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Autore: eleCorti    22/07/2016    6 recensioni
[Fanfiction partecipante alla challenge ieri, oggi e domani... indetta da magicaemy sul forum di efp]
1) Remember: Era già sera inoltrata quando madre e figlio giunsero nella piccola cittadina di nome Storybrooke e nel solo vedere la scritta benvenuti a Storybrooke la mente della giovane Swan fu pervasa dai ricordi. Una piccola lacrima solcò il suo viso roseo: Emma si stava commovendo, come quando – qualche anno fa – aveva trovato la sua collana a forma di cigno e si era persa nei suoi ricordi.
2) Birthday
3) Prediction
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Remember




 
Ecco: dopo più di dieci anni era tornata nella sua città natale Storybrooke, una piccola cittadina nel Maine. Il motivo di questa sua improvvisa decisione era sua madre Mary Margareth. L’ormai anziana ex insegnante si era gravemente ammalata e i medici le davano pochi mesi di vita. Quando l’aveva saputo da suo padre David, non ci poteva credere... eppure sua madre – fino a qualche mese fa – stava bene.
Nonostante i ricordi che la legavano a quella città, la giovane Emma Swan – quella mattina di ottobre – aveva caricato il suo maggiolino giallo e insieme a suo figlio Henry era partita da New York verso il Maine.
Per tutto il tragitto – lungo un paio d’ore – Emma non poté fare a meno di pensare a lui: Killian Jones... chissà che fine aveva fatto? Si domandò. Erano passati quattordici anni dall’ultima volta che si erano visti. Già: quattordici lunghi anni, l’età di Henry per la precisione. Impulsivamente strinse il volante: i ricordi dolorosi erano riaffiorati nella sua mente insieme al motivo per il quale aveva lasciato Storybrooke, dare una vita migliore al suo piccolo e soprattutto non tarpare le ali a Killian che – all’epoca – era entrato in marina.
All’improvviso le tornò in mente una citazione di Emily Dickson che sua madre – quando le aveva comunicato che aveva intenzione di lasciare Storybrooke per sempre – le aveva ripetuto con quel suo tono commovente: il passato non è un pacchetto che si può mettere da parte. Ed era vero, lei in quei quattordici anni non aveva mai smesso di pensare a Killian e alla sua città. Le mancava tutto. Un rimpianto? Forse.
Era già sera inoltrata quando madre e figlio giunsero nella piccola cittadina di nome Storybrooke e nel solo vedere la scritta benvenuti a Storybrooke la mente della giovane Swan fu pervasa dai ricordi. Una piccola lacrima solcò il suo viso roseo: Emma si stava commovendo, come quando – qualche anno fa – aveva trovato la sua collana a forma di cigno e si era persa nei suoi ricordi.
Era il ballo di fine anno e il suo accompagnatore era Killian – suo ragazzo ormai da anni – che quella sera le aveva regalato quella preziosa collana. Emma ancora ricordava che l’aveva voltata, le aveva spostato la sua lunga chioma d’oro e le aveva allacciato la collana dicendole: “Ti sta d’incanto, love” con quel suo tono caldo in grado di sciogliere un iceberg. “Grazie Killian” aveva detto lei, mentre si rigirava ed avvolgeva il suo collo con le braccia. Quella era stata la serata più bella di tutta la sua vita.
Scosse la testa: non era il momento di rivangare il passato, ora doveva andare dai suoi genitori; non vedeva l’ora di abbracciarli, ma soprattutto non vedeva l’ora di vedere sua madre. Era stata tremendamente in pensiero.
I Charming abitavano esattamente nello stesso appartamentino al primo piano; almeno questo non era cambiato, pensò Emma.
Bussò alla porta più emozionata che mai. E se non l’avessero accolta bene? E se avessero cambiato casa? Scosse la testa, dicendosi che stava delirando.
“Emma...” fu suo padre ad aprire la porta. L’ex sceriffo era cambiato un po’ quegli anni: era ingrassato – mostrando una pancetta da birra – aveva dei folti baffi e i capelli erano diventati bianchi.
“Papà...” nel vedere suo padre – che non vedeva da quattordici lunghi anni – si sentì in pace con se stessa. Poi quando lo abbracciò, si sentì di nuovo una bambina che si sente al sicuro solo tra le braccia di suo padre.
“Henry quanto sei cresciuto!” David si staccò da sua figlia per andare ad abbracciare suo nipote. Henry non aveva mai conosciuto i suoi nonni, ma aveva visto alcuni album fotografici ed era sempre stato curioso di sapere qualcosa su di loro.
“Nonno...” sorrise, abbracciandolo. Lui si affezionava facilmente alle persone.
“La mamma?” la giovane Swan, però, passò subito al sodo. Voleva vedere sua madre.
“Sopra. Sta dormendo” si diresse verso le scale. Emma lo seguì insieme al figlio.
Eccola: Mary Margareth sdraiata sul vecchio letto di Emma, addormentata. Non sembrava più lei. Le guancie prima paffutelle ora erano scavate, come se non si nutrisse da secoli, la pelle prima rosea ora era di un bianco cadaverico e i capelli prima neri e lucenti, ora erano bianchi e spenti. A quella pungente visione una lacrima solcò il viso della giovane Swan. Quella non era sua madre. No, non ce la faceva. Doveva assolutamente uscire da quella stanza prima di scoppiare in un pianto disperato.
Afferrò il braccio di suo padre: aveva sentito un mancamento, poiché stava per svenire. David, capendo ciò che stava accadendo alla figlia, la prese sottobraccio e la condusse di sotto.
“Avete mangiato?” non appena furono seduti in cucina, David pose quella domanda alla figlia.
“No, volevamo andare da Granny’s” rispose Emma, dopo aver bevuto un bicchiere di acqua fresca. Ne aveva proprio bisogno.
“Vuoi che vada io?” si propose. Temeva che la figlia potesse avere un altro mancamento. Sapeva che non fosse per niente facile.
“No ci andiamo io ed Henry” era convinta e il padre lo capì. Si alzò dalla sedia, seguita dal figlio, con il quale si diresse verso l’ingresso.
“Sta attenta”non poté fare a meno di raccomandarsi. Si preoccupava per la figlia, era normale.
“Tranquillo” lei sorrise amorevolmente. Lo capiva, dopotutto. Anche lei si preoccupava per Henry.





 
****




 
Granny’s... era come se lo ricordava: gli sgabelli al bancone, quei quattro tavoli... l’unica cosa diversa era che il locale era gestito da Ruby e non più da sua nonna, deceduta qualche anno fa. Neanche in quell’occasione era tornata a Storybrooke.
“Emma, da quanto tempo!” Ruby – da dietro il bancone – si avvicinò a lei per servirla. Era cambiata anche lei: non portava più magliettine scollate e corte insieme a minigonne e tacchi vertiginosi, ora indossava una camicia bianca, un pantalone nero e il vecchio grembiule di sua nonna.
“Ruby, che bello vederti!” sorrise sinceramente. Ruby – oltre ad essere la migliore amica di sua madre – era come una sorella per lei, poiché uscivano sempre insieme.
“E lui chi è?” domandò, non appena puntò gli occhi su Henry.
“Lui è Henry, mio figlio” lo presentò. Ruby storse il naso, poi il suo pensiero andò al suo ex ragazzo Killian, che fosse suo figlio? Decise, però, di starsi zitta. Magari a Emma urtava parlare di Killian.
“Piacere, io sono Ruby, una vecchia amica di tua mamma!” gli strinse la mano, sorridendogli calorosamente. Si soffermò, poi, a osservarlo:  i capelli, il naso, gli occhi, il sorriso... sì, non c’era dubbio, Killian doveva per forza essere suo padre!
“Allora cosa vi porto?” prese il suo taccuino – posto accanto alla cassa, alla sua sinistra – e la penna, pronta a segnare l’ordine.
“Per me il solito” ovvero una porzione di lasagne e le polpettine della nonna.
“E per te?” Ruby si rivolse al giovane Henry che fissava il menù appeso alla parete di fronte a lui.
“Per me un doppio cheeseburger con bacon!” disse, dopo aver letto attentamente ogni tipo di panino. Quello, però, era il suo preferito. Ruby, dopo aver annotato tutto, sparì in cucina, mentre Henry ed Emma si sedettero sugli sgabelli ad aspettare.
“Emma...” quella voce... quella voce l’aveva già sentita. No... non poteva essere... no, non lui! Lui doveva essere in alto mare e non lì a Storybrooke.
Si voltò lentamente, con il cuore in gola e gli occhi sgranati. Sperò che fosse un sogno. No, non l'era: Killian Jones era lì di fronte a lei con uno sguardo a metà tra l’incredulo e il commosso che la fissava.
Un’altra frase che sua madre una volta le aveva detto (sempre prima di partire) le tornò in mente: mamma diceva sempre, devi gettare il passato dietro di te prima di andare avanti. Fino a poco tempo fa avrebbe risposto che ormai era andata avanti e si era gettata tutto alle spalle, ma la verità era che non era assolutamente vero, poiché lei lo amava ancora.
“Killian...” sussurrò, guardandolo con uno sguardo commosso. Le lacrime solcavano il suo viso, Emma Swan era commossa.
“Emma... sei tornata...” si avvicinò a lei, posandole una mano sulla guancia e asciugando con il pollice le lacrime che continuavano a cadere.
“Sì...” rispose con un flebile sussurro. Si chiese il perché Killian non fosse arrabbiato.
“Sai, ti ho cercata in lungo e in largo...” confessò. La verità era che non aveva mai smesso di amarla.
“Ero a New York...” sorrise, alla sola idea di un Killian che, disperato, la cercava.
“Lo so. I tuoi me l’hanno detto” aveva parlato anche con David, nel tentativo di ritrovare la sua Emma.
“E lui chi è?” notando Henry, non poté fare a meno di porre quella domanda.
“Lui... “ si bloccò guardando sia Henry sia Killian. Era nei guai. Temeva una possibile reazione di Henry. E se avesse deciso di non parlarle più? Dopotutto gli aveva mentito per ben quattordici anni.
“è mio padre, vero?” quella domanda di Henry la fece trasalire. Come aveva fatto a capirlo? Forse scordava che suo figlio aveva delle doti particolari.
“Sì...” abbassò la testa, fissandosi gli stivaletti neri. Si sentiva una sciocca. Con quale coraggio aveva mentito a suo figlio?
“Io... come hai potuto tenermelo nascosto?” alzò la voce. Era adirato, no anzi di più. Come aveva potuto tenergli nascosto una cosa del genere?
“Io... mi dispiace. Avevo paura che mi avresti lasciato...” ora più che mai si sentiva una sciocca. Era ovvio che Killian non l’avrebbe mai lasciata.
“Mai!” quell’affermazione, quello sguardo di ghiaccio la fecero trasalire.
“Io... sono stata una stupida...” gli occhi rossi per le lacrime, il trucco colato. Era disperata.
“Ma io non ho mai smesso di pensare a te...” trasalì ancora sentendo quelle parole. Quando Killian le cinse la vita con un braccio, una scarica elettrica la pervase. E quando posò le sue labbra sulle sue, si sciolse come neve al sole. Ora sì che si sentiva in pace con se stessa e con il mondo intero.
“Questo significa che mi hai perdonato?” gli sorrise a fior di labbra.
“Forse...” sorrise anche lui. Nel suo linguaggio significava sì ti ho perdonato, Swan.
Rise. Rise come non rideva da quattordici lunghi anni, mentre il giovane Killian imprigionava le sue labbra in un altro bacio. Henry, il quale aveva osservato la scena, sorrideva come non mai. Tutto ciò che desiderava era avere un padre ed ora finalmente ne aveva uno. Ora, finalmente, anche lui aveva una famiglia.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: salve! Eccomi tornata dopo tanto tempo con una challenge che vedrà come protagonisti i captainswan, ma ci saranno altri personaggi.
Spero vi piaccia! A presto.
   
 
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