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Autore: BellaLuna    14/07/2016    5 recensioni
Bulma è incinta e Vegeta l'ha abbandonata, perchè per lui il suo amore non è mai stato abbastanza. E' una verità dolorosa a cui Bulma cerca di non dare importanza, a cui cerca di non pensare. Cerca di dimenticare quello che non può. Cerca qualcosa a cui aggrapparsi e infine la trova. Si chiama speranza.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta, Yamcha | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Love is Lost and Hope Remains

 
“Hope that you fall in love,
...and it hurts so bad.”
 

Quando Vegeta, di punto in bianco, decide di aver speso troppo del suo prezioso tempo sulla Terra e l’abbandona, durante il quinto mese di gravidanza, Bulma impone a se stessa di non star male, che non le importa, e si ripete che (comunque) non ha tempo per piangersi addosso, né per lasciarsi logorare dai sensi di colpa e dal rimpianto.

È una donna matura. È forte. E di certo ci vuole molto di più di un principe dei Saiyan qualunque per far crollare Bulma Brief. No.

Ha troppe cose da fare, e deve pensare alla sua salute e a quella del suo bambino e alla sua casa e alla sua azienda, per potersi concedere anche solo il lusso di riposare un attimo e chiedersi perché, come e quando Vegeta abbia deciso di risbatterla fuori dalla sua vita e grazie tante, davvero, è stato divertente, ma tu sei solo una terrestre e io devo diventare un Super Saiyan e sconfiggere Kakarot, e addio.

***

Ci sono più di mille ragioni per cui Bulma dovrebbe odiarlo – e distruggere la sua stanza, buttar via le sue cose, strapparsi il suo ricordo dalla pelle, dal cuore – ma non ha tempo nemmeno per quello.

È incinta, fra meno di un anno due cyborg scatenati arriveranno per distruggere la Terra e no, no, è normale che lei non abbia assolutamente tempo per fermarsi a piagnucolare o a rimettere insieme i frammenti ancora insanguinati del suo cuore spezzato.

Può farcela anche da sola. È in gamba, è intelligente, è una roccia. E Vegeta non ha capito proprio niente. E se ne è andato. E va bene così. Pazienza. Del resto, sapeva fin dall’inizio che stava commettendo una pazzia ad innamorarsi di un uomo per cui i sentimenti e le passioni erano solo un intralcio, qualcosa da rilegare in un angolo, da annegare nell’orgoglio di una stirpe perduta.

***

Certe volte, il bambino scalcia troppo forte, e solo allora Bulma è costretta a fermarsi, a riprendere fiato, e si chiede come sarà... questo bambino... se avrà i suoi occhi, la sua bocca, il suo cipiglio seccato, le sue labbra imbronciate. Si chiede se le assomiglierà, almeno un po’. O se sarà solo difficile guardarlo ogni giorno e non pensare a quella navicella che prende il largo dalla sua vita, a quel vuoto dolorante a forma di Vegeta che ha nel petto e che non sa se riuscirà mai più a colmare.

***

Se già una gravidanza normale è estenuante, quella di un bimbo saiyan è peggio.

C’è questo esserino che cresce dentro di lei, e che pare risucchiarle ogni energia, divorare ogni suo più piccolo grammo di forza fino a ridurla a niente, a un misero scheletro umano.

E ad ogni nausea mattutina, una parte di lei – quella che soffre ed è spaventata, quella che Bulma sta disperatamente cercando di ignorare – vorrebbe riuscire a buttare fuori dal suo corpo oltre che alla bile anche un po’ di quell’amore velenoso che prova per Vegeta. Solo un po’. Quel tanto che basta da non soffocarla, ogni notte, quando torna in camera e tutto è così vuoto e silenzioso, e la mancanza di Vegeta così tangibile, e il suo ricordo ancora così vivo in lei, sotto la sua pelle, da annientarla, spezzarla dall’interno, frantumarla quasi, come se fosse fatta di vetro.

***

E ci sono volte in cui vede ancora il suo fantasma girare per casa, ombre dispettose nelle tenebre che assumono i suoi tratti, e allora vorrebbe solo piantare con forza i piedi a terra e urlargli contro quello che pensa: che sta per partorire, ed è sola e ha paura, ed è tutta colpa sua!

Ma non ha tempo. Non ha tempo da perdere. C’è il bambino e i controlli e il dottore e la spesa e il lavoro. E il fantasma di Vegeta che infesta la cucina, il bagno, il giardino, il soggiorno, le camere da letto, la terrazza – qualunque cosa! – può aspettare.

***

Un giorno Yamcha va a trovarla. Continua a preoccuparsi per lei. Continua a volerle bene. È l’unico che sa della gravidanza. Lo vede guardarsi intorno, circospetto, e poi chiederle con occhi pieni di confusione: «Dov’è Vegeta?»

«Se ne è andato.»

Yamcha sussulta e Bulma reprime un conato di vomito mentre interpreta ogni singola emozione che gli affiora sul viso. I suoi occhi dicono: “Illusa!”. I suoi occhi dicono: “Te lo meriti!”. I suoi occhi dicono: “Mi dispiace...”.

«Bulma...»

«Va tutto bene.» chissà perché, a dirlo di fronte agli altri, il suono della sua voce acquista un tono diverso, più fermo. Bulma lo ha ripetuto talmente tante di quelle volte, ormai, ai suoi genitori, al dottore, a se stessa, che dirlo le sembra quasi vero. (Quasi).

E i suoi occhi, a differenza di quelli di Yamcha, sono come dighe di cemento armato ben costruite, capaci di non far trapelare neanche una singola stilla d’acqua. Niente.

Il difficile è ripeterlo al fantasma di Vegeta. Al ricordo del suo sorriso beffardo, all’odore di chiuso che permea la sua vecchia camera, ai frammenti della loro storia sparsi ad ogni angolo della casa, sui muri, sul pavimento.

Il difficile è dirlo quando il suo bambino scalcia – e fa così male – e Bulma si ricorda che quella pancia che mostra al mondo con tanta fierezza e il sorriso sempre stampato sulle labbra è la culla di carne di un bimbo che non è solo suo. Non lo è.

***

Trunks nasce in una notte tanto oscura e calda che sembra abbracciarli, accoglierli entrambi nella sua perfetta immobilità, e Bulma si convince che non può più esserci nessuno pronto a giudicarla se, mentre stringe fra le braccia il suo bellissimo bambino per la prima volta, la sua volontà viene meno, e il tempo si ferma, e scoppia in lacrime. Se la diga ben costruita dei suoi occhi crolla e lei si sente soffocare dai suoi stessi singhiozzi.

Ha un bisogno disperato di credere che non c’è più il fantasma di Vegeta ad aleggiare su di lei, su di loro. No. Quella notte ci sono solo lei e il suo bambino e una vecchia battle suit tutta logora che giace dimenticata in un angolo.

«Un giorno ti racconterò di tuo padre, Trunks. Un giorno, sì...»

(Quando il suo ricordo non farà più così male e avrà smesso di scavare crateri dentro di me.)

***

C’è ancora una Bulma sedicenne che alberga in lei – quella Bulma che aveva attraversato mari e monti e deserti, e affrontato le pene dell’inferno e scimmie giganti pur di vedere realizzato il suo desiderio romantico – e che certe volte riaffiora a farle visita, e Bulma la detesta. Detesta i suoi piagnistei, detesta la sua dipendenza da Vegeta, detesta la sua sciocca, infantile, inutile speranza che l’ha illusa, per tutto il tempo, di riuscire a salvarlo, e poi che sarebbe tornato, che sarebbe tornato indietro. (Solo per lei.)

Odia da morire quella parte di se stessa che ancora sente sobbalzare il cuore in gola ad ogni rumore un po’ troppo forte che proviene dal giardino, quella che corre ad affacciarsi alla finestra solo per farsi del male, per scoprire che non è niente, che si tratta del traffico, di un tuono lontano, e allora sentire la delusione che la invade da cima a piedi, che le pizzica gli occhi, che le stringe il petto in una morsa asfissiante e – maledizione! È solo così irritante il fatto che, pur non essendoci, Vegeta continui ancora ad esercitare tutto quel potere su di lei. È una cosa che non va bene, che non va bene per niente.

Non è più una ragazzina, ormai. E Trunks non ha certo bisogno di una madre che piagnucola tutto il tempo, chiedendosi che cosa abbia mai fatto di male per essere stata abbandonata. No.

Che la vecchia Bulma pianga e strilli quanto vuole, perché quella nuova, davvero, non ha tempo. Deve cambiare pannolini e allattare un bambino che mangia per quattro volte uno terrestre e ha anche un’azienda multimiliardaria da portare avanti e non dorme da due settimane, e a quel punto Vegeta può anche scontrarsi contro una tempesta di meteore o venire inghiottito da un buco nero e a lei, di certo, non può fregargliene di meno. Neanche ci pensa più, ormai, a quella fottuta navicella e a quel fottuto saiyan!

***

Yamcha continua a farle visita. Continua a chiederle se sta bene. Continua a guardare Trunks come se si aspettasse che da un momento all’altro possa trasformarsi in suo padre e divorarlo.

Bulma osserva i suoi tentativi, i suoi sforzi di tenerlo tranquillo mentre lei gli prepara la pappa, e non si trattiene e gli scoppia a ridere dritto in faccia. Trunks la fissa, si agita ancora di più, muove le mani e i piedi come se stesse cercando di afferrare qualcosa nel vuoto. Non sta mai fermo. Fa dei buffi gorgoglii con la bocca e delle bolle vengono fuori dalle sue labbra, e Bulma pensa che sia perfetto. Il suo bambino.

«Sto alla grande.» dice, e non ci sono più ombre e fantasmi che la rincorrono per casa, né odori e suoni capaci di attanagliarle la gola e soffocarla. Ci sono solo gli occhi di suo figlio, e le sue mani e i suoi piedi e i suoi capelli e la sua bocca e tanta, tanta speranza da farle scoppiare il cuore.

«Mai stata meglio.»

***

E quando Vegeta torna, con tutto il suo orgoglio a fargli d’armatura più del manto d’oro che ora lo ricopre, Bulma può sentire chiaramente che c’è ancora qualcosa che brucia e ruggisce contro il suo petto – ed è sbagliato, è ingiusto... perché dopo averle dato della patetica ingenua e averla scaricata mentre aspettava suo figlio, l’unica cosa che dovrebbe provare per Vegeta non dovrebbe essere che ribrezzo e non... quella cosa a cui non ha tempo di pensare! – ma adesso c’è Trunks ad attenuare la botta e la verità, seppur dolorosa, è che non le fa più così male la sua finta indifferenza, non così tanto. Non come all’inizio. Ha imparato la lezione, in fondo.

E ci sono tante di quelle cose che ancora vorrebbe dirgli. Tante di quelle cose che una Bulma sedicenne gli avrebbe scagliato contro senza pensarci due volte. Mentre la Bulma che tiene saldamente in braccio suo figlio si limita a mostrarsi impassibile, risponde all’orgoglio con l’orgoglio. E non fa niente se la sua faccia dice a tutti “Sto bene!” e intanto il suo cuore grida qualcos’altro. Perché nessuno lì, di certo, ha abbastanza tempo per osservarla attentamente e capirlo. Nemmeno Vegeta.

***

Vegeta l’ha lasciata e la sua vita è andata avanti. D’altronde è sopravvissuta a cose ben peggiori di un abbandono. È questo che dice a Trunks – quello forte, quello già adulto, quello con lo sguardo triste e serio e troppo, troppo distante – e lui la guarda ammirato e le sorride e c’è tanta, tanta di quella speranza che Bulma può quasi respirarla a pieni polmoni.

«Sei proprio forte.»

«Perché, scusa, da chi pensavi di aver preso?»

***

Quando Trunks muore, Bulma è sicura di riuscire ad avvertire qualcosa, dentro di lei, incrinarsi, infrangersi per sempre.

È peggio di un cattivo presentimento. È peggio di qualsiasi altra cosa abbia mai provato in vita sua. All’improvviso c’è di nuovo questo vuoto che circonda il suo cuore, e le gambe tremano, e il respiro si incastra da qualche parte fra la trachea e i polmoni, e tutto il suo corpo grida dolore.

L’altro Trunks – quello innocente, quello ancora bambino – piange nella sua culla e Bulma lo afferra e se lo stringe forte contro il seno e prega, prega, perché ha paura e non vuole – ti prego, ti prego, no! – che anche il destino di suo figlio sia macchiato di sangue.

***

E alla fine, quando l’incubo dei cyborgs e di Cell finisce, e il sole ritorna a splendere e, nonostante il sacrificio di Goku, c’è ancora tanta, tanta speranza per il futuro, Bulma si ritrova da sola, con Vegeta, ad osservare un figlio che non è davvero il loro partire verso un’era che, per fortuna, a loro non apparterrà mai.

«Spero che sia felice.» dice e quando si volta e gli sorride, e lui ricambia il suo sguardo, si accorge che c’è tanta, tanta speranza anche nei suoi occhi, seppur sempre un po’ nascosta dal solito velo di malinconia.

Forse era stato Trunks a contagiargliene un po’, come aveva fatto con lei. O forse Vegeta è semplicemente come tutti gli altri uomini, un po’ tardo nel capire le cose.

«Mi serve una nuova stanza dove allenarmi.»

«E a me serve un caffè, bello forte. E forse dopo, se avrò tempo e tu ti sarai dimostrato gentile con me, potrei anche accontentarti. Ma non farti illusioni. Lo faccio solo perché sono educata, mica perché mi stai simpatico.»
 
 


FINE
 
 


A/N: Salve a tutti! Come al mio solito, mentre stavo lì a scrivere la storia, intanto mi veniva in mente una lista concisa e bella ordinata di cose da dire nelle note, tutte cose che quando ho scritto la parola “fine” sono però come scomparse magicamente dalla mia testa. Molto bene.
In realtà non so se questo sia più un bene che un male, visto che per la maggior parte delle volte le mie note vengono fuori in maniera incredibilmente confusa comunque.
Perciò stavolta volevo solo spendere due parole in più sui due temi portanti di questa One-Shot: l’abbandono e la speranza.
Ora, premettendo che entrare nella testa di Bulma è un po’ come delirare ad alta voce con la tua immagine beffarda riflessa allo specchio, io ho sempre pensato che ci sia rimasta male eccome quando Vegeta è andato via. Come è giusto che sia d’altronde. Sfido chiunque a fregarsene altamente.
Nonostante ciò, non ce la vedevo proprio a stare lì ferma a piangere e lamentarsi e a ripetere cose come “Oddio, la mia vita è finita” ecc... ecc...
In fondo Bulma è sempre Bulma, così come Vegeta è sempre Vegeta.
E se lui è in grado di comprimere tutte le sue emozioni e buttarle come roba vecchia in qualche angolo dimenticato del suo inconscio, Bulma è una donna e quindi, continua a fare quello che sa fare meglio e a ripetersi che tutta va bene.
Cerca di concentrarsi più che può sulle mille e più cose che ha da fare, perché se è impegnata allora non ha tempo per ricordarsi che Vegeta l’ha abbandonata, spezzandole il cuore.
Per questo il momento che odia di più è la notte, quando è costretta a restare immobile e allora il fantasma di Vegeta torna a perseguitarla.
È ovviamente in lotta con se stessa: da un lato abbiamo quella parte di lei che è ancora innamorata di Vegeta e che soffre molto per quello che le ha fatto, e dall’altra quella che lo prenderebbe volentieri a sberle e che desidera solo dimenticarlo, “sbatterlo fuori” come lui ha fatto con lei.
Il comportamento di Yamcha la intenerisce e la infastidisce al tempo stesso, perché non vuole il suo giudizio così come non vuole la sua pietà.
In verità credo che non voglia passare per la vittima della situazione, quando in realtà non lo è. Non vuole passare per la classica “ragazza oggetto” che viene abbandonata dallo stronzo di turno, ecco. Credo sia questa la cosa che la infastidisca di più. E, in fondo, è così che la pensa Yamcha, e il suo presunto medico, e forse anche un po’ i suoi genitori e credo che Bulma si sia sforzata molto per dimostrare a loro, e anche a se stessa, che non è così. Che non è la vittima di nessuno, che Vegeta non le ha fatto poi così male. Che quello che è successo, è successo e basta.
Sente il bisogno di dimostrarsi una roccia, ma un po’ di paura la prova, perché sta per partorire e non ha idea di come si faccia a fare la madre di un saiyan, o la madre in generale. Perché non è ChiChi, la mogliettina perfetta, ma una scienziata con il vizio di cacciarsi in guai più grandi di lei, e cambiare pannolini e allattare non è proprio come risolvere un calcolo quantistico o riparare un navicella spaziale.
Tuttavia, così come penso avvenga alla maggior parte delle madri, tutte le paure vanno via quando Trunks nasce.
Ed è Trunks quello che porta la speranza, non solo quello forte ed aitante, ma anche quello appena venuto al mondo.
Il piccolo Trunks è riuscito ad allontanare dalla mente della madre le angosce, i dubbi e i rimpianti, ricordandole anche le cose positive che il suo rapporto con Vegeta aveva fatto venire a galla.
Mentre il Trunks del futuro se l’è dovuta sbrigare con Vegeta, e qui non dico granché, perché sennò non me ne esco più.
Il Titolo di questa storia – così come in quella che ho precedentemente pubblicato su MiraiTrunks- è ripreso da un verso della canzone “Shattered” dei Trading Yestarday (nella versione originale è “All is lost, Hope remains), mentre la citazione è un verso della canzone “I Lived” degli OneRepublic.
Ovviamente ogni cosa qui detta è solo un mio parere personale, che ho voluto condividere con voi con questa storia.
Spero che anche voi condividiate il vostro pensiero con me lasciando una recensione!
Grazie a tutti coloro che sono arrivati fin quaggiù (lo avevo detto io, che le mie note sono illeggibili!), e alla prossima!

BellaLuna
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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