Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Chemical Lady    20/07/2016    2 recensioni
"La tradizione vuole che i soldati che muoiono oltre le Mura diventino stelle" aveva iniziato lui con quel suo tono che aveva un che autoritario anche mentre suonava rassicurante, facendole alzare gli occhi sulla volta celeste con un cenno. "Il loro ardore non smetterà mai di risplendere e illuminare il cammino di coloro che verranno dopo. Per ogni vita che si spezza, si accende una luce."
Lei sapeva che quello era un contentino, una storia per bambini, ma per il cielo, la forza che le aveva dato quel discorso l'aveva rinvigorita. Suo fratello sembrava crederci sinceramente. Una tradizione della Legione, della loro gente, di quelle persone che conoscevano il dilaniante dolore della perdita come lo conosceva lei. Nina non aveva mai capito cosa significasse davvero appartenere a qualcosa, prima di tornare dalla sua prima missione e scorgere sul volto dei compagni lo stessa amarezza che provava lei. Ma anche la stessa forte determinazione nel voler davvero credere che, quelle luci, non si sarebbero mai spente o avrebbero smesso di vegliare.
[[ Levi x OC || Un sacco di OC, like un sacco davvero]]
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hanji, Zoe, Irvin, Smith, Levi, Ackerman, Nuovo, personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Wenn die Sterne leuchten.

 

 

 

 

Prologo.

 

Kuroi namida nagashi sakendemo

Shiranu kao de ashita wa kite

 

Anno 846

Un anno dopo il crollo del Wall Maria.

 

La landa di fronte al suo sguardo si perdeva verso il tramonto, increspandosi solamente laddove le cime degli alberi spezzavano il confine tra cielo e terra.

Nina non riusciva a smettere di pensare a quanto vasto e bello fosse il mondo aldilà di quelle alte mura grigie e spente, di quanto fosse meraviglioso e indomabile, selvaggio. Unico.

Persino in quel momento, seduta sul ramo di un albero, con qualche costola incrinata, messa innanzi alla certezza che non sarebbe mai tornata a casa, non riusciva comunque ad odiare la decisione che aveva preso, unendosi alla Legione Esplorativa.

 

L’inizio della 32esima missione oltre le mura era stato come  quello di ogni altra missione. Ultimamente, dopo il crollo del Wall Maria, c’era addirittura stato un incremento dei permessi per uscire, al fine di trovare un modo utile per ottemperare al nuovo obbiettivo imposto alla Legione di Ricerca; se alla nascita, questo corpo scelto di coraggiosi soldati aveva come fine ultimo quello di scoprire la vera natura che stava dietro ai giganti, adesso la priorità era diventata quella di trovare un modo per riconquistare i territori perduti, riducendo al minimo le perdite umane. 

Detta così pareva semplice, ma, come è logico pensare, non lo era: il numero dei morti si accumulava nonostante gli sforzi e quella volta la Fortuna aveva voltato le spalle proprio a lei.

Dopo tre anni di missioni, soddisfazioni, meriti, era arrivata la resa dei conti. Nina era in pace con se stessa, perché nonostante la paura che provava, sapeva che qualsiasi cosa sarebbe successa di lì in avanti, non sarebbe dipesa da lei.

La sua era diventata una sfida aperta col Fato e nonostante fosse molto giovane, sapeva che era difficile battere un avversario così abile.

Fece mente locale della situazione in cui si trovava, pensando attentamente a cosa poteva fare per andare avanti: si trovava ad almeno un’ora a cavallo dal campo base che il comandante Erwin aveva allestito. La sua squadra, quella che faceva testa al Capitano Andrej Sankov, era stata completamente annientata mentre espletava alla sua missione ricognitiva sul fianco sinistro dell’avanguardia. Persino Sankov era caduto, stroncato da un’emorragia che lei non era riuscita a fermare. Non che fosse la prima volta; quando si era arruolata nell’esercito, aveva già preso in considerazione l’idea di diventare il medico di campo, ma dopo aver vissuto la prima missione, come recluta diciassettenne, e dopo aver visto l’orrore e il dolore dei feriti, la specializzazione presso il cerusico militare di Trost era diventata praticamente un obbligo morale verso i suoi commilitoni.

Era brava, attenta. Meritava il giglio rosso ricamato sulla fascetta bianca che teneva sul braccio sinistro, simbolo della gilda dei guaritori. Erwin lo diceva sempre che aveva proprio la stoffa –e tristemente, la scrittura- di un dottore in medicina.

Però  la bravura non serve a molto, oltre le mura.

La fatica di trascinare Sankov fra gli alberi, i tentativi di fermare l’emorragia con le cinghie dell’equipaggiamento dell’uomo, ormai inutilizzabile…. Tutto era stato vano. Sankov era morto valorosamente, combattendo un nemico imponente. Tutti erano morti, per la causa in cui credevano e lei non poteva nemmeno riportare quel poco che rimaneva di loro a casa.

Erano usciti fuori tracciato, a causa di un gruppo di otto giganti che si erano ritrovati davanti durante la ronda. Mai visti così tanti tutti insieme. Avevano perso Ravenstein mentre cercavano di abbatterli al centro di un campo, senza possibilità di sfruttare a pieno le potenzialità del movimento tridimensionale. Due giganti a terra e altri quattro in arrivo, verso di loro. Un gruppo di nove persone, ora otto, che cercava di battere in potenza e velocità quei titani assetati di sangue.

Nina ne aveva buttati giù ben tre, un record personale,  prima di essere colpita alla schiena da una manata accidentale, provocata dalla caduta a terra di un gigante ucciso da Reinolds. Era caduta, sbattendo forte contro al carretto con le costole e aveva perso i sensi. Non sapeva dire per quanto tempo era rimasta così, stesa sull’erba bassa, accanto al carro in legno da cui i cavalli erano stati sbrigliati.

Quando si era destata, però, ad attenderla non c’era più nessuno. Nessun gigante, nessun compagno. Reinolds, Jutah, Baumann, Kalhaf, Ravenstein, Fisher e Tulak. Morti, a pezzi, sparsi come petali di rosa per la piana circostante.

Nina aveva osservato quella scena, certa che non se la sarebbe mai levata dalla mente e si era alzata in piedi, reggendosi con la mano al carretto, mentre con l’altra si teneva il busto che rimandava delle fitte lancinanti a seconda dei movimenti. Non era riuscita a trattenere qualche lacrima al pensiero che non solo aveva perso i suoi compagni, ma che non avevano segnalato il loro cambio di rotta e che, quindi, li stavano di certo cercando da tutt’altra parte.

Fu in quel momento, quando tutto sembrava perduto, che udii un lamento. Il Capitano era vivo. Portò la sua attenzione su di lui e dopo aver constatato che non era in sé, l’aveva trascinato per duecento metri in mezzo al nulla, col terrore di essere vista o sentita da un gigante, fino alla vegetazione fitta del boschetto. Lì aveva provato di tutto, fallendo.

Ritrovandosi da sola, senza un cavallo e con il gas necessario forse a fare ancora qualche rapida azione, se riusciva ad essere parsimoniosa.

Smise di scribacchiare sul quadernino che portava sempre con sé nella tasca posteriore dei pantaloni chiari, alzando lo sguardo verso l’ovest, la direzione da cui erano venuti.

Laddove il sole andava a morire.

 Non normale per lei scrivere. Su quelle pagine leggermente ingiallite dall’usura e dalle molte volte che aveva preso la pioggia sui bordi, lei soleva disegnare. Parti anatomiche, sezioni mediche, magari qualche appunto su una particolare erba medicale o esperimento portato avanti insieme al Capo Squadra Hanji, ma non aveva mai tenuto un diario. In quel momento, però, rischiava di non tornare a casa. Rischiava di non poter dire addio a nessuno.

Ne ai suoi genitori, ne a suo fratello.

A nessuno del Corpo di Ricerca.

Nemmeno a Levi.

Voleva quindi rendere le sue ultime parole tangibili, vere. Se avessero ritrovato quel misero artefatto, almeno non sarebbe morta in silenzio come tanti altri dispersi.

Con un sospiro lento e una lacrima che premeva per scorrere come una debolezza sulla sua guancia, la ragazza si rialzò, sistemando il quaderno, tenuto fissato alla cinta da una cordicella, nella tasca. Poi guardò in basso, sotto di sé.

Sarebbe stata una lunga marcia e forse di lei sarebbero rimaste solo quelle poche parole scarabocchiate con una scrittura ardua da decifrare, ma ci avrebbe provato veramente.

Il campo base era laggiù, da qualche parte, laddove l’orizzonte baciava gli alberi.  Ci avrebbe provato, avrebbe venduto a casa la pelle. Non voleva morire.

Mancavano dieci giorni ai suoi vent’anni e aveva intenzione di festeggiarli.

 

 

Continua…

 

 

 

NdA:

Non ho idea di cosa io stia facendo, ne del motivo per cui mi sono messa a scrivere alle tre del mattino.

L’idea di questo OC mi è balenata nel cervelletto bacato per puro caso e visto che quando mi fisso non riesco a non scrivere senza avere un blocco su qualsiasi altro tema, ho pensato di provarci.

Non posso avere un blocco in piena scrittura della tesi, non sarebbe carino.

 

Un paio di informazioni velocissime sulla storia, che cercherò di tenere corto per non annoiare nessuno.

 

Prima di tutto, potrebbero esserci degli accomodamenti nella trama generale di SnK. Cose da poco, soprattutto sulla vita di un personaggio che adesso ho deciso di non spoilerarvi. Non intendo però uscire dai binari base della storia del manga e dell’anime.

 

Nina Müller è un personaggio di mia invenzione e su di lei scoprirete qualcosa in più andando avanti. Ovviamente la coppia è con Levi, che domanda. Nonostante il mio cuore da Ereri, io mi diverto davvero da morire a creare nuovi personaggi, non posso farci niente. Questa storia è ambientata dopo la presa di Shigashina, ma prima del ritrovamento del diario di Ilse Langnar, dalla quale potrebbe sembrare che io abbia preso ispirazione…

… Non è esattamente così e solo andando avanti capirete il perché.

 

Sono contraria alle Mary Sue quindi Nina le prenderà un po’ da tutte le parti, ma si sa che la fortuna aiuta gli audaci.

 

L’inserimento del medico militare è una mia invenzione di sana pianta, così come la fascetta rossa con disegnato sopra il giglio rosso. Dovevo pensare a un escamotage un po’ medievale che potesse compensare una croce e la scelta è caduta su uno dei simboli più banali riscontrabili nella medievalistica. Però va detto, che ha classe.

 

Davvero, nessuno si è mai chiesto perché non ci sono dei dottori qui??

 

La canzone citata all’inizio è ‘Kuroi Namida’, tratta dal soundtrack dell’anima Nana (https://www.youtube.com/watch?v=_wxoPZijXU0 ) . Del quale io abuserò, vi avverto.

Il titolo invece, tradotto, signirica ‘Quando le Stelle Brillano’. Banalità orrenda in italiano, molto figo in tedesco. Il motivo della scelta? Rivedetevi gli OAV sulla nascita di Levi e ascoltate bene le canzoni ;)

 

Ringrazio chiunque sia arrivato sino qui a leggere.

Ringrazierò il doppio chi avrà anche il buon cuore di darmi una piccola opinione, mi piace trovare un riscontro con i lettori, ma EFP ormai è diventato un po’ desertico.

Speriamo nel bene.

 

Spero di postare il prima possibile il seguito!

Buonanotte o buongiorno (?) a tutti!

C.L

 

  
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