Anime & Manga > Slam Dunk
Ricorda la storia  |       
Autore: Cioppys    14/07/2016    1 recensioni
[MitKo] [SenMit] [HaseMit] [MitJin]
Da circa due mesi, infatti, Mitsui frequenta ben quattro ragazzi contemporaneamente che, nel giro di due giorni, si erano a lui dichiarati. Non sapendo decidersi, e con l’intento di far chiarezza sui propri sentimenti, chiese a tutti del tempo, non mettendo però a conoscenza ognuno di loro degli altri tre pretendenti. Ma tenere il piede in più scarpe, crea più problemi di quanto uno si aspetti.
[Finali Multipli]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akira Sendoh, Hisashi Mitsui, Kazushi Hasegawa, Kiminobu Kogure, Soichiro Jin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer
Tutti i personaggi appartengono all’immenso Inoue-sensei.

Sproloqui di un’autrice
Altra fan fiction pubblicata alcuni anni fa su altri siti e, come la precedente, nessun cambio sostanziale di trama, ma testo interamente riscritto. Si, il titolo è quello del libro di Luigi Pirandello, ma la storia non c’entra nulla con quello che troverete qui di seguito. In pratica, la trama principale è una sola, ma a seconda della scelta che il protagonista farà, ci sarà un finale diverso. Inventarsene sei diversi non fu affatto facile – agli ultimi due ero veramente alla frutta! – e dubito che ripeterò una (folle) esperienza come questa, ma è proprio nei finali che sta il principale difetto della fan fiction: nella riscrittura ho cercato di migliorali per renderli meno ripetitivi e scontati possibile. Il giudizio finale sul risultato lo lascio a voi!
Buona Lettura!

~ * ~ * ~ * ~

 

Uno, Nessuno, Centomila!
di Cioppys

 

Una Domenica Qualunque

Hisashi Mitsui. 18 anni. Un ragazzo come tanti che frequenta il terzo anno delle superiori all’istituto Shohoku.
Beh, forse non proprio “come tanti”: titolare della squadra di basket, di cui è uno dei pilastri portanti con i suoi micidiali tiri da tre punti, è un ragazzo di bell’aspetto, con corti capelli del colore della notte, profondi occhi scuri e un fisico asciutto e ben definito, senza contare quella cicatrice sulla parte sinistra del mento che gli dona quel fascino in più… fascino che ha attirato diverse persone, con l’interno di farne il proprio compagno.
Da circa due mesi, infatti, Mitsui frequenta ben quattro ragazzi contemporaneamente che, nel giro di due giorni, si erano a lui dichiarati. Non sapendo decidersi, e con l’intento di far chiarezza sui propri sentimenti, chiese a tutti del tempo, non mettendo però a conoscenza ognuno di loro degli altri tre pretendenti.
Ma tenere il piede in più scarpe, crea più problemi di quanto uno si aspetti.

Era un giorno come tanti e allo Shohoku gli allenamenti della squadra di basket erano appena finiti. Mitsui si era attardato in palestra per completare un attività extra, come ormai faceva spesso: da quando aveva ripreso a giocare, si stava impegnando per tornare in perfetta forma. Dopo più di un’ora, infilato l’ennesimo tiro da tre, decise che era giunto il momento di tornare a casa. Stava sistemando i palloni nelle ceste – a modo suo, ovvero lanciandoli come se dovesse centrare un canestro – quando uno finì sul bordo e rotolò verso il muro a lato della porta degli spogliatoi, da dove Kogure lo stava osservando, appoggiato con le mani incrociate dietro la schiena.
«Ehi! Che ci fai ancora qui?» gli chiese Mitsui, avvicinandosi.
Posò una mano sullo stipite proprio sopra la sua testa, rimanendogli di fronte alla distanza del braccio teso.
«Ecco io…» Kogure arrossì, chinando il capo per non guardarlo negli occhi e sistemandosi gli occhiali sul naso che scivolarono in avanti. «E’ uscito quel film che volevi vedere. Ti va domenica di andare al cinema insieme?».
Mitsui sorrise. Adorava la timidezza che mostrava ogni volta che erano soli e molto vicini.
«Certo che vengo» disse, con voce calda, fissandolo intensamente quando l’altro alzò lo sguardo su di lui.
Il rossore sulle gote del compagno di squadra aumentò. «B-bene, allora ci vediamo alle due davanti al Multisala» balbettò, spostandosi di lato e salutandolo, prima di uscire dalla porta.
Mitsui scosse il capo, divertito. Kogure era sempre gentile e premuroso nei suoi confronti, e questo lo faceva sentire speciale. Inoltre, anche se a prima vista non sembrava, era una persona forte, che credeva nei propri sogni e ideali: glielo aveva dimostrato il giorno della rissa in palestra, mettendolo davanti ai suoi errori e alle sue false promesse.
Per un attimo, torno al giorno in cui si era dichiarato, rattristandosi al ricordo della delusione dipinta sul suo volto quando gli aveva chiesto del tempo per pensarci. Forse era più pronto a un rifiuto che a un attesa, considerando che si conoscevano da anni, anche se non si erano frequentati granché dopo che aveva abbandonato il club in prima superiore.
Terminò di sistemare i palloni e raggiunse gli spogliatoi: non vedeva l’ora di una rilassante doccia.
Aperto il rubinetto, appoggiò entrambe le mani contro il muro e mise la testa sotto il getto caldo. I muscoli delle spalle iniziarono a sciogliersi, mentre le gambe divennero più leggere. Lo scroscio dell’acqua coprì ogni rumore, estraniandolo dal mondo, e non sentì né la porta degli spogliatoi aprirsi, né i successivi passi che si fermarono all’ingresso del locale docce.
«Questa sì che è una magnifica visione!».
A quelle parole, si volse, incrociando gli occhi blu dell’intruso.
«Sendoh!» esclamò, chiudendo il rubinetto e avvolgendosi in fretta la vita con l’asciugamano.
Da quando gli aveva detto degli allenamenti extra, arrivava puntualmente quando era sotto la doccia. Possibile che non avesse altro per la testa? Beh, non che gli dispiacesse quell’interesse nei suoi confronti, ma a volte faticava a non farsi travolgere dai continui assalti dell’asso del Ryonan.
«Una di queste sera mi piacerebbe unirmi a te» disse Sendoh, avvicinandosi con quel sorriso irresistibile a sfiorargli la pelle del petto.
Mitsui gli afferrò il polso, bloccandolo. «Quando la smetterai con queste visite nei momenti meno opportuni?» lo riprese, non riuscendo però a nascondere una punta di imbarazzo.
Gli passò di lato ed uscì dal locale docce, sedendosi su una delle panche davanti agli armadietti. Prese dei vestiti puliti dalla borsa appoggiata a fianco ma, prima di procedere, si guardò alle spalle. Deglutì alla vista di quegli occhi blu che lo scrutavano sulla schiena.
«Ti spiace aspettarmi fuori?» chiese, distogliendo lo sguardo.
«Che peccato! Avrei voluto godermi per bene lo spettacolo!» disse Sendoh, accarezzandogli una guancia mentre gli passò accanto per raggiungere l’uscita. «Comunque non posso aspettarti: stasera abbiamo parenti a cena e i miei non accettano ritardi! Ci vediamo domenica? Ti aspetto come al solito alle tre al campetto della spiaggia!».
Mitsui gli fece un cenno affermativo con il capo, prima che sparisse dalla sua vista.
Gli piacevano quelle ore trascorse a giocare a basket con lui, non solo perché era un degno avversario: Sendoh era socievole, sempre allegro e divertente, anche se non perdeva occasione di mettergli le mani addosso o sussurragli frasi dai neanche troppo velati doppi sensi. Quando l’aveva rifiutato chiedendogli tempo, lui aveva sorriso sicuro di sé, assicurandogli che non era un problema uscire un po’ per capire se tra loro potesse funzionare o meno, ben consapevole di come Mitsui stesso a volte se lo mangiasse con gli occhi.
Un quarto d’ora dopo uscì dalla palestra e si avviò verso casa, una graziosa villetta a circa mezz’ora di strada a piedi dalla scuola, dove viveva con i genitori e quella rompicoglioni di sua sorella minore. Stava camminando con le mani in tasca, assaporando la fresca brezza della sera, quando qualcuno pronunciò il suo nome.
«Ehi, Hasegawa!» disse, salutando il suo terzo pretendente, che gli venne incontro correndo.
Quando l’alto giocatore dello Shoyo lo raggiunse, si fermò davanti a lui con le mani sulle ginocchia a riprendere fiato, osservandolo con un lieve sorriso sulle labbra e una strana luce negli occhi. Come d’abitudine, stava ultimando la sua corsa serale.
Hasegawa era stato l’ultimo dei quattro a dichiararsi e, come gli altri, aveva ricevuto la medesima risposta. Da allora cercava di mostrarsi più socievole, per dimostrare di non essere il ragazzo chiuso e riservato che aveva conosciuto all’inizio, e Mitsui era felice di ciò: adorava scoprire di volta in volta qualcosa di nuovo su di lui.
«Stai tornando a casa?» gli chiese Hasegawa, asciugandosi il sudore sulla fronte con il bordo inferiore della maglietta.
«Si» disse Mitsui, dopo essersi schiarito la voce.
Era incredibile come fosse sensuale anche in atteggiamenti così insignificanti.
«Ti accompagno» propose lui. «Così ne approfitto per riposarmi un attimo… e stare un po’ con te».
I due si incamminarono verso casa Mitsui uno di fianco all’altro, parlando del più e del meno.
«Ci vediamo domenica al parco?» gli chiese Hasegawa, una volta giunti a destinazione. «Mi sei mancato in questi giorni» sussurrò, guardandolo dritto negli occhi.
Mitsui non distolse lo sguardo, sorridendo compiaciuto. «Ovviamente!».
«Allora ti aspetto al solito posto alle due e venti!» gli disse, salutandolo con la mano, mentre già si allontanava di corsa.
Ricambiò il saluto, osservando l’alto ragazzo svoltare al primo incrocio, prima di entrare nel vialetto.
Ma domenica non dovevo andare da qualche parte?
Quella domanda gli passò di mente un secondo dopo, troppo stanco com’era per pensare.
Varcò la porta di casa, trovandola stranamente buia e silenziosa. Non ci mise molto a scorgere sul tavolo della cucina il biglietto in cui sua madre lo avvisava che erano fuori con amici e la sua cena era in frigo. Poi si ricordò che la sorella avrebbe dormito da un’amica.
«Fantastico! Stasera ho casa tutta per me!» esclamò, lasciandosi cadere sul divano.
Fu allora che il cellulare squillò.
Pensando che fosse sua madre, Mitsui rispose senza neanche guardare il numero.
«Pronto?» disse, un po’ scazzato, soffocando uno sbadiglio.
Una risata proruppe dall’altro capo. «Devo già augurati buonanotte?».
A quella voce maschile, Mitsui si riscosse. «Ehi, Jin!» lo salutò, mettendosi a sedere con un colpo di reni. «Scusa, pensavo fosse mia madre».
«Figurati» disse, facendo poi una pausa. «Avevo voglia di sentirti e sapere come va».
Lui sorrise. «A parte un po’ di stanchezza, è tutto a posto».
«Quindi li stai facendo quegli allenamenti supplementari!»
Era stato proprio Jin a suggerirgli di dedicare un’ora alla corsa ogni mattina e un’altra alla pratica nei tiri a canestro per migliorare, rispettivamente, la resistenza fisica e la precisione: i due anni di inattività si erano troppo spesso fatti sentire durante le partite, e non poteva più ignorare la cosa.
Jin era stato il primo dei quattro a farsi avanti, sorprendendo lo stesso Mitsui che non pensava di suscitare quel tipo di interesse nel giocatore del Kainan. Durante i campionati nazionali avevano avuto modo di approfondire la conoscenza, per poi continuare a sentirsi e vedersi una volta rientrati a Kanagawa, come buoni amici. Nonostante l’iniziale rifiuto e la sua richiesta di tempo, il loro rapporto non era cambiato: Jin si comportava come sempre, non volendo forzare l’altro a prendere una decisione prima che si sentisse pronto.
«Ce ne dici di vederci domenica al solito bar?» gli chiese il suo kohai.
Mitsui si accigliò, pensando di doversi ricordare qualcosa. Ma cosa?
Il suo silenzio venne male interpretato.
«Guarda che se non vuoi, basta che me lo dici» fece Jin, un po’ triste.
«Ma certo che vengo!» esclamò lui, di getto, contendo di poterlo rivedere.
Tra tutti, era quello che abitava più lontano, per cui si incontravano di rado e solitamente il week-end.
«Scusami: sono così stanco che fatico a ragionare!» cercò di giustificarsi, anche se era davvero a pezzi.
Dall’altro capo sentì una leggera risata. «Allora ti aspetto per le tre meno venti. Riposati, ne hai bisogno!».
Conclusa la telefonata, Mitsui sentì la stanchezza prendere il sopravvento. Si trascinò fino in camera dove sprofondò sul letto. Meno di cinque minuti dopo stava già dormendo, non rendendosi minimamente conto del disastro che quel giorno aveva combinato.
Lo avrebbe scoperto solo quella fatidica domenica.

Mattina di una domenica qualunque.
Qualunque per molti, ma sicuramente non per Hisashi Mitsui.
Il ragazzo in questione era appena uscito dal bagno, dopo una lunga e rilassante doccia. Sentendo sua madre chiamarlo per il pranzo, si vestì velocemente e raggiunse il resto della famiglia in cucina, lasciando sul letto il cellulare sul cui display lampeggiava un’icona di una busta. Quando dopo pranzo lo prese in mano e lesse il primo dei quattro messaggi ricevuti, un urlo lacerò la calma di casa Mitsui.
Kogure gli ricordava il loro appuntamento davanti al cinema per le due, ovvero tra meno di venti minuti.
Si vestì con le prime cose che gli capitarono a tiro, sotto lo sguardo divertito della sorella che lo sfotteva per avere sempre la testa tra le nuvole. Cinque minuti dopo, stava correndo in strada verso il luogo dell’incontro. Incredibile ma vero, arrivò distrutto ma prima del suo compagno di squadra.
Nell’attesa, prese il cellulare e lesse il secondo messaggio, sbiancando all’istante.
Anche Hasegawa gli ricordava il loro appuntamento al parco per le due e venti.
Per essere da lui avrebbe dovuto clonarsi: a quell’ora, il film che doveva vedere con Kogure non sarebbe nemmeno iniziato! Stava per chiamarlo e dirgli che aveva avuto un imprevisto, quando il primo ragazzo gli arrivò alle spalle.
«Scusa il ritardo, Mitsui» lo salutò Kogure.
Mitsui sussultò, rischiando di far cadere il cellulare, che infilò veloce in tasca. Si voltò a guardarlo, mentre questi riprendeva fiato con le mani appoggiate sui fianchi, e fece fatica a riconoscerlo: era vestito con un paio di jeans attillati, che gli fasciavano a meraviglia le gambe toniche, e una camicia bianca, aperta sul collo, sopra cui indossava un giacchino leggero di colore nero; i suoi splendidi occhi marroni non erano nascosti dagli occhiali – a favore delle lenti – e portava i capelli pettinati all’indietro, lasciandogli scoperta la fronte. Tutto questo, aggiunto alle gote un po’ rosse e quel sorriso così dolce che solo lui sapeva fare, gli tolse il respiro: per un attimo ebbe l’impulso di baciarlo lì, davanti a tutti.
Deglutì, cercando di pensare a… qualunque cosa andava bene, purché non fosse il ragazzo di fronte!
«N-non ti preoccupare» balbettò. «Anche io sono appena arrivato».
Kogure gli sorrise e, insieme, entrarono.
Una volta nella sala, Mitsui fece strada al compagno di squadra verso l’ultima fila in alto, vicino all’uscita. Non essendo riuscito ad avvisare Hasegawa, e considerando che mancavano meno di dieci minuti all’appuntamento, non poteva non presentarsi. Rimaneva il problema di cosa dirgli quando sarebbe arrivato.
Perdonami Hasegawa, ma sono al cinema con Kogure, per cui non posso uscire con te.
Si certo, come no: la soluzione perfetta per ferirlo e farlo andare su tutte le furie.
Per la prima volta si chiese perché diamine non avesse fatto parola a nessuno di loro degli altri tre che lo stavano corteggiando. E’ vero, non aveva mai trovato il momento giusto per affrontare l’argomento, e più il tempo passava più peggio era… ma ora? Che sarebbe successo se si fosse fatto beccare? Cosa avrebbero pensato di lui?
Fece un lungo sospiro. Doveva andare.
«Vado a prendere qualcosa da bere» disse a Kogure. «Vuoi qualcosa?».
Lo sentì inspirare lentamente. «Più che qualcosa, voglio qualcuno… e quel qualcuno sei tu».
Mitsui si volse verso di lui, pensando di aver capito male, trovandosi il viso di Kogure a pochi centimetri dal suo. Questi socchiuse gli occhi e, con un ultimo slancio, annullò lo spazio tra le loro labbra. La sorpresa per l’iniziativa del compagno di squadra venne soppiantata dalla passione quando una mano gli affondò nei capelli, per spingerlo ad approfondire quel contatto. Mitsui non se lo fece ripetere due volte: aprì la bocca e intrecciò la lingua di Kogure con la propria. Un lungo brivido gli percorse la schiena mentre si inebriava del profumo della pelle dell’altro e assaggiava il suo sapore. Rimase stupito delle sensazioni che quel semplice bacio potesse provocargli, e per un momento desiderò che quel contatto non si interrompesse mai.
Ad un tratto sentì qualcosa vibrare nei pantaloni, e si ricordò chi lo stava aspettando al parco.
Di malavoglia si allontanò da Kogure, il quale mostrò il suo disappunto tirandogli una ciocca di capelli.
Mitsui si scusò, promettendogli che sarebbe tornato subito. Quindi si alzò e uscì.
Appena fuori dal cinema, prese in mano il cellulare che stava ancora vibrando. Era Hasegawa.
«Sto arrivando!» gli disse concitato, chiudendo subito la telefonata e iniziando a correre.
Quando, cinque minuti dopo, arrivò al parco, l’alto giocatore dello Shoyo lo stava aspettando alla solita panchina.
«Scusa il ritardo!» fece, per poi riprendere fiato.
Mandando in fumo i suoi propositi, Hasegawa non gli diede il tempo di aggiungere altro: si alzò, lo prese per un braccio e lo trascinò verso la collinetta a nord, dove spesso passavano il loro tempo. Ad entrambi piaceva perché c’era uno spiazzo nascosto tra le siepi, poco frequentato, dove potevano oziare e parlare in tranquillità.
Quando lo raggiunsero, Hasegawa estrasse dalla sacca che aveva con sé l’abituale telo verde e, con un colpo, lo aprì e lo stese a terra. Vi si accomodò sopra e guardò Mitsui, immobile in piedi davanti a lui.
«Tutto bene?» gli chiese, vedendolo indeciso.
E adesso?
L’idea iniziale era di accampare una scusa e rimandare l’appuntamento, ma aveva perso l’occasione giusta appena arrivato e ora non sapeva cosa fare. Avrebbe davvero voluto passare un po’ di tempo in sua compagnia: era più che piacevole, si sentiva davvero a proprio agio con lui, senza contare che avevano scoperto di avere diverse cose in comune, oltre al basket. Ad esempio? Entrambi erano appassionati di manga e videogiochi: da allora avevano iniziato a scambiarsi materiale e discutere, a volte anche animatamente, su cosa piaceva o meno all’uno e all’altro.
Era ovvio, però, che non poteva lasciare Kogure ad aspettarlo al cinema come un cretino. Nonostante l’indole mite e pacifica del suo compagno di squadra, era sicuro che quella volta l’avrebbe ammazzato.
Mitsui gli si inginocchiò davanti con lo sguardo basso, alla ricerca di cosa cazzo dirgli, quando l’altro gli afferrò il collo della maglietta e lo tirò verso di sé, chiudendogli la bocca con la propria. Quando sentì la lingua di Hasegawa insinuarsi fra le labbra per toccare la sua, qualsiasi proposito andò a letteralmente a farsi benedire.
«Scusa, ma non ho resistito» gli sussurrò Hasegawa, allontanandosi quel tanto per parlare.
Mitsui lo fissò quegli occhi piccoli dal taglio così particolare e ne rimase stregato. Senza rendersene conto, gli mise le mani dietro il collo e prese ad accarezzarli i capelli, per poi annullare la distanza tra loro. L’unica cosa che desiderava era assaggiare nuovamente quelle labbra.
Sentì qualcosa vibrare, ma non era proprio una sensazione.
Era il cellulare che teneva nella tasca sinistra dei pantaloni.
Si allontanò da Hasegawa sorridendogli.
«Senti, ti va qualcosa da bere?» gli chiese. «Fa davvero caldo oggi!» aggiunse, ma non era solo il clima la causa, e lo sapevano entrambi.
«Va bene» rispose l’altro, mordicchiandogli il collo, prima di lasciarlo andare.
Appena sparì dalla visuale dell’altro, Mitsui estrasse il cellulare: con enorme sorpresa vide che l’ultima chiamata non era di Kogure, ma di Jin. Un senso di déjà-vu gli si arrampicò sulla schiena quando aprì il penultimo messaggio che aveva ricevuto quel giorno e che non era ancora riuscito a leggere.
Jin gli rammentava il loro appuntamento al bar dove si incontravano solitamente. Per le tre meno venti.
Si maledì per un paio di minuti, chiedendosi cosa avesse il suo cervello il giorno che aveva accettato gli inviti di tutti.
Per fortuna i luoghi di incontro non erano distanti l’uno dall’altro.
Per l’ennesima volta, si mise a correre.

Kogure si chiese dove fosse finito il compagno di squadra. Erano passati dieci minuti da quando era uscito e il film stava per iniziare. Stanco di aspettare, si alzò e lo cercò al bar, nei bagni e nell’atrio, ma sembrava essere sparito nel nulla. Quando chiese al personale se qualcuno avesse visto un ragazzo corrispondente alla sua descrizione, la cassiera gli rispose che, circa venti minuti prima, era uscito dal cinema e si era messo a correre in direzione del parco.

Mistui arrivò al bar dove Jin lo stava aspettando e si sedette di fronte a lui.
«Oh, ben arrivato» disse il giocatore del Kainan.
«Scusa, mi sono svegliato tardi!» rispose lui, rendendosi conto solo dopo aver parlato che era quasi metà pomeriggio. «Sai, dopo pranzo mi sono addormentato» aggiunse. 
Jin si mise a ridere. «Devi essere proprio a pezzi in questi giorni!».
Mitsui cercò di unirsi alle risate dell’altro, senza riuscirci.
La situazione in cui era peggiorava di minuto in minuto.
«C’è qualcosa che non va?» gli chiese Jin, notando lo sguardo assente e il sorriso tirato.
«No, no!» esclamò, passandosi una mano fra i capelli. «La corsa di prima mi ha tagliato un po’ le gambe. Ti spiace se vado un attimo in bagno a rinfrescarmi?» chiese, quando già era in piedi.
Nel momento in cui passò a lato di Jin, questi si alzò e lo prese per un braccio, tirandolo verso di sé. Appoggiò la fronte alla sua e, dopo averlo guardato intensamente negli occhi, unì le loro bocche in un tenero bacio. Quando la mano dell’altra guardia gli accarezzò il retro del collo, rilassato dal tocco leggero di quelle dita vellutate, dischiuse le labbra e si sentì travolgere da una scarica di brividi lungo la schiena. Allontanandosi, Mitsui mise fine a quel contatto, ma prima di proseguire verso il bagno fece un sorriso così carico di malizia da far arrossire Jin.
Erano quasi le tre del pomeriggio.

Hasegawa, seduto sul telo in cima alla collina del parco, aspettava impaziente il ritorno di Mitsui. Ormai erano passati quasi venti minuti: ma dove era andato a prendere da bere? A Tokyo? Stanco di attendere, decise di andargli incontro.
Si alzò, raccolse il telo e, sacca in spalla, scese verso i distributori automatici situati vicino all’entrata.

Mitsui entrò in bagno e si appoggiò a uno dei lavelli, cercando di riprendersi dal bacio che si era scambiato poco prima con Jin: era incredibile come gli avesse fatto desiderare a lui di approfondire il contatto. Altro che ragazzo dolce e gentile, era un diavolo tentatore!
Sorrise, guardandosi allo specchio sopra il lavandino, ma la realtà dei fatti glielo cancellò all’istante.
Non aveva la più pallida idea di come uscire da quella situazione.
Kogure lo aspettava al cinema, Hasegawa al parco e Jin in quel bar. Ci mancava solo…
«Cazzo!» urlò. «Oggi è domenica! E come ogni domenica…».
Prese il cellulare e lesse l’ultimo messaggio.
Sendoh gli ricordava il loro appuntamento al campetto sulla spiaggia. Alle tre.
«Sono un coglione!» esclamò, tirando un pugno sul lavandino.
Si, il suo cervello quel giorno doveva essere in sciopero. Non c’era altra spiegazione.
Fece un lungo sospiro, cercando di calmarsi e trovare il modo di uscire dal locale senza farsi vedere da Jin. Raggiunto il giocatore del Ryonan lo avrebbe fatto andare a casa con una scusa, anche se, conoscendo Sendoh, sarebbe stata un’impresa titanica. Ma che scelta aveva?
Socchiuse la porta del bagno. Fortuna volle che Jin fosse seduto di spalle e l’uscita di fronte a lui.
Non attese oltre: raggiunse l’altra porta di soppiatto e, una volta in strada, corse in direzione della spiaggia, passando davanti al parco e al cinema dove gli altri due lo stavano aspettando.
O, almeno, così credeva.

Nel momento in cui Mitsui varcò la porta di uscita del bar, Jin si era girato a guardare se stesse tornando al tavolo, trovandoselo invece schizzare via di corsa. Non capendo il perché di quel comportamento, si alzò e lo seguì.

Non trovando Mitsui ai distributori automatici, Hasegawa si era diretto verso l’uscita del parco: forse non essendoci quello che cercava, era andato al kombini situato dall’altra parte della strada.
Fu allora che lo vide correre a perdifiato oltre la cancellata del parco in direzione della spiaggia.
Preoccupato che fosse successo qualcosa di grave, si gettò al suo inseguimento.

Lasciato il cinema, Kogure stava camminando in direzione del parco, scrutando sia la strada che l’interno di ogni vetrina nella speranza di vedere Mitsui.
Mentre osservava dentro un negozio, vide la figura del compagno riflessa nel vetro che correva come un matto sul marciapiede opposto, in direzione della spiaggia. Il rumore del traffico coprì il suo richiamo, per cui non ebbe scelta: raggiunge il sovrappasso situato più avanti e lo inseguì, ma lo perse di vista poco prima del lungomare.
Si fermò, indeciso su dove andare.
«Tu sei uno dei giocatori dello Shohoku, vero?».
Guardandosi alle spalle, Kogure riconobbe quello dello Shoyo, fermo dietro di lui.
«Si, sono Kogure» rispose. «Tu sei Hasegawa. Come mai da queste parti?» gli chiese, più per cortesia che altro.
Lui non seppe che rispondere. Dubitava che fosse a conoscenza del fatto che frequentasse Mitsui.
«Che coincidenza trovarvi qui» disse una terza persona, alle loro spalle.
«Davvero? Quello che è più fuori zona di tutti sei tu, Jin» gli fece notare Hasegawa, sorpreso di trovarselo lì davanti, considerando che l’istituto Kainan era a quasi un’ora di treno.
«Beh, stavo cercando Mitsui» disse la guardia, dopo aver ripreso fiato. «Eravamo insieme al bar quando è uscito di corsa senza dirmi nulla. Non è che l’avete visto?».
A quella frase sia Kogure che Hasegawa sussultarono. Notando che avevano avuto la stessa reazione, si fissarono un attimo, per poi sbarrare gli occhi. Fu allora che capirono il motivo della presenza dell’altro.
«Io ero al cinema con lui» disse Kogure, mesto.
«Io al parco» fece Hasegawa, cercando di trattenere la rabbia.
Ancora non riuscivano a crederci: Mitsui stava uscendo con tutti e tre contemporaneamente!
«Si può sapere che sta succedendo?» chiese Jin, resosi conto di aver perso un passaggio in quel discorso.
«Te lo spieghiamo strada facendo» gli disse Hasegawa. «Ora troviamo Mitsui».

Quando Mitsui arrivò al campetto di basket, vide l’asso del Ryonan intento a fare qualche tiro. Essendo di spalle pensò non si fosse accorto della sua presenza, ma quando gli fu a un passo Sendoh si girò di scatto e gli afferrò entrambi i polsi, bloccandogli le braccia dietro la schiena e facendo aderire il suo corpo al proprio. 
«Che cazzo stai facendo?» protestò Mitsui, cercando di liberarsi, invano. 
«Ti saluto» rispose lui con il suo solito sorriso sulle labbra, prima di unirle a quelle dell’altro.
Sendoh approfondì subito il bacio, intrecciando con foga la propria lingua e con la sua.
Mitsui lo assecondò, eccitandosi per l’impeto con cui l’altro lo desiderava. Certo che baciava proprio bene.
Quando si staccarono, entrambi aveva il fiato corto. Si fissarono negli occhi, una vera trappola per Mitsui che rimase incatenato a quello sguardo blu profondo carico di malizia.
«Disturbiamo?».
Quella voce ebbe il potere di pietrificarlo.
Sendoh spostò di lato la testa e vide Hasegawa fermo a qualche passo da loro, seguito da Kogure e Jin.
«Ciao ragazzi!» lì salutò, lasciando i polsi del ragazzo che ancora stringeva a sé. «Che ci fate da queste parti?».
Hasegawa indicò Mitsui. «Perché non lo chiedi a lui?».
L’asso del Ryonan fissò perplesso la guardia dello Shohoku, che nel frattempo si era nascosto il volto tra le mani.
«Mitsui sta uscendo con tutti e quattro contemporaneamente» gli spiegò Jin.
«Che cosa?» esclamò Sendoh, stupito, voltandosi a guardare il giocatore del Kainan.  
«Mitsui» lo chiamò Kogure, notando che questi non accennava a voler parlare. «Perché non hai detto a nessuno degli altri?» gli chiese, emettendo un lungo sospiro.
Mitsui si prese il capo tra le mani, pensando a qualcosa da dire, qualsiasi cosa che potesse avere un senso.
Fece due passi avanti, continuando a dare le spalle ai quattro pretendenti, timoroso di guardarli anche solo per un istante negli occhi. Odio e disprezzo, ecco quello che temeva di vedere. Ma se lo meritava, eccome se lo meritava: aveva sbagliato, ed ora doveva affrontare le conseguenze dei tanti errori.
«Ecco, io…» fece un sospiro e, lasciando ricadere le braccia lungo il corpo, si girò verso di loro. «Non volevo prendervi in giro, non era affatto questa la mia intenzione! La verità è che non sapevo come affrontare l’argomento e, con il tempo, la cosa mi è sfuggita di mano».
«Ti rendi conto dell’assurdità che stai dicendo?» sbottò Hasegawa. «Se davvero non era quella la tua intenzione, dovevi dircelo!».
«Pensi che non avremmo capito?» gli chiese Jin, sconfortato dalla poca fiducia.
«La verità è che non volevi farlo» aggiunse Sendoh, incrociando le braccia sul petto.
«Ma io…».
Kogure lo interruppe. «Da quanto tempo va avanti questa storia?».
Mitsui deglutì. «Da circa due mesi».
Nessuno dei quattro riusciva credere alle proprie orecchie: due mesi? Lo fissarono a bocca aperta.
Il primo a riprendersi da quello shock fu Sendoh, che fece un sorriso deciso e colse la palla al balzo.
«Beh, mi sembra che tu abbia avuto tutto il tempo necessario per conoscerci» disse, per poi osservare gli altri tre rivali. «Non è forse vero?».
Kogure, Hasegawa e Jin si scambiarono alcuni sguardi fra di loro, prima di fargli un cenno con la testa.
«E’ ora che tu faccia una scelta» concluse.
Mitsui si irrigidì. «Che? Adesso?!».
Non ottenne una risposta verbale. La loro espressione risoluta fu sufficiente.
Nel panico più totale, Mitsui prese a camminare avanti e indietro, mentre quattro paia d’occhi lo fissavano in attesa.
Scegliere? Come faceva a scegliere lì, su due piedi?
Ognuno di loro, per motivi diversi, era speciale. Scegliere avrebbe significato perdere gli altri tre e, anche se in fondo non lo desiderava, non poteva nemmeno continuare con quell’assurda situazione. Ripensò a quei due mesi, ad ogni singolo momento passato in loro compagnia, alle parole, ai gesti, alle sensazioni che ognuno gli aveva fatto provare.
Doveva capire chi volesse veramente. Di chi fosse innamorato.
Alla fine, dopo interminabili minuti, la decisione giunse.
Mitsui chiuse gli occhi e fece un lungo sospiro. Poi parlò.

Continua

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: Cioppys