.
«Dove state andando?», fece Robert scattante, in piedi davanti alla sua auto nera.
«Prenditi la giornata libera, porto la signorina al mare, resto il con lei», fece Vincent spavaldo, avviandosi verso la macchina che aveva parcheggiato all’inizio del viale.
«Dopo quello che è successo non se ne parla, vengo con voi e mi metto in disparte», fece Robert testardo con un tono che non ammetteva repliche. Vincent stava per dire qualcosa ma io lo bloccai con una mano, facendoci cenno di stare zitto.
«Va bene, Robert».
Arrivammo in spiaggia sotto il sole già caldo al punto giusto, ci sistemammo sulle sdraio e andammo a sederci in riva al mare.
«Dio, vorrei essere un pesce», sospirai, chiudendo gli occhi per concentrarmi sul suono delle onde che arrivavano fino ai nostri i piedi, inspirando l’odore del mare. Sentii Vincent posarmi le mani sulla schiena e trasalii.
«Che fai?!»
«Ti spalmo un po’ di crema, rilassati», rise, massaggiandomi le spalle. Lo lasciai fare ma ero comunque visibilmente tesa. Vincent ci aveva provato con me dal primo istante in cui mi aveva posato gli occhi addosso e non ero stupida a non capire che si stava approfittando della mogliettina in pericolo col marito lontano da casa. Però mi stava anche aiutando, averlo accanto mi rassicurava e mi evitava di pensare a cose spiacevoli.
Per il resto della giornata ce la spassammo giocando in acqua, rotolandoci nella sabbia e schizzandoci a vicenda, anche se dovetti evitare un paio di volte che mi si avvicinasse troppo.
Ad ora di pranzo tornammo sotto l’ombrellone per approfittare dell’ombra fresca e mi accorsi di avere due messaggi in arrivo. Erano tutte e due di Alexander. Al solo pensiero di quella foto di loro due sorridenti e spensierati mi si strinse in cuore e aprii controvoglia il messaggio.

Che ci fa quel viscido di Vincent a casa mia?!

E dopo dieci minuti:

E rispondi. O sei troppo impegnata a divertirti al mare con lui?

Alexander che mi tartassava di messaggi e faceva il geloso? Questa era bellla… da ridere proprio! Gli risposi innervosita:

Hai già chiesto a Robert il resoconto della giornata? Ebbene sì, mentre tu ti diverti ai party con Angelica sorseggiando champagne, io mi rilasso in spiaggia.
  
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