Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: scrittrice in canna    12/07/2016    1 recensioni
Prompt: Klaine, Victorian Age, Meet Cute.
Dalla storia: «Era cambiato molto da quegli anni spensierati, quelli durante i quali Kurt sarebbe sgattaiolato fuori dalle sue stanze, attirato dalla musica come una falena con la fiamma, e avrebbe allungato la testa quanto bastava per vedere quello spettacolo meraviglioso giusto per un paio di minuti prima che la sua levatrice lo scoprisse e lo riportasse a letto rimboccandogli le coperte e dicendo: “Sei ancora troppo piccolo, tra qualche anno potrai partecipare a tutte le feste che vorrai.”»
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
To hold each other, fearlessly and forever.



 

La grande sala Ricevimenti del palazzo del Conte Longsbridge era vuota.
Il che era davvero un avvenimento straordinario, da quando era solo un bambino il piccolo Kurt ricordava che quella stanza era il centro di tutte le sue fantasie. I suoi ricordi più chiari di quando aveva a malapena cinque anni erano di uno di quei balli che sua madre amava tanto tenere per qualsiasi avvenimento importante, era stato incantato dai colori sgargianti dei vestiti che le nobildonne indossavano così elegantemente, totalmente in contrasto con i sobri completi dei loro accompagnatori, eppure Kurt aveva pensato che i colori scuri delle giacche lunghe non facessero altri che risaltare la bellezza degli abiti scelti coscienziosamente per far risaltare la pelle candida delle ragazze che li indossavano; il tutto veniva complimentato dallo sfarzo dei grandi lampadari pendenti dal soffitto, che lanciavano la loro luce dorata su tutto il salone facendo sì che sembrasse un dipinto, di quelli grandi appesi nei corridoi verso le stanze del piccolo. E la musica era come la ciliegina sulla torta: sua madre insisteva sempre che la musica da camera doveva essere eseguita dalla migliore orchestra che abitasse la loro contea ed era sempre la stessa, con lo stesso direttore che conosceva Kurt sin da quando era un neonato, lo stesso uomo paziente che gli aveva dato lezioni di musica non appena l’Onorevole aveva cominciato a mettere i piedi a terra per muovere i suoi primi passi. “La musica è la voce dell’anima” diceva sempre Lady Longsbridge, con la sua voce melodiosa.

Era cambiato molto da quegli anni spensierati, quelli durante i quali Kurt sarebbe sgattaiolato fuori dalle sue stanze, attirato dalla musica come una falena con la fiamma, e avrebbe allungato la testa quanto bastava per vedere quello spettacolo meraviglioso giusto per un paio di minuti prima che la sua levatrice lo scoprisse e lo riportasse a letto rimboccandogli le coperte e dicendo: “Sei ancora troppo piccolo, tra qualche anno potrai partecipare a tutte le feste che vorrai.”
Peccato che il suo tempo fosse venuto troppo tardi, la risata di sua madre non avrebbe mai più riempito la sala: la sua voce cristallina non l’avrebbe mai più guidato tra le braccia di Morfeo. Il raffreddore se l’era portata via e tutto quell’immenso salone scintillante sembrava solo un’enorme palla di vetro fredda e senz’anima.

Kurt stava lì, immobile, con i piedi che non osavano scendere l’ultimo gradino dell’imponente scalinata che portava all’interno del castello. Teneva le braccia strette attorno al petto, non perché sentisse freddo, la sua giacca fabbricata su misura era calda e confortevole per non dire assolutamente stupenda, aveva semplicemente bisogno di un po’ di conforto e l’unica persona che era stata presente per lui negli ultimi anni era stato, be’... Kurt. Non che suo padre non fosse un supporto, ma per alcune cose era meglio che non lo fosse, era meglio che restasse nella sua ignoranza se quello permetteva a Kurt di potersi sedere a tavola ogni giorno e vedere il calore che irradiava lo sguardo di suo padre, tutto l’affetto che aveva per lui. Non pensava proprio che quello sguardo sarebbe rimasto lì se avesse conosciuto il suo segreto.

Qualcuno si schiarì la voce dietro di lui, ma Kurt ci mise un secondo in più di quanto potesse essere opportuno prima di girare i tacchi e alzare gli occhi, giusto quel poco di tempo che bastava per rimettersi in sesto. Non che avesse aiutato molto, la sua pelle candida faceva notare immediatamente gli occhi gonfi e arrossati del pianto, le gote altrettanto tinte di scarlatto e il nasino all’insù leggermente ingrossato.
Kurt avrebbe voluto evitare di guardare verso la persona che aveva rovinato i suoi minuti di pace, avrebbe voluto scappare in quell’esatto momento verso le sue stanze, ma c’era una piccola crepa nel suo piano: sarebbe dovuto andare dritto verso il ragazzo vestito di giallo per riuscire ad arrivarci e tutto il piano era costruito per allontanarsi da lui.

Il ragazzo in questione gli lanciò un sorriso brillante, era costretto in una posa educata con le mani dietro la schiena dritta, i suoi capelli erano compressi da qualche tipo di lozione per farli sembrare appropriati. Era il tipo di persona che Kurt avrebbe isolato durante le feste di sua madre per guardarla qualche secondo troppo a lungo e, se per molti quello fosse soltanto un motivo di gioia, per lui era tutt’altro. Gli era stato insegnato sin da bambino che quando sarebbe diventato grande abbastanza avrebbe sposato una bella Lady per prendere il posto di suo padre sul trono, i problemi non erano cominciati molto dopo l’ottenimento di quelle nozioni, quando aveva cominciato a guardare più i vestiti delle donne e i visi degli uomini, chiedendosi cosa avrebbe provato se avesse potuto ballare - anche solo una volta - con il suo principe azzurro. Quindi il ragazzo in giallo era una minaccia, una molto pericolosa.

“Salve” salutò lui con un breve inchino. Si stavano guardando da diversi secondi e nessuno dei due si era presentato.
Kurt si mise subito sulla difensiva schiarendosi la voce per non lasciar trapelare il suo vero tono di voce - il Signorino Hamrock gli aveva detto che era una voce da checca quando era venuto a far visita per fare le condoglianze alla famiglia - prima di domandare: “Posso sapere chi siete?” con un sopracciglio alzato verso l’alto.
Il ragazzo abbassò la testa, la scosse come per rimproverarsi e fece una piccola risata, prima di riassumere la sua perfetta posa e allungare la mano destra in cenno di saluto: “Lord Anderson, figlio del Marchese di Lakeville.”
L’Onorevole piegò la testa da un lato, sorpreso, e percorse velocemente le scale che li dividevano. Prima di offrire la mano al giovane Lord ebbe un secondo di pausa, come se avesse appena realizzato quello che stava facendo, ma alla fine decise di stringergliela e se avesse percepito qualcosa di strano l’avrebbe semplicemente attribuito alla sua debolezza emotiva.
“Marchese? Mi chiedo cosa ci faccia uno come lei nella dimora di un umile Duca come mio padre.” Aveva perfezionato la tecnica perfetta per evitare di distribuire informazioni personali ad altri nobiliari: tutti amavano i complimenti in una società basata sulle apparenze e il potere.
“Da quel che so” cominciò Lord Anderson mentre entrambi cominciavano a muoversi verso la fine della scalinata: “Mio padre sta contrattando un’unione tra i nostri due territori.”
“Non ho sorelle” disse Kurt per chiudere l’argomento.
“Neanche io.” La risposta arrivò altrettanto velocemente e lo prese alla sprovvista non poco.
“Credo questo sia proprio il motivo per cui devono contrattare, allora” concluse il lord fermandosi di fronte all’altro sull’ultimo gradino.
In quel modo erano quasi alla stessa altezza, era imbarazzante quanto la sua statura lo rendesse solo più dolce agli occhi di Kurt. Quel ragazzo era come una farfalla cresciuta sotto una campana di cristallo: innocente, solare e sicuramente ignaro della sua bellezza o troppo modesto per metterla in mostra.
Vedendo che non stava ricevendo alcun tipo di risposta, il lord tentò un altro tipo di approccio per avvicinarsi di più al figlio sfuggente del Duca Longsbridge: “Vi ho detto il mio nome, ma voi non avete ancora accennato al vostro.”
“In realtà mi avete detto il vostro titolo” rispose Kurt, evasivo, ma l’altro non fece altro che allargare gli occhi e inarcare le sopracciglia, aspettando in silenzio. Dopo un paio di secondi passati ad intraprendere una gara di sguardi, il ragazzo più basso scese quell’ultimo gradino: “Blaine. Blaine Devon Anderson.”
“Non ho nessun secondo nome importante, non credo che il mio nome sia interessante quanto il suo, Lord Anderson.” Sapeva di essere estremamente sgarbato, ma più aveva quel ragazzo vicino più avrebbe voluto urlare al mondo il segreto che si portava dentro.
“Lasci che sia io a decidere.” Fece passare un po’ di tempo, poi si sporse leggermente in avanti portando il peso sulla punta dei piedi e soffiò: “E ve l’ho appena detto, è Blaine.”
“Kurt Hummel.”
“Credo sia molto più bello del mio.” Kurt aveva i suoi dubbi.
Kurt stava per rispondere, ma suo padre arrivò nella stanza con un uomo che doveva essere il Duca di Lakeville e sua moglie, la quale s’illuminò immediatamente vedendo i due ragazzi intenti in una conversazione: “Oh, Blaine caro, vedo che hai conosciuto il figlio del conte.”
Blaine sembrò trasformarsi davanti gli occhi increduli di Kurt: le spalle si spostarono leggermente in avanti come per chiudersi su se stesse, gli occhi persero quel bagliore giocoso che avevano avuto fino a quel momento e le se labbra si strinsero in una linea dritta e tensa: “Sì, madre” ripose freddo, lo sguardo guizzava ovunque tranne che in direzione dell’altro ragazzo o di suo padre che sembrava controllare ogni sua mossa dall’alto della sua posizione morale.
“Il Duca ci ha cordialmente invitato a passare qualche giorno qui mentre lui e tuo padre decidono le ultime inezie del contratto, magari voi due potrete fare qualcosa insieme domani. Kurt, caro, ti piace andare a caccia?” La donna cominciò a straparlare, era ovvio che sarebbero rimasti qualche giorno, avevano caricato la carrozza con ogni tipo di valigia in loro possesso.
“Io- veramente preferisco l’equitazione o- o il tiro con l’arco” rivelò Kurt leggermente interdetto dalla notevole mutazione di Blaine.
dopodiché non prestò più attenzione a quello che gli adulti stavano dicendo, decidendo di concentrarsi sulla figura del giovane lord che non faceva altro che stringersi come se volesse sparire in quel preciso istante.

 

***
 

Anche dopo l’ora di cena, quando entrambe le famiglie si erano radunate intorno al tavolo, Kurt non faceva altro che pensare a Blaine e al modo in cui sembrasse intimorito dalla presenza dei suoi genitori e non riusciva a capire come una persona così solare e composta potesse avere paura dei suoi stessi parenti. Forse perché gli unici genitori che aveva mai conosciuto erano i suoi ed entrambi avevano sempre cercato di assicurargli una dimora ricca di risate e musica, anche quando era rimasto solo suo padre a fargli da faro. Non riusciva ad immaginare che due persone potessero essere altro se non adoranti verso la propria prole.
Era solo che un secondo era così vicino che sarebbe bastato un passo in avanti perchè Kurt potesse… e quello dopo non riusciva neanche a guardarlo negli occhi.
Si ritrovò, come spesso succedeva in quegli ultimi giorni, durante i quali era giunto alla conclusione che gli aveva cambiato la vita, a camminare nel giardino quando già le stelle erano alte nel cielo e fu in quel momento che vide Lord Anderson seduto alla panchina dove si sedeva sempre lui, il naso all’insù verso il cielo.
Non riuscì a resistere, gli si sedette vicino e rise leggermente quando l’altro ragazzo saltò sul posto, preso di sorpresa.
“Mi avete spaventato.”
“Buona serata anche a lei, Lord Anderson” lo rimproverò giocosamente Kurt, forse se gli avesse fatto capire che le sue attenzioni non erano un fastidio sarebbe riuscito a riavere un barlume del vero Blaine prima che se ne andasse. Sapeva che sarebbe dovuto essere più coscienzioso quando si parlava di mettere il suo cuore in gioco, ma con quel ragazzo era tutto così facile.
“Blaine” lo corresse a voce bassa.
“Non pensavo volesse essere chiamato con il suo nome di battesimo dopo avermi ignorato per tutto il pomeriggio” sputò Kurt, era ferito e non ne aveva neanche il motivo, non erano nulla l’uno per l’altro, ma dal momento in cui l’aveva visto era stato come se qualcosa fosse andato al posto giusto. Forse aveva qualcosa a che fare con il fatto che le loro mani sembravano fatte per stringersi.
“Mi dispiace, non volevo. È mio padre, ha un certo… effetto su di me” spiegò, rimanendo sul vago.
Kurt gli lanciò un’occhiata, ma spostò subito lo sguardo quando vide che l’altro lo stava fissando. I suoi occhi gli bruciavano la pelle rendendola rossa, fino ad arrivare alle guance. Non aveva mai avuto quel tipo di attenzioni, era strano eppure allo stesso tempo incredibilmente confortante. Non sapeva se lui e il lord condividessero lo stesso segreto indicibile, o se fosse tutta una costruzione della sua mente perché quel ragazzo gli piaceva davvero, ma qualunque cosa fosse voleva soltanto che non finisse mai.
“Scuse accettate.” Prese un respiro e lo guardò negli occhi, sorridendo solo un po’: “Blaine.”
L’altro sembrò nettamente soddisfatto di avergli sentito pronunciare il suo nome dopo una giornata di tentativi.
“Posso chiedere perché tuo padre abbia quest’effetto su di te?” chiese Kurt facendogli il verso.
Blaine ci pensò su, abbassò lo sguardo fino a guardare i suoi piedi muoversi sull’erba umida. Non sapevano esattamente cosa lo avesse spinto ad aprire la sua anima quella sera, ma l’onorevole avrebbe ringraziato tutte le forze che portarono l’altro ad ammettere: “Il mese scorso mi ha scoperto in dolce compagnia.”

Kurt allargò gli occhi e la sua bocca formò un cerchio perfetto, esalò un leggero: “Oh.”
“Con uno dei figli delle guardie.”
“Oh!” ripeté Kurt, sta volta con più enfasi.
Blaine si mise a ridere, quasi come se si stesse prendendo in giro: “Era la prima volta che baciavo un ragazzo e… forse non dovrei dirti tutto questo. Probabilmente adesso penserai che io sia una specie di abominio, o che abbia bisogno di farmi curare.” Nessuno aveva acconsentito ad usare un modo più cordiale di rivolgersi all’altro, ma dopo aver saputo il segreto più oscuro di una persona era quasi automatico, giusto? Il sentirli più vicini a te?
Kurt poggiò una mano su quella di Blaine, le mise entrambe sulla sua gamba e scosse la testa per farlo smettere di blaterare.
“Ho lo stesso problema. Solo che mio padre non lo sa” rivelò Kurt con voce triste. Non sapeva neanche se poteva definirlo tale. Non sapeva proprio come definirlo.
Una volta aver ammesso una cosa simile, normalmente, un contatto così ravvicinato come quello delle loro mani in quel momento sarebbe stato poco confortevole per molte persone, sarebbe stato ritenuto inappropriato in qualunque circostanza, ma quella notte, con le stelle come loro uniche testimoni, era come se non fosse mai esistita una cosa più giusta.
 

***
 

Il giorno dopo, subito dopo pranzo, andarono a cavallo come aveva suggerito la Marchesa.
Kurt prese il suo destriero da caccia, era forte e resistente. Suo padre gliel’aveva regalato per i suoi quindici anni, ma non l’aveva mai usato per andare dietro ai cervi, solo per cavalcare all’interno della foresta: a Blaine fu dato il secondo cavallo migliore della stalla, dopo quello del Duca, uno splendido animale pezzato capace di percorrere tutto il perimetro del ducato due volte prima di tornare a palazzo fresco come una rosa.
I ragazzi montarono in groppo ai loro destrieri e s’incamminarono a passo lento verso il cancello che determinava la fine della proprietà della famiglia Hummel e l’inizio della foresta sconfinata. Kurt era più aggraziato nella sua cavalcata, mentre Blaine era leggermente più arrugginito ma non per quello non riusciva a portare con destrezza le redini di cuoio.
Non appena furono fuori dalla vista degli stallieri, il cavallo da caccia di Kurt accostò quello pezzato di Blaine e il ragazzo più grande si girò verso l’altro con aria di sfida e un bagliore negli occhi azzurri: “Al galoppo?” Si tenne pronto a dare un calcio all’animale al minimo cenno della testa di Blaine che non si fece attendere molto. All’improvviso i due stavano gareggiando testa a testa, non sapevano bene quale fosse la loro meta, ma con il vento tra i capelli e il profumo dell’erba ancora bagnata dalla pioggia della mattina che gli penetrava le narici si sentivano come se nulla potesse raggiungerli, erano invincibili.

Si fermarono per far abbeverare i cavalli ad un fiumiciattolo non troppo lontano dal castello, si sedettero sotto un albero alto e rigoglioso spalla contro spalla. Stavano ancora ridendo, senza fiato, dopo la loro stancante corsa fino a lì.
Blaine appoggiò la testa contro la corteccia del tronco e chiuse gli occhi lasciando che il sole del primo pomeriggio invernale gli baciasse il viso, sorrideva spensieratamente e Kurt non poté fare a meno di notare quanto sembrasse così in pace con sé stesso, quanto fosse semplicemente bello sotto quella luce calda e morbida. Rimase a guardarlo con la bocca leggermente aperta fin quando non venne scoperto, a quel punto spostò la sua concentrazione sui ciuffi d’erba al terreno strappandone un paio per rigirarseli tra le dita.
Non vide il sorriso soddisfatto del suo compagno, anche perché lo stava nascondendo mettendosi il labbro inferiore tra i denti.
“Sai quando te ne andrai?” chiese Kurt per cercare di far sparire il rosso dal suo viso. Non poteva proprio restare impassibile davanti a quel ragazzo.
“Domani” rispose l’altro leggermente triste, ma riprese subito la sua aria felice e diede una piccola spinta alla spalla a contatto con la sua per far sì che Kurt lo guardasse negli occhi: “Ma tornerò. Te lo prometto. Non appena avrò compiuto diciotto anni partirò per terre sconosciute come ha fatto mio fratello maggiore e non mi guarderò mai più indietro.”
Il solo pensiero di essere lasciato indietro anche da lui faceva sentire male Kurt, che non riuscì a fare altro se non ingoiare il magone che gli aveva preso la gola: “Mi porterai con te?” chiese, e in quel momento sembrava quasi un bambino con i suoi occhi lucidi e speranzosi e così sinceri.

Blaine era altrettanto vulnerabile quando gli prese la mano, proprio come aveva fatto l’altro la sera prima e se la poggiò sul cuore: “Certo. Finché lo vorrai.” Ed era onesto, come se volesse davvero alzarsi e portare Kurt lontano in groppa ai loro cavalli senza lasciarlo mai.
Ma si conoscevano solo da un giorno, era davvero normale sentire già dei sentimenti così forti?
Forse sì, forse era più che normale, forse era proprio il modo giusto di vivere certi sentimenti si disse Kurt mentre chiudeva gli occhi e si preparava per ciò che sapeva stava per accadere, lo sapevano entrambi, era inevitabile, come due magneti che vengono attratti l’uno all’altro.
E lì, sotto quell’albero nel mezzo del nulla, per qualche minuto, l’unica cosa che importava davvero era la sensazione delle labbra di Blaine sulle sue per la prima volta.




 


 
Scrittrice in canna's corner
Insomma, è cominciato tutto così:

Image and video hosting by TinyPic
Ed ora sono le dieci e mezza e sono qui, a pubblicare forse la OS più lunga della mia vita, scritta in tre ore non-stop di scrittura.(?)
Ad un certo punto non vedevo l'ora di finire e postare. Non so davvero cos'altro dire.
Ringraziate (oppure no) la tizia qui su per questa roba, non so come descriverla onestamente. È un delirio in tutto e per tutto. 
Ora scusatemi, ma vado a buttarmi da un precipizio mentre ascolto Candles. Addio.
Vostra,
Scrittrice in Canna.
P.S.: SONO SEI PAGNIE DI WORD E SOLO TRE SCENE. CURATEMI.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: scrittrice in canna