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Autore: imunfjxable    15/07/2016    2 recensioni
" I know when you're around cause I know the sound of your heart"
"So quando sei nei paraggi perché conosco il suono del tuo cuore"
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4. brown eyes

 

 

 

 

 

«e che cazzo, dì qualcosa» borbottò disperato contro il muro. Una signora anziana lo guardò rimproverandolo con lo sguardo mentre tappava le orecchie del nipote.
«è pur sempre una chiesa questa, non un rave party» commentò stizzita passando accanto a Matty, che non aveva ancora ben smaltito la sbornia della sera prima e di certo la sigaretta che aveva sull'orecchio sinistro non contribuiva a migliorare il suo aspetto.
Alzò gli occhi al cielo, noncurante della vecchia, e rimase con la schiena appoggiata sul marmo, ad osservare gli altri del suo gruppo che erano rimasti- a differenza della signora- ad ammirare la cupola della whispering gallery, e ovviamente a sussurrare nel muro.
Si appoggiò, stanco, sulla parete fresca.
«Tu non sei solo, sei parte di tutto ciò che vive» disse. Era una delle sue citazioni preferite di Queer, di William Burroughs. Amava quell'uomo, quanto quel libro, e quella frase. "Sei parte di tutto ciò che vive" e aveva ragione William, per quanto potremmo sentirci soli al mondo non lo saremo mai completamente. Perfino le stelle nel cielo brillano per farci compagnia, no?
Si passò una mano tra i capelli ma si fermo quando la sentì, quella voce ormai l'avrebbe riconosciuta tra mille, anche per il forte accento cockney, tipico dell'East Side.
«Non lo faccio mai» schiacciò l'orecchio al muro e chiuse gli occhi cercando di capire bene ciò che stesse dicendo, percepiva purtroppo anche altri bisbigli.
«Non parlo mai qui, mi sento stupida. Ma oggi non citerò nessuno come faccio sempre, oggi non c'è nessuna citazione che possa descrivere come sto» silenzio. Aprì gli occhi e si guardò attorno, ma come al solito c'era un mucchio di gente, e il gruppo di turisti tedeschi alti tutti più di 1,90 metri non favoriva la vista di coloro che erano dietro.
«ho solo bisogno di essere salvata»
Matty si morse il labbro.
«Fatti salvare da me» stava per dire. Ma non lo disse. E se fosse stato un uomo? E se fosse stata brutta? Ormai se l'era immaginata già questa ragazza, bella, dolce, mentre leggeva le poesie di Ginsberg sul letto con una sigaretta in mano. L'aveva idealizzata, e non voleva che le sue aspettative venissero abbattute dalla realtà.
Scorse improvvisamente una ragazza dai capelli coperti da un beanie nero, che correva da una parte all'altra della stanza, ma smise di guardarla quando vide il padre di Katrine venire verso di lui.
«Vieni nel mio studio, dobbiamo parlare»
Matty sbiancò, ma cercò di tenere la calma. Non poteva aver scoperto che aveva fatto quasi un'ora di ritardo la mattina, giusto? Adam aveva detto che l'aveva coperto. Scesero le scale e giunsero al piano terra, entrarono nello studio che si trovava accanto alla biglietteria e scorse Adam all'interno e lo guardò con uno sguardo disperato mentre seguiva Mr. Gray che si sedette sulla sua sedia di pelle marrone. Avrebbe voluto denunciarlo agli animalisti per quella maledetta sedia.
Matty si morse l'interno della guancia non appena lui disse «allora, io e te dobbiamo parlare»
Meglio vuotare il sacco, almeno apprezzerà la sincerità.
«Mr. Gray sono mortificato per il ritardo di stamattina ma cerchi di capirmi la scongiuro. Stavo facendo colazione e mi sono versato il te sui pantaloni, non ne avevo di puliti e ho dovuto asciugarli con il phon; ho perso l'autobus e sono dovuto venire fino a qui a piedi e per di più sotto la pioggia» spiegò tutto d'un fiato.
«In realtà io volevo informarti dei lavori di ristrutturazione della navata sinistra, dove i turisti non potranno più passare; e di quelli alla cappella»
Matty spalancò gli occhi.
Tutto quello che riuscì a emettere fu una misera risatina, colpevole, e idiota.
In quel momento Katrine entrò nello studio del padre, facendo ondeggiare la lunga coda di cavallo bionda che le arrivava fino a metà schiena.
«Ciao papà» mostrò i denti sbiancati da qualche dentista per chissà quanti soldi.
«che ci fai qui?» chiese fissando Matty che dondolava avanti e dietro sulle sue gambe, risultando più impacciato del solito.
Prendi nota: mai più bere se il giorno dopo vai a lavoro.
«Stavamo parlando, e mi ha detto che ha fatto tardi a lavoro stamattina, ma...» lasciò la frase in sospeso e Matty cercò di fare gli occhi dolci a Katrine che lo fissò con le sue iridi azzurre sorridendo. Lui si leccò le labbra e lei annuì.
«Licenzialo» gli disse.
«Cosa!?» Matty urlò facendo un passo indietro «non mi sembra il caso Mr. Gray, un solo ritardo. Per di più vi ho anche spiegato perché...»
«Taci. Mia figlia ha ragione, ho licenziato tutti quelli che facevano tardi, perché dovrei mai fare un'eccezione con te? E io che stavo quasi per lasciarmi convincere! Non sarebbe giusto. Brava tesoro,  mi fai fare sempre la cosa giusta» sorrideva alla sua bambina che guardava Matty ridendo soddisfatta. Che stronza.
«Mr. Gray la prego»
«Healy ho detto basta! Non metterà mai più piede in questa chiesa. Nè nella whispering gallery. Nè nelle navate. Nè nella cappella. Nè prima, nè dopo che si saranno conclusi i lavori»
Sospirò.
«Lasci solo che le dica che avrebbe potuto anche fare a meno di chiamare i restauratori. Sua figlia li sa davvero fare i lavori, specialmente alle cappelle» le sorrise sghembo.
Katrine aprì la bocca per la sorpresa e rimase così, mostrando la sua finta dentatura perfetta.
«Stai aspettando che ci entri un cazzo?»
«Healy fuori di qui ora!» urlò il padre di Katrine indignato. Lui alzò le mani e si staccò la targhetta con il suo nome dal petto, lasciandola sulla scrivania e andando via- non prima però di essersi poggiato contro la porta e aver sentito Mr. Gray urlare contro sua figlia.
«Cosa è questa storia eh? Ti sei messa a fare la puttana?» Matty si coprì la bocca con le mani per non ridere. Missione compiuta. Sapeva quanto fosse geloso di sua figlia, l'aveva semplicemente ripagata con la stessa moneta.

Una leggera pioggiarellina bagnava Londra, coperta dal cielo plumbeo. Matty era seduto sul marciapiede fuori St. Paul, con gli occhi marroni rivolti verso l'alto, mentre fumava un drummino- ora che non tremava più riusciva a chiuderli.
Si alzò in piedi, stiracchiandosi. Non aveva la minima idea di che cazzo sarebbe successo.
Doveva assolutamente trovare un altro lavoro, o convincere Mr. Gray a riassumerlo. Si sentiva perso senza quella chiesa (cosa alquanto ironica in quanto era ateo).
Cazzo no.
Intuì un pochi secondi che niente lavoro, niente chiesa, equivaleva a niente voce. Non avrebbe mai scoperto chi era.
Per un momento gli si riempirono gli occhi di lacrime, a volte bastava poco per far crollare il precario equilibrio che aveva. Camminò nervosamente verso casa, lasciando che la pioggia fresca lavasse via le sue preoccupazioni. L'acqua scorreva sul suo viso, e la sua bocca non poté fare altro che schiudersi in un sorriso- amava la pioggia.
Distratto com'era andò a sbattere in qualcuno.
«Guarda dove cazzo vai» sbottò la ragazza davanti a lui «ciao Matty»
«Uh ciao ehm...»
«Edith» completò lei per lui, intuendo che aveva dimenticato il suo nome, ma non se la prese più di tanto. Non era una di cui la gente si ricordava. O magari Matty era troppo ubriaco per ricordarsi di lei (e sperò che fosse la seconda opzione).
«già Edith. Scusami. Non mi sono ancora ripreso» risero.
«Infatti hai proprio un brutto aspetto, t'hanno appena licenziato per caso?» scherzò portandosi il ciuffo moro dietro l'orecchio.
«in realtà si»
«cazzo scusami non lo sapevo» si portò una mano alla bocca. Edith non diceva mai la cosa giusta, era il tipo di persona che prima parlava e poi rifletteva su ciò che aveva detto- era spesso un difetto, raramente un pregio.
Matty scosse il capo.
«Forse ci dovremmo togliere da qui» constatò Matty «piove sempre più forte. Dove stavi andando?»
«Via» disse solo quella parola. Aveva appena finito di litigare con Edward , il quale sosteneva che fare la ballerina era una perdita di tempo e che stava sprecando il suo potenziale in quanto sarebbe potuta entrare in qualsiasi università se avesse voluto. Appunto, se avesse voluto. Ma Edith non ne voleva proprio sapere di studiare, non che non le piacesse la cultura; anzi. Adorava imparare cose nuove, ma per lei, le sue conoscenze non dovevamo essere finalizzate al raggiungimento di un voto. Imparare era qualcosa di troppo bello per lei, di puro, che non poteva essere sporcato con la scuola la quale ricambia ciò che sai con un foglio. Un misero fogliettino di carta nemmeno meritato, che dice- anzi dove i professori dicono- che sai qualcosa. Ma la verità è che non sai un cazzo, non puoi mai sapere tutto.
La pioggia si fece più forte.
«Vuoi venire a casa?»


Cercò le chiavi nella tasca dei pantaloni mentre Edith era dietro di lui, non aveva fatto altro che parlare per strada, era così logorroica.
Gli stava spiegando del suo litigio con Edward, Matty si divertiva a dare consigli sentimentali, ma si zittí improvvisamente quando sentì Allen abbaiare.
«Dimmi che non hai un cane»
Matty la fissò preoccupato.
«Ti prego, ho troppa paura dei cani, Matty non entro»
«Ti giuro che non ti farà niente, è solo rumoroso Edith, ci sono io»
Prima che potesse rispondere aprì la porta, rivelando Allen che aspettava sulla soglia. Iniziò ad abbaiare più forte quando vide Edith, non era abituato a gente estranea. Lei rimase fuori.
Matty le prese delicatamente il polso, tenendola dietro di lui. Si abbassò e accarezzò Allen, calmandolo. Lo distrasse con la sua palla arancione e lui si stese in silenzio sul tappeto.
Edith era rimasta dove lui l'aveva lasciata, non aveva detto una parola.
Seguì Matty in cucina e chiusero la porta, lasciando Allen fuori.
«Edith stai bene? Vuoi un po' di tè?»
le chiese notando che erano ancora le undici.
«Si grazie»
«Non sapevo che avessi paura dei cani, mi dispiace»
«Oh no, tranquillo. Dispiace a me»
«Te nero o al limone?»
«non è che per caso hai quello alla vaniglia?»
Matty annuì e lo prese, mettendo l'acqua a bollire, estrasse anche due tazze e le posò accanto al lavello.
Edith prese l'elastico che aveva al polso e raccolse i capelli velocemente in uno chignon e posò il cellulare sul tavolo, odiava tenerlo nella tasca dei pantaloni. Matty versò l'acqua calda nelle tazze dove aveva già inserito le bustine. Lentamente il tè conferì all'acqua il suo colore e sapore; le porse la tazza bianca, mentre lui tenne quella nera, la sua preferita.
«Grazie» mormorò Edith sorridendo. Soffiò sulla bevanda prima di portarla alle labbra e di berne un sorso.
Improvvisamente le vibrò il telefono.
Lo prese e notò un messaggio da Edward.
«Si sta scusando»
«che ti ha scritto»
«che gli dispiace e che mi ama» le tremava la voce «che non riuscirebbe a vivere senza vedere i miei bellissimi occhi marroni»
Matty rise.
«quanti ragazzi ti hanno detto che avevi dei bellissimi occhi marroni?» le chiese.
«Beh, tutti i ragazzi con cui sono stata. Anche se sono solo occhi marroni, non so cosa ci possano trovare di bello» Matty scosse il capo continuando a ridacchiare.
«Lo sai, mi fa davvero girare i coglioni che dopo tutto questo tempo nessuno si sia mai disturbato per dirti che i tuoi occhi non sono marroni. Sono color rame dentro, si schiariscono verso l'esterno diventando miele e ho notato ora che se sono sotto la luce l'ultima fascia dell'iride è quasi color salvia. Sono così luminosi, e se piangi brillano. Eh già, me ne sono proprio accorto che avevi gli occhi lucidi quando ti ho incontrata.
Non sei semplice quanto vogliono farti credere»
Edith non sapeva che rispondere, continuò a fissare il suo riflesso nella tazza del tè e ne prese un altro sorso.
«Quante ragazze hai avuto per essere così poetico?»
«Nessuna» rise. Edith sgranò gli occhi incitandolo a spiegarsi meglio.
«Mi rende estremamente a disagio l'idra essere di qualcuno. Lo so che può sembrare stupido ma quando sono fidanzato mi sento oppresso, limitato. E io non voglio limiti.»
Edith sorrise, era esattamente quello il suo problema ma contrariamente a Matty lei di limiti ne aveva bisogno.
«È un punto di vista interessante»
Allen li interruppe iniziando a piangere e a graffiare con le unghie contro la porta della cucina.
«Posso aprire?»
«Non farlo avvicinare a me» rispose incerta e Matty se ne accorse. Allen entrò e gli saltò sulle gambe mentre Edith si era scostata più indietro con la sedia.
«come si chiama?»
«Allen. Allen Ginsberg»
Edith rise sonoramente, non credeva che qualcuno potesse seriamente chiamare un cane così. Matty la guardo mentre Allen continuava a leccargli le mani, e notò quanto fosse strana la risata di Edith, un po' troppo forte per un viso dolce come il suo. Vide che portava un guanto da motociclista alla mano sinistra.
«Perché hai quel guanto?»
«per nascondere la mia mano» rispose «è per questo che ho paura dei cani» continuò. Non sapeva esattamente perché gliel'avesse detto, portava quello scempio che aveva fin da quando aveva undici anni come una vergogna sul suo corpo.
Matty cacciò Allen via e lui andò senza protestare nella sua cuccia.
«mi dispiace»
«credo che dovrei andare, ci vediamo in giro Matty. So che c'è un'altra festa stasera, ci sarà anche Roxanne. É al plectrum. Verrai?»
«Si. Tanto ormai sono stato licenziato» rise.

 

 

AYEEE.
Povero Matty, ha perso il lavoro. E adesso come trova la voce? Io adoro Edith, la amo già, anche se è uscita solo in due capitoli. Spero che ci stia piacendo la storia e mi andava di dedicare il capitolo a Llem e Pi8f che ringrazio infinitamente  💕Al prossimo capitolo, vi adoro tutte 💙💙
E si quella all'inizio è proprio la sua faccia quando viene licenziato haha.

Qualcuno è andato al concerto? Così mi fa l'ennesimo resoconto ahah. Oggi è uscita "Girls talk Boys" dei 5SOS, la adoro, sentitela, addieu ♥

   
 
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