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Autore: Nykyo    20/07/2016    2 recensioni
Dorian amava la biblioteca di Skyhold. A volte si infuriava, trovandola caotica e disordinata, e faceva il possibile per rimediare, ma quell’angolo del castello era di gran lunga il suo preferito, anche perché era un ottimo “punto di vedetta”. Un luogo di passaggio per gli agenti dell’Inquisizione, per gli studiosi o per i maghi come lui in cerca di testi specifici, così come per le spie che si recavano a fare rapporto e, naturalmente, per l’Inquisitore. Lavellan spesso andava a trovarlo o percorreva svelto, quasi trottando, la balconata circolare, diretto al piano di sopra alla voliera per consultarsi con Leliana e affidare un messaggio alle ali scure dei corvi.
Era la prima volta, però, che Dorian vedeva il Comandante Rutherford aggirarsi tra gli scaffali carichi di tomi di ogni tipo. Non che ritenesse l’ex Templare un bruto incolto, ma non gli era mai successo di poterlo osservare mentre era intento nella ricerca di un libro, e per di più al di fuori della sezione dedicata alle armi, alla strategia e alle tecniche di battaglia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cullen, Dorian Pavus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie alla mia Eloriee, che come sempre mi ha dato una mano :)

 

  A Suzakushly e a Sova (anche se non può leggerla) di tutto cuore <3

 

A Suzakushly and Sova (even if she can't read it) with all my heart <3

 

1. Della dinamica del primo approccio.

 

Dorian amava la biblioteca di Skyhold. A volte si infuriava, trovandola caotica e disordinata, e faceva il possibile per rimediare, ma quell’angolo del castello era di gran lunga il suo preferito, anche perché era un ottimo “punto di vedetta”. Un luogo di passaggio per gli agenti dell’Inquisizione, per gli studiosi o per i maghi come lui in cerca di testi specifici, così come per le spie che si recavano a fare rapporto e, naturalmente, per l’Inquisitore. Lavellan spesso andava a trovarlo o percorreva svelto, quasi trottando, la balconata circolare, diretto al piano di sopra alla voliera per consultarsi con Leliana e affidare un messaggio alle ali scure dei corvi.

Era la prima volta, però, che Dorian vedeva il Comandante Rutherford aggirarsi tra gli scaffali carichi di tomi di ogni tipo. Non che ritenesse l’ex Templare un bruto incolto, ma non gli era mai successo di poterlo osservare mentre era intento nella ricerca di un libro, e per di più al di fuori della sezione dedicata alle armi, alla strategia e alle tecniche di battaglia.

Cullen pareva interessato a letture più leggere, ma incerto su dove trovarle. Se così era, stava sbagliando ripiano. Dorian lo scrutò incuriosito e decise di alzarsi dalla sua solita poltrona vicino alla finestra per raggiungerlo con la scusa di dargli una mano.

Cullen era un uomo interessante. Dorian era tutt’ora stupito dai suoi inviti a giocare a scacchi. Li accettava sempre volentieri e pensava che fossero un ottimo modo di spendere il poco tempo libero di entrambi, eppure quando era arrivato il primo era rimasto piacevolmente stupefatto. Non per il fatto che Cullen amasse quel passatempo; ovvio. Quale gioco più adatto a un militare di provata esperienza e che per di più si ritrovava in una posizione di comando? La guerra era fatta anche di logica e ragionamento e la scacchiera era un perfetto campo di battaglia in miniatura. Che un ex Templare chiedesse proprio a lui di disputare una partita, però, a Dorian era sembrato a dir poco inatteso.

Dorian era un buon osservatore e sapeva ascoltare, anche senza bisogno di origliare e ricorrere a sotterfugi, quindi aveva messo insieme qualche informazione – alcune prima ancora di approcciare l’Inquisizione, a dire il vero. Meglio sapere a chi avrebbe offerto il proprio aiuto – e si era aspettato solo diffidenza da parte di Cullen Rutherford. Ricevere il suo disprezzo gli sarebbe parso normale.

Un paio di cosette scappate di bocca a Varric riguardo alle vicende di Kirkwall erano risultate illuminanti. Idem certi dettagli dei suoi libri, per quanto imbellettate fossero le vicende in essi narrate. Il tutto, unito a due o tre accenni ai tempi dell’ultimo Flagello che aveva scosso il Ferelden, al principio avevano convinto Dorian che Cullen avesse tutti i motivi per detestare i maghi. Figurarsi un rampollo del Tevinter come lui.

A quanto pareva si era sbagliato di grosso. Cullen non lo odiava affatto.

Strano, perché a gli occhi del mondo dire Tevinter equivaleva a dire magia del sangue e Cullen più di chiunque altro avrebbe dovuto nutrire pregiudizi nei suoi confronti e stargli alla larga, invece che sfidarlo agli scacchi e prenderlo in giro amichevolmente ogni volta che Dorian perdeva.

Già. A Cullen evidentemente non dispiaceva averlo intorno. Anzi, era bastato menzionare gli scacchi per sentirsi domandare se qualche volta gli andava di giocare una partita. E, giusto per sbalordire Dorian ulteriormente, quando giocava Cullen abbandonava del tutto quell’aria severa che di norma lo faceva sembrare noioso e tanto più vecchio. I suoi modi si facevano ironici e le sue battute taglienti; ingaggiare con lui sfide verbali e cercare di punzecchiarlo era divertente tanto quanto cercare di batterlo in quella piccola arena fatta di avorio ed ebano.

Occasionalmente i discorsi tra loro si facevano un po’ più seri, ma mai troppo approfonditi. Dorian aveva la sensazione che sarebbe bastato poco a rompere ulteriormente il ghiaccio e che farlo avrebbe potuto portare ad altri risultati inattesi; magari a una vera amicizia. Forse fu anche per quello che nell’avvicinarsi a Cullen si ritrovò a sorridere prima ancora di aprir bocca.

«Se state cercando qualcosa di ricreativo quello è lo scaffale sbagliato» esordì, appoggiandosi con un fianco alla balaustra e storcendo un po’ il sorriso in una smorfietta divertita. «A meno che non troviate particolarmente sollazzevole la lettura di manuali sull’accoppiamento dei Dorsopiumato, ovvio… ma non vi facevo un’amante di quel tipo di descrizioni esplicite e piccanti…»

Il Comandante sobbalzò leggermente, come un bambino colto sul punto di combinare una marachella, ma accusò il colpo con grazia, incassandolo senza offendersi e senza tentare una replica altrettanto sarcastica.

«Non sono molto pratico della biblioteca» ammise. «In genere mi bastano i libri che ho nel mio studio e se me ne serve uno in particolare mando uno dei miei uomini a recuperarlo. Non ho molto tempo per novelle e romanzi, ma ora… avrei bisogno di qualcosa da leggere durante la notte.»

«Problemi d’insonnia, Comandante?»

Dorian l’aveva buttata lì con noncuranza, più per curiosità che perché sperasse in una risposta, se non vaga. Rimase stupito ancora una volta.

«Incubi.» Fu la risposta schietta e asciutta che ottenne.

I lineamenti di Cullen si erano fatti più tesi e il suo sguardo un po’ più affilato, come se dopo tanta sincerità avesse innalzato una barriera, non ancora impenetrabile, però palpabile e pronta a diventare una vera corazza. Il che suggeriva cautela, e meritava tatto, invece Dorian si ritrovò a prendere d’istinto la via più diretta.

«Il Lyrium, immagino. Conosco gli effetti che…»

Si interruppe nel momento in cui Cullen scosse il capo. Aveva un’espressione strana, a suo modo disarmante.

«Astinenza da Lyrium, semmai.»

Era l’ultima cosa che Dorian si era aspettato di sentirgli ammettere. Ecco un dettaglio che le voci di corridoio non gli avevano rivelato. E così il Comandante stava cercando di disintossicarsi. Una scelta difficile e senza dubbio ammirevole. Dorian provò un moto di genuina ammirazione e di rispetto.

Cullen intanto lo stava fissando in un modo che lo metteva a disagio perché era come guardare dentro uno specchio e vedere un lato di se stesso che non amava affatto. Sapeva come ci si sentiva a starsene lì, sottoposto allo scrutinio altrui, in attesa di sentirsi giudicati. E per cosa? Per aver avuto il coraggio di prendere le decisioni giuste, anche se erano spesso le più dolorose?

Sì, Dorian sapeva cosa si provava e nessuno meglio di lui era cosciente del fatto che in occasioni come quella bastavano una parola o un’occhiata sbagliate a ferire più in profondità di un pugnale arroventato. La compassione era un’altra opzione da scartare a priori e comunque lui non ne provava, non era quello il sentimento che la rivelazione di Cullen gli aveva suscitato.

Disse quello che pensava nel tono più neutro che riusciva a sfoggiare senza sembrare troppo partecipe o, al contrario, noncurante.

«I gesti davvero coraggiosi sono spesso seguiti da incubi e insonnia. Solo gli stupidi dormono sempre sereni.» Poi finse di ignorare il sollievo che si leggeva fin troppo chiaro sul viso del suo interlocutore e in un tono più scanzonato aggiunse: «Ma bisogna trovarvi qualcosa di decente da leggere, Comandante, le notti a Skyhold sono lunghe e fredde, se proprio dovete trascorrerle in bianco che almeno sia perché siete stato catturato da una trama avvincente».

«Volete darmi consigli letterari?» Più che stupito Cullen sembrava divertito. Passato il momento di tensione le sue spalle avevano preso la posa rilassata di quando giocava a scacchi e il suo sguardo era tornato limpido e aperto. «Mi aspettavo almeno una battutaccia sul fatto che un rude e vecchio soldataccio come me di solito non è capace di leggere…»

Dorian ridacchiò di gusto. «Avevate le biblioteche nei Circoli, sia nel Ferelden che a Kirkwall, immagino, dubito che siano un’usanza in voga solo nel corrotto e decadente Impero del Tevinter.»

Cullen rise a sua volta, a mezza bocca. «Oh, pensavo che nel Tevinter aveste usanze assai più turpi e depravate del darvi alla lettura d’intrattenimento.»

Porgendogli il libro che aveva tenuto tra le mani per tutto il tempo Dorian gli concesse un altro sorriso storto. «Dipende dalla lettura. E, certo, le abbiamo eccome» commentò, «ma mi riservo di illustrarvele in altri luoghi e in altri momenti.»

Buffo come fosse facile dire qualcosa che, a pensarci bene, avrebbe potuto sembrare anche una battuta sulla magia del sangue e scoprirsi sereni nel farlo, malgrado i trascorsi del suo interlocutore. Cullen non sembrava essersi né offeso né turbato per le sue parole. Più che altro, Dorian si rendeva conto aver usato un tono sfacciato e civettuolo, anche se la sua intenzione non era quella di provarci sul serio. Pazienza. In fondo, una volta tanto, non si sentiva per nulla a disagio nello scoprire metaforicamente il fianco.

Forse era per via della confidenza che aveva appena ricevuto o perché, malgrado tutto, Cullen non lo faceva mai sentire giudicato. Più di chiunque altro, perfino più di Iron Bull, un ex Templare con quei trascorsi avrebbe dovuto guardarlo con sospetto e avrebbe potuto odiarlo a prescindere, ma passata la diffidenza iniziale Cullen non si era mai comportato come se lo considerasse un mostro o una minaccia.

«Siete il solo in tutto il castello che non ha ancora letto uno dei libri di Mastro Varric. Mi pare il caso di cominciare. Quel tappo impertinente è perfino più melodrammatico di me, ciononostante ha sul serio delle frecce al suo arco, o per meglio dire alla sua balestra. Questa è la mia copia personale autografata del suo romanzo più famoso, ve la affido confidando che non la sciupiate. Ho dovuto sottomettermi alle sue domande assurde sull’Impero per ben due ore filate, prima di strappargli una dedica.»

Cullen parve esitare per un istante e poi gli sfilò il libro di mano con un sorriso vagamente imbarazzato. «Grazie» disse, con un mezzo colpo di tosse e portandosi d’istinto una mano alla nuca in un moto impacciato.

Le guance gli si erano colorite all’improvviso e Dorian non poté fare a meno di pensare che un certo tipo di timidezza gli donava e che il suo sorriso era un piacere per lo sguardo. Specie quando era più dolce che beffardo.

Curioso che lui avesse avuto modo di conoscerlo in entrambe le sfumature, visto che di norma Cullen si mostrava perfino troppo serio con tutti. Così serio da venir spesso considerato privo di spirito e poco interessante. Beh, chiunque la pensasse così si sbagliava di grosso. Era vero il contrario e in modi che avrebbero potuto risultare perfino dolorosi. Cullen era una persona complessa, un brav’uomo e talvolta anche un piccolo enigma. Dorian rischiava di trovarlo fin troppo affascinante.

Lo guardò fare un cenno di congedo e allontanarsi con il tomo sottobraccio e non riuscì a smettere di sorridergli.

Sperava che il libro che gli aveva appena prestato lo aiutasse a trascorrere almeno una notte o due senza incubi, o se non altro di vederlo ricomparire spesso in biblioteca. E, giusto in caso, iniziò a fare una lista mentale dei romanzi che avrebbe potuto prestargli. Chissà, magari poteva perfino azzardarsi a portargliene uno nuovo in occasione della prossima partita di scacchi…

 

   
 
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