Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: sushiprecotto_chan    22/07/2016    0 recensioni
"Quindi era arrivato il giorno in cui aveva fatto il colloquio per prendere il posto della sua mentore, appena andata in pensione, ed era passato. E appena un anno dopo era arrivato Blaise. Blaise, che era diventato il professor Zabini, il professor Zabini di Incantesimi, grazie; Longbottom, che c’è, una Cioccorana ti ha mangiato la lingua?."
Neville Longbottom vive le sue giornate in solitudine e nel dubbio di cosa sia il suo presente ora che la guerra contro Lord Voldemort è definitivamente terminata. Nel frattempo, rientra a far parte della sua quotidianità lo stesso Serpeverde che nel suo settimo anno a Hogwarts lo aveva aiutato a curarsi le ferite dei Carrow.
[Future-fic seguendo il canon in cui Neville è professore di Erbologia e Blaise Zabini (e questo è puramente fanon) a sua volta insegna Incantesimi. Parte di una serie.] [Scritta per la 24a Notte Bianca di @ maridichallenge e per il @ moviesquote_fic.]
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Some parts of a Longbottom's life'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Personaggio/Coppia: Neville Paciock/Longbottom, Blaise Zabini, feat. Cassio (gatto isterico dal nome di Shakesperiana memoria)
Prompt: “Eravamo bravi ragazzi... ragazzi svegli.” (Quei bravi ragazzi) per il @moviesquote_fic, delusione per la ventiquattresima Notte Bianca di @maridichallenge.
Disclaimer: All © J. K. Rowling, fiction scritta unicamente per divertimento personale, nulla è di mia proprietà tranne la storia stessa. Sì, non è mio neppure Neville, e tutto ciò è così triste, non è vero?
Conteggio parole: 2293 (fdp).
Tabella: Link qui
Introduzione/Riassunto: Uno spaccato sulla vita quotidiana del professor Longbottom, e della sua pseudo-relazione amicale con il collega Blaise Zabini.







Il professor Longbottom si buttò sulla sedia del suo studio senza curarsi né di dove si stesse dirigendo il suo deretano né della polvere che beatamente danzava sopra gli scaffali.
Si alzò di scatto quando sentì un verso irato provenire da dove aveva appoggiato per pochi secondi il suo peso.
Il gatto di Blaise Zabini si buttò per terra e andò a nascondersi dietro alle tende, soffiandogli contro.
«No no no, aspetta, torna qui» disse Neville, rincorrendolo con lo sguardo. «Cassio! Stai calmo!»
Gaio Cassio Longino non era un gatto particolarmente di bell’aspetto, ma era orgoglioso quanto il suo padrone. E Neville non poteva permettersi di ritrovarsi Zabini guardarlo male dall’altro lato del tavolo degli insegnanti di prima mattina perché lui gli aveva perso il gatto.
Chiuse la portafinestra con grande velocità, mentre Cassio si rintanava ancora di più tra le tende, spostandosi tra i mobili che – guarda caso – creavano una barriera tra lui e Neville. L’insegnante di Erbologia non era mai stato particolarmente fortunato, e quella era stata una lunga settimana, una lunga settimana scandita da lunghe, lunghe giornate.
«Cassio» lo chiamò ancora, poco convinto.
Lasciò momentaneamente l’impresa di ritrovare il gatto e appoggiò tunica e mantello sulla sediola accanto alla scrivania, abbandonando infine su un tavolo il cappello verde lago che gli aveva regalato nonna Augusta.
Poi, con santa pazienza, si mise a rovistare tra i cassetti del suo Portaoggetti Mobile, tirandone fuori dopo qualche sudato minuto una scatola di croccantini. Materializzò una piccola ciotola bianca e un cucchiaio, poi si posizionò dall’altra parte della stanza e cominciò a battere la posata contro il piatto.
Come per magia, il gatto comparve da dietro la poltrona a fiori e si avviò baldanzoso verso il cibo, che Neville intanto gli stava versando nella ciotola.
«Sei tremendo» gli disse, accarezzandolo in mezzo alle orecchie appuntite.
Con un colpo di bacchetta accese il giradischi e aprì la finestra. Prima di stendersi nuovamente sulla sedia diede da bere alla pianta carnivora. Preferiva sempre farlo con le sue mani piuttosto che affidarsi alla magia: della materia che insegnava amava proprio la fisicità che comportava il rapportarsi con le piante; non gli dispiaceva sporcarsi le dita – e le mani, e le braccia, e i gomiti, e, diciamocelo, pure la faccia – con la terra. Dopotutto, non era stato che al suo quinto anno che aveva imparato a eseguire gli incantesimi abbandonando il suo modo goffo e la bacchetta di suo padre; in un certo senso lavorare con le mani lo metteva più a suo agio.
Finalmente seduto, mise da parte Mille erbe e funghi magici, che aveva lasciato sulla scrivania la sera prima, e tirò fuori pergamena, penna e inchiostro.
Impiegò qualche minuto per decidere finalmente cosa scrivere. Guardò di sottecchi le foto di Pomona Sprite e Herbert Beery per qualche secondo, poi iniziò.

Cara Ginny,
sono felice di sentire che la tua squadra sta andando così bene al campionato. Conto di vedervi presto gareggiare contro gli Heidelberg Harriers. Suppongo sarà uno scontro importante: non sono stati gli Harriers ad aver perso in modo eclatante contro le tue Harpies poco più di cinquant’anni fa? Sono curioso di sapere cosa ne pensa Angelina.
Spero che anche gli allenamenti stiano procedendo bene e che Harry al Ministero si trovi meglio.
Ci vediamo alla partita.

Neville


Guardò la lettera e la piegò velocemente. Poteva andar bene. Prima la inviava prima avrebbe ricevuto notizie dalla sua amica, e tanto meglio se queste arrivavano presto.
Se doveva essere completamente sincero con se stesso, la vita a Hogwarts a volte gli sembrava profondamente solitaria. Era un contesto ricco di persone, è vero, e con gli studenti e gli altri insegnanti andava d’accordo; ma non era più come ai tempi dell’Ordine di Silente. Non si trovava più circondato da persone della sua età e i suoi amici erano lontani, presi in tutt’altri percorsi e impegnati quanto lui a costruirsi una vita. Gli mancavano; in special modo aveva nostalgia di Luna e Ginny.
Luna gli mandava un gufo almeno una volta al mese, e ogni volta che ricevevano qualcosa lui e Ginny si scambiavano congetture su come stesse procedendo la ricerca di Luna con il nipote di Scamandro in quella terra talmente distante da loro.
A volte si chiedeva se fosse rimasto qualcosa dell’ideologia per la quale avevano combattuto insieme a Harry e agli altri. Dopo la guerra c’era stata una corsa alla cosiddetta giustizia sociale, alla ricerca degli ultimi Mangiamorte e adepti di Voldemort. Un atteggiamento che alla lunga sapeva molto di repressione, e che aveva portato a una caccia alle streghe ben misurata, e alla santificazione nei libri di storia di chi aveva combattuto dalla parte di Silente e di Hogwarts – con la sottolineata partecipazione attiva da parte del Ministero della Magia alla resistenza, quando Neville sapeva bene che i movimenti al Ministero al tempo erano indirizzati a tutt’altro. Giornalisti come Rita Skeeter avevano potuto continuare a scrivere i loro articoli scandalistici senza alcun intralcio e la vita era andata avanti.

A Neville era andata bene così. Aveva creduto in una causa e avevano vinto; si era goduto la vittoria per qualche anno e aveva continuato i suoi studi (da casa, perché l’unica fra loro a tornare a Hogwarts per il settimo anno era stata Hermione, senza che ciò sorprendesse qualcuno).
Si era accorto che qualcosa puzzava quando era stato accusato d’essere un Mangiamorte Marcus Flint, ex capitano della squadra di Serpeverde al tempo di Oliver Baston. Flint era sempre stato uno scimmione, ma, se Neville sapeva giudicare vagamente bene il carattere delle persone, non era tipo da seguire Voldemort in battaglia, o anche solo nelle retrovie.
Improvvisamente aveva prestato più attenzione agli articoli che uscivano sulla Gazzetta del Profeta e si era accorto che bastava veramente poco per venire indagati, e slogan come “limitare la propria libertà alla privacy per aumentare la sicurezza di tutti” erano ovunque.
Si era domandato se anche Zabini fosse stato indagato, date le sue origini, ma non aveva mai avuto il cuore – né il coraggio – di chiederglielo.
Poi gli anni erano passati, e lui si era ritrovato con i suoi dubbi e la sua (mai voluta) celebrità tra le mani, assieme a un amore per l’Erbologia che non aveva mai superato quello per l’azione. Quello e la testardaggine di Pomona Sprite avevano vinto su ogni pensiero che gli fosse mai venuto riguardo al diventare un Auror. 

Quindi era arrivato il giorno in cui aveva fatto il colloquio per prendere il posto della sua mentore, appena andata in pensione, ed era passato. E appena un anno dopo era arrivato Blaise. Blaise, che era diventato ilprofessor Zabini, il professor Zabini di Incantesimi, grazie; Longbottom, che c’è, una Cioccorana ti ha mangiato la lingua?.
Zabini continuava a essere l’unico suo coetaneo nel gruppo degli insegnanti; già era stato strano insegnare spalla a spalla con professori del calibro e dell’età della McGranitt, soprattutto nei primi tempi. Avere come unico riferimento della sua generazione l’ex Serpeverde l’aveva sinceramente turbato, all’inizio.
Al tempo presente il loro era un rapporto vagamente simile all’amicizia – un’amicizia molto tiepida, a dire il vero – ma Zabini persisteva nel mettere continuamente in discussione le sue idee.
Si ricordava ancora com’era andato il loro primo incontro nella veste da insegnanti. Era accaduto proprio in quello stesso studio.

«Zabini» Il tono di voce che aveva usato involontariamente sembrava lo stesso dei tempi della scuola, lo stesso che ogni Grifondoro avrebbe usato con un Serpeverde.
«Longbottom» Gli aveva risposto Blaise, con quel modo di parlare che rendeva ogni cosa che usciva dalla sua bocca ambigua, al punto da non capire se stesse usando del sarcasmo e lo stesse scimmiottando o se fosse mortalmente serio.
Neville aveva aspettato quel momento da quando la McGranitt lo aveva informato del fatto che Blaise Zabini aveva accettato il posto di nuovo insegnante d’Incantesimi. L’aveva intravisto solo alla cena d’inizio anno, e aveva atteso. Aveva atteso il giorno in cui si sarebbero ritrovati a parlare da soli, com’era successo solo una manciata di volte durante l’ultimo anno, prima della guerra. Soli, con una manciata d’anni in più sulle spalle e in altre vesti. E ora eccoli lì.
«Come mai sei qui?»
«Ho bisogno di un numero cospicuo di radici di Bentivoglio per la prima lezione con gli studenti del secondo anno» Gli aveva risposto. «Sarebbe domani. E ho pensato di farti visita come ai vecchi tempi. O adesso, visto la nostra posizione, è meglio darci del lei?»
Così avevano scambiato qualche convenevole e Neville lo aveva condotto nella serra per preparargli le radici che chiedeva, com’era giusto fare in quanto collega. 
«Vedo che ti sei integrato bene. Mi hanno detto che tutte le studentesse hanno una cotta per te; dev’essere una bella soddisfazione. Dopotutto sei un eroe di Hogwarts»
«Non è esattamente così» Aveva detto Neville, non specificando a quale delle insinuazioni stesse rispondendo. Mentre gli parlava aveva continuato a lavorare, dandogli la schiena. Si era sentito fiero d’essere riuscito a non arrossire. 
«L’eroe di Hogwarts» Aveva ripetuto, poi, poco prima di andarsene. «Mi ero immaginato che avessi preso su molta più sfacciataggine; che i tuoi capelli biondi fossero cresciuti e che girassi con una grande armatura dorata. Devo dire che sono deluso» E con questo aveva preso le radici di Bentivoglio dalle sue mani e aveva varcato la soglia.

Non avevano più parlato della guerra e dei loro scambi durante gli ultimi anni di scuola. 

La prima volta che avevano conversato come si deve era stato nella serra di Hogwarts, poi la cosa era continuata. 
Blaise aveva aiutato Neville a guarire un paio delle ferite inflitte dai Carrow al settimo anno, o almeno a coprirle, è vero. Ma Zabini sembrava restio a far di nuovo uscire quegli scheletri dal suo armadio, così rimanevano inespressi. Un segreto tra quel misero metro d’aria che condividevano ogni volta che rimanevano da soli a parlare, a cominciare da quel giorno, ancora una volta nella serra di Hogwarts e ancora una volta a scrutarsi e a cercare una comunicazione decente da usare per farsi capire dall’altro. 

La seconda volta che il professor Longbottom e il professor Zabini avevano parlato si era trattato di un fraintendimento.
Blaise aveva mandato in punizione due studenti di Grifondoro che la stessa sera già dovevano scontare una punizione per aver lanciato Piattole Puzzolenti a Millicent Hughs durante una lezione di Neville; Blaise aveva pensato che Neville si fosse appropriato della punizione che aveva riservato loro per sceglierne una meno dura.
Quando si furono chiariti, per un attimo l’insegnante di Incantesimi parve a Neville colto dal dubbio, come se stesse mettendo in discussione la propria sicurezza di sé. Per un millesimo di secondo.


«Molto bene.» aveva detto. «Sono lieto di vedere che il tuo spirito Grifondoro non l’abbia sempre vinta sul tuo buonsenso.»
Immagini di lunghe cicatrici in volto e di parole gettate contro i Carrow avevano attraversato la mente di Neville prima che lui razionalmente potesse dare un collegamento o una qualche immagine alle parole di Zabini. E sì, il suo spirito Grifondoro si era sentito un tantino offeso dalle accuse del collega.
«Non farei mai una cosa del genere; pensavo lo sapessi.»
O forse potrei cominciare adesso, aveva pensato. Giusto per vedere come reagiresti, di fronte a una nuova piccola faida Grifondoro-Serpeverde a Hogwarts. Di sicuro Remus Lupin avrebbe apprezzato, pace all’anima sua.
A quel punto si era immaginato uno Zabini furioso arrivare nel suo ufficio con la rabbia appena trattenuta e un capello fuori posto, dritto verso il cielo, proprio sulla fontanella. L’idea l’aveva fatto piuttosto ridere, ma ripensandoci aveva poi deciso che non gli conveniva tentare la fortuna. Quella stessa immagine poteva essere capace di mettergli anche qualche sincero brivido.
Blaise l’aveva guardato lungamente, prendendosi il suo tempo, poi si era congedato.
«Buonanotte, professore.» gli aveva detto, sparendo dalla porta del suo ufficio.

Il loro non era mai stato uno scambio di dialoghi grandioso, certo, ma era stato qualcosa. Un contatto. Così Neville si era fatto l’idea che fosse possibile continuare quel rapporto e renderlo persino piacevole.
Aveva invitato il professor Zabini a cena qualche mese dopo. Erano andati a Hogsmeade, ai Tre Manici di Scopa, e Neville le aveva provate tutte per cercare di sentirsi a proprio agio.

«Ci credi ancora, negli ideali della battaglia che avete combattuto seguendo Potter, non è vero?» Gli aveva chiesto a fine serata Zabini, a sorpresa.
«Sì.»
Poi, dato che Blaise sembrava aspettare che dicesse qualcos’altro, dichiarò con tono sicuro: «Eravamo bravi ragazzi.»
«Ragazzi svegli.» Gli aveva fatto eco Zabini. Neville non aveva saputo se sentirsi mortalmente offeso per quello che aveva appena detto. In generale non aveva saputo come interpretarlo.
«Stai prendendo in giro la gente che combatté nella battaglia di Hogwarts? Che morì lottando contro Voldemort con solo una lieve speranza di farcela, solo perché credevamo in Harry e in un futuro senza Ghermidori e Mangiamorte per le strade?» Il coraggio Grifondoro gli era restato, negli anni, e la burrobirra che aveva bevuto non era riuscita a intaccare il suo tono deciso. Quel cambio dal 'loro' a un ben più personale 'noi' era stato solo un incidente di percorso.
«Non mi permetterei mai.» Aveva risposto. Poi aveva concluso con un teatrale, seppur contenuto, inchino. «Salutiamo chi s’inginocchia. Una fede; ecco la necessità dell’uomo: guai all’incredulo»
Neville era rimasto a guardarlo.
«Buonanotte, professor Longbottom» 

Ripensando a quei primi accenni di amicizia (per così dire) che Blaise gli aveva concesso tempo prima, il rapporto che avevano ora gli sembrava quasi caloroso.
Ma era ancora una conoscenza distante. E Neville Longbottom si sentì solo al pensarlo, solo perché i tempi dell’Esercito di Silente erano ormai andati, i suoi amici distanti, e ora rimanevano le macerie di qualcosa in cui aveva creduto.
Nel suo ufficio colmo di oggetti, nel silenzio che solo il masticare di Cassio interrompeva, ripensò alle parole del suo collega.

«Devo dire che sono deluso.»








Varie note:
- La Rowling, tra le tante informazioni aggiuntive che ha dato dopo la fine di Harry Potter, ha affermato che Angelina Johnson al momento dell’epilogo (il 19 anni dopo) fa parte della squadra di Quiddich Holyhead Harpies come giocatrice professionista. Non so se lei e Ginny siano state in squadra nello stesso periodo né quando di preciso Ginny abbia lasciato la squadra per scrivere per la Gazzetta del Profeta, ma lasciatemi un po’ di licenze poetiche.
“Salutiamo chi s’inginocchia. Una fede; ecco la necessità dell’uomo: guai all’incredulo.” È un passo de I Miserabili di Victor Hugo; è l’inizio del capitolo VIII “Fede, legge” del libro quinto.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: sushiprecotto_chan