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Autore: Tony Stark    19/07/2016    3 recensioni
Se tu scruterai a lungo nell'abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cavaliere Artorias
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The tales of Fallen Hero'
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Nota di pre-storia: Le parti scritte a destra sono i pensieri del personaggio, le parti centrali sono discorso diretto.

The Call of the Abyss

Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te.
Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, 1886’
 
Nulla.
Fu la prima cosa che pensai guardando quello che mi circondava.
Vuoto.
Intorno a me non c’era nulla, nemmeno la più piccola traccia di qualcosa di tangibile… solo una completa e totale…
Oscurità
Sembrava essere quasi solida… no, liquida. Come un denso liquido viscoso che mi sommergeva lentamente senza che potessi fare nulla, mi sentivo come se fossi… paralizzato.
Uccidili
Una voce risuonò rombante in quell’oscurità liquida. Chi? Chi avrei dovuto uccidere?… E perché?
L’oscurità si strinse come una morsa… Come se vi fossero centinaia di mani fredde che si aggrappavano a me nel tentativo di trascinarmi con loro…


Qualunque cosa fossero… qualunque cosa stesse succedendo, non potevo, non potevo lasciare che mi sovrastasse senza far niente.
L’oscurità si era fatta ancora più densa, sentivo il suo peso, la sentivo stringersi assieme a quelle mani. Tirarmi… Soffocarmi.
Uccidili
Ancora quella voce nel buio che sembrava venire da ogni parte.
Sentii l’oscurità che mi circondava farsi più pressante, come fosse cosciente…
Mi agitai in quella presa, in quella morsa, soffocante. Ma in quel momento il peso della mia armatura sembrava agevolarla, aiutare l’oscurità e quelle mani fredde a tirarmi giù con loro.


Stavo soffocando.
Stavo annegando in quelle tenebre liquide, non riuscivo a liberarmi da loro, a risalire. Nella speranza di incontrare una luce… o qualsiasi altra cosa che dissipasse questa oscurità.
Uccidili...Artorias, Uccidili.
L’oscurità mi lasciò andare e la presa di quelle mani gelide con lei.
Poco distante da me, un bagliore.
Vi corsi incontro, camminando su una lastra solida… forse era roccia, forse era semplicemente ombra.
Lì, steso su quell’oscurità solida, vi era il mio spadone. Avrei riconosciuto la sua lama argentea fra mille.


Rapidamente prima che quell’oscurità vivente cercasse di afferrarmi di nuovo lo raccolsi e, stringendo saldamente l’impugnatura con la sinistra, mi preparai ad eliminare qualunque cosa cercasse di tirarmi di nuovo in quel buio soffocante.


Riuscivo ancora a sentirlo addosso, oleoso e allo stesso tempo quasi appiccicoso. Come se mi colasse lento addosso lasciando una scia del suo passaggio. Una scia fangosa che non voleva levarsi dalla mia pelle e nemmeno dalla mia armatura.


Vidi una, due… tre ombre traslucide, circondate da un alone biancastro. Uscire da quel buio che mi circondava.
Avevano due squarci bianchi per occhi e mi fissavano con fare vacuo.

< Voi, Bestie dell’Abisso. Vi fermerò, vi rispedirò nell’oscurità da cui provenite! >
Non so se l’avessi detto davvero o l’avessi pensato con tanta sicurezza da sentirlo come se avessi pronunciato quelle parole.
Uccidili, Artorias. Uccidili
Mai fui più d’accordo con quella voce rombante. Li avrei uccisi con piacere, avrei rispedito quegli esseri oscuri nel luogo da cui provenivano.


Sollevai lo spadone e mi lanciai contro la prima ombra traslucida, la più piccola delle tre e anche quella più vicina col braccio proteso verso di me.


Uno squarcio bianco si aprì, poco sotto i due che gli facevano da occhi, come fosse una bocca. Aperta in un grido grottesco.
< Artorias… >
Ululò l’ombra. Sembrava quasi disperata.
Quello stesso squarcio bianco si aprì nelle altre due figure ed entrambi ulularono il mio nome con quello stesso tono della più piccola.


Feci volteggiare la pesante lama nell'aria. Per poi calarla con un fendente obliquo dritto contro l’essere traslucido. La seconda ombra si lanciò davanti alla prima, quella che stavo per colpire. La lama stridette contro quella figura, come se fosse protetta da un armatura o qualcosa di simile.
Uccidili, Uccidili, Uccidili
La voce si era fatta insistente, ruggente, non sembrava più provenire dalle ombre. Non sembrava provenire da nessuna parte, sembrava che stesse gridando nella mia testa. Come un un ululato insistente… Un ringhio.
< Basta! Smettila di urlare! >
Faceva male, oh, così tanto male. Ma la voce continuava, ruggiva.. ruggiva.
Uccidili, Uccidili, Uccidili
Lo spadone mi scivolò di mano, mentre scivolavo in ginocchio su quella tenebra solida. La mia testa… mi stava uccidendo…
< Basta! Basta! Sta zitto! >
Non m’interessava se quelle ombre mi avessero preso. Non m’importava più di nulla, volevo solo che quella voce smettesse di urlare nella mia testa.
< Artorias… >
Ululò ancora una delle ombre. Si erano fatti più vicini. Mi stavano circondando.
E quella voce continuava a ringhiare sempre più impaziente. Ringhiava, ruggiva… urlava in un coro stridulo di voci deformi. Demoniache.


L’oscurità aveva cominciato a farsi di nuovo liquida, la sentivo colarmi addosso. Oleosa, viscida. Un untuoso fango nero che stava colando, da qualche parte sopra di me. Scivolando sulla mia armatura, strisciando il metallo lucido con delle linee nere.


E la voce continuava… continuava… continuava…
< Smettila! Smettila! >
Le ombre si avvicinavano. La più alta si era chinata, quasi volesse abbassarsi al mio livello per guardarmi negli occhi.
 
Uccidili, Artorias, Uccidili
Doveva smetterla… Doveva smetterla! Non riuscivo più a sopportare quel coro infernale nella mia testa.


L’ombra più piccola era la più vicina e stava allungando il braccio, informe più simile a una striscia di nero circondato da un alone bianco che ad un braccio vero e proprio, verso di me.
< Sta lontana, creatura dell’Abisso! Sta lontana! >
< Artorias… >
Ululò la creatura in risposta al mio grido disperato.


La voce ringhiava tremenda. Continuando a gridarmi di uccidere quelle ombre. Non capendo che era proprio lei ad impedirmi di muovermi.


L’oscurità continuava a colarmi addosso, viscida. Un fango nero e oleoso che scivolava sulla mia armatura, colava impregnando col suo nero corrotto la stoffa blu del mio elmo.


Le ombre mi erano ormai vicinissime.
< No, no, no… State lontani, state lontani! >


Cosa avrebbero pensato Ornstein, Gough e Ciaran se mi avessero visto ora? Incapace persino di difendermi, bloccato nelle profondità di un abisso oscuro. Con una voce che mi urlava nella testa…
L’abisso era riuscito a farmi impazzire a tal punto?


Non so perché, forse disperazione, forse un pizzico di isteria dovuta alla certezza di una morte disonorevole o forse era semplice follia, ma tutta quella situazione mi parve in qualche maniera ‘divertente’… Io, Il camminatore dell’Abisso… ridotto a questo, a un pazzo incapace di resistere ad una voce nella sua testa. Incapace di difendersi da delle ombre che normalmente avrebbe eliminato senza alcuna difficoltà.


Mi lasciai sfuggire una bassa risatina isterica, senza nemmeno rendermene conto. Ma tanto… che altro potevo fare? Il mio spadone era da qualche parte, irraggiungibile, la voce nella mia testa mi causava tanto ma così tanto di quel dolore da impedirmi persino di muovermi… E quelle ombre si erano fatte vicinissime.


Le vidi fermarsi. Come confuse.
< Artorias…? >
Le loro voci erano più consistenti, meno eteree di qualche minuto fa.


Un’altra risatina isterica sfuggì dalle mie labbra… non riuscivo a fare altro. La situazione presa in un altra ottica era davvero, davvero ilare… Il più coraggioso, il più forte dei quattro ridotto ad un povero pazzo disarmato.


L’ombra di mezzo che era solo più alta di quella più piccola. Si avvicinò a me.


Ora quasi non vedevo nemmeno loro. Quell’oscurità liquida era colata fin dentro il mio elmo. E poco importava che tentassi di toglierla e di pulirmi gli occhi per vedere qualcosa peggioravo solamente la situazione.

< Artorias! >
La voce di quell’ombra… sembrava quasi quella del Capitano Ornstein.


L’Abisso stava giocando tanto coi miei sensi da farmi sentire la voce del capitano piuttosto che l’ululato atono che quella cosa aveva certamente emesso?

 
< Artorias… >
L’ombra traslucida(l’umanità gigante o quel che era) poggiò la sua mano sulla mia spalla. Avrebbe dovuto trapassarmi non essendo materiale. Ma invece la sentì, sentì il peso della sua mano sulla mia spalla.


Non riuscivo più a vederli, quella disgustosa fanghiglia nera mi aveva accecato. La sentivo colare lungo i lati dell’elmo, oleosa e viscida.
< Lasciami, qualunque cosa tu sia, lasciami! >
Gridai, provai ad indietreggiare ma l’ombra gigante mi aveva bloccato.
< No! Lasciatemi, lasciatemi! Maledette bestie abissali, lasciatemi! >
Cercai di divincolarmi da quella presa. Ma l’ombra gigante era forte.
< Artorias, calmati. Siamo noi. >
L’ombra più piccola aveva parlato, la sua voce ora somigliava a quella di Ciaran.
Maledetto Abisso, poteva provare ad ingannarmi con qualunque cosa. Ma non con lei… non con lei!


L’ombra con la voce di Ciaran si era avvicinata, avevo sentito i suoi passi-com'era possibile? Quelle ombre non camminavano-, mentre ancora tentavo di divincolarmi da quella presa ferrea.

 
< Va tutto bene, Artorias. Siamo noi. Sta tranquillo. >
Il tono di Ciaran… No, dell’ombra con la sua voce, era così caldo da essere tranquillizzante.
La voce nella mia testa si era zittita e speravo che questo fosse un bene.
Forse sarebbe finita. Forse se mi fossi arreso sarebbe finita.


Smisi di combattere quella presa, lasciandomi trattenere mollemente da questa. Non sapevo cosa mi succedeva intorno, non riuscivo a vederli.
< Così, Artorias. Tranquillo. Siamo noi >
Quella era la voce di Ciaran… non era un illusione… Ne ero sicuro. Adesso. Ne ero sicuro!


L’oscurità che mi aveva accecato scomparve lenta, come se stesse sfumando. E le ombre, presero pian piano dei contorni sempre più definiti.
Vidi Ciaran al mio fianco e il Capitano Ornstein che era appena più lontano di lei, dietro di lui il mio spadone giaceva a terra. E Gough doveva essere stato lui ad avermi bloccato.


Quell’oscurità non c’era più. Eravamo ad Anor Londo. Al sicuro, lontani dall’Abisso, nella città degli dei.

 
< Non posso resistere all’Abisso ancora a lungo >
Era una costatazione detta con un filo di voce la mia. Ma sia il Capitano che Ciaran la sentirono chiaramente.


 
< E non dovrai, l’Abisso non è più una minaccia, Artorias. Non dovrai più metterci piede >
Ornstein ne era sembrato certo. Lo aveva detto col suo tono fermo e… sicuro.




Non sapeva di certo che di li a poco avrei ricevuto l’ordine, diretto di Lord Gwyn, di andare a difendere la città di Oolacile dall’Abisso.


Non sapeva che la mia ultima battaglia era ormai prossima… Una battaglia che avrei perso… e già, già questo lo sapevo.




























 
   
 
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