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Autore: Erule    15/07/2016    0 recensioni
- Tanti anni e ancora non hai capito niente, Sammy. - asserì Dean, gli occhi puntati sulla strada che si stagliava di fronte a lui.
- Non puoi trattarmi così ogni volta, Dean! - fece Sam, voltandosi a guardare il fratello.
- E tu dovresti sapere che questa è l’unica cosa che non puoi chiedermi. - replicò Dean, stringendo le dita attorno al volante.
- Io non li sopporto più, Dean. Siamo nel ventunesimo secolo, ormai. - ribatté Sam.
- E allora? -
- Non puoi ascoltare ancora i vecchi cd dei Led Zeppelin! - esclamò Sam, spazientito.
Dean sfoggiò quel suo solito sorrisetto soddisfatto, mentre alzava il volume della musica e Sam sbuffava.
- Chi guida sceglie la musica, fratellino. Dovresti aver imparato la lezione, ormai. -
(La storia ha inizio durante la decima stagione)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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Capitolo 2
Polaroids 
 
Quella mattina Natalie avvertì una fitta allo stomaco quando si svegliò. La sera prima aveva bevuto troppo, così credeva fosse per quello. Probabilmente il suo fegato stava già esplodendo. Saltò giù dal letto e si fiondò in bagno, aggrappandosi con le mani al lavandino, ma non vomitò. Si guardò allo specchio: aveva le occhiaie, lo sguardo spento ed il trucco le era colato giù per le guance. Era ancora vestita con l’abito della sera prima, perché si era accorta tardi di dover tornare entro mezzanotte come Cenerentola e poi si era addormentata di colpo non appena aveva toccato il letto. I ricordi della sera prima le tornarono in mente, spezzettati, confusi, ma era quasi certa di essersi nascosta in un angolo con un tizio del suo stesso anno. Oh, cos’aveva combinato? L’alcol aveva dovuto averle inibito i sensi.
Bussarono alla sua porta.
<< Un momento! >> esclamò, levandosi frettolosamente il trucco in eccesso ed infilando l’accappatoio per fingere che fosse uscita proprio in quel momento dalla doccia. Avvolse i capelli nell’asciugamano, poi andò ad aprire. << Helen? >>
Helen aveva il volto pallido, le mani le tremavano e sembrava che non fosse quasi capace di parlare. La sua compagna di stanza aveva letteralmente l’aspetto di una che aveva appena visto un fantasma.
<< Nat, oh mio… >>
<< Helen, cos’è successo? >> chiese Natalie.
<< Lo hanno trovato qui fuori, lui… >>
<< Helen, di chi stai parlando? Prendi un bel respiro e dimmelo tutto d’un fiato, d’accordo? >> disse, prendendola per le spalle dolcemente.
Helen inspirò, poi buttò fuori le parole una dietro l’altra, come se stessero inciampando allo stesso modo dei tasselli del Domino.
<< Hanno trovato il professor Peterson nel cortile, morto. >>
 
Natalie per poco non buttò all’aria il tavolo, talmente era furiosa. Sam le lanciò un’occhiata preoccupata, poi tornò al suo amato computer. Aveva perso tempo, troppo forse, nel cercare quella dannata fotografia, ma non ci era riuscita e Dean si rifiutava di parlare. Sam e Castiel erano riusciti a prenderlo, nel frattempo ed ora bisognava solo trovare una soluzione per farlo tornare normale.
<< Basta, mi sono stufata. >> disse Natalie, rabbiosa, prima di scendere al piano di sotto, la pistola carica fra le mani.
<< Natalie, non fare niente di stupido! >> le gridò dietro Sam. << Cas, potresti accompagnarla, per favore? >>
Sam aveva sempre pensato che Natalie fosse una testa calda, proprio come Dean e forse anche per questo gli piacevano insieme, ma Dean e Natalie chiusi in una stanza facevano sempre scintille, specialmente in una situazione simile, in cui Dean non era davvero Dean.
Natalie spalancò la porta, entrò nella stanza e si diresse verso Dean, puntandogli la pistola alla fronte, mentre lui se ne stava seduto su quella sedia, legato. L’anello sembrava ora bruciarle al dito.
<< Dov’è la Polaroid? >> domandò, cercando di rimanere controllata, perché è questo ciò che ti insegnano a Quantico, a respirare anche nelle situazioni difficili, l’autocontrollo, la precisione, la calma. Lei non era mai stata molto brava in quello.
Dean sogghignò, con quel luccichio negli occhi che non gli apparteneva affatto e che le faceva quasi paura. Lasciò che il dito scivolasse sul grilletto, perché era l’unica cosa che riusciva sempre a riportarla alla realtà. Era cosciente, adesso. Era perfettamente in linea con la situazione. Il dito sul grilletto le ricordava sempre che avrebbe potuto premerlo o meno, che se avesse sbagliato non avrebbe più potuto tornare indietro.
<< La rivuoi perché ti ricorda i bei vecchi tempi o per l’incantesimo? Credevi davvero che non avrei capito che avevi cercato di coprirlo? >> replicò Dean e Natalie sentì il dito sudare contro il grilletto. << E dite a Crowley che l’accordo è saltato, dato che mi ha venduto a voi. >>
<< Smettila. >> disse Natalie, mentre Castiel entrava nella stanza e li fissava.
Aveva appena conosciuto Natalie, ma era un angelo, quindi riusciva a sentire cosa nascondeva nei meandri della sua anima. Sapeva che aveva una cicatrice al fianco sinistro che cercava sempre di coprire, sapeva che c’era un motivo per cui portava quell’anello e non era quello che aveva rivelato a Dean, così come sapeva che non aveva paura di cosa quel demone avrebbe potuto fare a lei, ma a Dean. Perché Dean ed il demone erano due entità diverse e niente avrebbe potuto convincerla del contrario.
<< Natalie, cercherà solo di provocarti. >> disse Castiel.
<< Dov’è la foto? >> chiese di nuovo Natalie.
<< Hai capito di avermi perso nel momento in cui hai scoperto chi ero veramente e questa cosa ti ha fatta impazzire. >> affermò Dean. Lo sguardo di Natalie si fece più duro, ma la mano destra cominciò a tremare. << Quello che c’era fra di noi era una bugia, io non ero quella persona, Nat. >>
<< Lo eri. >> ribatté. << Eri comunque tu. >>
<< No, non è vero. >>   
<< Lo eri. >> rimarcò Natalie. << Hai solo mentito sulla tua professione, ma tutto il resto era vero. Ed io ti ho perdonato. >>
<< Non mi hai perdonato per quello che ho fatto dopo, però. >>
<< Natalie, lascia la pistola. >> disse Castiel. Natalie si morse il labbro inferiore per impedirsi di premere il grilletto. << Sta solo cercando di farti arrabbiare. >>
<< Non ti ho mai amata, Natalie. >> disse Dean ed anche se sapeva che non era lui, faceva male lo stesso, perché aveva il suo corpo e la sua voce ed il suo sguardo, gli occhi che si chiudevano lentamente prima di osservarla. Una volta avrebbe fatto un patto con il Diavolo, solo per poter riavere indietro un secondo di lui che la guardava in quel modo. << Ma posso dirti che in camera da letto eri veramente una bomba. >>
E fu fatta. Lo colpì con il calcio della pistola. Probabilmente gli spaccò il naso. Dean sorrise, mentre il sangue gli colava sul mento e Natalie si sfregava gli occhi, ma non stava piangendo, era solo la sensazione che avrebbe potuto farlo da un momento all’altro. Diede la pistola a Castiel e corse su per le scale.
<< L’ho bruciata, quella fotografia! >> urlò Dean dal piano di sotto.
Natalie andò da Sam e lo guardò a lungo per un attimo, prima di parlare. Il groppo in gola le rendeva difficile parlare.
<< Quello che gli stai facendo… funzionerà? >> chiese infine, quasi a scatti.
Sam le rivolse uno sguardo di compatimento, ma non commentò. Si limitò solo a risponderle.
<< Sì, ma non sarà piacevole. >>
<< Basta che lo riportiamo indietro. >>
 
Natalie scese in cortile trovò tutti gli studenti in cerchio, attorno al cadavere coperto da un lenzuolo bianco. Non conosceva molto bene quell’uomo, ma di sicuro, qualunque cosa avesse fatto, non meritava una fine del genere. Si chiese chi fosse il colpevole, se magari avesse avuto modo di incontrarlo, se avrebbero sospeso le lezioni almeno per un giorno, ma qualcosa attirò la sua attenzione. Erano arrivati degli agenti dell’FBI, dei veri agenti, dal quartier generale di Washington. Non aveva mai visto dei veri agenti in azione, ma quei due le sembravano comunque appena usciti fuori da Quantico, perché erano fin troppo giovani. Li vide parlare con il suo responsabile, Dennis Ackwood, che sembrava molto dispiaciuto per il signor Peterson, anche se loro due si odiavano. A quanto pare Peterson aveva sposato la fidanzata del liceo di Ackwood ed a lui non era mai andata giù. Osservò i due agenti scomparire nella scuola dopo aver dato una rapida occhiata al cadavere. Superò la folla di studenti e si gettò dentro, inseguendoli, ascoltando il suono della loro voce, ma riuscì a farlo solo per poco, perché proprio quando stava per salire le scale, qualcuno le si parò di fronte e la bloccò per le spalle.
<< Ehi, dove stai andando? >> chiese un ragazzo che non aveva mai visto, ma che era vestito esattamente come un professore, quindi dedusse che fosse un supplente o qualcosa del genere.
<< Io stavo solo… >>
<< Non dovresti andare in giro da sola in questo momento, qualcuno potrebbe pensare che sei coinvolta in questo caso. >> replicò il ragazzo con un sorrisetto strafottente e gli occhi verdi che brillavano.
<< Professore, mi scusi, ma… >>
<< Oh no, no, no, non permetterti di chiamarmi in quel modo, mi fai sentire un vecchio. >> ribatté quello. << Chiamami Dean. >>
 
Era successo tutto troppo velocemente, eppure lei ci aveva messo anima e corpo in quella relazione. Erano stati attimi, frammenti, pezzi di puzzle che rimessi insieme formavano l’arco di troppo poco tempo per potersi innamorare in quel modo (completo, bruciante, passionale), eppure lei non era più riuscita a staccarselo dalla pelle. A volte le sembrava persino di sentire il suo profumo impregnato ancora nei vestiti. Forse lui non aveva più pensato a lei, magari era anche stato con altre donne - così come lei era stata con altri uomini -, ma sperava davvero, in cuor suo, che non l’avesse mai dimenticata. Se ne stava seduta sul suo letto, ad osservare la sua stanza, senza toccare niente, senza cambiare niente, senza aggiustare niente. Sentiva che non le apparteneva, avvertiva il vuoto dentro al petto per via della fotografia e le sembrava di stare per scoppiare a piangere da un momento all’altro, di nuovo, ma i suoi occhi non accennarono a versare una lacrima. Ad essere sinceri, era da tanto che non piangeva.
<< Castiel è rimasto di sotto con lui. >> disse Sam, appoggiato allo stipite della porta con una spalla. << Non voglio farlo senza di te. >>
Natalie sospirò, guardando il muro di fronte a sé. Un punto imprecisato fra trachea e stomaco le pizzicava come un puntello che colpisce piano un pezzo di legno, ma lei non era dura come il legno, lei era molto più debole.
<< Ti ha mai parlato di me? >> chiese, con la bocca asciutta.
Non voleva sembrare egoista, ma da quando li aveva rivisti, quella domanda le aveva martellato la testa giorno e notte. Aveva bisogno di saperlo, aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno e Sam era sempre stato lì per lei quando ne aveva avuto bisogno. A volte le aveva persino mandato gli auguri di Natale, fingendo che Dean la salutasse o dicendole come stava, senza che lei glielo chiedesse. Perché Sam lo sapeva, sapeva che erano entrambi troppo orgogliosi per tornare a parlarsi dopo quello che era successo l’ultima volta. In realtà non era solo per orgoglio, lei si era sentita ferita per molto tempo, ma non per la bugia su chi Dean fosse veramente o per il modo in cui era andata a finire. Si era sentita ferita, perché lui avrebbe dovuto parlarle e non innalzare un muro. Avrebbe dovuto dimostrarle che tutte le sue parole, pronunciate fino a quel momento con convinzione, avevano nascosto tutti quei messaggi simbolici che lei si era illusa di aver ricevuto.
<< Apri il cassetto. >> disse Sam, accennando al cassetto del comodino di Dean.
Natalie lo guardò, confusa, poi fece come le aveva detto. C’erano i suoi giornaletti porno, il che la fece ridere, perché non aveva mai cambiato le sue brutte abitudini, ma sopra tutti quei giornalini c’era una foto. Lei aveva i capelli lunghi, biondi ed un bel sorriso. L’aveva scattata poco prima di entrare in Accademia e l’aveva regalata a Dean l’ultimo giorno in cui era rimasto. Era ingiallita e dietro lui ci aveva scritto una data. Era la data del giorno in cui l’aveva lasciata andare. L’aveva tenuta per tutti quegli anni, sempre. L’accarezzò con il pollice, poi la rimise al proprio posto e chiuse il cassetto.
Si alzò, infilando le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
<< Sono pronta. >>
Sam annuì.
<< L’ha sempre tenuta nel portafogli ed ogni volta che abbiamo cambiato albergo o casa, lui controllava sempre di non averla persa o macchiata. Credo che l’abbia lasciata qui apposta, per far intendere che non gli importa più, ma quello non è lui, Nat. >> disse Sam. << Giusto per fartelo sapere. >>
 
Si presero la giornata libera, solo perché l’FBI era in giro per indagare. Natalie si guardò intorno, ma non ritrovò quello strano professore da nessuna parte. Si diresse verso Helen, tanto per parlare un po’ con lei. Eppure c’era qualcosa, qualcosa di strano che aveva notato, che non la faceva stare tranquilla, ma non si ricordava cosa fosse.
<< Stai bene? >> chiese e Helen annuì, coprendosi le spalle con lo scialle. << Helen, so che non stai bene. >>
<< Non credo che ce la farò, Natalie. >> replicò la ragazza. << Io non sono forte come te, non ne posso più di svegliarmi alle sei del mattino, di allenarmi, di sopportare tutta questa pressione. >>
<< Stanno cercando di farti mollare, Helen, ma non ce la faranno. So che abbiamo iniziato da poco, ma ce la possiamo fare. Ci sono io con te, okay? >> disse Natalie, cercando di rassicurarla. Helen le sorrise flebilmente e per un attimo, Natalie pensò che sarebbe andato tutto bene.
Helen andò via da Quantico due settimane dopo quel giorno.
 
Non era sicura che avrebbe funzionato, ma era stufa delle parole di quel demone maledetto e di vedere Dean soffrire. Sperò con tutte le sue forze che il piano di Sam funzionasse, ma aveva paura. Aveva paura come il giorno in cui aveva perso Dean, aveva paura quando la notte avevano cominciato a venirle dei piccoli attacchi di panico che non riusciva a controllare, ma non poteva parlarne con nessuno, perché nessuno poteva saperlo. E non riusciva più a dormire. Così, mentre tutti si chiedevano come facesse ad essere diventata la prima della classe in poco tempo, lei si chiedeva se avrebbe mai potuto dormire di nuovo la notte invece di studiare a causa dell’insonnia. Alla fine ci era riuscita, aveva ricominciato a dormire per almeno sei ore di fila, ma non era stata più la stessa. Era successo il giorno in cui aveva accettato che Dean non sarebbe tornato indietro. Era il giorno prima del diploma.
Dean chiuse gli occhi e quello la riportò con i piedi per terra. Sam e Castiel si scambiarono uno sguardo d’intesa. Si sentì sprofondare. L’attesa minacciò di ucciderla lentamente, poi Dean aprì piano gli occhi. Li spalancò, in verità e lei annegò dentro i ricordi solo perché quel verde così luminoso le faceva venire in mente un’altra cosa.
Il suo sguardo si posò su di lei e Natalie venne risucchiata nel vortice.
 
<< Stai scherzando, spero! >> esclamò una ragazza nello spogliatoio, arrotolandosi un asciugamano attorno ai capelli.
<< Assolutamente no, non vogliono che si sappia nulla, quindi il funerale sarà già domani mattina. >> replicò l’altra, finendo di mettersi il mascara sulle ciglia.
<< Ehi, di cosa stiamo parlando? >> intervenne Natalie, asciugandosi le mani di fianco a loro.
<< Del signor Peterson. >> replicò la prima ragazza. << Vogliono seppellirlo entro domani mattina per insabbiare tutto, nonostante l’FBI stia ancora indagando. >>
<< Cosa? Non possono farlo! >> esclamò Natalie.
<< Ragazze, vi siete forse dimenticate che siamo a Quantico? All’FBI non gliene frega niente dell’FBI, loro fanno sempre quello che vogliono. E poi si è capito che si è trattato di un incidente, è scivolato, ha sbattuto la testa contro l’asta della bandiera ed è morto. È stata una tragedia, certo, ma per una volta ci è capitato un caso semplice e tale dovrà rimanere. >> ribatté la seconda ragazza. << Cambiando argomento, domani sera ci sarà la festa di compleanno di Chantal, voi ci sarete? >>
<< Ovviamente! >> esclamò l’altra ragazza e si girò a guardare Natalie, che si ritrovò ad annuire, imbarazzata.
<< Certo. >> disse, sfoggiando un sorriso insicuro. Non avrebbe affatto voluto andarci, ma adesso doveva farlo per forza, fantastico.
Uscì dallo spogliatoio con il morale sottoterra. Pensò di tornare nella sua stanza a parlare un po’ con Helen, ma in realtà sperava che stesse dormendo, dopo tutto quello che era successo. Si tirò le maniche della maglia fino alle dita, camminando per i corridoi dell’Accademia, ripensando all’immagine del cadavere coperto da un lenzuolo bianco. Cosa c’era che le era sfuggito? Cos’aveva notato? Se era scivolato, forse aveva tentato di aggrapparsi da qualche parte e questo avrebbe spiegato il taglio… un taglio rosso sulla mano… ma era un taglio?
Per poco non andò a sbattere contro il ragazzo di nome Dean che aveva incontrato quella mattina. Stava calando la sera e non avevano ancora acceso le luci, ma i suoi occhi verdi brillavano stranamente. Stavolta era accompagnato da un altro ragazzo, che sembrava persino più giovane di lui.
<< Ma voi siete davvero due insegnanti? >> chiese, mentre Dean si voltava per guardarla incuriosito.
<< Ti sembriamo troppo giovani, forse? >> domandò l’altro ragazzo. Natalie annuì.
<< Be’, anche quei due agenti di stamattina sembravano troppo giovani per essere due agenti. >> replicò Dean.
Natalie ridacchiò.
<< Touché. >>  
Dean fece velocemente segno a Sam di sparire dalla vista e lui sbuffò. Ogni volta che c’era una bella ragazza all’orizzonte, suo fratello non faceva che dimenticarsi di avere un cervello. Alzò le spalle, sbuffando. Non c’era niente di fare, non sarebbero riusciti a lavorare, quella sera. Eppure quel caso gli sembrava troppo strano per essere vero. C’era qualcosa che non gli tornava.
<< Ci vediamo dopo, Dean. >>
<< Sì Sam, ciao, sparisci. >> replicò Dean, sventolando una mano. << Allora, come ti chiami? Non mi hai ancora detto il tuo nome. >>
Natalie si tirò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Probabilmente era anche arrossita. Oh, dannazione, ogni volta che parlava con un ragazzo l’imbarazzo aveva la meglio. Sarebbe mai finita quella situazione? La verità era che l’unico ragazzo che l’aveva degnata di uno sguardo era stato un suo compagno di classe delle superiori, il suo primo amore praticamente, ma non era mai successo nulla fra di loro, perché ogni volta che tentava di parlargli, puntualmente lui aveva qualcos’altro di cui occuparsi. Però con Dean era diverso, non lo conosceva e lui non conosceva lei, quindi poteva reinventarsi daccapo.
<< Natalie. >> rispose. << Natalie Dawson. >>
Dean le sorrise e lei pensò che, per qualche motivo, i sorrisi più luminosi sono quelli delle persone che hanno sofferto di più. Forse Dean era una di quelle, un po’ come lei.
<< Ti andrebbe di fare un giro con me, stasera? >>
Natalie rimase interdetta.
<< Dean, sei un professore dell’Accademia, non posso. >>
<< Sono solo di passaggio, non rimarrò a lungo. >> replicò. << E poi, ti ho solo chiesto di fare un giro. >>
<< Dean… >>
<< Non sono un tuo professore, Natalie. >> disse Dean. Natalie scosse la testa.
<< Non sei abituato ad un “No” come risposta, eh? >>
 
Entrò in quella stanza per la seconda volta nell’arco di poco tempo. Adesso lui era seduto sul letto, a guardare vecchie foto ed a Natalie sembrò che il quadro fosse completo, che non mancasse niente. Quell’ambiente le era diventato familiare sin dal primo momento in cui era entrata nel bunker. Forse era solo che la presenza di Dean rendeva tale ogni luogo. Il suo sguardo vagò per la camera e vide il portafogli posato sul comodino, da cui sotto sfuggiva un angolo di quella che poteva essere una fotografia. Rimase sull’uscio ad osservarlo. Era immerso nei ricordi probabilmente, ma non poteva non essersi accorto della sua presenza. Fissò nella mente quel momento, perché era l’ultima volta in cui avrebbe potuto vederlo così. Impresse nella memoria il suo respiro lento, la clavicola che spuntava da sotto la camicia, il viso ripulito del sangue da Castiel, le dita che scorrevano le foto. Adesso che l’aveva rivisto, le sarebbe mancato molto più di prima. Non poteva negarlo a se stessa, quell’anello non le serviva per ricordarsi della sua presenza, ma della sua assenza. Era un modo per tenerlo insieme a lei anche quando non c’era.
<< Ehi. >> esordì Natalie, con voce flebile.
Dean alzò lo sguardo su di lei e le sorrise con un angolo della bocca.
<< Ehi. >>
<< Come stai? >> chiese Natalie, avvicinandosi al letto.
Dean mise le foto da parte e si sedette sul bordo, le mani congiunte come in preghiera. Natalie impresse ogni istante nella sua mente ed impresse, impresse, impresse fino che non fosse più riuscita a ricordare nient’altro che quella scena. Fu un po’ come se fosse il suo ultimo ricordo, in effetti.
<< Sono solo un po’ frastornato, ma starò meglio. E tu? >> chiese, guardandola negli occhi e lei si sentì cadere.
Le parole pungevano nella gola per uscire fuori, ma non era ancora il momento, doveva preparare il terreno, doveva stare attenta a quello che avrebbe detto, doveva reprimere il bisogno di piangere. La testa aveva deciso, la testa, la testa, la testa. Era per quello che lo stomaco continuava ad attorcigliarsi ogni minuto che passava.
<< Sto bene. >> replicò. << Posso sedermi? >>
Dean si mosse un po’ più indietro per lasciarle spazio. Il suo respiro era così vicino da farle credere che lei stesse solo sognando e che quello in realtà non fosse che uno spiffero d’aria che entrava dalla sua finestra.
<< Mi dispiace di aver bruciato quella foto. >> disse Dean. << Era importante? Insomma, io amo la mia auto, ma non capisco perché tu avessi una foto di lei. >>
<< Sai che la tua auto non è una donna, vero? >> domandò lei, alzando un sopracciglio, prendendolo in giro. Eppure quella semplice domanda le fece capire quanto fosse importante fare quello che aveva deciso. Lui nemmeno se lo ricordava.
<< Certo che lo so. >> replicò Dean, con un’espressione divertente, che sembrava tanto quella di un bambino di cinque anni.
Natalie ridacchiò, ma qualcosa in quel quadretto le provocò una reazione che non aveva messo in piano. Le pizzicavano gli occhi e piano piano le lacrime avrebbero trovato il modo di rompere gli argini, quindi cercò di essere veloce. Anche perché non voleva che Castiel e Sam tornassero prima che lei potesse raccontare tutto a Dean.
<< Dean, c’è una cosa che dovrei… >>
<< Non ho ancora avuto l’occasione di ringraziarti per essere venuta. >> la interruppe Dean, senza volerlo. No, no, no, non puoi farmi questo, non adesso, pensò Natalie. << Ogni tanto ho pensato di scriverti, ma non ne avevo il coraggio, dopo quello era successo fra di noi. Sono… sono contento che ci siamo ritrovati, anche grazie al fatto che Sam non si fa mai gli affari suoi. >> continuò. << Forse adesso potremmo parlare di… >>
<< Ho accettato di lavorare a Washington. >> disse Natalie, tutto d’un fiato e fu come se il flusso di parole si fosse bloccato nella trachea, per Dean.
Dean la guardò sorpreso, ma anche triste. No, era più di triste, era dolorante. Aveva gli occhi lucidi, stanchi e Natalie intravide un paio di ombre sotto di essi. Il muro che c’era stato fino ad ora tra di loro crollò del tutto, come se fosse appena stato colpito da un fiume in piena. Natalie non riuscì a sostenere il suo sguardo ancora a lungo, quindi prese a fissare il pavimento, le mani in grembo.
<< Washington. Intendi D.C., giusto? A diciannove ore da qui. >> disse Dean. Natalie annuì. << Sono felice per te. >> disse Dean, dopo un breve istante di silenzio, con un sorriso forzato.
Natalie lo guardò negli occhi, con il labbro inferiore che tremava, sperando che dicesse qualcosa, qualunque altra cosa per trattenerla lì con lui, ma non lo fece. Cosa possono dirsi due persone che provano qualcosa l’uno per l’altra, ma senza rischiare di ferirsi a vicenda in qualche modo? Senza la paura che lasciare tutto sarà solo l’inizio della fine? Dean non ne aveva idea. Avvertì la porta aprirsi al piano di sopra e la voce di Sam chiedere dov’erano. Si sporse verso di lei, lentamente, anche se temeva che Castiel o Sam potessero rovinare quel momento, ma non gli importava più di niente. Natalie credette che Dean stesse per baciarla, ma non fu così. Il suo sguardo scivolò dalle sue labbra alla fronte, le sue mani le accarezzarono le tempie ed infine, le sfiorò la fronte con le labbra. Natalie non pianse, ma sentì comunque una lacrima caderle sulla mano. Si accorse solo dopo, quando Dean le disse: “Buona fortuna” e varcò quella porta, che lui aveva gli occhi ancora lucidi.
 
La verità era che aveva accettato, solo per levarsi dalla mente l’immagine di quel lenzuolo bianco. Quando arrivò al pub vicino all’Accademia, Dean la stava aspettando seduto ad un tavolo con un paio di birre. Per un secondo, uno solo, pensò che cosa fosse successo se quella figura fosse diventata per lei abituale, familiare, poi scacciò via quel pensiero. Dean era solo di passaggio, dopotutto. Andò a sedersi di fronte a lui ed il suo viso si animò quando la vide. Le passò la birra e sorrise.
<< Non è che magari avevi altri programmi per stasera? >> chiese Natalie. << Voglio dire, il tuo collega sembrava un po’ contrariato. >>
<< Oh, Sam è mio fratello ed è sempre preoccupato, lascialo perdere. Allora, raccontami un po’, perché vuoi diventare un’agente dell’FBI? >>
Natalie per poco non si strozzò con la birra.
<< Cominciamo con le domande semplici, eh? >> replicò e Dean ridacchiò.
<< Già. >>
<< Tu perché lo sei diventato? >>
<< Ehi, stiamo parlando di te, non di me. >> ribatté lui.
<< D’accordo, d’accordo. Voglio diventare un’agente, perché… >> stava dicendo, poi buttò fuori l’aria. << Ci sono fin troppi motivi per cui voglio farlo. Insomma, voglio proteggere gli innocenti, il mio Paese, la libertà, ma non è solo per questo. Io credo che un vero agente dell’FBI debba cercare di evitare ogni tipo di ingiustizia ed io voglio questo. >>
<< Sei una fanatica della legge, eh? >>
<< Rispettare la legge non significa fare giustizia, a volte. Specialmente se le leggi sono manipolate dai potenti. >> replicò Natalie, poi bevve un sorso di birra.
<< Oh, ma che pensiero profondo! >> esclamò Dean e Natalie rise. << Scommetto che ti è capitata un’ingiustizia. >>
Natalie alzò le spalle.
<< Qualcosa del genere. >>
<< Ma non è capitata a te, altrimenti non saresti qui. È capitata a qualcuno che avresti voluto difendere, ma non potevi. >> dedusse Dean e l’aria attorno a loro si fece improvvisamente troppo ferma. Natalie rimase immobile, lo sguardo fisso nel suo.
Natalie non rispose, ma era certa che Dean avesse capito che il suo silenzio equivaleva ad un’affermazione.
Uscirono da quel bar quasi a mezzanotte. Dean la riaccompagnò davanti alla porta della sua camera e lei sentiva le guance accaldarsi ad ogni passo che faceva. Forse aveva la febbre o forse aveva bevuto troppo di nuovo. Di sicuro era stata una delle più belle serate degli ultimi mesi. Sfiorò la maniglia della porta, ma non l’aprì prima di aver salutato Dean, per non svegliare Helen.
<< Ti vedrò domani a lezione, presumo. >> disse lei.
<< Probabilmente no, devo aiutare quei due agenti nelle indagini. >>
<< Ma non si era trattato di un incidente? >>
<< Mio fratello non ne è così sicuro, quindi faremo qualche altro rilievo sulla scena del crimine e poi vedremo. >>
Natalie annuì, ma non riusciva a staccare gli occhi dalle sue labbra, quindi aveva sentito solo la metà di quello che aveva detto. Doveva andarsene, doveva sbrigarsi.
<< Okay. Buonanotte. >> disse, poi si voltò per entrare, ma qualcosa la trattenne. Si girò di nuovo. << Vorrei che non fossi solo di passaggio, Dean. >>
Dean sorrise dolcemente, le mani infilate in tasca ed il colletto della camicia slacciato lasciava intravedere la linea morbida della clavicola.
<< Se fosse per me, non ti avrei nemmeno riaccompagnata qui a quest’ora. >> replicò Dean, poi se ne andò, senza voltarsi indietro.
Natalie non riuscì a dormire quella notte. Le tornò di nuovo in mente quel cadavere coperto da un lenzuolo e la mano, la mano che aveva un taglio sanguinante sul palmo, ma l’asta della bandiera era liscia, come aveva fatto a farsi male? Dei brevi flash della serata prima le riempirono la testa di luci, ma quel taglio… Si svegliò di soprassalto. Prese il telefono e di getto compose il numero di Dean. Al primo squillo riattaccò. Erano le quattro del mattino, non poteva chiamarlo per una mera supposizione. Però il funerale ci sarebbe stato solo il giorno dopo e se avevano bisogno di indagare sul corpo, lei avrebbe dovuto avvertire qualcuno adesso. Così mise da parte il terrore, l’orgoglio, l’imbarazzo e lo chiamò. Dean rispose al terzo squillo.
<< Dean Cobain. >>
<< Dean, mi sono ricordata che c’era qualcosa che non andava nel cadavere del signor Peterson. Aveva un taglio sul palmo, deve essersi difeso da un aggressore, altrimenti non si spiega come abbia potuto morire in quel modo così assurdo. >>
<< Natalie… >>
<< Dean, non potete seppellirlo domani. >>
<< Natalie, è troppo tardi. Il signor Peterson verrà seppellito fra poche ore e non potremo farci niente. >>
<< Dean, se non trovaste il colpevole, sarebbe un’ingiustizia. >>
Dena non rispose.
<< Mi stai chiedendo di farlo per te? >>
<< Ti sto chiedendo di farlo per salvare la memoria di un innocente. >>
Dean sospirò.
<< D’accordo, tanto Sam era già arrivato alla stessa conclusione. Dovreste parlare un po’, voi due, avete tanto in comune. >>
Natalie sorrise.
<< Perché non mi hai detto che l’avresti fatto comunque? >>
<< Perché speravo che mi dessi una buona ragione per rivederti e così è stato. Buonanotte, Nat. >> replicò Dean.
<< Buonanotte. >> rispose Natalie, anche se Dean aveva già riattaccato.





Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Dunque, in questo capitolo già si vede un po' del passato di Natalie e Dean e di come si sono conosciuti (i flashback in corsivo rappresentano le linee temporali del passato). Lei arriva praticamente assieme a Castiel, quindi quando Dean sta per essere curato definitivamente da Sam. So che c'è un ennesimo salto temporale fra "il presente" del primo capitolo e questo, ma anche fra il passato a Quantico ed il "presente" del primo capitolo, ma verranno spiegati nei flashback che porteranno i personaggi fino al "presente" (peggio di Ritorno al futuro, lo so, ma verrà spiegato tutto).
Ditemi cosa ne pensate :)
E.  

 
  
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