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Autore: OrenjiAka    18/07/2016    3 recensioni
[2255 words | Shinoa_centric | One Shot]
Essere una Hīragi ti priva dei piccoli piaceri della vita, Shinoa ha imparato a rinunciarvi a priori.
Ma anche un Hīragi, per quanto di irremovibili principi possa essere, rimane sempre un essere umano.
Come è successo per sua sorella Mahiru.
Vincitrice del premio Miglior Citazione al contest I fiori colorano il mondo (seconda edizione) indetto da Ayumu Okazaki sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mahiru Hīragi, Mitsuba Sangū, Shinoa Hīragi, Yūichirō Hyakuya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nickname su EFP e sul forum: OrenjiAka / TarAnemia.
Titolo: Shattered Memory Fragment.
Fandom: Owari No Seraph.
Personaggi: Shinoa Hīragi, i suoi compagni dell'unità di sterminio dei Vampiri, Mahiru Hīragi, Kureto Hīragi, Guren Ichinose, Shinya Hīragi.
Pairing: Nessuno.
Pacchetto + prompt scelti: Tulipano.
Introduzione: Essere una Hīragi ti priva dei piccoli piaceri della vita, Shinoa ha imparato a rinunciarvi a priori.
Ma anche un Hīragi, per quanto di irremovibili principi possa essere, rimane sempre un essere umano.
Come è successo per sua sorella Mahiru.

Note dell'autore: In fondo al testo.


Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
 

 

 
Shattered Memory Fragment
 
 
 
 

Mahiru l'ha portata via dalla magione Hīragi da molto piccola. Ha deciso di crescerla in un appartamento, uno abbastanza grande da ospitare una coppia o una piccola famiglia, anche se ci vivrà da sola.
Shinoa ascolta a bocca aperta gli insegnamenti che fluiscono dalla voce calda di sua sorella: deve essere indipendente e non aver bisogno di nessuno.
Così Shinoa Hīragi si è convertita alla religione della solitudine.

 
 ~΅~ 
 
Shinoa bussa alla porta. Quando si apre, la fulmina lo sguardo di chi vuole incontrare qualcuno solo se costretto.
«Buonasera, Mitsuba-chan! È stato così gentile da parte tua invitarmi per cena.»
«Shinoa, ti sei invitata da sola.»
Ci ripensa e sì, è proprio vero: si è autoinvitata. Indossa il suo miglior sorriso in repertorio: «Temevo soffrissi la solitudine.»
«Dacci un taglio!» la fa entrare lo stesso, perché Mitsuba sa di non essere abbastanza forte per dire di no al suo Take Away preferito. Gli occhi violacei hanno già puntato il logo stampato sul sacchetto casualmente in bella vista tra le mani di Shinoa. La bionda lo prende, soppesandolo accuratamente con lo sguardo.
«Sono Takoyaki.» è la voce di Shinoa a vaporizzare ogni dubbio.
«Io volevo il Ramen dell'altra volta!»
«Non puoi mangiare sempre e solo Ramen.»
«Sei insopportabile, i piatti li fai tu!»
Shinoa ballonzola in direzione della cucina: «La prossima volta invitiamo anche tutti gli altri».

 
 ~΅~ 

Shinoa ha  sperimentato diversi tipi di solitudine.
Nell'appartamento in cui ha passato la sua infanzia, era la stessa che si provava rimanendo isolati su una montagna.
Dopo l'apocalisse -dopo la morte di sua sorella, ha assunto una connotazione differente. La sofferenza le ha ustionato il cuore e una crosta di apatia e sarcasmo ha fatto da cicatrice.

Shinoa è sola in mezzo alla gente. Tra i requisiti di un buon Hīragi non c'è mai stato quello di socializzare, dopotutto.

 
 ~΅~ 

Mitsuba le fa sapere che Guren la vuole nel suo ufficio dopo pranzo. Shinoa coglie la palla al balzo e organizza un pic-nic abusivo in camera della bionda con tutti i compagni.
Non potevano fare una scelta migliore. O meglio, non poteva farla Shinoa. Quando ha proposto di far venire gli altri, Mitsuba si è messa a strillare come una gallina.
Kimizuki si presenta con un sacchetto della spesa. Un po' cucinando e un po' litigando con Yūichirō fa un pollo Teriyaki come non ne avevano mai visto prima: è alto, dorato, non finisce mai.
Una luce calda filtra dalla tapparella. Shinoa si siede e Yoichi le passa una birra. Nessuno di loro ha l'età legale per bere, il menefreghismo contraddistingue chi si può gloriare di essere sopravvissuto all'apocalisse e godere di un nuovo giorno in quel mondo dall’aspetto sempre più malaticcio.
Yūichirō mormora qualcosa a fior di labbra, Kimizuki si alza in piedi. Prima che finisca in una rissa è Shinoa a salvare la situazione: «Kimizuki-san, dove hai imparato a cucinare così?»
«Autodidatta.» solleva gli occhiali sul naso. Cerca di nasconderlo, ma gli piace ricevere complimenti. «Ho imparato a cucinare per me e mia sorella.» gorgoglia sul fatto che se non fosse per lui, i suoi compagni sarebbero morti di fame.
Shinoa però non lo sta più a sentire, la sua mente naviga altrove e sta galleggiando sui ricordi con Mahiru.
Non sa cucinare, la piccola Hīragi. Ma ha accumulato anni di esperienza con il cibo istantaneo.
Mahiru non le ha mai preparato nulla. Non l'ha mai portata a cena fuori né le ha mai fatto trovare un piatto caldo, un pranzo a sacco, un dolce da forno, un dessert, un intingolo o una stramaledetta gomma da masticare.
A tavola, Shinoa ride e scherza con i suoi compagni e si sforza di ricordare una scena simile con sua sorella, che però non c'è.
La sua mente si sofferma su tutte le cose che Mahiru non ha fatto per lei. Vivere, per esempio.
S'inventa che sta male -o che deve controllare se è uscito il nuovo numero della sua rivista porno preferita, ed è la prima a lasciare camera di Mitsuba.
La sente lamentarsi: «Tutto, pur di non fare i piatti».
A letto si chiede se per Mahiru è mai valsa qualcosa. Nel silenzio del suo cuore echeggia una domanda: se non lei che era sua sorella minore, chi altri?

 
 ~΅~ 

Mahiru entra nella sua camera con un libro dalla copertina colorata, poi si siede sul bordo del letto e comincia a raccontare. Shinoa la interrompe, quelle favole le conosce a menadito. «Inventane una!»
Vuole la storia di una principessa-guerriera che salva la sua sorellina dalle fauci di un terribile mostro con i denti aguzzi.
Sente la maggiore cominciare a parlare, quando capisce come sta andando la fiaba le si spezza il cuore. È la storia di un giovane della bassa società che dopo mille peripezie riesce ad avvicinarsi e a salvare la sua principessa.
Shinoa doveva saperlo che dentro di sé Mahiru sognava solo di stare col suo Guren.
La piccola Hīragi non ha mai avuto nessuno oltre sua sorella maggiore, e dopo la sua morte si è resa conto di non avere mai avuto nemmeno lei.

 
 ~΅~ 

Oltrepassata la soglia, Shinoa strozza una risata all'altezza della gola, esce solo un "pfff" soffocato.
Shinya poggia un dito sulle labbra, la intima al silenzio. Con l'altra mano torna a disegnare dei grossi mustacchi sul volto dormiente del tenente colonnello.
Guren è lì, accasciato sulla poltrona del suo ufficio, inerme nelle mani di Shinya che stufo della Latte Art si improvvisa artista sulla sua faccia.
Sentirlo russare è troppo, stavolta Shinoa non riesce a trattenersi e scoppia in una fragorosa risata.
Guren apre gli occhi, gli basta poco per capire che cosa è successo. Dove "poco" significa "Shinya che ha ancora il pennarello in mano e che non la smette di sbellicarsi dalle risate".
Lo rincorre per l'ufficio biascicando qualche insulto smozzicato, dopo avere saldato i conti in un paio di baffoni da gatto sulle guance del compagno, si rivolge a Shinoa: il rapporto che doveva fare a lui adesso è da fare ai piani alti.
«Novità?», Shinoa è insospettita.
«Non saprei, hai combinato qualche pasticcio ultimamente?»

 
 ~΅~ 

«La piccola pirata approdò sull'isola in cerca di viveri e acqua, non sospettava minimamente di essere seguita da un gigante con un occhio di bronzo!»
Quella notte Mahiru opta per un racconto d'avventura: non ci sono sorelle minori, ma almeno non ci sono neanche principi indesiderati.
«Il gigante, che aveva ucciso e devastato per decenni su quell'isola, voleva artigliare con le sue grinfie d'avorio biancastro la nostra eroina per farla fritta con i broccoli in pastella.»
Shinoa si nasconde sotto le lenzuola, nulla teme più dei broccoli.
«La pirata trovò una caverna: era sicuramente il covo di qualche corsaro, piena di cibarie e tesori. In quel momento entrò il gigante che la mise con le spalle al muro. La piccola pirata tirò fuori il suo pugnale dentato e combatté con tutte le sue forze. L'avversario, sfinito, cadde in ginocchio. Così la pirata si avvicinò e…»
«E gli disse: "Diventa mio amico!"» la minore si rizza a sedere sul letto in una piccola esplosione di entusiasmo.

 
 ~΅~ 

Shinoa stringe i pugni per non far vedere le dita tremare, non serve a un granché.
Aoi molla la penna con cui stava stenografando il rapporto, lo passa a Kureto.
Le dita affusolate, rivestite dai guanti nivei catturano il foglio di carta e lo esaminano con perizia. Gli occhi scuri come il bronzo scorrono sulle righe, poi si spostano su Shinoa e rimangono a scrutarla per una discreta manciata di secondi.
Una strana luce attraversa il suo sguardo e lei sente i muscoli irrigidirsi in un unico brivido lungo la spina dorsale.
«Puoi andare», è tutto quello che dice.
Shinoa non chiede a cosa sia servito convocarla nell'ufficio del Generale, non perde tempo per una battuta sarcastica di quelle che adora fare. Con un mezzo inchino saluta e arranca in direzione dell'uscita.
Si addentra tra i corridoi solitari che si inerpicano lungo l'edificio e raggiunge camera sua. Corre in bagno e sciacqua il viso, lo stomaco si contrae in uno spasmo. Le dita non smettono di tremare. Chiede soccorso a una memoria frastornata, che le restituisce il ricordo di un abbraccio caldo da sua sorella maggiore.
Non basta, non può resistere un secondo di più.

 
 ~΅~ 

«E gli disse: "Diventa mio amico!"»
Vi è un breve susseguirsi di secondi in cui entrambe rimangono in silenzio.
Mahiru si oppone a una simile assurdità: «Ma no, è pur sempre il nemico!»
«La pirata non può navigare sempre da sola», ribatte la piccola.
«La solitudine non è una cosa cattiva.»
Shinoa ancora non conosce quella parola,"solitudine".
Sul viso della maggiore appare un sorriso sghembo: «Vieni qui.»
La piccola esce dalle lenzuola e si accoccola tra le braccia accoglienti di Mahiru. Sente il calore di una mano accarezzarle la testa: «Arriverà un momento in cui troverai una persona a cui vorrai così tanto bene da fidarti ciecamente.» abbassa lo sguardo per incontrare gli occhi grandi di Shinoa. «Ma perché rischiare?»
La minore si smarrisce in un mare di significati che è troppo piccola per comprendere.
«Chi non si fida non verrà mai ingannato.» spiega semplicemente. «Devi imparare a rimanere sola, o finirai per stare con gli altri perché ne hai bisogno. Fidarsi è già farsi uccidere un po'.»
aggiunge con un sorriso serafico, decisamente inadeguato per un’affermazione del genere. Le stampa un bacio sulla fronte e le dà la buonanotte.
Mahiru ha imparato a non fidarsi dell'umanità: conosce se stessa, le basta.
«Io mi fido di Nee-san.» Shinoa ha un tono di voce troppo sottile per essere percepito. La figura di sua sorella scompare dietro la porta.
Quella discussione le ha lasciato ancora un dubbio: «Che significa "solitudine"?»
Nessuno risponde.

 
 ~΅~ 

Mitsuba risponde alla porta: «Se continuate a bussare in questo modo mi sfonderete l'ingresso!»
Come apre, il sorriso più insopportabile che abbia mai conosciuto fionda in camera sua.
«Shinoa!»
«Buongiorno, Mitsuba-chan!»
«Non puoi venire qui quando ti pare e piace, non è casa tua!»
«Stai troppo tempo da sola.»
«Non è una cosa che puoi decidere−» ed è lì che la bionda vede occhi gonfi e guance ancora rosse. Shinoa sorride in un'espressione amara e vuota, nemmeno si è accorta di quanto sia evidente che abbia pianto.
Mitsuba ha imparato delle cose nella Compagnia Demoniaca Della Luna, per esempio che ci sono situazioni in cui bisogna saper prendere la scelta giusta. «Sto chiamando gli altri, sei a cena da me stasera».
Shinoa ad un tratto si sente un po' meno sola.
In pochi minuti la camera di Mitsuba risuona di chiasso, risate e un delizioso profumo di frittata pervade l'ambiente. Sentire Yūichirō e Kimizuki litigare non è mai stato così piacevole.
Shinoa è sazia e decide di prendere una boccata l'aria. Sul balcone pensa a Mahiru.

 
 ~΅~ 

«Devi imparare a rimanere sola, o finirai per stare con gli altri perché ne hai bisogno. Fidarsi è già farsi uccidere un po'».
Sua sorella aveva stramaledettamente ragione.
Aveva ragione perché lei non si era fatta alcun amico, e non aveva nulla da perdere. Era arrivata in alto dove nessuno, nemmeno un Hīragi era mai arrivato.
Peccato che non fosse brava a seguire i suoi stessi consigli, aveva aperto il suo cuore ad una sola persona ed era stata quella a ucciderla.

 
 ~΅~ 

Il lento scorrere dei ricordi è interrotto da una voce calda.
«Ohi», è Yūichirō. «Tutto a posto?»
Shinoa pensa a molte risposte, ma darne una qualunque significa perdere lo scudo di apatia che l'ha protetta da sempre. Risponde con un cenno.
Il moro poggia entrambe le mani sulla parte più estrema della balaustra: «Sembri stanca».
Un ghigno si increspa sulle sue labbra: «Essere a capo di un'unità come la nostra è sfiancante».
«Ti pareva.»
«Siete terribili.» esala con far tragico.
«Finiscila!»
Ridacchia impercettibilmente, un po' perché le piace stuzzicare Yūichirō, un po' perché è riuscita a cambiare argomento.
«Però dico sul serio, sembri stanca». Come non detto. «Se è qualcosa che vuoi tenere per te, so' fatti tuoi. Ma se ti va di parlare… » emette un sospiro. «Voglio dire, io non sono bravo con questo genere di cose, ma magari qualcun altro sì.» è a quel punto che le parole si impastano come la frittata di Kimizuki.
«Yuu-san, non starai provando a dichiararti?»
«La vuoi smettere?!» il viso gli diventa rosso come un peperone. «Sto solo cercando di preoccuparmi per la mia famiglia, chiaro?!»
La risata di Shinoa si congela, incerta di quello che le sue orecchie hanno appena sentito.
Alle sue spalle, il sommesso vociare  dei compagni che esplodono in una fragorosa risata la riporta alla realtà.
«Yuu-san!» lo deve aver chiamato con un po' troppo entusiasmo, perché lo vede sobbalzare.
«Pensa in questo momento a quanto ami la tua famiglia; non ti chiedo di amarla sempre così, ma ti chiedo di ricordare.» il parlare e l'essere ascoltata l'avevano scaldata dentro.
Yūichirō è sbigottito, la guarda a bocca aperta. Si riprende solo quando riconosce la figura del tenente colonnello tra quelle degli altri colleghi della Jida di sotto e corre in cucina per tirargli addosso un intruglio fatale di uova e farina. Guren è così furioso che si arrampica sulla grondaia solo per pestare quel surrogato di figlio adottivo che ha con sé.
L'odore di frittata cattura anche lui e già che c'è si ferma per cena, invitando gli amici a salire.
Shinya, quando vede Shinoa, le accarezza la testolina amichevolmente.
Da qualche parte in questo mondo ci sarà sempre una Shinoa che può provare, almeno nascosta dentro di sé, il calore di una famiglia.
 
 
 
 
 


NdA: Non avrei mai pensato di scrivere una storia su Shinoa Hīragi perché di quel gruppo sono decisamente persa per Mika e Yuu ma se volevo partecipare al contest proprio non si poteva fare, eh. Si tratta di un personaggio emblematico, ride e scherza per quasi tutta la prima stagione tralasciando passare piccoli scorci di un passato cupo, di cui il primo assaggio è sicuramente la battuta su sua sorella maggiore che aveva un seno enorme.

È su questi contrasti presente-passato che ho deciso di montare la mia fan fiction. Lo avrete già notato, ma i vari spezzoni sono tutti collegati tra loro:
- il primo flashback riguarda il rimanere soli, nel paragrafo successivo Shinoa si rifugia dalla solitudine in camera di Mitsuba;
- il secondo flashback segue la stessa logica;
- il pranzo con i compagni si conclude con Shinoa che va a letto per riflettere, si apre così il terzo flashback ambientato nella sua camera da letto;
- dopo avere citato Guren nel flashback, il tenente colonnello appare sulla scena;
- la descrizione del mostro cattivo nella fiaba di Mahiru ha punti in comune con la descrizione di Kureto nella scena successiva;
- Shinoa cerca di ricordare sua sorella che l'abbraccia e la scena viene proposta nel flashback successivo;
- le righe spese su Mahiru che fidandosi ha firmato la sua condanna sono in contrasto con quelle dove Shinoa, fidandosi, lascia perdere quei consigli che l'avevano fatta stare male.

Il titolo significa: "Frammenti di una memoria spezzata", come gli spezzoni di flashback distribuiti lungo tutto il testo.
  
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