Anime & Manga > Fairy Tail
Ricorda la storia  |      
Autore: MaxB    24/07/2016    7 recensioni
Seguito di Mi presenti i tuoi?
Dopo aver presentato la sua ragazza ai genitori, Gajeel Redfox capisce che Levy è l'unica donna che potrà mai sopravvivere ai suoi. Pertanto, è il momento di farle la proposta di matrimonio.
Ma come reagirà Levy all'incontro con gli zii di Gajeel e con i suoi cugini, uno più pazzo dell'altro?
Avrà il coraggio (e il masochismo) necessario a sposare il suo fidanzato nonostante la sua famiglia... bizzarra?
Vi auguro un buon delirio!
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Gray Fullbuster, Levy McGarden, Metallikana, Natsu
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le presentazioni della fam. Redfox'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mi presenti la sposa?
 
 
- Mi presenti la sposa?
- Sh! – sibilò Gajeel tappando la bocca al cugino, Natsu Dragneel. – Ti avevo detto di non fiatare! Ti si è bruciato il cervello a furia di spegnere incendi, per caso?!
Al di là del tavolo a cui erano seduti, Natsu gli lanciò un’occhiataccia. – Bpshfnifn mh mh sauashc! – esclamò contro la mano di Gajeel.
- Che vomito, mi hai sbavato tutta la mano! – urlò quest’ultimo, attirando alcune occhiate scandalizzate dei clienti del bar.
- Ahfmfpafjnssnfs! – continuò Natsu, imperterrito.
- Gajeel, forse, se togli la mano, riusciamo a capirlo. Forse. Parliamo di Natsu, del resto – mormorò svogliatamente Gray Fullbuster, il terzo ragazzo seduto con loro al tavolo del Fairy Tail.
- Ecco qui le birre, signori miei! – esclamò con allegrezza una giovane ragazza con i capelli lunghi e bianchi, che reggeva un vassoio in alto sopra la testa. Con grazia e velocità depositò tre boccali di birra sul tavolo, insieme alle patatine che ormai portava loro senza bisogno di ordinarle. – Gajeel, puoi evitare di soffocare Natsu dentro al locale? Lo sai che Makarov poi se la prende con me.
Riluttante, Gajeel ritirò la mano, osservando schifato la lucida saliva del cugino.
- Mirajane, quel vecchio pervertito è impegnato a programmare le nozze tra te e Laxus nelle pause tra una sbirciata al tuo sedere e l’altra.
- Non essere maleducato Gray – lo riprese la ragazza, sorridendo. -  E poi io e Laxus non stiamo per sposarci.
- Va be’… praticamente è come se già lo foste – mugugnò Gajeel.
- E tu, Gajeel? Con la ragazza come va?
Gray diede un calcio all’amico da sotto al tavolo, e l’interpellato si affrettò a coprire di nuovo la bocca di Natsu prima che potesse vuotare il sacco. – Tutto… tutto a posto, grazie. Grazie per le birre. Mi pare che ti abbiano chiamata a quel tavolo, non vorrei che ti sgridassero a causa nostra.
- Uh, è vero che mi chiamano. A dopo signori!
Mirajane se ne andò in fretta, volteggiando tra i tavoli come una fata incredibilmente sexy.
Natsu, gli occhi che lanciavano saette, morse la mano di Gajeel, e fu il turno di Gray di coprire la bocca a quest’ultimo per evitare che anche i clienti dei bar dell’isolato successivo li fissassero. Il tutto, ovviamente, senza smettere di rigirarsi lo stuzzicadenti tra i denti e senza togliere il gomito dallo schienale della sedia, su cui era più sdraiato che seduto.
Gajeel ringhiò, ma Gray tolse la mano solo quando fu certo della sua inoffensività.
- Visto che stava già parlando?! Io non l’ho nemmeno detto ai miei per evitare che la notizia trapelasse, e lui mi rovina i giochi! Ti detesto, Natsu! Ti distruggo!
A distanza di anni dalla fine delle superiori, i genitori dei tre ragazzi, gli amici dei tre ragazzi e chiunque vedesse quei tre ragazzi, si chiedevano come potessero essere amici.
Come potevano essere amici?!
- Gajeel, lo sai che non sa tenere i segreti. È scemo, punto – lo informò Gray, pulendosi la mano sulla camicia. Anzi, sulla pancia. – Aspetta, dov’è la mia camicia? – gemette prima di alzarsi e aggirarsi per il locale come un detective con una lente di ingrandimento in mano.
- Se non so mantenere i segreti, perché me ne hai rivelato uno così grosso, Testa di Ferro? Sei tu lo scemo, non io!
- Io non ti ho rivelato proprio niente, è stata tutta colpa di quell’inutile gattaccio che ti ritrovi se hai scoperto tutto. Stupido te e stupido il gatto, che continui a tingere di blu. Ti sembra normale una persona che tinge di blu un gatto?!
- Ti sembra normale una persona che nasconde un anello di fidanzamento nella tasca dei jeans?! – ribatté Natsu, battendo le mani sul tavolo.
- SSSHHH! – sibilò di nuovo Gajeel, coprendosi la testa per evitare che gli altri clienti lo vedessero.
Molto utile nascondere un uomo alto quasi un metro e novanta e largo quanto un armadio dietro alle sue proprie mani. Molto utile.
Gajeel non era mai stato un asso a nascondino.
- La piantate voi due?! – sbottò Gray al suo ritorno, facendosi cadere lo stuzzicadenti dalla bocca. La camicia era di nuovo al suo posto, ma sia Gajeel che Natsu sapevano che non sarebbe stata molto tempo in quel posto. – Attirate più l’attenzione per i vostri versi e le vostre scenate che non per il segreto di Gajeel.
- Non nominate quella parola! E nemmeno la parola anello! Né fidanzamento! – sibilò Gajeel, terrorizzato.
- Ma tu li hai appena detti! – esclamò Natsu, confuso.
- Per farvi capire quali parole non dovete dire! Ma siamo davvero imparentati io e te?!
- Me lo chiedo anche io ogni tanto – rifletté Natsu, per nulla offeso.
- Io no, il livello di intelligenza è quello – sospirò Gray sedendosi di peso al suo posto.
- Allora dovresti essere parte della famiglia anche tu. Anzi, aspetta, ovviamente no perché sei più scemo di noi due messi insieme! – gridò Natsu.
Gajeel rischiò di rovesciargli addosso la birra dalla foga con cui gli passò la pinta per farlo bere. Se beveva almeno stava zitto.
- Sentite, io non brillerò d’intelligenza, ma voi non siete da meno. Specie tu, Gajeel. La scatoletta con l’anello in tasca? Levy probabilmente sapeva ancora prima che tu andassi dal gioielliere che stavi per farle la proposta.
Gajeel gemette, frustrato.
Quel venerdì pomeriggio, come da tradizione, era andato a prendersi una birra al bar con gli amici. E non un bar qualsiasi: il loro bar. Il Fairy Tail, una seconda casa.
Però qualcosa era andato storto.
Gajeel si trovava con Natsu e Gray una volta al mese, come minimo. Ma non aveva mai detto nulla a Levy perché altrimenti lei avrebbe voluto conoscere i suoi amici. E presentarla a loro era ancora peggio che presentarla ai genitori.
Quel venerdì, però, non si era reso conto dell’orario, e solo quando si era ritrovato Natsu e Gray all’officina aveva visto l’orologio. Era uscito un’ora prima dal lavoro, invece di due, e i suoi amici lo avevano portato a casa dei suoi perché si cambiasse. Viveva ufficialmente con Levy, ma aveva lasciato alcuni vestiti dai genitori per le occasioni come quella.
Spogliandosi per cambiarsi, aveva gettato per terra un paio di jeans, dalla cui tasca era uscita fuori una scatoletta blu di velluto. Il gatto ficcanaso di Natsu, Happy, che il ragazzo si portava dietro come se fosse una persona, aveva attirato l’attenzione sulla scatolina, e Gray l’aveva presa e aperta.
Non era stato necessario fare domande, era palese lo scopo di quell’anello. Solo Natsu non aveva capito, ovviamente.
Gray gli aveva spiegato la situazione mentre Gajeel era in bagno, e quando era tornato, pronto per uscire, Natsu lo aveva assalito di domande a cui il ragazzo non poteva rispondere. Per fortuna sua mamma non era in casa, altrimenti il suo udito capta-cose-che-non-dovrebbe-captare avrebbe colto ogni dettaglio di quella conversazione vietata.
- Quando glielo darai? – chiese Gray, distogliendo Gajeel dai suoi pensieri disperati.
Il ragazzo lo guardò senza battere ciglio. – Da quando fai domande così… personali? Gliel’ho dato da un sacco di tempo, e se proprio ti interessa saperlo penso che glielo darò anche questa sera. Sai, ne va matta.
Natsu lo fissò, impassibile, cercando di capire come mai Gajeel volesse mantenere segreto quell’anello di fidanzamento se tanto Levy sapeva già tutto… da tempo! Gray, invece, che aveva capito la propria gaffe, sbuffò.
- Sei un pervertito.
- Sei un invidioso.
- Invidioso? Con Juvia che si è trasferita da me? Fidati che non ho nulla da invidiare alla tua vita sessuale – ribatté Gray, portandosi le mani dietro la testa.
Gajeel ringhiò, ammonendolo: era molto attaccato a Juvia, la nuova ragazza di Gray. Erano andati a scuola insieme per anni, prima di separarsi alle superiori. Ma erano sempre rimasti in contatto, alla fine, e Juvia era stata la sua migliore amica finché non aveva conosciuto Levy. Poi, ovviamente, la sua ragazza era diventata la sua migliore amica, com’era naturale che fosse.
- Ma Levy sa o no dell’anello? – intervenne Natsu, più confuso che mai.
- Lo saprà, se continui a nominarlo! – borbottò Gajeel, ormai senza speranze. – Lo sai che qui al Fairy Tail potrebbero benissimo esserci le sue amiche o chissà chi che magari la conosce.
Natsu lo ignorò. – Ma quando glielo dai?
- L’anello, Gajeel – specificò Gray, notando il lampo di malizia che era passato negli occhi dell’amico. Di nuovo.
- Non lo so! Volevo, che ne so, farlo bene e organizzare qualcosa, ma sinceramente…
Gray e Natsu scoppiarono a ridere.
- Non ti si addice il lato romantico!
- Ecco appunto – sbuffò lui, ben consapevole di quanto ridicolo dovesse apparire.
La verità era che, il pomeriggio in cui aveva presentato Levy ai suoi pazzi genitori, aveva capito di doverla sposare. Era ovvio che voleva, era una delle poche decisioni di cui era stato più che sicuro nella sua vita. Però serviva anche a sancire dei confini con i suoi genitori. Levy era sua, non loro. Non di sua mamma, isterica dalla gioia all’idea di avere finalmente una figlia.
L’anello che aveva commissionato al gioielliere era pronto già da due settimane, e da due settimane lui pensava a come dichiararsi a Levy. Orgoglio a parte (ingollato parzialmente grazie a tanti pensieri sulle ricompense che Levy gli avrebbe dato in seguito ad un gesto dolce), Gajeel non sapeva proprio che diavolo fare.
Non aveva fantasia per quelle cose mielose.
- Dài Gajeel, ti verrà in mente qualcosa. Tipo mettere l’anello nella pizza o nel bicchiere di champagne – suggerì Gray, prima di bere un bel sorso di birra.
- Cliché – commentò Gajeel, sgranocchiando le patatine.
- Arrangiati – ribatté Gray in un farfuglio indistinto.
I tre rimasero in silenzio a sorseggiare birra per un po’, chi immerso nei propri pensieri e chi intento a trovare un senso a quella bislacca conversazione (Natsu, ovviamente), finché Gajeel non ricevette un messaggio.
Quasi sovrappensiero, prese il cellulare e sbloccò lo schermo.
Un messaggio di Levy.
Appena arrivi facciamo i conti.
- Ma che cos…?
Un altro messaggio interruppe Gajeel.
E farai meglio a tornare. Altrimenti saranno ancora più guai.
Sporco traditore.
- Gajeel? – lo chiamò Natsu, pizzicandogli una guancia.
Lui, perplesso e terrorizzato com’era, non rispose nemmeno a quel tocco molesto.
- Ohi… - lo incalzò Gray.
Ma Gajeel era su un altro mondo.
Piccoletta che cavolo stai dicendo?
- Gajeel, porca di quella…
- Levy mi sta scrivendo dei messaggi strani – lo interruppe Gajeel, prima che potesse imprecare come solo Gray sapeva fare.
- Sconci? – indagò Natsu, che non aveva ben presente il significato della parola sconci, di cui però apprezzava il suono.
Sconcio.
Era carina, come parola.
- No, deficiente – disse Gajeel, senza una traccia di rabbia nella voce. Completa apatia. – Solo che…
Un altro messaggio.
Che cavolo sto dicendo?! Sto dicendo che sono venuta a
sapere da tuo PADRE che ogni venerdì esci DUE ORE
prima dal lavoro. Mi tradisci, vero, razza di porco infame?!

E NON CHIAMARMI PICCOLETTA.
- Oh santo cielo! Levy è convinta che io la tradisca!
- Che?! – esclamò Natsu, sputando birra ovunque e innaffiando Gray, che se non fosse rimasto turbato da ciò che Gajeel aveva detto gli avrebbe tirato un pugno.
- Sì! Perché mio papà le ha detto che ogni venerdì esco dal lavoro due ore prima. Che poi non è nemmeno ogni venerdì!
- Aspetta, aspetta, aspetta. Lei non lo sa? – lo interrogò Gray, con le goccioline di birra e saliva che gli colavano dai capelli.
- No…
- Perché diavolo non gliel’hai detto? E perché tuo papà non le ha detto che sei con noi? – lo incalzò Gray, mentre le rabbia iniziava a prendere il posto dello stupore. Tra lui e Natsu davvero non sapeva chi fosse più idiota.
Gajeel si grattò la testa, aspettando segni di vita da parte di Levy.
Nessuno.
- Se gliel’avessi detto avrebbe voluto conoscervi. E io, di presentarla a due come voi, non ci penso proprio!
- Perché? – esclamò Natsu, offeso.
- Sarà anche sopravvissuta ai miei, ma non sopravvivrebbe a voi. Non solo scapperebbe, cambierebbe anche continente.
Natsu scattò in piedi per tirargli un pugno, ma Gray lo precedette. Solo che, invece di colpire Gajeel, beccò Natsu. – Ho i capelli pieni della tua bava, idiota!
Quando si dice scoppio ritardato…
Con un urlo ferino, Natsu si scagliò su Gray, e Gajeel colse l’occasione per fotografarli: Gray, senza pantaloni per chissà quale motivo, con i capelli appiccicati al volto e un ghigno sadico sul viso, aveva il pugno pronto, diretto verso lo stomaco di Natsu. Quest’ultimo, immortalato nell’atto di saltare per scagliarsi sull’amico, era fermo a mezz’aria.
E poi c’era Mirajane che, in un lampo di capelli bianchi e gonna bordeaux al ginocchio, li aveva bloccati, mettendo una mano in faccia a Natsu e una mano sul petto di Gray.
Come aveva fatto Mirajane ad arrivare a fermarli così in fretta?
Gajeel non ci fece caso e inviò la foto alla sua ragazza.
Sono con amici, a casa ti spiego.
La risposta non tardò ad arrivare, mentre Mirajane intimava a Gray di rimettere i pantaloni e Natsu borbottava cose senza senso.
Non posso credere che tu sia in uno di quei locali pieno
di spogliarelliste! Guarda che tette che ha quella!
Gajeel Redfox, sei morto.

MORTO!
Esterrefatto, Gajeel fissò la foto attraverso gli occhi di una fidanzata gelosa e all’oscuro di tutto.
Mirajane, bellissima, con le mani posate sul petto di un Gray senza pantaloni, aveva la gonna alzata fino a metà coscia a causa del movimento brusco compiuto per arrivare fino a loro. E poi c’era Natsu, con una delle sue ridicole giacchette aperte sul davanti, che metteva in mostra i pettorali e gli addominali.
Era davvero morto.
Gajeel scappò senza salutare nessuno e senza pagare il conto: glielo avrebbero pagato i suoi amici, o lo avrebbe saldato la volta successiva. In fondo, il locale era del nonno di suo cugino Laxus.
Cugino di secondo grado, ma pur sempre cugino…
 
- Vattene dai tuoi, non voglio nemmeno vederti! Ti odio! – gridò Levy, in preda all’isteria, scappando al piano di sopra, in camera.
Gajeel sospirò, esasperato. Non tanto dalla scenata della sua ragazza, quanto da lui stesso.
Era esasperato da se stesso, sì.
Dopo aver bevuto un bicchier d’acqua ed essersi tolto le scarpe, Gajeel salì in silenzio le scale.
- VATTENE! – urlò ancora Levy, la voce perfettamente nitida nonostante si fosse chiusa in camera.
Gajeel immaginò che la porta fosse chiusa a chiave, ma provò ad aprirla lo stesso.
Appurata la sua deduzione, fregò la chiave del bagno che si affacciava sul corridoio, di fianco alla vecchia camera di Levy, e si diresse verso la camera dei suoi genitori.
Da quando erano morti, Levy si era trasferita lì e aveva spostato le loro cose nella sua camera con il letto singolo. Poi l’aveva chiusa a chiave e non l’aveva più aperta. I suoi erano morti in un battito di ciglia, e la sua vita ne era stata sconvolta. Si era ritrovata, da sola, a dover gestire una casa e a dover trovare un lavoro per mantenersi, perché, nonostante l’eredità e l’assicurazione sulla vita dei suoi non fossero esattamente somme trascurabili, Levy non poteva vivere di rendita.
La casetta era molto bella all’esterno, frutto di anni di sacrifici del padre, che aveva lavorato in banca. Il giardino era maestoso e circondava la casa bordeaux, che si sviluppava su due piani. Di fianco ad essa, un garage doppio ospitava le macchine di Levy e di Gajeel, più la moto di quest’ultimo.
Al primo piano, dove si trovava Gajeel in quel momento, c’erano due stanze e due bagni, uno interno alla camera matrimoniale, e uno sul lato destro, adiacente alla vecchia camera di Levy. In fondo al piccolo corridoio una porticina permetteva l’accesso al polveroso ripostiglio.
Gajeel inserì la chiave del bagno nella toppa della camera da letto sua e di Levy, e armeggiò finché sentì la chiave inserita dalla parte opposta cadere con un tonfo sulla moquette del pavimento.
Gajeel ghignò. Era davvero comodo, per lui, avere la stessa serratura e le stesse chiavi in ogni porta della casa.
Il ragazzo entrò in fretta nella stanza e si scontrò con gli occhi fiammeggianti di rabbia di Levy.
Un brivido lo percorse dalla base del collo fino alla punta dei piedi: era così sexy…
Si schiarì la voce: - Ciao, piccoletta.
Lei assottigliò ancora di più gli occhi, se possibile, e infilò la testa sotto al cuscino.
Gajeel sospirò, avvicinandosi al letto e sedendosi sulla sponda del lato sinistro, dove Levy si trovava. Allungò una mano e le accarezzò dolcemente la schiena, ma lei gemette di frustrazione e si ritrasse fino a trovarsi seduta sul letto, lontana da lui. – Non azzardarti a toccarmi. Chissà quante altre donne hai toccato nelle ultime ore, con quelle tue mani sporche di…
- Levy, non ti ho tradita! Ma sei pazza?! Non ero in un locale per spogliarelliste, ero al Fairy Tail!
Levy sgranò gli occhi, ma nel giro di mezzo secondo riacquistò il controllo di sé e lo fissò trucemente.
- Ogni tanto il venerdì pomeriggio esco prima dal lavoro e mi trovo al bar con mio cugino e qualche amico. È una specie di tradizione, beviamo una birra e poi ci salutiamo, ancora tutti sobri e pronti per la cena.
Lei non rispose e non mutò espressione, ma Gajeel aveva imparato a conoscerla e poteva vedere la domanda che le si era formata nella mente come se l’avesse pronunciata chiara e forte: “Perché non me l’hai detto?”.
- I miei amici sono… ecco… non adatti a te, quindi non ti ho detto nulla perché altrimenti avresti voluto conoscerli e…
Pessima mossa. Pessima. Pessima. Pessima mossa.
Levy gli si scagliò contro con i pugni pronti a colpire, e Gajeel si trovò immobilizzato sul letto con una furia dai capelli turchesi seduta su di lui, che si dimenava in preda alla rabbia.
- Tu… brutto… infame… traditore… - gridò, accompagnando ogni parola con un pugno poco efficace sul petto marmoreo del ragazzo. – Perché… non… mi… dici… mai… nulla?!
Gajeel era più intento a contemplare il suo viso rosso e i suoi capelli scarmigliati che a darle retta.
Poi, finché gli era seduta sopra…
Il ragazzo le bloccò i polsi e la tirò giù, facendola sdraiare di fianco a sé.
Le baciò dolcemente il collo, una, due, tre volte, finché sentì che la sua resistenza nervosa cedeva il passo alla morbidezza: Levy si scioglieva sempre a contatto con lui.
- Scusa. Hai ragione. È che non ci ho mai pensato. Mi perdoni?
- Mpf… - mormorò Levy, in un fallimentare tentativo di mostrarsi dura mentre le sue labbra le solleticavano il collo e le sue mani le accarezzavano le braccia.
Involontariamente, alzò una gamba per circondarlo e tirarlo di più a sé, facendolo sogghignare contro il suo collo.
- Lo prendo per un sì. E la cosiddetta spogliarellista della foto in realtà è la barista del bar, la ragazza del mio cuginastro. Il mio amico in mutande… be’, ha una specie di malattia e ogni tanto si spoglia. Non chiedermi niente, non mi sono voluto informare sui dettagli della malattia di un tipo che si ritrova nudo in mezzo alla folla.
Levy ridacchiò e si strinse a lui. – Lo so chi è Mirajane. Era una delle mie compagne delle superiori, eravamo amiche. Lo siamo ancora. Ogni tanto ci troviamo anche noi al Fairy Tail.
Gajeel si irrigidì. – E mi hai fatto tutta quella scenata per…?
- Per farti prendere un po’ di paura, stupido Gajeel. Tuo papà mi aveva detto che ogni tanto il venerdì uscivi con gli amici. Ma era giusto che pagassi.
Il ragazzo sbuffò, poi le mordicchiò il collo per punirla. – Devi smetterla, Gamberetto. Non è così che si comporta una moglie.
Levy trattenne il respiro, mentre Gajeel si autoproclamava re degli idioti.
- Ma se un mese fa mi hai fatto notare che non siamo nemmeno fidanzati?
Forse era fuori pericolo. Forse. – Be’, però viviamo insieme. Ora smettila e vestiti che ti porto fuori a mangiare il pesce.
Gajeel si mise seduto sul letto, e Levy osservò il modo in cui il sole morente di quel venerdì giocava con i suoi capelli corvini. Lei adorava i suoi capelli.
Adorava tutto di lui.
Quando Gajeel fece per alzarsi, Levy lo trattenne per un braccio. Gajeel si voltò a fissarla, chiedendole con lo sguardo cosa volesse.
- Mi porti fuori a mangiare il pesce?
Lui annuì, e se il sole non l’avesse accecata, avrebbe giurato di averlo visto arrossire.
- Perché?
Gajeel scosse le spalle. – Così. Non mi va di cucinare, e non mi va di assistere te in uno dei tuoi tentativi di preparare un pasto che sia commestibile.
Levy arricciò le labbra, indispettita, e rotolò fino alla parte opposta del letto.
- La tua gentilezza e il tuo amore nei miei confronti sono sempre toccanti. E io che volevo continuare quello che stavamo facendo prima – mormorò con voce suadente, guardandolo da sopra una spalla mentre si infilava in bagno.
Gajeel non la seguì per sbatterla sul letto come faceva sempre. Non fece proprio nulla.
Levy sapeva che quell’atteggiamento non era normale. Ma decise di rimandare a dopo la cena, quando Gajeel avesse avuto un po’ di alcol in corpo.
Gajeel, invece, sapeva che, dopo la cena, avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per continuare quello che avevano più o meno iniziato prima.
Quando Levy era felice sapeva essere davvero, davvero incredibile.
E quella sera, Gajeel ci contava, sarebbe stata molto felice.
Molto, molto felice.
 
Il cameriere li fece accomodare ad un tavolino appartato con vista sul mare, e la sola espressione di estasi di Levy bastò a far sentire contento Gajeel.
Ci avevano messo una mezz’oretta a raggiungere il mare, grazie ad una serie di scorciatoie che Gajeel conosceva e al vantaggio che la moto comportava. Il ragazzo sperava solo che la sua confessione le piacesse. La scatolina con l’anello sembrava pesare qualche chilo, nella tasca dei suoi jeans neri.
- Ti piace? – chiese a Levy, circondandole la vita con il braccio dopo averla raggiunta alla ringhiera di fianco al loro tavolo.
- Tantissimo! Guarda, si vede anche il tramonto! Il sole sembra viola da qui.
Lui non rispose, ma si mise a fissare in silenzio la sua espressione estasiata, così pura e innocente da sembrare quella di una bambina. Il vestitino bianco che le arrivava a metà coscia, però, smanicato e scollato quanto bastava per permettere alla sua mente di distrarsi molto facilmente, gli ricordò che Levy non era una bambina.
Quando lei si girò e colse la sua occhiata famelica, arrossì e si sistemò la fascetta bianca tra i capelli, per poi lisciarsi la gonnellina morbida con l’orlo azzurro come la cintura che aveva in vita e come le scarpe con il tacco alto.
- Mi piaci molto con la camicia bianca – rivelò appoggiandosi alla ringhiera con i gomiti e la schiena, ruotando su se stessa.
Mordendosi un labbro, gli sbottonò un bottone della camicia, per permettere ai pettorali di respirare un po’. – Ecco, ora sei perfetto.
Gajeel si arrotolò le maniche della suddetta camicia, rigido. Finché avesse avuto quel maledetto anello in tasca, non si sarebbe goduto la maledetta serata e i maledetti flirt di Levy.
No, quelli se li sarebbe goduti eccome.
Levy si sporse per baciarlo dolcemente, ma si ritrasse dopo poco perché non lo sentiva convinto.
La cosa iniziava a puzzarle.
Gajeel si schiarì la voce, a disagio. – Vado un attimo a dire una cosa al cameriere. Torno subito.
Levy, rimasta sola, seguì la schiena del suo ragazzo fino al momento in cui sparì dentro al ristorante.
Che Gajeel fosse strano, lo aveva notato.
Che volesse lasciarla? Aveva qualcosa da dirle, questo era certo.
Gajeel ricambiava sempre, sempre i suoi baci.
Che l’avesse davvero tradita?
Con il cuore pesante, si sedette al tavolo e iniziò a sfogliare il menu senza riuscire a dare un senso a quelle lettere buttate a caso sulla pagina.
Il tramonto, ormai, le apparivo grigio e acre come il fumo di una sigaretta.
 
- Posso parlare con chi serve i piatti in tavola? – chiese bruscamente Gajeel alla ragazza della cassa, guardandosi indietro per accertarsi dell’assenza di Levy.
La cassiera, terrorizzata dalla mole e dall’aspetto di Gajeel, scappò a chiamare qualcuno.
A volte essere terrificanti era un vantaggio.
Anzi, lo era sempre.
- Buonasera, desidera?
Gajeel si girò al suono di quella voce maschile, e scoprì che il ragazzetto che gli si era parato davanti parlava proprio con lui.
- Servi tu ai tavoli?
Mancanza di tatto, sempre e comunque.
Gajeel non si smentiva mai.
- Sì… servo ai tavoli e coordino chi deve farlo. Desidera?
- Ho bisogno di un favore – disse, tirando fuori dalla tasca la scatoletta con l’anello.
Levy non si vedeva.
- So che siete famosi, come ristorante, per le composizioni culinarie che fate. L’impiattamento.
Gajeel, come cuoco, se ne intendeva.
- Ho bisogno che mettiate questo anello in una capasanta. In una conchiglia pulita, ovviamente. Devo ancora ordinare, sono al tavolo all’esterno, vicino alla ringhiera. La mia ragazza ordinerà le capesante, e voi gliele porterete, insieme all’anello. Tutto chiaro?
Il cameriere lo fissò impassibile, senza lasciar trapelare la sorpresa che la richiesta del cliente aveva suscitato in lui. Non tanto per l’ordine in sé, erano abituati a quel tipo di richieste, quanto per l’aspetto di chi glielo aveva domandato.
- Certo, signore. Posso suggerirle di usare, però, una conchiglia da perle? Sono conchiglie molto eleganti, gliene posso posizionare una nel piatto, semiaperta, con l’anello all’interno. Genererà più sorpresa rispetto al vedere subito l’anello nella capasanta.
Gajeel non ebbe bisogno di pensare: annuì e definì gli ultimi dettagli con il cameriere.
Poi si fiondò fuori.
 
- Questo vino bianco è così delicato! L’hai assaggiato, Gajeel?
Il ragazzo, che non perdeva d’occhio la porta del ristorante, annuì distrattamente.
Non ricordava nemmeno più che gusto avevano gli antipasti che avevano appena mangiato, e gli spaghetti allo scoglio gli sembravano vermetti mollicci e insapori.
- Gajeel?
Non la sentì.
Solo quando Levy allungò una mano per stringere la sua, si riscosse.
- Ohi?
- Sei strano, Gajeel. Che cos’hai? Dimmi la verità.
- Niente – sospirò lui, appoggiandosi di peso allo schienale, allontanando la mano dalla sua. – Andare al bar mi ha stancato. È stata una settimana pesante al lavoro.
- Quanto spesso ci vai con i tuoi amici? Al Fairy Tail, dico.
- Mah, una o due volte al mese… - bofonchiò, rigirando gli spaghetti nel piatto.
- Così tanto? Attento a non farti venire fuori la pancetta da birra, sai – lo ammonì lei ridendo.
Ma Gajeel non reagì.
- Sono buoni gli spaghetti?
Il ragazzo alzò lo sguardo, osservandola. La sua ansia era tale da impedirgli di vedere la preoccupazione di Levy. – Ne vuoi un po’?
- No, grazie. Li ho sentiti prima. Prova il mio riso.
Gajeel aprì la bocca meccanicamente quando Levy gli fece assaggiare il suo morbido risotto, ma tutto ciò che fece fu grugnire un “mh” che non esprimeva né apprezzamento né disappunto.
Il silenzio regnò sovrano finché il cameriere portò via i loro piatti vuoti.
Levy stava giocando con lo stelo di vetro del bicchiere quando accadde.
- OMMIODDIO! Sì che voglio sposarti! Oddio! – urlò una donna, pochi tavoli distanti da loro. – Mi hai messo l’anello in una capasanta. Oddio, ti amo, ti amo, ti amo!
La scenata esagerata e di poco gusto indusse i presenti ad applaudire, e Gajeel, gelato sul posto, osservò la maschera di tensione di Levy sciogliersi in un sorriso dolce come il miele dei suoi occhi.
- Non sono carini, Gajeel? Gajeel?
Ma il ragazzo era scattato in piedi ed aveva imboccato la porta che conduceva al ristorante.
Porta che, in quel momento, stava per essere attraversata dal cameriere diretto al loro tavolo con un piatto di capesante, vongole, cozze e anello.
Quello fu il placcaggio più violento che la storia del rugby avesse mai visto.
 
- Ma mi dici che ti è preso nel locale, Gajeel? Hai atterrato il cameriere! – lo incalzò Levy, per la sedicesima volta.
Il ragazzo si era scusato con il cameriere, che aveva capito la situazione e gli aveva allungato di nascosto l’anello nascosto nella conchiglia spiaccicata sulla sua camicia bianca, insieme al resto del piatto.
Chissà come, Gajeel ne era uscito senza uno schizzo di sugo sulla camicia inamidata.
- Niente, pensavo di aver visto… non lo so, un tizio armato.
- E hai placcato il cameriere?!
Gajeel sbuffò. – Vuoi un gelato?
- No!
Furibonda, Levy si allontanò in fretta sui tacchi alti.
Dieci secondo dopo, quando Gajeel smise di fissare il suo sedere, la raggiunse in due falcate. Con i tacchi era più lenta del solito, e aveva le gambe che erano la metà di quelle del suo compagno.
- Gajeel, è tutta la sera che sei strano. Vuota il sacco, se non è niente di grave, altrimenti morirò prima della fine di questa notte. Mi hai tradita? Voi lasciarmi? Che problema hai?
Lui scosse la testa, in totale confusione. Che diamine doveva fare?!
- Niente di tutto ciò. Mi sento solo strano.
Levy, arrendendosi, sospirò e distolse lo sguardo per evitare che lui vedesse i suoi occhi lucidi.
Lo strisciante senso di erroneità di quella situazione non voleva abbandonarla.
Dopo tre minuti passati a camminare in silenzio sul lungomare affollato, Levy si diresse verso la spiaggia e, togliendosi le scarpe, iniziò a camminare sulla sabbia, verso il mare. Gajeel la imitò e la seguì in silenzio.
Pochi istanti dopo, Levy era ferma, sotto la luna, a contemplare il cielo stellato e la cadenza con cui le onde si infrangevano sulla battigia.
Gajeel, ammaliato da quella vista, tirò fuori dalla tasca l’anello, che era tornato al suo posto nella scatoletta.
Appoggiando le scarpe sulla sabbia vicino a quelle di Levy, aprì la scatoletta e osservò il modo in cui la luce riflessa della luna cambiava i colori di quell’anello scintillante.
Cosa doveva fare?
Magari i maschi non facevano cose difficili come partorire e avere il ciclo ogni mese, ma le donne avevano una vaga idea di quanto fosse dannatamente complicato fare una dichiarazione d’amore?
Batteva il parto, il ciclo mestruale e le emicranie insieme. Contemporaneamente.
- Gajeel, cos’è quello?
Il ragazzo sussultò e fece cadere la scatolina, ma le mani di Levy, più vicine di quanto lui avesse creduto, la afferrarono prima che toccasse la sabbia.
- Un anello? – chiese lei, scettica, rigirandosi la scatola aperta tra le mani.
Gajeel si grattò la nuca, come sempre quando era in ansia, o nel pallone, o nell’estremo bisogno di grattarsi la testa perché gli prudeva.
- Ehm…
- Gajeel? Per chi è quest’anello?
Il ragazzo non voleva guardarla in volto. Se l’avesse guardata, non sapeva cosa sarebbe successo. Probabilmente le avrebbe assalito il collo e le labbra nel vano tentativo di scaricare la tensione, per poi stracciarle il vestito mentre l’anello veniva seppellito dalla sabbia.
Pessima idea.
- Gajeel! – sbottò Levy, tirandogli un pugno sul braccio.
- Per te! – esclamò, rude. – Per chi altri? Per me? Non mi sta nemmeno nel mignolo quell’affarino! Doveva portartelo il cameriere dentro una di quelle conchiglie che fanno le perle, ma un deficiente ha avuto la mia stessa banale idea e sarebbe stato imbarazzante se avessi trovato anche tu l’anello nella conchiglia!
Levy restò in silenzio, continuando a fissare l’anello, senza parole.
- Penso che tu sappia cosa significa regalare un anello ad una ragazza, no? Sai anche che non è facile, per uno come me, fare una dichiarazione fatta come la vorresti tu, vero?
Lei gli prese il mento tra le dita e lo costrinse a guardarla. – Gajeel, io non ho mai chiesto niente e non ho mai preteso niente. Per come sei fatto tu, pensavo che me l’avresti chiesto una mattina a colazione, passandomi i cereali e un anello sul tavolo, dicendomi di metterlo al dito perché ci saremmo sposati. Molto romantico, no?
- Grazie della fiducia – bofonchiò lui, sentendo il suo cuore scaldarsi grazie all’amore che vedeva nei suoi occhi. Quello stesso amore che doveva essere uno specchio di quello visibile sei suoi occhi rossi.
- Quello che intendo dire è che io non vorrei che tu facessi le cose in modo diverso da come le faresti tu. Non dico che questa dichiarazione intima sulla spiaggia mi faccia vomitare, anzi. Appena finisco di parlare probabilmente mi metto a saltare e gridare, va bene?
Gajeel scosse le spalle, esultando dentro di sé.
- Solo una cosa ti chiedo. Anzi, la pretendo. E so che sarà l’unica che non mi darai.
Gajeel drizzò le orecchie e la fissò con attenzione. Le avrebbe dato tutto…
- Inginocchiati.
…tranne quello.
- C’è la sabbia, mi sporco i pantaloni.
- Gajeel! – protestò Levy, ridendo. Sapeva che sarebbe stata dura. – Non volevo una cenetta romantica, che tra l’altro non è stata romantica, e non volevo il tramonto e il chiaro di luna e le onde. Volevo solo te inginocchiato a chiedermi di essere tua… moglie – rivelò, la voce rotta dall’emozione sulle ultime parole.
Gajeel si stava trattenendo dal saltarle addosso con ogni briciola di forza di ogni singola cellula.
Ma non si sarebbe mai inginocchiato.
- Facciamo così… - mormorò.
Repentinamente, la prese in braccio, facendola urlare, e Levy agganciò le gambe attorno alla sua vita per sentirsi più stabile, appoggiandosi poi alle sue spalle.
- Ma che fai?!
- Ecco. Se io mi inginocchiassi e tu fossi in piedi, saremmo esattamente a queste altezze. Va bene anche così, quindi.
Levy gonfiò le guance, irritata, ma lo sguardo deciso negli occhi di Gajeel la sciolse come un ghiacciolo al sole. La scatolina con l’anello era ancora stretta nella sua mano.
- Levy McGarden, vuoi sposarmi?
Levy trattenne il fiato e sbatté le palpebre, commossa.
- Tutto qui?
Gajeel aggrottò la fronte. Pensava che lo avrebbe baciato con foga, non che si sarebbe lamentata. – Non hai detto tu che volevi una cosa alla Gajeel? Be’, questa è alla Gajeel.
Diretta, senza fronzoli, quasi brusca.
Era l’essenza di Gajeel.
Levy ridacchiò. – Va be’, io ci ho provato lo stesso.
- Allora? Mi rispondi? – chiese lui, facendola sobbalzare tra le sue braccia per sistemarsela meglio addosso.
- Sì, ovvio che sì, stupido Gajeel. Ti amo.
Il bacio che Gajeel le diede dopo, così dolce e delicato come non era mai stato, nemmeno al loro primo appuntamento, fece sorridere Levy.
Mai un gesto come quello aveva rappresentato così sinceramente un muto “Ti amo anche io”.
 
Quando tornarono a casa, qualche ora dopo, erano entrambi troppo sfiniti per darsi alla pazza gioia e bruciare le calorie della serata. Così, semplicemente, si infilarono a letto.
O meglio, Gajeel si infilò a letto, e dopo quindici minuti passati a chiamare la fidanzata, sbuffò e si girò verso di lei.
Levy stava rimirando il suo anello davanti allo specchio illuminato del mobile da toeletta, muovendo la mano sinistra e provando a vedere come appariva l’anello da ogni angolazione. Gajeel vide un bagliore rossastro quando la luce colpì il gioiello nuovo.
L’anello era tutto sommato semplice, un solitario alternativo che aveva un rubino brillante al posto di un classico diamante. Levy aveva capito subito che la pietra rappresentava il colore degli occhi di Gajeel, che l’oro bianco dell’incastonatura rendeva ancora più intenso. Semplicemente, lo adorava, e decise che non lo avrebbe mai, mai tolto dal dito.
Una cuscino volante le colpì la schiena.
- Ehi! – esclamò lei, indispettita, voltandosi di scatto verso il letto e posizionando la manina in avanti, mettendo in bella mostra l’anello.
- Se non vieni subito a dormire lo porto indietro e non ci sposiamo – la incalzò Gajeel, battendo perentorio una mano sul materasso.
Levy sbuffò e si avvicinò lentamente al letto, senza dargliela vinta. – Stavo arrivando, scimmione impaziente.
Gajeel le afferrò il polso e la tirò, facendosela cadere addosso con un urletto. – Questo scimmione ti ha regalato un anello che è costato quasi quanto lo stipendio di un mese dell’officina e del ristorante insieme. Quindi fai la brava e obbedisci al tuo fidanzato.
Pur contrariata, Levy decise di cedere e, dopo avergli calpestato un po’ il corpo, si sdraiò sbuffando.
Le braccia del ragazzo si avvinghiarono subito a lei come liane di un albero, o come due stritolanti boa, stringendosela al petto e seppellendo il naso nei suoi capelli. Levy si voltò in modo da poter appoggiare la testa sulla sua spalla, e gli baciò il collo per dargli la buonanotte. Più un pizzicotto sul fianco.
Gajeel pensò che era davvero valsa la pena di spendere tutti quei soldi per potersi addormentare ogni notte sentendo il suo sorriso sulla pelle.
 
- Levyyy non ci credo! Non ci credo!! Fammelo vedere fammelo vedere!!
La ragazza scese dalla moto ancora accesa e lanciò il casco verso Gajeel, che lo afferrò al volo per pura fortuna. Il suo cuore si bloccò quando vide il casco nuovo volare in aria senza un minimo di amore e considerazione.
- Levy, accidenti, che…
Ma le urla della sua fidanzata e di sua mamma messe insieme non lasciavano spazio ad alcun altro suono.
Gajeel spense la moto e, togliendosi il casco, rimase a fissare le due donne della sua vita che saltellavano, si abbracciavano e rimiravano l’anello di Levy, controluce, all’ombra, da ogni angolatura, gesticolando.
Era un cavolo di anello, per la miseria!
- Va bene che mia mamma è sveglia – esordì avvicinandosi alle due, dopo aver messo via i caschi e spento la moto, - ma non penso che abbia dei radar così sviluppati per queste cose. Quando gliel’hai detto, piccola chiacchierona?
Ma Levy lo ignorò, abbracciando Belno Redfox, la futura suocera, per la tredicesima volta.
- Ha scritto ieri mattina, ma tua mamma ha letto il messaggio solo ieri sera. Per fortuna. Non avrei resistito con i suoi urletti eccitati un minuto di più – lo informò Metallikana, appoggiato con nonchalance allo stipite della porta d’entrata.
Gajeel lo vide molto provato; conosceva bene suo padre.
- Voleva venire da voi ieri sera. Ho dovuto letteralmente legarla al letto per impedirglielo.
Gajeel deglutì avvicinandosi al padre, per poi osservare le due donne in preda alle convulsioni. Levy a quanto pareva aveva dato la notizia a sua mamma sabato mattina, il giorno dopo la dichiarazione, e quella domenica erano a pranzo dai suoi come da tradizione. Sempre che un gesto possa essere considerato una tradizione dopo solo un mese…
Era terrificante quello che potevano fare.
Poi però ghignò. – Non dirmi che non ne hai approfittato, vecchio pervertito.
Metallikana gli lanciò un’occhiata eloquente, e sul suo volto si aprì lo stesso, strano sorriso del figlio. – Con tua mamma legata al letto, come avrei potuto non approfittarne?
I due ridacchiarono, le braccia incrociate sul petto allo stesso modo, gli stessi capelli lunghi e nerissimi mossi dal vento.
- Sono inquietanti da quanto sono uguali – commentò Belno, un braccio attorno alle spalle di Levy.
- Hai proprio ragione. Sembra di guardare la versione di Gajeel in due momenti temporali diversi.
Belno annuì. – Però resta sempre gnocco.
- Assolutamente.
I due uomini rotearono gli occhi, intimamente compiaciuti, ed entrarono in casa, seguiti a breve dalle donne, che si guardarono con complicità.
 
- Se solo avessi letto prima quel messaggio! – commentò Belno per l’ennesima volta, mentre lavorava con il figlio su quattro diverse padelle più il forno.
- Anche no… - mormorò Metallikana, che in quella casa si confondeva spesso e volentieri con una colonna, tanto rimaneva fermo e ritto appoggiato a qualche parete.
- Avrei preparato un pranzo molto migliore di questo! E la torta. Con tanta panna. E un bel regalo. Con i parenti. E tante foto!
- Quello è il matrimonio, Belno – bofonchiò Metallikana.
- Ma cosa dici, Belno?! Hai preparato un pranzo incredibile, non riuscirò a mangiare quasi niente! – esclamò Levy apparecchiando.
La quasi suocera era stata così emozionata da dimenticarsi di fare un sacco di cose. Tra cui preparare la tavola. E la colazione.
La fame aveva reso Metallikana di pessimo umore.
- Come mai non riuscirai a mangiare? Oddio sei incinta?! – esclamò Belno, mollando un cucchiaio senza preavviso.
Tre paia di occhi si fissarono su Levy, compresi quelli di Gajeel, esterrefatto.
La ragazza, avvampando, squittì e mosse le mani in preda all’agitazione. – Assolutamente no! No! È solo che hai preparato troppa roba.
Metallikana distolse lo sguardo, Gajeel tornò alle padelle senza mutare espressione, e Belno sospirò… quasi delusa. – Non preoccuparti, vorrà dire che ti porterai a casa gli avanzi. Piuttosto, devo dire che mio figlio ha avuto poca fantasia.
- Perché? – chiese il diretto interessato, offeso per… qualunque fosse la cosa che sua mamma stava dicendo.
- Per la tua scarsa fantasia, tesoro. Tuo papà mi ha regalato un anello identico al tuo per il fidanzamento!
- Davvero? – chiese il figlio, perplesso.
- Davvero? – ripeté Levy.
Gajeel e Belno le si avvicinarono e Gajeel le alzò la mano sinistra mettendo in mostra l’anello. Non poté fare a meno di notare per la centesima volta quanto minuscola fosse la sua manina delicata rispetto alla sua, ruvida e da lavoratore, piena di taglietti e cicatrici per via del lavoro in cucina e sui ferri delle macchine.
Adorava quelle manine. E le adorava quando erano strette nelle sue.
Belno alzò la sua mano e accostò il suo anulare a quello della ragazza.
L’anello era quasi identico, con lo stesso rubino rosso, solo di forme e dimensioni diverse. L’unica vera cosa che cambiava era il cerchio attorno al dito.
- Vedi? – le fece notare, ruotando il suo. – Il tuo è argento…
- Oro bianco – la corressero in coro i neo fidanzati.
- Oro bianco – convenne Belno. – Il mio è oro classico, giallo. Vedi che brutto effetto fa con il rubino? Sembra un pugno in un occhio. Mi ha sempre fatto schifo questo anello.
Metallikana, che dal muro si era spostato verso le pentole per annusare il profumo del cibo ben cotto e cercare di placare i morsi della fame, appoggiò rumorosamente la forchetta sul bancone e si girò lentamente verso i tre alle sue spalle.
Levy e Gajeel lo fissavano, in attesa di… qualcosa. Belno, invece, continuava a paragonare i due anelli.
- Come, cara? – chiese lentamente.
Per la prima volta, Levy ebbe paura del suocero, e si strinse contro Gajeel.
Belno sollevò la testa, confusa. – Ah, non te l’avevo mai detto? Ops…
L’occhio destro di Metallikana iniziò ad aprirsi e chiudersi a scatti, come in preda a qualche strano tic nervoso. -  Mi prendi in giro? Sai quanto ho speso per quel gingillo? E mi vieni a dire dopo trent’anni che ti fa schifo?
- Suvvia, non farne un dramma. Vedrai che dopo aver mangiato non te ne fregherà più niente. È il gesto che conta.
Belno lo spinse via dai fornelli e finì di cucinare in fretta, mentre Levy finiva ancora più in fretta di apparecchiare: non era il caso di far arrabbiare un drago affamato come Metallikana Redfox.
 
Il pranzo fu sontuoso e pieno di portate, una migliore dell’altra. Levy fu sul punto di scoppiare per due o tre volte, ma il piatto successivo le faceva sempre tornare l’acquolina in bocca.
Avere due cuochi come parenti sarebbe stata la sua dannazione.
Quando Levy tirò un sospiro di sollievo, alla vera fine del pranzo, scoprì che il peggio doveva ancora arrivare: il dolce.
Gajeel e sua mamma avevano appena finito di seguire un corso di pasticceria per aggiornarsi sulle ultime ricette e i nuovi metodi di cottura di torte e pasticcini, e Belno aveva trascorso la notte a fare dolcetti di tutti i tipi e una torta cioccolato e pinoli che era la fine del mondo.
- Basta, ti prego Belno. Non entrerò nemmeno nei vestiti da sposa xl se mangio un altro bignè – piagnucolò Levy accasciandosi sul tavolo, mentre Gajeel rideva e rubava il dolcetto che sua mamma voleva far mangiare alla sua ragazza.
- Il vestito da sposa… - mormorò Belno, come in trance.
Metallikana e Gajeel si lanciarono un’occhiata allarmata e rimasero fermi, immobili, in attesa dello scoppio della bomba.
Potevano quasi leggere la mente di Belno, che era su di giri per la storia del fidanzamento ma non aveva ancora realizzato che ci sarebbe stato a breve un matrimonio con dei preparativi da organizzare, come la scelta del catering, dei fiori, della location del ricevimento, degli inviti, delle bomboniere, del menu e del vestito da sposa.
- OMIODDIOVISPOSATE! – gridò tutto d’un fiato, mentre i due uomini si coprivano le orecchie e Levy sobbalzava dallo spavento.
- Certo – rispose, confusa. – Mi ha dato l’anello, dobbiamo organizzare il matrimonio.
Quando Belno iniziò a ballare e canticchiare frasi senza senso che avevano come tema il matrimonio e tanti figli, Levy si spaventò per la prima volta.
Alla fine Gajeel aveva ragione: sua mamma sapeva essere terrificante.
- Ma’, io e il vecchio andiamo a vedere la moto GP in soggiorno. Visto che sono un bravo figlio coscienzioso che pensa al matrimonio, per oggi non ti do una mano a sistemare.
Belno era troppo impegnata a fare la cheerleader per ascoltarlo, così i due furbi se la svignarono sotto allo sguardo attonito di Levy.
Solo quando Gajeel afferrò Levy per un braccio per tirarla via da lì Belno si riscosse.
- Eh no, bello mio – esclamò schiaffeggiando la mano del figlio. – Lei deve raccontarmi i particolari della dichiarazione. Robe da donne. Tu vai di là, sciò.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, e lasciò senza sensi di colpa la propria fidanzata in preda allo squalo assetato di sangue: Belno.
Levy deglutì: - Va bene. Posso aiutarti a sparecchiare intanto? Se resto seduta qui non mi alzerò più e Gajeel dovrà caricarmi di peso sulla moto.
Belno scosse la testa. – Non muoverti dalla sedia, apri e chiudi la bocca emettendo suoni di senso compiuto che si traducano nel riassunto della serata di venerdì. Alla mia cucina penso io.
Obbediente, Levy iniziò a raccontare di quando aveva chiamato per pura coincidenza la Metallikanika, l’officina di Metallikana e di Gajeel, scoprendo che il figlio era uscito prima per incontrare gli amici a sua insaputa. Da lì in poi il discorso fluì dalle labbra della giovane come una di quelle storie da romanzo che amava tanto ed era tanto brava a raccontare, soffermandosi sui dettagli giusti e catturando totalmente l’attenzione di Belno.
Era quasi passata un’ora quando i due uomini rientrarono in cucina per prendere delle birre, trovando le due donne sedute al tavolo, una di fronte all’altra, che si toccavano senza rendersene conto l’anello di fidanzamento. E la fede, nel caso di Belno.
Levy parlava a manetta e nemmeno un terremoto le avrebbe distratte.
Gajeel si appoggiò al muro, osservandole intimamente compiaciuto, e suo padre gli diede una pacca leggera sulla spalla.
Il che significa che gli spostò tutte le costole, la clavicola e la scapola.
- Certo che potevi avere un po’ di fantasia in più – commentò Metallikana a bassa voce. Perciò lo sentirono anche i vicini, con la sua voce profonda e cavernosa. – Le hai preso lo stesso anello che ho regalato a tua madre!
- Ma io che ne sapevo? Non sto mica lì a guardare i gioielli di tua moglie, sai? Non sapevo che avesse un brillante rosso al dito – si schermì Gajeel, bofonchiando con stizza la sua risposta.
Metallikana sospirò. – Va be’, come vuoi.
Le due donne non diedero cenno di accorgersi della loro presenza e Levy ormai era arrivata alla fine del racconto, parlando di quando Gajeel l’aveva trascinata a letto per dormire.
- Sai cosa? – esordì di nuovo Metallikana.
- Ehm… no? – rispose sarcasticamente Gajeel. Sapere cosa di cosa?
- Il sesso.
Gajeel tossì. Non si aspettava un’uscita del genere da suo padre, che piuttosto di parlare di certe cose si sarebbe fatto trapiantare del ferro al posto delle ossa. – Che?! Guarda che so come si fa, vecchio. Stiamo insieme da…
- Non volevo parlarti di educazione sessuale, idiota – sbottò Metallikana, rosso d’imbarazzo. – Volevo solo dirti che sarà una bomba.
- Eh?
- Dopo il fidanzamento, tua madre si è tipo… non so… risvegliata. È diventata una… mezza ninfomane a letto. Non hai idea. Gli ormoni sono impazziti all’improvviso.
- Guarda che io e Levy andiamo già benissimo così, a letto. Cioè, è fantastico, e… insomma… va be’, hai capito – farfugliò Gajeel, rendendosi conto in ritardo di ciò che stava dicendo.
Imbarazzante. Semplicemente imbarazzante.
- Non ne dubito. Non mi interessa, a dire il vero. Io non volevo nemmeno… argh! Quello che voglio dirti è che anche io andavo a letto con tua madre che era una meraviglia, e pensavo di aver raggiunto il meglio del meglio, ma con quell’anello al dito… una bestia, Gajeel. Una bestia in senso buonissimo. E pensare che l’anello le faceva anche schifo… non oso immaginare quella piccoletta di Levy. Ti darà parecchi problemi, figliolo.
Metallikana ridacchiò mentre Gajeel rifletteva. Come poteva la sua relazione sessuale andare ancora… meglio? Era già al meglio.
- Lo so che sei scettico, ma fidati: basta un anello al dito per mandarle fuori di testa. Chi si fa delle remore riguardo al matrimonio è scemo. Contente loro, contenti noi.
Gajeel ghignò e suo padre lo imitò.
Non vedeva l’ora di scoprire se quello che suo papà gli aveva detto era vero.
Anzi, quasi quasi… - Andiamo piccoletta?
- Così verifichi quello che tuo padre ti ha detto? – ribatté Belno.
Le due donne li stavano fissando con aria niente affatto divertita.
Erano in un mare di guai.
- Belno, non serve che…
- Tu taci, Metallikana. Mi arrabbierei seriamente se solo tu non avessi ammesso che l’anello me l’hai dato di tua spontanea volontà, e non per appurare questa tua ridicola teoria del sesso.
- Ti avrei sposata in ogni caso, cara, anche se il sesso con te fosse peggiorato. Cosa impossibile.
- Ruffiano, non voglio sentirti fiatare fino a questa sera.
Metallikana non poté fare a meno di ghignare. Conosceva sua moglie, e si sarebbe dimenticata di quella specie di punizione nel giro di dieci minuti. Stare zitta non rientrava nel suo DNA.
- E tu Gajeel? – chiese Levy alzandosi.
- Io cosa? – ribatté lui, sulla difensiva.
- Tu cos’hai da dire?
- Che ha fatto tutto il mio vecchio pervertito, io non c’entro.
- Bene, allora immagino che tu non stia pensando di verificare ciò che ha detto, giusto?
- Assolutamente no… ahem…
- Bravo ragazzo – concesse allora lei sorridendo, alzandosi sulle punte dei piedi per lasciargli un casto bacio sulle labbra. – Io allora sciopero per una settimana.
- Che?! – esclamò Gajeel, terrorizzato. – Cosa stai…?!
- Zitto, ho deciso così e basta. Ti disintossichi un po’ da… me.
Levy sorrise sadicamente e si girò a battere il cinque con Belno, che approvò e si congratulò.
Dopo l’iniziale stupore, Gajeel si riprese e fissò la fidanzata con insistenza. – Pensi davvero di resistere una settimana? Tu?
Fu un miracolo se il ragazzo non esultò e non saltò quando il sorriso di Levy si affievolì. Alle sue spalle, Belno la incoraggiava silenziosamente, spronandola a non cedere. Ma gli occhioni di Levy erano libri aperti per Gajeel, che ghignò trionfante.
- Facciamo quattro giorni – rettificò allora la giovane. – Anzi, tre – aggiunse poi, imbarazzata.
- Intende dire tre ore – sussurrò Gajeel a suo padre, battendogli il pugno.
- No, giorni! – ribadì Levy, poco convinta. – Comunque ora andiamo a casa, Belno ha lavorato come una matta e deve riposare. Ti aspetto fuori Gajeel, carica in moto il cibo che tua mamma ha messo da parte. E dammi le chiavi che mi metto il casco. Attento, mi raccomando. È stato un piacere come sempre Metallikana, ci sentiamo presto.
Dopo aver baciato il quasi-suocero e abbracciato e baciato la quasi-suocera, che le palpò il sedere e fece l’occhiolino al figlio, Levy si diresse verso la moto sotto lo sguardo perplesso di Gajeel.
- Anche questa voglia improvvisa di dare ordini è una conseguenza del fidanzamento? – chiese al padre.
- Speravo per te che fosse solo una cosa di Belno, ma a quanto pare no. Sesso migliore uguale livello di sopportazione richiesto più alto – rispose Metallikana, mentre Belno lo fissava trucemente.
Gajeel sbuffò.
Una Levy assatanata era la benvenuta. A braccia aperte.
Una Levy dittatrice… avrebbe dovuto trovare il modo di rivoltare la cosa a suo favore.
 
- Domani stai con me o inizio a diventare geloso di mia mamma? Hai una relazione con lei, per caso?
Gajeel fissava Levy torvamente (cioè con il suo sguardo solito), attendendo una risposta.
La ragazza, invece, non accennava ad alzare gli occhi dal piatto. Erano seduti sul divano a mangiare hamburger e patatine caserecci, preparati con amore e impegno da Gajeel.
Un sabato sera tranquillo passato a guardare un filmetto senza pretese.
- Guarda che lo so che mi senti. Non sei così interessata al film, lo abbiamo visto tre volte – la rimbeccò Gajeel, dandole una leggere spallata.
Levy finì con calma di masticare. Troppa calma.
- Ho già capito – ringhiò Gajeel, buttando con poca grazia il piatto vuoto sul tavolo.
Levy gli lanciò un’occhiata di rimprovero prima di allungargli il suo piatto per permettergli di rubarle le patatine grondanti di ketchup.
- No grazie, traditrice. Potrei chiedere il divorzio per il fatto che passi più tempo con mia mamma che con me.
Levy inghiottì e sospirò, accantonando il piatto per buttarsi sopra il fidanzato e accoccolarsi tra le sue gambe. In qualche modo riusciva sempre a calmarlo sapere che lei era tra le sue braccia. Il film era ormai diventato una colonna sonora di scarsa qualità che faceva da sottofondo al loro battibecco.
- Primo, non possiamo divorziare se non siamo sposati. Secondo, un matrimonio non si organizza da solo, e quindi ho bisogno dell’aiuto di tua mamma. Sai, tu sei utile quanto una zanzara. Terzo, sai bene che domani a pranzo siamo dai tuoi e che a cena ci sono i tuoi cugini, quindi non possiamo stare soli a casa.
Gajeel sbuffò, sconfitto in partenza.
L’estate era quasi finita, e i preparativi per il matrimonio erano in piena organizzazione. Si sarebbero sposati nel giro di sei mesetti, a metà aprile, e sua mamma e Levy non avevano atteso un minuto: dalla notizia del fidanzamento, si erano messe all’opera nel giro di due giorni.
I fiori li avrebbe procurati Droy, uno dei migliori amici di Levy, che aveva una fioreria. Mirajane, amica di entrambi gli sposi, insieme a sua sorella, avrebbe pensato ai centrotavola e alle bomboniere. Belno stava macinando giga di Internet giorno e notte alla ricerca della location migliore per il ricevimento, fondendo il cellulare per chiamare ogni affittuario e trattare sul prezzo. Il parrucchiere sarebbe stato un amico della migliore amica di Levy, Lucy. La ragazza avrebbe pensato agli inviti da sola: con le parole scritte faceva magie.
In quel momento squillò il telefonino di Levy, segnalando l’arrivo di un messaggio.
La ragazza si sporse e afferrò il cellulare, mentre Gajeel seguiva ogni suo movimento.
- Tua mamma vuole che domani mattina vada da lei per decidere la torta nuziale…
- Cosa?! Domani mattina?! Sai da quante domeniche mi fai svegliare alle otto? Da cinque, dico, cinque domeniche. La torta la devo scegliere anche io, poi. Non ti sposi da sola, sai?
- Non ti interessi mai di niente, Gajeel! – sbottò Levy. – Almeno Belno mi sta dando una mano, altrimenti dovrei fare tutto io!
- Tutto tu? Ma se vi siete messe a giocare alle wedding planner senza nemmeno chiedermi consiglio!? A me piacerebbe darti una mano ad organizzare il nostro matrimonio, ma mi hai tagliato fuori del tutto! Ci manca solo che mi ordini tu il vestito da sposo.
Levy, esterrefatta, si aprì lentamente in un sorriso malizioso. – Sei geloso?
- Di cosa?
La ragazza scoppiò a ridere di fronte al broncio del suo fidanzato. – Non ci credo! Sei geloso del tempo che passo con tua mamma.
- Non è vero… - bofonchiò lui, risentito.
- Sì invece! Tra poco sarai geloso persino di Lily!
Sentendosi preso in causa, il gatto che da qualche mese viveva ufficialmente con loro rizzò la testa e li fissò, in attesa di qualcosa. Levy ridacchiò.
- Dammi una mano tu ad organizzare il matrimonio, invece di fare i capricci e autoescluderti.
Gajeel sgranò gli occhi. Aveva sentito bene? – Ma che cav…
Levy lo zittì buttandogli le braccia al collo e baciandolo dolcemente su una guancia. – Belno mi… ci sta dando davvero una mano. Non posso dirle di no.
Il trillo di un nuovo messaggio confermò le sue parole.
Gajeel le rubò il cellulare e rispose a sua mamma, buttandolo poi sulla poltrona di fianco a loro. Il suo ghigno non prometteva niente di buono.
- Che hai combinato? – chiese Levy, per niente tranquilla.
- Oh, niente. Ho detto a mia mamma di non rompere perché domani mattina saremo impegnati a dormire e fare pratica per darle dei nipotini. La vedrai a pranzo – rispose seppellendo il naso nei suoi capelli e baciandole la nuca.
Levy era arrossita di botto. Non poteva credere che Gajeel avesse scritto a sua mamma che dovevano fare pratica per avere dei figli. Ma era impazzito!?
- Stupido, domani mattina dobbiamo guardare una villa che molto probabilmente sarà quella del ricevimento! Non posso fare…. Stare a casa con te a dormire!
- Invece sì. Per una volta dormiamo e poi io ti aiuto a scegliere la villa per il pranzo del matrimonio. Io. Lo sposo. Chiaro?
Levy sospirò, spegnendo la televisione ormai tanto inutile quanto irritante. – Come vuoi… Però io non sono stanca, non ho bisogno di dormire domani mattina.
Gajeel ghignò, e un brutto presentimento attraversò ogni nervo del corpo di Levy. – Ora dici così. Ma siccome adesso ti porto a letto e ti tengo sveglia per parecchio, puoi star certa che domani avrai bisogno di dormire.
Levy avvampò e distolse lo sguardo dandogli un pizzicotto. Sperava tanto che Gajeel non notasse quanto in realtà quell’idea l’allettasse.
- Davvero mi vuoi dare una mano con i preparativi?
- Mi pare ovvio. Se lascio tutto nelle tue mani, probabilmente ci sposeremo in libreria, con fiori di carta e un pranzo bruciacchiato. Ma ora basta, fila a letto mentre pulisco.
Gajeel si alzò e la scavalcò, prendendo i piatti e portandoli in cucina.
Levy sentì un brivido percorrerle piacevolmente la schiena quando vide la mole imponente di Gajeel muoversi fluidamente per la cucina. Era così sexy quando cucinava e si occupava della casa.
Uno squillo indusse Levy a prendere il cellulare.
Belno augurava loro buon divertimento.
La ragazza rise e si diresse in camera, per poi buttarsi sul letto, in attesa.
Tutto sommato non era così male l’idea di dormire la domenica mattina.
 
La presentazione con gli altri parenti di Gajeel fu piuttosto… bizzarra.
Cioè, più dell’incontro con Belno e Metallikana.
Il che era tutto dire.
La situazione di Levy invece era particolare. I suoi genitori erano figli unici, e i suoi nonni vivevano molto lontano. Poteva contare sulla punta delle dite le volte in cui li aveva visti. Perciò non aveva nessun tipo di zio o zia o parente da invitare al matrimonio, solo qualche cugino di secondo grado che non avrebbe mai chiamato.
Gajeel, invece, aveva fin troppi cugini.
Metallikana aveva tre fratelli e una sorella: Igneel, Weisslogia, Skiadrum e Grandine. Aveva anche diversi cugini, come il papà di Laxus, il nipote di Makarov, il proprietario del bar Fairy Tail, e il papà di Cobra. Perciò, tecnicamente, Laxus e Cobra erano cugini di secondo grado di Gajeel, mentre i figli dei suoi zii erano suoi cugini normali: Natsu, Sting, Rogue, e l’adorabile Wendy. Tutti figli unici.
Gajeel non aveva mai parlato bene di suo nonno, Acnologia. Suo papà e i suoi zii lo odiavano, e non gli rivolgevano la parola da anni. Tra di loro, però, i fratelli erano abbastanza affiatati. Be’, per lo meno quelli che abitavano vicino: Weisslogia e Skiadrum abitavano a tre ore di distanza in macchina. E sembrava che tutta la famiglia fosse affetta da una malattia genetica con gli stessi sintomi della cinetosi. Perciò si sentivano al telefono, ma si vedevano poche volte l’anno.
Levy aveva passato tutta la domenica mattina e buona parte del pomeriggio per cercare di imparare nomi di cugini, di zii e legami di parentela annessi, ma nemmeno un libro con l’albero genealogico l’avrebbe aiutata ad imparare quella sfilza di nomi assurdi.
- Natsu è tuo fratello? – chiese Levy per la terza volta, seduta nel soggiorno dei suoceri, rivolta a Metallikana.
- No – ribadì lui, paziente, mentre Gajeel sbuffava. Era in ansia per ciò che il suo cugino idiota avrebbe potuto combinare. E gli scenari erano così inquietantemente vari da farlo rabbrividire. – Igneel è mio fratello, Natsu è suo figlio. Mio nipote. Cugino di Gajeel.
Levy mosse l’indice nell’aria guardando il soffitto, come a tracciare le linee immaginarie che collegavano il sangue di Gajeel a quello degli altri parenti. – Dovrei esserci.
- E Wendy? – la interrogò Gajeel.
- Figlia di Igneel. No, aspetta, no. Siete tutti figli unici. Wendy è figlia di Tempesta.
Metallikana strabuzzò gli occhi e scoppiò a ridere, imitato da Belno che entrò in soggiorno in quel momento per posare degli antipasti sul tavolino.
- Non è Tempesta il nome! – esclamò Levy, imbarazzata. – Qual era? Pioggia?
Metallikana rise ancora più forte, mentre la moglie gli tirava uno scappellotto per ché non prendesse in giro Levy.
- Come cavolo si chiama tua zia, Gajeel? – sbottò poi, arrabbiata con se stessa.
E, in quanto donna arrabbiata con se stessa, doveva prendersela con il suo ragazzo.
Tutto nella norma.
 - Grandine – sbuffò lui, esasperato, prendendo posto vicino a Levy e circondandole le spalle con il braccio.
- Tempesta, Pioggia… - borbottò lei, irritata. – Sempre acqua è…
- Comunque non è vero che siamo tutti figli unici. Natsu ha un fratello, Zeref. Ma se n’è andato… papà la smetti di ululare come un lupo?
Metallikana, senza fiato dal ridere, era scivolato giù dal divano e stava ridendo con la faccia premuta sul tappeto.
- Pa’? Non fa così ridere che abbia chiamato zia Grandine Tormenta!
- Tormenta! – rise ancora di più Metallikana.
Per un momento Levy temette che facesse un infarto. Per fortuna Belno lo trascinò in cucina per un orecchio, sibilando ogni sorta di terribili minacce.
- Dicevo – riprese Gajeel quando tornò il silenzio, anche se le risate di suo papà erano ancora udibili alle loro spalle, - che Natsu ha un fratello, Zeref. Ma è partito anni fa e nessuno sa più dove sia. Aveva problemi con la droga, Natsu non sapeva nemmeno della sua esistenza.
- Oh…  - mormorò Levy, basita. – E questo Zeriffo…
- Zeriffo? Zeriffo?!
Fu il turno di Gajeel di scoppiare a ridere come Levy non l’aveva mai visto ridere.
- Zeriffo è il custode della zittadina, zusto? – riuscì a dire tra una risata e l’altra.
Levy sbuffò e, spingendolo via, si avvicinò alla finestra del soggiorno.
Non si sa come, ma Metallikana raggiunse il figlio che nel giro di tre minuti, dato che non aveva più fiato per parlare, riuscì a riferirgli di Zeriffo, facendo scoppiare a ridere l’uomo che si era appena calmato.
Belno li raggiunse con un mestolo di legno e l’aria tipica di chi sta per compiere un’efferatezza, ma la storpiatura dei nomi di Levy e le risate dei suoi uomini la coinvolsero, e alla fine furono in tre a farsi beffe della giovane.
- Sì, va be’, ridete pure – borbottò lei, risentita, cercando di nascondere un sorrisetto. Il loro accesso d’ilarità stava contagiando pure lei.
Poco dopo il campanello suonò, e dal momento che Belno stava implorando Gajeel di smetterla perché la sua vescica stava cedendo, Levy decise di aprire e accogliere gli ospiti al posto suo.
Un uomo dai capelli rossi e fulvi le sorrise gioviale, facendo sorridere sinceramente anche lei. Aveva caldi occhi verdi e una mole imponente quanto quella di Metallikana, anche se era leggermente più basso di Gajeel. Il figlio invece, che aveva i capelli più sul rosato che sul rosso, aveva occhi verdi più ambrati, ed era parecchio più basso rispetto al suo ragazzo.
- Ciao – li salutò contenta. Quei due le ispiravano simpatia a pelle, forse per i loro sorrisi semplici e genuini. – Voi dovete essere Haru* e…
- Natsu – la corresse il ragazzo, increspando le sopracciglia.
- Come, scusa?
- Natsu, non Haru. Hai sbagliato stagione.
Levy avvampò e si spostò per farli entrare. – Certo, scusa. Natsu. Piacere, io sono Levy.
Il cugino di Gajeel le sorrise di nuovo dopo averla scrutata per alcuni secondi, e poi si girò per inveire contro i parenti.
Un “piacere di conoscerti” alquanto bislacco.
- Tu invece devi essere… Ign… Ingegnere…
Lo zio di Gajeel scoppiò a ridere.
Un altro che si aggiungeva alla fila. Levy sperava che il resto della famiglia Redfox non avesse assistito a quella scena pietosa.
Ma nomi normali no?
- Non sono Ingegnere, sono Vigile del Fuoco. Ma qui siamo in famiglia, non servono queste formalità. Chiamami solo Igneel, non Ingegnere Igneel. Scommetto che non chiami tuo suocere Meccanico Metallikana, no?
Levy sgranò gli occhi. Igneel l’aveva salvata dall’ennesima storpiatura di nomi, anche se in maniera poco ortodossa.
- Oh, certo, certo. Ehm, grazie. Molto piacere, Levy.
Igneel strinse dolcemente la mano che la ragazza gli porgeva.
- Aspetta – disse poi, con la mano ancora stretta nella sua. – Sei di famiglia ormai, nipotina. Abbraccia il tuo zietto.
Senza sapere come, né quando né perché, Levy si ritrovò stretta tra le braccia di quell’uomo con cui aveva scambiato sì e no cinque frasi. Stritolata nel suo abbraccio, temette di morire soffocata.
- Zio, molla la mia fidanzata! Ohi! Le vuoi prendere?
- Igneel giù le mani da mia nuora, è mia e basta, chiaro?!
I due gemelli Redfox, nati in momenti diversi, ovviamente, si fiondarono sull’uomo dai capelli rossi e lo allontanarono dalla ragazza. Non perché fosse un pervertito che adescava le giovani o per chissà quali altri nobili motivi. No. Semplicemente, Levy era loro. I Redfox erano possessivi tanto quanto erano bravi a riparare auto.
Anzi, erano possessivi quanto erano bravi a fare casini.
Cioè molto. Molto.
Levy non fece in tempo a battere le palpebre che Metallikana, Igneel e Gajeel finirono fuori dalla porta di casa tirandosi pugni e calci e gridando frasi di incitamento alla guerra che erano una via di mezzo tra le urla di Tarzan e il raglio di un asino.
- Aspettatemi! La fate facile voi a combattere senza di me! Ammettetelo che siete terrorizzati!
Levy fece appena in tempo a girarsi verso il luogo di provenienza della voce che vide Natsu gettarsi fuori dalla finestra aperta. I gemiti, le imprecazioni e i tonfi le suggerirono che fosse atterrato direttamente sui tre uomini.
Uomini…
La ragazza spostò lo sguardo dalla porta alla finestra, sotto choc.
Per quale motivo Natsu aveva deciso di uscire dalla finestra quando in realtà la porta era uno, più comoda e due, più vicina?
Levy era talmente stupita da non fare nemmeno caso alla mano di Belno sulla sua spalla.
- Goditela cara. Sei la nuova arrivata in famiglia e sei al centro del mondo. Mi ricordo io quando ero giovane come te. Le baruffe di Metallikana, gelosissimo, e Igneel, insieme ai loro fratelli, erano fantastiche. Bei tempi… - sospirò Belno.
- Eh… già… - bisbigliò Levy, gli occhi sgranati e la gola secca.
- Smettetela! Avete cinquant’anni! Sono stanca di dovervi fare da infermiera a quest’età! Vi costringo a letto con il catetere se non la smettete!
Levy si riscosse dallo stato di completo annullamento di pensieri coerenti e cercò di sbirciare fuori. Di chi era la voce di donna che aveva appena urlato?
Belno le disse qualcosa che lei non udì, e facendo un passo verso la porta si scontrò con qualcosa di piccolo e morbido.
Una ragazzina di forse dodici anni, con lunghi capelli blu e un sorriso timido, barcollò e cadde all’indietro.
- Oddio! – esclamò Levy, precipitandosi ad aiutarla insieme a Belno. – Scusami, non ti ho vista…
- Capita, tranquilla. Sono abbastanza bassa per la mia età e non è la prima volta che la gente non mi vede.
- Sapessi come ti capisco – sospirò Levy, aiutandola ad alzarsi.
- Wendy cara, mio piccolo raggio di sole in una famiglia di trogloditi! – esclamò Belno, correndo ad abbracciare la ragazzina.
- Zia Belno, buongiorno anche a te – mormorò Wendy, con la voce tipica di chi sente che le proprie ossa stanno per frantumarsi.
- Wendy cara, ti presento Levy, la tua futura nuova cugina. E Levy, lei è Wendy, la cugina di Gajeel e Natsu. E di Sting e Rogue. L’unica femminuccia insomma – annunciò Belno facendosi da parte per permettere alle due ragazze di salutarsi.
- Piacere, Levy, io sono Wendy.
- Piacere mio, Wen…
- Wendy! Charle è chiusa in macchina, di nuovo. Vai a prenderla, lo sai che se la ignori diventa un’altezzosa e ci snobba per una settimana – disse una donna affacciandosi alla porta di casa.
Era alta, con lunghi capelli bianchi e occhi di un azzurro chiarissimo. Levy, solo guardandola, pensò che avrebbe messo la sua vita in mano a quella signora senza pensarci due volte. Era sua la voce che prima aveva ripreso le scimmie… cioè, gli uomini… be’, uomini… insomma, i maschi, nel cortile.
La donna sgranò gli occhi quando incontrò quelli di Levy, e si precipitò dentro casa.
Le scuse di Wendy si persero nel vento mentre la piccoletta usciva di casa per andare a prendere… Charle, chiunque fosse.
- Tu sei Levy! Che piacere conoscerti! Finalmente una nipote femmina – esclamò la donna abbracciandola.
- Grandine, piano, è piccola, così la uccidi… - mormorò Belno, separando le due.
Poi erano i maschi quelli gelosi…
- Non la rompo mica. Dev’essere forte per stare con uno come Gajeel. Comunque ciao cognata, tutto a posto?
- Tutto a posto, grazie. Levy, come avrai capito, lei è Grandine, la mamma di Wendy, sorella di Metallikana e dunque mia cognata.
La ragazza impiegò molto meno tempo del solito a collegare le parentele, e sorrise alla donna che sembrava sorriderle solo con gli occhi. Sul serio, se era possibile sorridere con gli occhi, Grandine lo stava facendo.
- Ecco mamma, puoi chiudere la macchina ora – disse Wendy rientrando in casa e posando per terra una gattina, a giudicare dal fiocco sulla coda, tutta bianca e alquanto… insofferente.
Levy si rese conto solo in quel momento che i quattro concentrati di testosterone stavano ancora litigando in giardino.
- Grandine, lei è…
- Mi dai del lei? Sei pazza? Sono tua zia, tesoro mio! Però devo ammettere che una volta ogni tanto è bello sentire qualcuno che usa le buone maniere – fece notare Grandine.
Levy arrossì, e Wendy le sorrise.
- Non sai quanto ti do ragione Grandine. Anche perché…
- MA’! Porca di quella…! MA’ PRENDI L’ACQUA!
Le urla di Gajeel si fecero più forti mano a mano che si avvicinava alla casa. Si affacciò alla porta e fissò le quattro donne, in attesa che si dessero una mossa.
- Hai sete, figliolo? – chiese Belno, senza scomporsi. – Aspetta, cos’è questo rumore?
- Sento odore di bruciato – fece notare Wendy, preoccupata.
Belno schizzò in cucina, urlando: - Ma non ho le pentole sul fuoco!
- Ma’, è stato lo zio Igneel! Ha di nuovo dato fuoco all’albero del giardino!
Levy poté sentire l’orrore di Belno dal modo in cui inspirò l’aria, una via di mezzo tra un soffocamento e un rantolo.
- DI NUOVO?! Era appena guarito! Deve smetterla di dare fuoco alle mie piante, QUELLA VACCA DI SUA SORELLA!
- Ehi! – protestò Grandine seguendo Belno, che aveva una caraffa in mano, fuori dalla porta di casa.
- Papà, hai una sorella mucca e non me l’hai mai detto? Quindi potrei avere dei vitellini come cugini? Che figo, li voglio! – gridò Natsu da fuori, con la voce tipica di un bambino esaltato.
Gajeel fissò Levy, che appariva ogni secondo più confusa. – Natsu è stupido. Molto. Scegliendo me hai scelto la parte più intelligente della famiglia.
La ragazza voleva mettersi a piangere. – Benone… - mormorò, avvilita.
Wendy le prese la mano e la trascinò fuori, lanciandole un’occhiata incoraggiante.
Nel giardino di casa Redfox c’era il più completo delirio.
Grandine stava trascinando Metallikana lontano dall’albero in fiamme, sgridandolo e avvertendolo che non gli avrebbe curato le ustioni sulle chiappe come l’anno prima.
Natsu osservava l’imponente pianta, e di punto in bianco gli venne in mente di fare il mangiafuoco.
Gajeel lo trascinò via prima che si bruciasse, ma il cugino gli tirò un pugno e i due ricominciarono a fare la lotta.
Belno stava innaffiando l’albero con la brocca d’acqua, per spegnere l’incendio. Il che era come cercare di curare una bronchite con un cerotto. O una ferita d’arma da fuoco con uno sciroppo per la tosse. O, ancora, era come cercare di fermare la fame nel mondo dando un pacchetto di cracker ad un singolo bambino.
Igneel, il pompiere, stava gridando terrorizzato: – Chimate i vigili del fuoco, presto! I vigili del fuoco!
Levy era sicura di avere gli occhi fuori dalle orbite.
- Zio Igneel! – gridò Wendy, dolcemente, per attirare la sua attenzione. – Zio, sei tu il pompiere. Perché non prendi la pompa collegata al tuo camion?
Igneel sembrò lentamente realizzare che, sì, effettivamente lui era un pompiere e che sì, era venuto con il camion dei vigili del fuoco, perciò corse fuori dal cancello.
Pochi minuti dopo, tutti quelli che si trovavano in giardino erano fradici da capo a piedi.
E l’albero continuava a bruciare.
- A sinistra Igneel, a sinistra! – lo guidava Metallikana, con la calma di chi non ha un pensiero al mondo. – Alla mia sinistra non alla tua razza di… A SINISTRA!!! A DESTRA CIOE’! LA TUA NON LA MIA!!
- Levy, chiudi la bocca – suggerì gentilmente Wendy.
La ragazzina trascinò in casa la nuova cugina, inerte come una bambola di pezza, e la fece sedere sul divano.
Da fuori si sentiva la voce di Grandine che curava le ferite dei nipoti, mormorando che le toccava fare l’infermiere anche quando non era al lavoro.
- Ti ci abitui, con il tempo. Credo… - le disse Wendy, prendendo in braccio Charle per accarezzarla.
Ma Levy non la sentiva.
Stava iniziando a capire pienamente cosa significava sposare Gajeel Redfox. E diventare parente di… tutta la sua famiglia.
E Gajeel aveva avuto paura di presentarle i suoi genitori, che in confronto al resto della combriccola erano due angeli?
- Abbiamo lasciato la sposina tutta sola… - disse qualcuno dal giardino.
Pochi minuti dopo, tutti parenti erano riuniti nel salotto di casa Redfox, mentre all’esterno l’albero grondava acqua e fumava.
Sembrava che non fosse successo nulla, anche se Grandine stava medicando Igneel e Gajeel lanciava occhiatacce truci a Natsu.
Levy sentì l’innato bisogno, l’urgenza, di scappare.
Ma quando Gajeel le si avvicinò, l’abbracciò come solo lui poteva fare e le posò un bacio sulla testa, si rese conto che no, non voleva scappare.
Voleva stare in quella gabbia di matti che sarebbe diventata la sua famiglia. Che era così diversa dalla sua famiglia di prima, dai suoi genitori.
- Vuoi scappare? – bisbigliò Gajeel, in modo che solo lei potesse sentire.
Levy sospirò e lo abbracciò forte. – No – rispose, decisa. – No.
Gajeel seppellì il naso nei suoi capelli. – Grazie.
- Però, ti prego, promettimi che Igneel e Natsu non verranno mai a casa nostra.
Il ragazzo ridacchiò e Levy chiuse gli occhi, felice.
- Allora, nipotina – esordì Igneel avvicinandosi alla coppietta abbracciata. – Quando vieni a dormire a casa nostra? Io e Natsu organizzeremo una serata speciale tutta per te, e ti faremo fare un giro sul camion dei pompieri.
Gajeel, Belno e Metallikana scattarono e aggredirono Igneel, marcando il loro diritto di proprietà su Levy.
Forse la ragazza era ancora in tempo per scappare…
 
 
*Haru: primavera
 
 
MaxB
No cioè IO sto ridendo perché non so da dove sia uscita questa cosa. Rido per l’assurdità, insomma. L’idea originale non so dove sia finita, e la storia che avete appena letto è totalmente diversa da quello che avevo pensato ma, sapete cosa?, mi va bene così.
Pensavo che sarebbe stata più corta di Mi presenti i tuoi?, ma giustamente è uscita ancora più lunga. Vai così-.-
Spero che vi sia piaciuta, spero di avervi strappato una delirante risata (DA PAZZI), spero che abbiate capito le parentele dato che io non capisco mai un cavolaccio e spero che abbiate apprezzato questo seguito insomma^^
A prestissimo (muahaha),
MaxB
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Fairy Tail / Vai alla pagina dell'autore: MaxB