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Autore: LaTuM    16/07/2016    2 recensioni
C'erano cose che John non voleva dire a nessuno. E per una volta era certo che il suo segreto fosse al sicuro. Anche da Sherlock.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: SHERLOCK è della BBC.



Sherlock aveva sempre avuto il tempismo di scegliere i momenti più sbagliati per aprire bocca. E ancora una volta, dopo tutti questi anni, dopo le cose più pazzesche che erano capitate, le cose non erano poi così cambiate.


Non convenzionale



Per quanto mi veda costretto ad ammettere che le prove raccolte in questo campo non siano delle più numerose, non sono affatto convinto che questo si possa definire relazione” affermò Sherlock con il fiatone.

John non poteva negarlo, si aspettava che un giorno o l'altro Sherlock se ne sarebbe uscito con una constatazione simile. A dire il vero pensava l'avrebbe detto una sera a Baker Street, dopo una cena take away. Si era già immaginato il momento, loro che finivano di mangiare, John che rassettava i resti della cena buttando i cartocci in pattumiera (imprecando nel frattempo perché aveva trovato qualcosa di non meglio identificato in un frigoverre nel quale intendeva conservare gli avanzi) per poi mettere sul il tè mentre Sherlock dall'altra parte della stanza impugnava il suo violino e si voltava verso la finestra e iniziava a suonare una melodia triste. Lo avrebbe detto solo quando John sarebbe tornato con un vassoio e le due tazze di tè (già pronte e zuccherate con la giusta dose di latte), lo avrebbe fato con un tono greve che comunque non sarebbe andato a tradire le sue emozioni. Perché nonostante Sherlock si fosse lasciato andare negli ultimi tempi, nulla di ciò che riguardava loro due poteva definirsi una relazione convenzionale (di quelle da manuale descritte sulle riviste femminile della domenica che tendevano a omologare qualsiasi tipo di relazione e se questa non aveva tutte le caratteristiche elencate, allora non poteva definirsi tale), ma in effetti era proprio questo che rendeva il loro rapporto a dir poco unico. Non erano convenzionali, non lo erano mai stati né come amici né come... altro.

Ciò però non impedì a John di rimanere di sasso quando sentì Sherlock pronunciare quelle parole in un momento così poco adatto e così distante a come se l'era immaginato. John si fermò e guardò Sherlock finché questo non gli prestò attenzione.

John, mi pare alquanto inopportuno prendere la drastica scelta di fermarsi in un momento come questo.”

Tu magari potevi trovare un momento migliore per dirmelo! Mi sta passando la voglia di continuare...” borbottò John asciugandosi il sudore dalla fronte.

Sherlock sbuffò.

Ok, ne parliamo dopo, ora possiamo riprendere da dove ci eravamo interrotti? Non abbiamo tutto il tempo e qualcuno non ci aspetta di certo...”

Già...

Così John inghiottì il rospo e ricominciò a muoversi... certo, durante un inseguimento a piedi in pieno giorno e in pieno luglio non era esattamente il momento in cui il dottore si era aspettato che Sherlock gli dicesse una cosa simile, ma nonostante tutto, non poteva dire di non aver previsto che un giorno o l'altro dalle labbra del detective sarebbe uscita una frase simile.


*


Per due giorni Sherlock non tirò nuovamente in ballo l'argomento, quasi se ne fosse completamente dimenticato, visto che era preso dal caso (e dal post caso, che di solito includeva ramanzine da parte di Lestrade rincarate da quelle di Mycroft per aver agito in modo altamente irresponsabile, violando chissà quale legge, e che avrebbe dovuto intercedere per non fargli passare dei guai).

Questa volta però le cose andarono esattamente John le aveva immaginate: avevano finito di cenare e il dottore, dopo aver riassettato il tavolino dove avevano mangiato, stava versando dell'acqua calda (sì, anche in pieno luglio, ma per gli inglese non fa mai troppo caldo per una tazza di tè) nelle tazze mentre Sherlock iniziava a suonare una lenta e malinconica melodia con il suo violino. Fu solo quando John ebbe posato il vassoio con le loro tazze che Sherlock ripeté quanto gli aveva detto qualche giorno prima mentre stavano correndo sotto il sole in giro per Londra.

“E' singolare sentirti ammettere che non sei preparatissimo su un certo argomento” disse John divertito cercando di sdrammatizzare ma ricevendo come unica risposta un'occhiataccia da parte del detective.

Il dottore porse a Sherlock la tazza di tè, che accetto non appena mise il violino sul tavolo in mezzo alla stanza.

“Perché di punto in bianco ti è venuta in mente una cosa del genere?” domandò John paziente.

Sherlock scrollò le spalle.

“La gente parla” gli rispose, facendogli il verso.

John ridacchiò ma decise che doveva affrontare quella conversazione con molta calma per non mettere il detective sotto stress.

“Sherlock, effettivamente non c'è niente tra di noi che si possa definire una vera e propria relazione. E' una cosa di cui siamo consapevoli da tempo ed è una cosa solo nostra che molto probabilmente la gente non capirebbe.”

“Quindi non abbiamo una relazione? La vita che conduciamo non ci identifica come partner che hanno una relazione perché non ho mai detto quelle parole che renderebbero la cosa ufficiale?”

Il dottore si massaggiò la fronte, cercando di mettere a fuoco le parole di Sherlock e riflettendo su quale sarebbe stata la risposta più adatta da dargli.

“Sherlock, rispondimi sinceramente, la situazione in cui ci troviamo adesso e che tanto fa gongolare Mrs Hudson, ti mette a disagio?” chiese l'uomo ricevendo in cambio uno sguardo che rasentava un insulto schifato.

“Ok, come non detto” evidentemente non era quello il problema, checché Mycroft lo prendesse in giro, Sherlock non era uno sprovveduto spaventato da ciò che poteva essere il contatto fisico, era il coinvolgimento emotivo che lo spiazzava e John non aveva mai cercato di mettergli fretta perché lui stesso non ne sentiva il bisogno. Erano ad un punto tale della loro vita in cui le cose succedono e basta perché è inevitabile che sia così.

“Credo di non sentire ciò che ci si aspetterebbe. Non ciò che ci si aspetterebbe da me, perché da me nessuno si aspetta niente, ma in generale di solito le cose vanno diversamente...”

John non riuscì a non sorridere cercando di nascondere al tempo stesso il moto di tenerezza – e al tempo stesso di ilarità – che l'affermazione di Sherlock gli aveva suscitato.

“Lo so che non sei solito riflettere sui sentimenti – in effetti sarebbe spaventoso se iniziassi a farlo – ma le cose non sono sempre bianche o nere. Sei uno scienziato, vero, e posso comprendere che il concetto non sia del tutto scontato per te, comunque sia... i sentimenti, più nello specifico l'attaccamento a una persona – chiamalo amore, chiamalo affetto, chiamalo come vuoi - non è fatto di occhi a forma di cuore, farfalle nello stomaco – non in senso letterale” ci tenne a specificare immediatamente John vedendo l'espressione che si era dipinta sul volto del suo partner “o il cuore che ti batte all'impazzata ogni volta che solo pensi all'altra persona. Di solito una persona è fortunata se può dire di aver provato sensazioni simili una volta nella vita e, non per essere cinici – anche se starti così accanto ha un po' influito sul mio proverbiale ottimismo – ma normalmente quello è il modo di vivere l'amore – il primo amore – di un adolescente. E non lo dico per sminuirlo, anzi! L'amore che provi quando sei un teenager è totalizzante, devastante e ti sembra più grande di te, ti destabilizza completamente. Da adulti si ama in maniera più razionale. Si sa che quando si dice per sempre forse non sarà davvero per sempre, ma uno ci spera comunque. Si è consapevoli del mutare delle cose e del proprio io, ma ciò non vuol dire che se non sentiamo il cuore batterci fino a scoppiare non siamo affezionati all'altro. Possiamo anche non dirlo, ma i sentimenti che provi verso di me – qualunque essi siano anche se ne ho più di una mezza idea – sono tangibili. Lo sento dalle piccole cose. E anche in quelle grandi. Tu ci sei Sherlock e il solo fatto di esserci per una persona come te che ha sempre ripudiato qualsiasi tipo di legame con il prossimo e con una mente tale da far sentire Einstein un povero idiota... beh, per me è sufficiente. Non mi serve altro. E non vorrei altro. Sei Sherlock Holmes.”

Il detective annuì e distolse lo sguardo da John riprendendo a suonare il violino. Non c'era bisogno di sprecare altro fiato per dire cose non necessarie. John sapeva che Sherlock aveva poca familiarità con certi argomenti perché si era sempre chiuso a riccio, non gli aveva mai raccontato cosa era successo nella sua vita, non sapeva se aveva amato, se era stato amato, se aveva sofferto per un tradimento o una delusione. John era consapevole che la freddezza del detective era più una difesa dal dolore, che la sua freddezza in tema di sentimenti era l'unico modo che aveva per proteggersi da qualsiasi cosa sarebbe successa. Non era facile, probabilmente per nessuno dei due, ma a John andava bene così. Tutti dicevano che Sherlock aveva imparato molto da lui, ma dimenticavano che anche lui aveva imparato molto da Sherlock e così come lui, aveva imparato a difendersi. Perché il cuore non dovrebbe mai prendere decisioni al posto del cervello. Appurato questo, ogni tanto potevano premere entrambi il tasto pausa e lasciarsi andare a quel difetto chimico tanto biasimato – ma mai veramente disdegnato – da Sherlock.

E mentre il detective faceva aleggiare per la stanza le note di Mendelssohn che tanto amava, John si sedette in poltrona e si mise a sorseggiare la sua tazza di tè. Avrebbe potuto leggersi un libro, ma osservare Sherlock che suonava era molto più avvincente di qualunque romanzo. Perché, checché ne dicesse, a volte gli sembrava di essere tornato indietro di parecchi anni, quando era un teenager e sentiva le farfalle nello stomaco. Ma questo non l'avrebbe mai detto nessuno. E per una volta era certo che il suo segreto fosse al sicuro. Anche da Sherlock.



Note dell'autrice:


Avevo creato il documento con alcune parti di questa storia il 15 luglio del 2014... *guarda il calendario*

Ok, l'ho un filino tralasciata, ma alla fine l'ho ripresa in mano e l'ho finita. Meglio tardi che mai.

   
 
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