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Autore: Tormenta    22/07/2016    3 recensioni
[Destiel]
Sulle note dei Coldplay, brevi storie autoconclusive incentrate sul rapporto e su interazioni tra Dean e Castiel.
#A sky full of stars - Percepisci qualcosa gonfiarsi nel petto ed è una sensazione talmente celestiale che No, ti dici, non è possibile. Come si può provare così tanto bene tutt’insieme?
#Miracles - «Non è questo il momento di fare domande» afferma una voce; una voce che, però, non è affatto una voce: è musica. Stramaledetta musica.
#Up&Up - La suoneria lo sorprese nel cuore della notte, cogliendolo mentre era spalmato sul bancone dell’ennesimo bar. Come un faro nel buio, sul display campeggiava il nome CAS.
#Hymn for the weekend - Questo momento merita perché, Dean, mentre lo vivi capisci d’essere letteralmente innamorato d’un angelo – ed è come aver fatto jackpot alla roulette cosmica.
#Magic - Lo perdona, perché Cas è ormai parte della famiglia, ed è così che si fa con la famiglia – ci si perdona, nonostante tutto.
#Ink - È Dean, e― Certo, certo che è lui. Chi altri, sennò?
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Genere: Introspettivo, Romantico
Contesto: Settima stagione (Emmanuel!Cas)
Note: Implied!Destiel

 

All I know
is that I love you so
so much that it hurts
 
 
Ink
 
 
 
        La notte è ancora tinta di nero pece, quando Emmanuel Allen, di colpo, si ritrova catapultato nella veglia: spalanca le palpebre nel buio e una scossa d’agitazione lo attraversa da capo a piedi, spingendolo a scattare a sedere sul letto.

        Devono trascorrere alcuni secondi di completo silenzio, prima che riesca a recuperare la calma ed il totale controllo di sé; e anche a quel punto un alone di confusione continua a ronzargli nelle orecchie, perché l’ha rivista – nella nebbia del riposo, ha incontrato nuovamente quella luce; una luce calda ed abbagliante, che non manca mai di comparirgli davanti e che scappa – scappa sempre.
        Ancora una volta, realizza, l’ha rincorsa senza successo.
 

        Riflettendo pacatamente, volta appena il capo: al suo fianco, Daphne giace imperturbata. Con un gesto rapido e gentile, si cura di rimboccarle le coperte, scivolate sino a lasciarle una spalla nuda.
        È lieto di non averla svegliata: il solo pensiero di dover giustificare la propria improvvisa attività lo turba. Non perché non apprezzi l’idea di confidarsi con lei, o non si fidi― tutt’altro. Quella donna, d’altronde, armata di nulla se non d’una cieca fede, sin dal primo momento l’ha aiutato in ogni modo possibile: gli ha offerto vestiti, sorrisi caldi, una casa, un nuovo nome per sostituire quello che non ricorda più. Lui non può che provare gratitudine e nutrire un affetto sincero nei suoi confronti, e non teme di raccontarle tutto ciò che gli passa per la mente – di solito. I sogni che lo portano a saltare sull’attenti sul materasso, beh, sono l’eccezione che conferma la regola.
        In parte, questo potrebbe essere dovuto al fatto che non sa nemmeno se può davvero chiamarli sogni. Per esserlo, dovrebbero prendere corpo mentre dorme – e dormire è una cosa che lui non è del tutto certo di saper fare. Anzi, è quasi convinto d’esserne incapace. Poco importa, infatti, che, giorno dopo giorno, di sera si distenda pazientemente sotto le coperte; resta sempre vigile, immobile nell’assenza di suoni, ad attendere un sonno che non arriva mai per davvero, se non nella forma d’un sospeso stato di meditazione.
        Dunque le immagini che gli sovvengono o, per meglio dire, le esperienze che fa in quelle circostanze, non crede possano essere definite esattamente oniriche. Un lato di lui, in effetti, è convito che nascondano una natura ben diversa, qualcosa di più… profondo, ed è soprattutto per questo che non ne ha ancora confessato a nessuno l’esistenza.
        Ma anche se fossero solo semplici sogni (ed è comunque così che continua a chiamarli, per mancanza di termini migliori), continuerebbero ad apparirgli come la quintessenza di ciò che deve rimanere inespresso. Li vede infatti come sommamente privati, intimi; tanto che, forse irrazionalmente, s’è persuaso che parlarne a qualcuno equivarrebbe ad un gesto estremo quale il mettere a nudo la propria anima. E non è certo di volerlo fare. Neanche con Daphne.
        Avverte l’istinto di custodire la cosa tra sé e sé, in gran segreto – e l’idea di farlo, di celare quel particolare al mondo, lo compiace. Perché ha perso tutto, ha dimenticato una vita intera, e ai suoi occhi non c’è nulla di più splendido del sapere qualcosa che nessun altro conosce.
        È come se avesse ritrovato una parte di sé, un tassello della propria identità; ed è inutile dire che è deciso a tenerselo stretto. Per quanto ogni tanto possa far male.
 

        E fa male in momenti come quello, ad esempio; quando si riscuote di colpo dopo aver braccato un’indefinita luce e si ritrova schiacciato da una pesante e perplessa insoddisfazione, e non sa come reagire.
        Affonda le mani nei capelli scuri e si sforza di ragionare lucidamente, mentre nella sua mente, in maniera automatica, si riavvolgono e si ripetono gli ovattati ricordi del sogno appena vissuto – ed è un sogno talmente simile a quelli fatti nei giorni precedenti, che gli sembra quasi di star rileggendo per la millesima volta uno stesso vecchio copione, scritto su un foglio consunto e con l’inchiostro sbavato.
 

        In principio, c’è solo un lume nel buio: un punto accecante in lontananza, che attira tutta la sua attenzione.
        Sente di doversi avvicinare, di volerlo raggiungere; perché quella luce è così bella, e così morbida: gli accarezza la pelle come fosse tiepida seta, e lui non può trattenersi dal coltivare il desiderio di toccarla.
        Tenta di far un passo avanti, ma un forte senso di turbamento – un misto di paura e di vergogna – lo blocca per un istante; un istante fatale, perché quell’esitazione è sufficiente a condannarlo a restare indietro, mentre il punto luminoso fugge e s’affioca, lasciandolo solo e al freddo.
        No, aspetta pensa, e poi―
        Poi lo insegue. Ed è una corsa folle.
        Tra i rovi d’una foresta di spine, si scava una strada incurante dei graffi e del dolore; girovaga in preda all’agitazione in labirinti di pietra, coi muri che gli si chiudono addosso; procede a tentoni nel fango e nella sabbia, col cuore che batte a mille per lo sforzo; affonda le unghie nella roccia di montagne che salgono, scalando col terrore di crollare; nuota nelle profondità di acque gelide che lo lasciano senza fiato, lottando contro le correnti; e in tutto questo―
        In tutto questo, e in altro ancora, la luce lo precede, brillando sempre dietro al prossimo angolo. Gli infonde chissà come coraggio e speranza, gli dà forza e lo chiama, mentre la distanza tra loro s’assottiglia.
        Alla fine, ormai prosciugato delle energie, riesce a raggiungere l’ultima svolta; ed è vicino, così vicino – il punto s’è rivelato essere un sole, e finalmente a lui basterebbe allungare una mano per sfiorarlo. L’osserva, incantato, e nel petto gli nasce l’inspiegabile istinto di chiedere scusa; scusa per il ritardo, forse. Non dice nulla, però, perché in quel bagliore bianco scorge un riflesso: scorge sé stesso, e si distrae.
        Non ha abbastanza tempo per capire cosa significa. O, meglio, è come se capisse – come se capisse tutto in un battito di ciglia e questo l’elettrizzasse tanto da farlo scattare, tanto da fargli tendere un braccio nel tentativo di aggrapparsi al sole per stringerlo; perché lo vuole, lo vuole da morire – lo adora e ama il suo calore e non può più sopportare l’idea di farne a meno, e improvvisamente il fatto che stesse scappando da lui brucia ed è intollerabile.
        Può perdonarlo, però; se solo si lascerà prendere adesso, se solo gli concederà di colmare l’ultimo soffio che li divide, se― Solo un altro centimetro―
        Si tende all’inverosimile, ma― di colpo non ha più nulla sotto i piedi e cade, cade lontano dalla luce; e il baratro nero l’inghiotte.
 

        È così che, notte dopo notte, viene scaraventato nel proprio letto, che salta a sedere, e― che torna ad essere Emmanuel Allen.
        C’è forse stato un momento in cui è stato qualcun altro? Non lo sa. Sa solo che è scosso, melanconico, e che c’è un qualche importante concetto – un concetto che fino ad un attimo prima era tanto chiaro nella sua mente – che è sfumato senza lasciar traccia.
 

        Qualcuno potrebbe insinuare che i suoi sono incubi, forse generati dallo stress. Ma lui non la vede così.
        Non possono essere incubi, perché il conforto che gli dà quella luce finisce sempre col prevalere sull’angoscia e sull’incertezza. Senza contare che, semplicemente, una cosa tanto meravigliosa, tanto brillante, non può essere etichettata come negativa.
        Deve trattarsi di altro, quindi – quando ci pensa, non può fare a meno di riscoprirsi tentato dalla prospettiva di credere che quella che visita i suoi sogni sia una sorta di guida spirituale. Un faro di cui ancora non gli è dato comprendere i meccanismi, magari legato alla sua natura di guaritore, e in cui malgrado la confusione sente di voler riporre la propria fede.
        Certo è, comunque, che non smetterà d’inseguirlo; ed è con questa convinzione che, ora come ogni altra volta, torna a distendersi e a chiudere gli occhi.
 
 
 
 
 

        (Devono trascorrere ore, giorni, settimane, prima che giunga il momento in cui i suoi dubbi vengono dipanati. In quel lasso tempo, capita di tutto e di più – con un sorriso, Daphne gli fa scivolare un anello al dito; persone gli chiedono aiuto; tenta d’imparare a guidare.
        Capita anche che un uomo si presenti alla sua porta, che pugnali un essere dal volto spaventoso e che il cadavere di questo rotoli giù per le scale dell’ingresso per finire proprio ai suoi piedi. Da lì in poi, è tutt’una slavina.
        Ci sono un fratello malato, un viaggio in auto e un demone donna. Il suo mondo viene messo sottosopra e dapprima non capisce, ma poi―
        Ricorda: torna ad essere Castiel, e una parte di lui va in frantumi.
        Mentre ancora naviga nei propri cocci, l’uomo che adesso sa essere Dean, Dean Winchester, pianta lo sguardo nel suo e gli restituisce una vecchia giacca beige. È sporca e spiegazzata, e si trascina dietro una storia che pesa, eppure è lieto di poterla riavere: si perde ad osservarla, e a pensare stupefatto che Dean, nonostante tutto, non se n’è sbarazzato – malgrado il suo tradimento, i suoi sbagli e la sua follia, ha conservato quel trench in sua memoria.
        Non sa come esprimere ciò che prova. Si sente come lacerato e quasi trema, perché tutto ciò che ha― un’altra possibilità, la vita― lui non crede di meritarlo. Per niente.
        Risolleva gli occhi dalla stoffa, e― ecco, quello è il momento.
 

        Vede Dean – Dean, Dean; il nome gli riecheggia nelle orecchie – e in particolare lo vede con i suoi veri occhi, quelli che ha appena ricordato di possedere; ed eccola. La luce – quell’anima. Per mesi l’ha rincorsa nei panni di Emmanuel ed ora è qui e quasi non vuole crederci, perché è Dean, e―
        Certo, certo che è lui. Chi altri, sennò?
 

        Mille sono le cose che potrebbe dire in questo istante, ma, imbevuto d’afflizione sin dentro le ossa, sceglie di tacere. Semplicemente, fissa il lume che nemmeno un’amnesia divina è riuscita a fargli dimenticare del tutto, e tende i muscoli.
        Nonostante il dolore – nonostante tutto, per lui, giura che proverà a combattere ancora.)




 
Angolo di Tormenta
Non volevo essere troppo ripetitiva in questa raccolta, ma cosa posso farci? Ho un debole per Castiel infatuato della luce dell’anima di Dean. c':
Detto ciò – Ink è una delle canzoni dei Coldplay che più mi piacciono (qui trovate il video in versione interattiva. È dolcissimo). Volevo davvero renderle giustizia e… non so, non sono del tutto sicura d’esserci riuscita. A voi il giudizio.

Come avevo anticipato, questo era il racconto conclusivo. Grazie mille per aver sopportato l’irregolarità degli aggiornamenti, per aver letto, seguito, preferito, ricordato, commentato. :) Mi avete resa davvero felice. ♥
Baci e alla prossima storia,
vostra T. ♪
   
 
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