Dove ti ho portata, amore mio?
In
questa
alcova dalle pareti di pietra, nel nostro letto, non siamo
più soli.
C’è un piccolo
respiro che doppia il tuo. Un viso minuscolo accanto al tuo, e siete
abbaglianti nello stesso modo, specie quando il sonno vi tiene nel suo
caldo
abbraccio.
Lui è nato nel cuore
dell’estate. E ora, a più di un mese
dalla nascita, il suo piccolo corpo è diverso dal primo
giorno. Sta crescendo,
continua a crescere come un miracolo, come era accaduto già
al tuo corpo nei
mesi passati.
Dove ti ho portata, amore mio?
Ricordo
i
timori che provasti il giorno in cui ti accorgesti del tuo stato.
Timori che
non volevi mostrarmi, che hai combattuto da sola, che hai reso acqua
dal tuo
cuore al mio, dal tuo grembo al mio. Hai imparato così bene
a sciogliere il
ghiaccio dell’anima dentro di te; io non ho potuto fare altro
che vegliare.
Sei felice, amore mio?
Un
velo di
polvere candida s’è steso tra il mio cuore e il
tuo, un velo di luminosi
sorrisi e veglie silenziose. Parli per sussurri, ormai. A volte canti.
Ti muovi
eterea come sapevi essere, perché il tuo corpo è
di nuovo sottile e soffice
come un giunco sfiorato dal vento.
E questa tua
purezza, strano miracolo, combacia con la crudezza delle esigenze del
piccolo. Lui
si avvinghia al tuo corpo, trema e grida; ti chiama senza saper
pronunciare il
tuo nome, ti cerca con gli occhi come spaventato, ha bisogno costante
di te; io
non sono per lui che un’ombra alle tue spalle.
Un’ombra…
In
fondo, non
è giusto così, come è sempre stato?
Nell’ombra ho facoltà di vegliare senza
intralcio, di vedere cose che agli altri sfuggono. E così
posso vedere la sua
anima abbozzata muoversi verso la tua, ed esse si intrecciano con
sguardi profondi
quando gli offri il tuo latte. Lui lo riceve con serenità,
come se fosse ovvio
e scontato: non dovrebbe, forse, nutrirsi di te? Non è
fatta, la sua fragilità,
perché tragga forza dalla tua potenza? Il tuo latte
è il tuo amore; il tuo
sguardo, il tuo lungo discorso per plasmare l’anima sua. Le
tue braccia, la
protezione che lo difende dai mali del mondo.
Come ti ha rubata, amore mio.
Lo
penso ogni
volta che guardo il tuo sorriso di Madonna. Il piccolo ti ha portata
lontano,
in un luogo che io non conosco e non mi sarà mai dato
conoscere. È accaduto
anche a causa del mio amore, perché è nel mio
abbraccio che ti ho trasformata a
tal punto.
Ricordo
i
tempi in cui ti amavo senza pensare. Ero io come un bambino bisognoso
della tua
più profonda essenza. Entravo in te da signore, e tu mi
possedevi da signora.
Fondevamo i corpi e le anime come ferro rosso di fuoco,
l’Amore il fabbro.
Oggi
la fucina
è a riposo; l’Amore si è mutato in
creatura, l’Amore vive e scalcia e piange e
si comporta come un essere terreno.
Non è doloroso accorgermi di queste
cose.
Te
lo giuro, Oscar.
È solo lo stupore che dirige i miei pensieri. Ed
è sempre più difficile, anche
se i giorni che passano dovrebbero insegnarmelo, capire fino in fondo
quanto
Amore continui a farsi spazio dentro di me. Esso è come una
rete fitta che
cattura ogni altro sentimento. Annienta ciò che sono e lo
ricrea, giorno dopo
giorno. Sono una vittima beata del suo potere.
Sorridi ancora, amore.
Un
passo
dietro a te, io vivo per questo tuo sorriso, e per vedere
François dormire tra
le tue braccia.
Mi
hai portata dove io ho voluto, amore.
Per
raggiungerti ho tolto dalle mie spalle ogni manto che
potesse celarti il mio spirito. Ho strappato via il passato, non senza
dolore
(brandelli di vita v’erano ancora appesi, quando me ne
disfai), ho arreso ai
tuoi piedi le armi delle mie battaglie. Perché tu mi
vincessi dolcemente,
lentamente, e cancellassi il dolore del passato nel profumo beato della
tua
benedizione.
Mi
hai portata dove io ho voluto, amore,
dove
il tuo potere era più forte del mio, dove le spade si
spezzavano nel tepore degli abbracci. Inchinandomi a te, sono stata
libera. E
chi ero, e chi ero stata, non ha avuto più importanza. Bella
nel tuo sguardo,
non ho più cercato nient’altro. Mi hai raccolta
malata e afflitta, con tutti i
miei rimorsi e con tutta la mia debolezza. Non ero più
nulla, se non un guscio
svuotato di tutte le antiche certezze; tu solo sei rimasto, tu
rinnovato e
grande, grandissimo, nobilissimo sposo, vincitore delle battaglie
più ardue, le
invisibili contese dell’anima.
Sono
felice, amore mio?
Ho
dato la vita. Dal mio nulla, ho potuto conquistare la tua
felicità e crearne una nuova. Come nell’amore,
questa felicità è fatta di corpo
e di spirito. Lui è
bellissimo; non
esiste al mondo una tale perfezione. Le sue mani così
piccole, sono perfette;
perfette le sue gambe così piccole, perfetti i suoi occhi
smarriti in pensieri
purissimi; perfette le sue grida che invocano abbracci e latte,
perfetta la sua
veglia sconsolata quando qualcosa di ineffabile lo tormenta. Perfetto
questo
suo essere sanguigno e vivo, e vero; creato da me in ogni parte per un
soffio
del tuo amore, mi ha donato un onore da cui mi credevo aliena. Questa
posso
chiamarla felicità, e farmi illuminare dalla sua meraviglia.
La
luce
è
in lui come in un’alba senza nuvole; egli è centro
dell’esistenza e sento di esserne sopraffatta; come cade
dolce la manna dai
cieli generosi, egli è cielo e tangibile cibo del cuore,
aria concretata in
statua viva. È mio figlio, e un giorno sarà uomo
come te. Con le tue spalle
forti, il tuo sguardo gentile, il calore della tua anima che tinge di
bellezza
il mondo: sarà come te, tuo figlio. E avrà
qualcos’altro ancora, io sospetto,
perché nei suoi piccoli occhi spavaldi vedo il barlume di un
fuoco che brucerà
ostacoli e dolori, che vivrà libero e splendente.
Mi
ha rapita fin dal primo sguardo.
È
come avere un cuore incandescente, e un fiore di roccia
intorno. Solida come la terra su cui poggiamo i piedi, tendo le braccia
alla
luce e al cielo, e sono piene di lui, del bambino. Ma non sono io sola
a
offrirlo alle preghiere più alte, non sono io sola a
proteggerlo; posso ardere
così profondamente perché ti sento accanto a me.
Non andare lontano da me, non
crederti ombra. Non lo sei più da tempo, anche se ancora te
ne vuoi convincere.
Credi
che non veda la tua malinconia quando mi accarezzi il
viso? Che non mi sia accorta degli spifferi che spirano freddi sul
ricordo dei
nostri abbracci? Che il turbine del piccolo ci abbia strappato via alla
giovinezza
che chiedeva solo d’essere goduta insieme?
Non
è doloroso accorgermi di queste cose.
Perché
ormai ho accolto questa immensità dentro di me come
un nuovo cielo dell’essere. Sono salita di un altro gradino
lungo la strada che
mi conduce a me stessa. Chi sono io? Quanto ancora scoprirò
di me, al tuo
fianco? Perché vedi, André, sento che molto
ancora potrò imparare da te.
E molto desidero ancora donarti, molto viverti.
Voglio
vivere! Solo questo chiesi quella notte.
Sei mesi, dicevano, avrei vissuto soltanto; cieco, dicevano,
saresti diventato. Che coraggio mi hai dato, amore, in una notte di
lucciole e
stelle, che miracoli abbiamo compiuto insieme! Più di un
anno è passato, tu
vedi ancora, io vivo, e il mondo si rinnova.
Sorridi
ancora, amore.
Appena
potrò, affiderò il nostro piccolo per un poco a
qualcuno che ci ama. Sfaterò il timore che ti è
preso, che io non sia più tua.
Chiederò i tuoi baci come sollievo, la tua sorpresa
renderà sicuri i miei
gesti. E se ti ritrarrai per gentilezza, io muterò la tua
esitazione in desio;
ti offrirò il frutto che un tempo coglievi senza indugio;
alla tua bocca, alle
tue mani, al tuo corpo lo offrirò.
Se la parola moglie
si è unita a madre, e ti allontana da
me in una contemplazione senza carne, tornerai a chiamarmi amante, che pure mi si addice.
Tremerò ancora per te, ancora dirò
il tuo nome sussurrandolo al tuo orecchio.
Ché di sussurri è degno il nostro letto glorioso,
e io sono una donna,
la tua donna.
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Note.
Innanzitutto… BENTROVATI QUIIIIIII! SORPRESA! Non sono morta, mwahahahahah!
Ehm, coff coff, scherzi a parte…
Sono ben consapevole della mia lunga assenza, e chiedo scusa a chi mi aspetta da un po’ con Rivoluzione, a cui questa os si collega in modo diretto. Sono stata impegnata oltre ogni previsione, al punto da non riuscire a dire con esattezza quando sarei stata pronta per pubblicare: ecco perché non ho messo avvisi concreti. Iniziata la stesura della nuova Rivoluzione mi sono accorta che mi occorre un metodo differente per affrontare i capitoli, e così preferisco lavorarci ancora e sfruttare il caos di questo periodo per “coccolarmeli” un po’ e agire di lima. Questo significa che in queste vacanze deliranti continuerò il lavoro in sordina, per poter pubblicare a partire da settembre. Nel frattempo, ho colto l’occasione del Love Day II per aggiungere un tassello alla storia di Rivoluzione e fare un saluto a tutti!
Lo slogan di questa “ricorrenza” di noi fan è (ed era anche l’anno scorso): “celebrare l’amore, non la morte dei nostri Oscar e André”. L’anno scorso ho pensato di celebrare l’amore nella morte, ed è venuta fuori la OS Apoteosi: sentivo stridente negare la morte di Oscar e André, non mi riusciva, volevo piuttosto accettarla e superarla; eppure, quest’anno il sentimento è stato opposto. D’altronde tutto il racconto di Rivoluzione, almeno quello che finora è stato scritto, si basa proprio sull’idea di celebrare l’amore, non la morte dei nostri; e tutto ruota anche lì intorno al 13-14 luglio. Quindi mi è sembrato bello ripartire da lì, proseguendo dopo il sessantesimo capitolo di Rivoluzione.
Ringrazio di cuore Orny81 e le ragazze che hanno organizzato il Love Day e vi partecipano oggi: buona scrittura a chi scrive, e lettura a chi legge!
E un abbraccio a chi mi aspetta: non tarderò ancora molto, lo prometto. :******