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Autore: taisa    12/07/2016    2 recensioni
Ogni bambino ha bisogno di un eroe. Quello di Trunks non è disegnato su un poster.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EVERYBODY NEEDS A HERO

 

C’era qualcosa che non gli piaceva negli occhi che dall’alto verso il basso lo stavano fissando con sfida. Il suo avversario lo stava osservando con un’espressione di superiorità, accompagnato da un sorriso irriverente che sembrava voler ribadire una certa superiorità. Era uno sguardo che non apprezzava per niente. Ad averne la possibilità si sarebbe librato in cielo per raggiungere lo sfidante che sembrava attenderlo sulla balconata dell’edificio, e senza indugiare nemmeno un istante gli avrebbe volentieri sferrato un pugno sul grugno strafottente che non aveva altro scopo se non quello d’innervosirlo.

Ignaro del pericolo che incombeva, lo strano individuo continuava ad osservare imperterrito il marciapiede sottostante, restando immobile in quella sua posa eroica come a voler ribadire a tutti che erano lì per lui.

Dal basso, però, un paio di occhi neri non vedevano nulla di eroico in quella figura vestita con una divisa variopinta ed un mantello che nel vento immaginario soffiava alle sue spalle. Trovava sgradevoli quei suoi denti perfetti, quella definizione dei muscoli, per non parlare della maschera che quasi nella sua interezza nascondeva il viso a chi avesse la curiosità di conoscere l’identità dell’irriverente guerriero.

A peggiorare le cose erano i suoi compagni, che alle sue spalle si esibivano in ghigni altrettanto saccenti e divertiti, anche loro vestiti in abiti pittoreschi, volti coperti e mantelli fluttuanti. Tsk! In un vero combattimento, nascondere gli occhi dietro un pezzo di stoffa avrebbe solo impedito la visuale dell’avversario, mentre i loro inutili indumenti volanti sarebbero risultati un intralcio per chiunque.

Con disapprovazione i suoi occhi si assottigliarono, fissando con più astio quello stupido cartellone pubblicitario che da almeno qualche minuto stava studiando con un certo fastidio. Ringhiando a denti stretti si costrinse a volgere altrove lo sguardo, senza tuttavia riuscire a liberarsi di quella irritante visuale. Lo stesso manifesto era affisso anche all’entrata dell’edificio, mentre gli eroi sopra disegnati sembravano voler suggerire, con i loro sorrisetti, “Non hai scampo, Vegeta”.

Il saiyan si costrinse ad un sospiro rassegnato, affondando maggiormente le mani nelle tasche dei pantaloni, sapendo che questa era una battaglia che non aveva la minima voglia di affrontare. Se a guardarlo dall’alto fosse stato Freezer o Majin-Bu, non avrebbe nemmeno battuto ciglio, ma questo?

Aveva tentato con tutte le sue forze di tirarsi fuori dai guai, sia chiaro. Come era nella sua natura aveva venduto cara la pelle e si era rifiutato categoricamente di averci nulla a che vedere, ma era stato inutile. Si era impuntato con tutta la testardaggine di cui era capace e aveva risposto “No” ogni volta che l’argomento veniva fuori.

La sua sconfitta era dovuta ad un paio di occhi azzurri che incuranti di tutte le sue proteste e la sua presa di posizione lo avevano fissato con l’intensità di sempre. Avevano un potere che Vegeta ancora faticava a comprendere.

Bulma, che non aveva smesso di assillarlo per un solo secondo, alla fine di interminabili discussioni lo aveva guardato con estrema serietà e gli aveva ricordato “È con suo padre che vuole andarci” e Vegeta aveva visto svanire tutte le sue argomentazioni in un solo istante. Non sapendo come ribattere si era trovato l’incombenza tra capo e collo senza più alcuna possibilità di controbattere.

“Quanto pensi che ci vorrà ancora, papà?” lo riportò alla realtà una figura al suo fianco, impegnata a strattonare i calzari del principe in modo da attirare la sua attenzione. Vegeta grugnì contrariato, osservando la fila che davanti a lui non aveva mosso un solo muscolo. “Che cosa vuoi che ne sappia io” brontolò, il nervetto sulla propria tempia che pulsava con nervosismo e la voglia di farsi largo a suon di ki blast che aumentava ad ogni secondo che scorreva.

Trunks si alzò in punta di piedi, cercando di vedere l’inizio della fila, ma dalla sua altezza di bambino l’unica cosa che vide furono solo altre persone, mentre molti dei coetanei che lo stavano precedendo sembravano imitarlo, “Uff, non vedo niente” commentò con un broncio. Il piccolo saiyan si sarebbe quasi alzato in volo, se sua madre non si fosse più volte raccomandata di non farlo in mezzo ad una folla.

Vegeta scostò lo sguardo da suo figlio, tornando suo malgrado ad osservare quello stupido poster che recitava la scritta Capitan Alien a lettere cubitali sopra l’uomo con il sorriso irritante. Sul viso di Vegeta uno scatto nervoso manifestò tutto il suo scontento, se ciò non fosse stato già palese dall’espressione tutt’altro che felice stampata in volto. D’altra parte, il saiyan non aveva molte altre espressioni nel suo repertorio.

“Ehi, Trunks, pensi che il tuo papà ci comprerà qualcosa da mangiare quando saremo entrati? Io ho fame” mormorò una seconda voce.

L’altra seccatura Vegeta non l’aveva proprio prevista, anche se avrebbe dovuto. Dove andava uno c’era sempre anche l’altro. Già contrariato dalla situazione si era trascinato fino all’ingresso della Capsule Corporation, il giorno successivo alla discussione con sua moglie, trovandosi ad osservare non una, ma due piccole pesti che con sorrisi a trentadue denti lo avevano fissato con aspettativa. “Che cos’è questa storia?!” aveva sbottato, sentendosi subito alle strette, e come previsto fu Bulma a rispondergli, “Anche Goten voleva venire”, gli spiegò con ovvietà, accompagnata da un’alzata di spalle. Vegeta aveva inutilmente tentato la fuga, ma ogni scusa gli era stata ribattuta con una facilità quasi allarmante, tanto da rendere vani i suoi tentativi di togliersi dal pasticcio.

L’ultima imprecazione era stata rivolta a quel maledetto di Kakaroth, che era riuscito a cavarsela grazie ai suoi obblighi da contadino modello, cosa che in realtà non era. Vegeta sapeva che l’idiota stava mentendo, che fingendo di eseguire gli ordini impartiti dalla moglie era riuscito a svignarsela. Dannato Kakaroth!

“No” rispose Vegeta alla mini versione del rivale, che sembrò molto risentito. Goten sospirò, cercando lo sguardo dell’amico, nella speranza di convincere il loro accompagnatore a sfamarli. Trunks sembrò sul punto di dire qualcosa al padre, ma una voce proveniente dalla cima della fila attirò l’attenzione di tutti.

“Attenzione, signori. Stiamo per aprire le casse, per favore rispettate la coda, ci sono abbastanza biglietti per tutti” urlò una donna alla massa di gente che si zittì all’improvviso. Pochi istanti dopo le persone davanti all’improponibile trio cominciò a muoversi.

Fortuna volle che lo scorrere della fila fu rapido ed indolore, relativamente parlando almeno. Appena un paio di minuti più tardi Vegeta si ritrovò ad osservare la cassiera, un donnone di mezza età che lo fissò da dietro il bancone ed un paio di occhiali spessi e rotondi. All’inserviente bastò una sola occhiata vaga ai due bambini per intuire quanto necessario, d’altra parte tutti i giovani della stessa età erano lì per lo stesso motivo. “Capitan Alien?” domandò, dando un volto alla voce che aveva dato l’annuncio poco prima.

Trunks si aggrappò al bordo dell’ingombrante mobile che lo separava dalla donna, sollevandosi in punta di piedi per vederla meglio. “Sì” le rispose con rapidità, al suo fianco Goten lo imitò, annuendo con fermezza a dar manforte all’amico. Lei sorrise ad entrambi con dolcezza, poi si rivolse all’adulto “Quanti biglietti?” gli chiese.

Vegeta fece comparire una banconota di 5000 zeni (circa 40 Euro) da dentro una tasca e la sbatté senza molta delicatezza sul banco, “Due” disse in un brontolio contrariato, attendendo un responso che tuttavia arrivò dal lato sbagliato della cassa. “Cooosa?!” esclamò suo figlio, gli occhi azzurri fissi sul principe dei saiyan, “Papà, tu non vieni con noi?” lagnò, senza nascondere la delusione nel timbro di voce. Goten assunse un’aria supplichevole, “Sì, Vegeta, vieni con noi!” echeggiò alle spalle dell’inseparabile Trunks.

La cassiera attese con pazienza, osservando in silenzio la scena con sguardo intenerito, increspando le labbra in un leggero sorriso.

“Cos…?” replicò uno scontento Vegeta, ricambiando lo sguardo con i due bimbi, lasciandosi sfuggire un ringhio in una smorfia, sopprimendo la voglia di compiere un passo indietro e di allontanarsi. “Per favoooooreeee” implorarono in coro i due marmocchi, come se fossero un solo essere.

Nel tentativo di distogliere lo sguardo dalle due piccole pesti, il saiyan si ritrovò a guardare la donna dietro il banco che, con sua somma sorpresa, gli mostrò un terzo biglietto oltre ai due che aveva già poggiato accanto alla banconota. Messo alle strette, Vegeta le afferrò il fogliettino in un gesto scortese. “Al diavolo!” farfugliò a denti stretti, regalando alla cassiera uno sguardo intriso di astio.

Dei tre fu lui il primo ad allontanarsi dalla coda, ma solo dopo aver ordinato “Trunks, prendi il mio resto” senza attendere responso. Alle sue spalle i due bambini si scambiarono un’occhiata d’intesa, accompagnati da un “Evviva!” corale, mentre il figlio si premurò di recuperare soldi e biglietti. Con una risata la commessa osservò Goten e Trunks allontanarsi, ma non prima di aver augurato loro un intenerito “Divertitevi”.

Vegeta fu presto raggiunto e superato dai piccoli saiyan, che mostrarono i loro biglietti alla maschera all’ingresso delle sale. Quest’ultimo, un giovane sulla ventina, lesse i pezzettini di carta, “Sala sette” li informò, indicando alla sua destra, riservando lo stesso trattamento al principe appena un secondo più tardi.

Trascinando i piedi sulla moquette del multisale, Vegeta si fece strada lungo il corridoio, osservando i ragazzini leggere i numeri delle enormi porte in cerca di quella contrassegnata con il numero sette. Fu Trunks il primo a notarla, facendo strada al migliore amico, che lo anticipò nell’ingresso, mentre lui si prese un momento per guardarsi alle spalle, “Da questa parte, papà” urlò, assicurandosi che il genitore lo stesse seguendo per poi sparire all’interno della sala.

Molti altri bambini stavano seguendo la stessa direzione, accompagnati da mamme e papà, nonni e nonne, condividendo tutti l’entusiasmo dovuto in buona parte anche alla loro giovane età. Ad attirare l’attenzione di Vegeta, per qualche motivo, fu un bambino poco più giovane di Trunks, mano nella mano con il padre, intento a tenerlo alla larga da un secchio di pop corn. “Li mangiamo quando saremo seduti in sala” gli stava spiegando l’uomo, sorpassando il saiyan che si era un attimo soffermato a riflettere.

La richiesta che poc'anzi aveva espresso il piccolo Goten, gli tornò alla mente. Vegeta aveva rifiutato senza troppo soffermarsi a pensare, ma mentre osservava padre e figlio sparire dietro la stessa porta che aveva già inghiottito i due saiyan si domandò se era stata la cosa giusta. Da qualche parte nella sua mente una vocina cominciò a farsi largo, solleticando il suo senso di colpa. La zittì in meno di un secondo, senza premurarsi di ascoltare quanto la sua coscienza aveva da suggerirgli.

Riprese a camminare con passo deciso, raggiungendo infine la porta numero sette, sulla quale quello stramaledetto poster sembrò volergli ricordare per l’ennesima volta che le prossime due ore sarebbero state in compagnia di quei quattro idioti disegnati. Sospirò con rassegnazione prima di entrare.

La sala era a malapena illuminata, quel tanto che bastava per vedere dove si stava mettendo i piedi, mentre la gente che continuava a fluire dagli ingressi cominciava a trovare il posto segnato sul relativo biglietto. Per un’ultima volta, Vegeta scorse il padre con il figlio, ora seduti ed intenti a condividere lo snack comprato al bar del cinema.

“Da questa parte” urlò una voce familiare, e nel voltare la testa il principe dai saiyan vide suo figlio fargli un cenno con la mano, indicando la poltrona accanto alla quale si era sistemato. Dallo schienale della sedia accanto, Vegeta scorse un paio di ribelli ciuffi neri di una capigliatura che ben conosceva.

Seguendo le tenue luci intente ad illuminare una bassa scalinata, raggiunse la fila dove Trunks lo stava aspettando. Diverse persone già accomodate gli fecero spazio fino a quando non giunse davanti al posto che gli era stato assegnato. Il saiyan dai capelli lilla lo guardò con un sorriso, additando per l’ennesima volta il sedile accanto al suo, “Puoi sederti vicino a me papà” gli disse, mettendosi comodo sul cuscino rosso del cinema. Vegeta osservò la poltrona come se fosse una condanna. Fu solo dopo un ringhio contrariato che si decise infine a sedersi. Imbronciato, le braccia conserte, assunse l’atteggiamento di un bambino che era appena stato messo in punizione per qualcosa che, a suo dire, non aveva fatto.

Uno strattone alla manica della camicia lo costrinse a voltarsi alla sua destra, incrociando gli occhi con il figlio, “Il tuo resto” gli disse quest'ultimo, mostrandogli alcune banconote e una manciata di monetine. Quando gli fu esposto il palmo aperto di una mano, Trunks non esitò, lasciando cadere i soldi sulla mano di suo padre che altrettanto prontamente fece sparire quel che restava dei 5000 zeni nella tasca dalla quale li aveva fatti comparire inizialmente.

Trunks, soddisfatto, si voltò a parlare ora con l’amico alla sua destra, cominciando un dialogo fitto che dalla sua posizione Vegeta non riuscì a sentire. Non che fosse interessato, ma il gesto non fece altro che farlo voltare avendo attirato la sua attenzione. Tuttavia, con sua grande sorpresa, scoprì di non essere stato l’unico ad essersi voltato. Un paio di sedili dopo Goten, una donna che doveva aver superato i sessant’anni da almeno una decade si voltò a sua volta a guardare i due saiyan che nel frattempo avevano attaccato bottone con un altro bambino, senza dubbio il nipote dell’anziana.

Ci fu un attimo in cui gli occhi castani della signora, incastonati in un viso stanco e raggrinzito, si fissarono sul principe. Poi, con uno sguardo che Vegeta non riuscì a decifrare, gli sorrise accompagnata da un gesto del capo. Lui restò interdetto per alcuni istanti, senza sapere come rispondere, ma non vi fu il tempo. La donna si voltò verso l’enorme schermo che sovrastava sull’intera sala, appena un secondo prima che le luci si spegnessero, immergendo gli spettatori nel buio.

Con un gesto istintivo il saiyan sollevò lo sguardo verso i lampadari, ora spenti, prima di imitare tutti i presenti, portando la sua attenzione davanti a sé. Giusto in tempo per veder comparire la prima immagine.

Lì, nel buio della sala, circondato da decine di persone che non conosceva e con la quale non voleva avere nulla a che fare, Vegeta si disse che stavano per cominciare due ore d’inferno.
 

***
 

I minuti erano trascorsi con una lentezza disarmante. Sapeva che sarebbero state un paio d’ore lunghe e tediose, ma si erano rivelate addirittura peggio delle sue previsioni. Aveva immaginato che il film lo avrebbe annoiato a morte, disinteressato alla trama e alle avventure di Capitan Idiota. Tuttavia, quello che non si era aspettato era… tutto il resto.

Alle sue spalle era seduto un bambino pestifero che non aveva fatto altro che tirare calci alla sua sedia. Vegeta si era ritrovato a far fronte a tutta la sua pazienza per non voltarsi di scatto e annientare la piccola peste a suon di Final Flash.

Se ciò non dovesse essere abbastanza, un altro bambino ad alcuni posti di distanza aveva cominciato a lamentarsi del più e del meno dopo i primi cinque minuti dall’inizio della pellicola. Inutile dire che non aveva più smesso fino ai titoli di coda.

La ciliegina sulla torta erano le reazioni del pubblico che ad ogni colpo di scena ruggiva in coro per dar voce al loro consenso o dissenso, a seconda dei casi. Più volte il principe dei saiyan aveva ponderato di alzarsi in piedi per strillare “Che cavolo avete da urlare tanto?! È soltanto uno stupido film!” ma anche in questo caso la sua forza di volontà riuscì ad avere la meglio. C’era un solo motivo se fino a quel momento non aveva fatto nulla di tutto ciò che avrebbe voluto, quel motivo era seduto accanto a lui.

Quando fu dichiarata la fine di quella tortura, Vegeta vide la massa di gente avviarsi senza un determinato ordine verso le uscite, e lui si ritrovò a pensare che non aveva nessuna intenzione di tollerare oltre. “Datevi una mossa o vi lascio qui” annunciò a suo figlio, senza guardarlo negli occhi, per poi svanire letteralmente dalla sala.

Trunks e Goten si scambiarono uno sguardo d’intesa, alzarono le spalle in sincronismo perfetto ed un secondo dopo anche di loro non ci furono più traccie evidenti, come se non fossero mai stati lì.

Trovarono il loro accompagnatore appena fuori dall’ingresso, le braccia incrociate nella posa a lui più consona, mentre osservava la porta in attesa di vedere comparire i due bambini.

Vegeta s’incamminò verso l’uscita del cinema appena un secondo più tardi, puntando lo sguardo sulle porte che avevano il sapore della libertà. “Papà, io devo andare in bagno” lo informò Trunks, affrettando il passo per raggiungerlo, ma suo padre non si fermò, “Puoi andarci quando saremo a casa”. Tuttavia il bambino si fermò sul posto, cominciando uno strano balletto, “Ma io devo proooprio andarci” gli rispose, osservando il genitore con una certa apprensione, al suo fianco Goten annuì, “Devo andarci anch’io” mormorò.

Costretto infine a frenare il proprio incedere, Vegeta si voltò a guardare i giovani saiyan, che lo ricambiarono con una certa speranza dipinta in volto. Per istinto l’uomo cercò con gli occhi la via d’uscita, quasi temendo che la sbarrassero qualora l’avesse persa di vista per un solo istante. Riportò le pupille nere come la pece verso il figlio, poi adocchiò il cartello che indicava la direzione delle tolette. Ringhiò.

“Muovetevi” ordinò e senza farselo ripetere i due bambini si affrettarono a seguire le indicazioni che li avrebbe portati a destinazione. Vegeta fece scivolare le mani nelle tasche, camminando dietro le due pesti ma sempre mantenendo una certa distanza.

Bastarono solo pochi minuti per raggiungere i servizi ed avendo lasciato la sala del cinema con una certa fretta non vi era ancora nessuno ad attenere il proprio turno. C’erano solo due donne che dovevano sì e no avere la sua età, sedute sull’unico divano nelle vicinanze e un uomo che aveva appena sfiorato i trent’anni, in attesa davanti alla porte delle signore ed intento a giocare con il proprio cellulare. Quando anche Vegeta divenne parte del club degli accompagnatori in attesa, Goten e Trunks erano appena spariti all’interno della stanza adibita al bagno degli uomini. Al principe dei saiyan non restò altro da fare che poggiare le spalle alla parete, incrociare le braccia ed osservare senza troppo interesse i suoi compagni di sventura.

Fortuna volle, per lui, che nessuna di quelle persone sembrava interessata ad intavolare una conversazione. Le due signore erano molto più interessate a ciò che si stavano dicendo, mentre l’uomo sembrava preferire una compagnia più digitale.

La porta che dava al bagno delle donne si aprì, facendo comparire una bimbetta dai capelli biondi, mano nella mano con quella che doveva senz’altro essere la madre. Si fermarono davanti all’uomo, il padre a giudicare dall’evidente somiglianza, che fece sparire il cellulare in una tasca. Si chinò verso la figlia, stringendola a sé. La mamma lo prese sottobraccio e la famigliola cominciò ad avanzare nella direzione delle uscite alle spalle di Vegeta. Quando gli passarono accanto, la bambina diede un bacio al papà che di rimando rise “Allora, ti sei divertita?” le stava chiedendo.

Con la coda dell’occhio, il saiyan, li seguì fino alle porte. Un pensiero vago e lontano tornò a farsi strada nella sua mente. La stessa sensazione che poche ore prima gli aveva fatto notare il padre con il pop corn. Nel tentativo di cacciare quel fastidio, Vegeta si limitò ad una smorfia che non vide nessuno, ma non bastò.

Ancora in preda ad una lotta personale nella propria testa, fu salvato dalla voce allegra di suo figlio, “Eccoci!” annunciò Trunks, seguito a pochi passi dalla piccola copia di Kakaroth. L’uomo si voltò ora a guardarli entrambi, “Mi auguro che vi siate lavati le mani” brontolò poi, con uno sguardo severo. All’unisono i due bambini annuirono, mostrandogli con orgoglio le piccole dita ancora bagnate dalle ultime goccioline d’acqua, “Sissignore” dissero in coro.

Vegeta ringhiò, in segno d'approvazione, cominciando a muoversi in direzione della tanto agognata libertà. Trunks affrettò il passo per camminargli accanto, aggrappandosi ancora una volta ai pantaloni del padre per attirare la sua attenzione. “Senti, papà, è vero che tu potresti batterlo Capitan Alien?” gli domandò in tutta la sua giovane innocenza. “Che cosa?!” sbraitò invece il principe dei saiyan, scandalizzato. Come poteva essere paragonato ad uno stupido cartone animato?! Senza rendersene conto si fermò, scoprendosi a stringere un pugno con rabbia.

“Anche il mio papà potrebbe batterlo” continuò Goten, dopo averli raggiunti, incurante dell'indignazione stampata sul volto del principe guerriero. Trunks, altrettanto inconsapevole, sembrò ponderare sull’affermazione dell’amico. “Sì, anche il tuo papà è forte. Ma il mio papà è il più forte di tutti” affermò, avviandosi verso l’uscita, Goten sempre al suo fianco.

Ancora un po' scosso, Vegeta guardò i due bambini varcare la soglia, senza sapere come reagire. “Dannati mocciosi” mormorò a denti stretti.

Alle sue spalle le due donne sedute sul divanetto alzarono lo sguardo, rendendosi spettatrici della scena. E mentre anche il saiyan uscì all’aperto, le due amiche si scambiarono un’occhiata d’intesa e risero in coro.
 

***
 

Sdraiato sul fianco, Vegeta mantenne lo sguardo fisso sul pavimento, un braccio nascosto sotto la propria testa ad imitazione di un cuscino. I pensieri lontani, che continuavano a distrarlo da tutto ciò che lo circondava, senza dar peso ai movimenti che nella stanza continuavano imperterriti da alcuni minuti. Solo quando sentì il materasso abbassarsi nell’altra metà del letto si costrinse a tornare al presente. Si ritrovò, ora consapevole del mondo, a seguire i gesti della persona che aveva accanto in attesa che smettesse di agitarsi e spegnesse la luce.

“Beh, sembra che Trunks si sia divertito questo pomeriggio” cominciò invece a dire Bulma, incurante che il saiyan non avesse nessuna intenzione d’intavolare una conversazione. “Mh” brontolò infatti lui, sempre osservando qualcosa che trovava intrigante sulla moquette, sebbene non sarebbe mai stato in grado di dire cosa esattamente. “Era molto agitato, ho fatto parecchia fatica a convincerlo che era ora di andare a dormire” continuò imperterrita, disinteressata all’apatica dimostrata dal marito. Vegeta non rispose, questa volta.

Bulma attese, aveva sperato per un attimo che lui potesse intervenire nella discussione. Poi si ricordò con chi stava parlando. Osservò la linea della sua schiena, immobile nella posizione che aveva assunto da alcuni minuti. Le iridi azzurre andarono poi a cercare la nuca dai folti capelli neri dell’uomo, immaginandosi per un secondo quella che poteva essere la sua espressione. Un’istante più tardi riprese a parlare, “Sono sorpresa però, non avete mangiato nulla mentre eravate lì? Trunks era parecchio affamato” “E con ciò?!” sbottò il principe, talmente all’improvviso da farla sobbalzare. Non era questa la reazione che lei si era aspettata.

Vegeta si issò a sedere, guardandola da dietro le folti sopracciglia aggrottate anche più del solito. “Non gli ho comprato da mangiare, e allora? Che differenza vuoi che faccia?!” urlò sbraitando, prima di incrociare le braccia al petto e scostare rapidamente lo sguardo. Bulma, assai sorpresa, non riuscì a trovare le parole per alcuni istanti, “Va bene, non c’è bisogno di urlare” gli fece presente, dopo averlo squadrato con notevole attenzione, “Hai ragione, non fa nessuna differenza. Ho solo pensato che tre saiyan avrebbero sentito la fame ad un certo punto, tutto qui” continuò con circospezione.

Con sua somma sorpresa si accorse che Vegeta non parve soddisfatto dalla risposta. Riconobbe quello sguardo, quel desiderio di combattere una battaglia superflua che sarebbe servita come valvola di sfogo. D’altra parte anche lei aveva spesso e volentieri utilizzato lo stesso trucchetto, in fin dei conti una buona parte della loro relazione si basava anche su questo.

“Vegeta, qualcosa non va?” domandò, inarcando appena un sopracciglio, “No” mentì lui, senza guardarla. Seguì un leggero silenzio, rotto solo dal ticchettio di un orologio da qualche parte nella stanza. “Vegeta?” lo incitò, con delicatezza poggiandogli una mano sulla spalla. Tuttavia il leggero contatto fisico, che voleva essere da conforto, sembrò sortire l’effetto opposto, il principe dei saiyan si discostò come se avesse appena ricevuto una scossa elettrica.

Ancora silenzio.

“Che diavolo vuoi da me? Se volevi il padre perfetto avresti dovuto cercarti qualcun altro” mormorò a denti stretti, cercando con tutte le sue forze di non guardarla, rendendosi conto solo ora delle sue stesse parole. Si stupì nel sentire la sua voce esternare un pensiero che lo stava tormentando da un po', mentre le immagini dei bambini incontrati nel cinema accompagnati dai rispettivi genitori gli tornarono alla mente con prepotenza.

“Vegeta… tu pensi di non essere un buon padre?” concluse lei cercando a tutti i costi lo sguardo del marito, che invece stava continuando ad evitarla. Lo sentì deglutire in silenzio. Bulma rise.

Con estrema delicatezza gli poggiò entrambe le mani sugli zigomi, costringendolo a voltarsi e a fissare quelle intense iridi nere nei propri occhi chiari. L’espressione imbronciata, unita all’effetto delle guance premute tra le dita della moglie, contribuirono a renderlo vagamente buffo. Tuttavia, non fu questo che la scienziata trovò divertente.

“Oh, Vegeta… mio dolcissimo e affascinante principe degli sciocchini” cominciò, ignorando il ringhio dell’uomo, contrariato che il proprio titolo nobiliare venisse usato in maniera tanto inappropriata. “Possibile che tu sia l’unico a non essertene reso conto?! Trunks ti adora!” per un attimo lo sguardo di Vegeta tradì la sua sorpresa, ma la donna non aveva ancora finito. “Tu sei il suo eroe, non fa altro che parlare di papà” Bulma fece una pausa riflettendo per un istante, poi fu lei a fare una smorfia, “Anche se ogni tanto è un po' frustrante per me” si lasciò scappare una piccola confessione, assieme ad un leggero sospiro. Poi tornò a sorridere, “Non sono le quantità di cibo o di sfizi che gli compri a renderti un buon genitore. Sono i dubbi, le paure e le perplessità che ti costringono a domandarti se stai facendo le scelte migliori per tuo figlio”. Restarono a fissarsi a lungo.

“Il solo fatto che tu sia qui oggi a chiederti se sei un bravo padre vuol dire che, in un certo senso, lo sei” poggiò la propria fronte su quella di lui, “È vero, non sei perfetto, ma noi ti vogliamo bene lo stesso, nonostante i tuoi difetti” concluse infine, guardandolo negli occhi un’ultima volta, prima di cingere le spalle dell’uomo con le proprie esili braccia.

Vegeta fissò la parete opposta della stanza socchiudendo le palpebre, sentendosi intimamente più rilassato, lasciandosi cullare dal respiro silenzioso di sua moglie e dall’odore della sua pelle.

“Certo, mi sarebbe stato d’aiuto se questi dubbi ti fossero venuti prima che nascesse Trunks” gli sussurrò lei in un orecchio, pochi istanti più tardi. Vegeta ringhiò, “Dannazione, Bulma, devi sempre rovinare tutto?” brontolò a denti stretti, ma Bulma rise, stringendolo più forte a sé.

 

FINE

 

Chiarimento veloce, gli “zeni” non sono altro che yen, pertanto ho usato la valuta giapponese per fare la conversione.

  
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