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Autore: Sandra Prensky    24/07/2016    2 recensioni
Raccolta di one shot senza troppe pretese sulle mie OTP principali, Clintasha e Steggy
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Peggy Carter, Steve Rogers/Captain America
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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  • Titolo: One Dance

  • Coppia: Steggy

  • Rating: verde

  • Genere: triste

  • Parole: 1130

 

One Dance

 

Margaret Elizabeth Carter non perdeva mai il controllo. Si era ubriacata solo due volte nella sua vita. La prima a sedici anni, per pura trasgressione. Sua madre le aveva detto di non sfiorare le bottiglie di brandy che tenevano in soffitta e ovviamente la prima cosa che la ragazzina aveva fatto era stata andare a cercarle per bere quanto più brandy potesse. Quella notte se n'era pentita amaramente. La seconda, quando era morto suo fratello. Aveva passato la serata che sarebbe dovuta essere la sua prima notte di nozze in un pub, da sola con l'alcool. Se non fosse arrivata la sua collega dell'ufficio Shelly a fermarla probabilmente sarebbe svenuta. Fu quella notte, tra un bicchiere e l'altro, che decise di accettare la proposta di diventare un'agente operativo. Avrebbe continuato il lavoro di suo fratello, avrebbe combattuto in guerra. Avrebbe onorato la sua memoria.
Quella sera, aveva tutta l'intenzione di ubriacarsi una terza volta. Intorno a lei, i clienti dello Stork Club ballavano felici, si divertivano, si godevano quel poco di frivolezza che era loro concessa in un tempo in cui la frivolezza pareva un miraggio di decenni addietro. L'eco delle loro chiacchiere e risate risuonava nella testa di Peggy, così come l'allegra musica. Avrebbe pagato per far tacere tutto e ubriacarsi nel silenzio più totale. Non sapeva nemmeno perché si trovasse lì in quel momento. Forse c'era una piccola parte di lei, ben nascosta, che infantilmente credeva ancora che Captain America, il suo Steve, si sarebbe presentato alle otto in punto per il loro ballo. Ora le sembrava tutto ridicolo, di colpo il bell'abito turchese che indossava le parve troppo stretto e soprattutto sbagliato. La sua stessa presenza lì era sbagliata. Prese un altro sorso di vodka, che scese bruciando la gola già in fiamme, e controllò il suo orologio da polso, eredità della nonna. Segnava le otto e mezza. Una lacrima, silenziosa e bollente, le scivolò sulla guancia. Steve era morto. Lo sapeva, l'aveva saputo da quando la radio dell'aereo dove si trovava aveva smesso di trasmettere la sua voce, ma era come se l'avesse realizzato solo in quel momento, allo Stork Club, rimasta con nessun altro che non il fantasma di lui a farle compagnia. Steve era morto, e non ci sarebbe stato nessun ballo, nessun appuntamento, nessun modo di abbandonarsi alla frivolezza, nessun futuro per loro due insieme. Steve era morto. Presto alla prima lacrima se ne unirono altre, così come man mano aumentò il numero di bicchieri vuoti sul bancone davanti a lei.
-Perché una ragazza tanto affascinante dovrebbe passare la serata a piangere al bancone invece di ballare come tutti gli altri?
Peggy si immobilizzò all'istante. Doveva essere frutto della sua immaginazione, uno scherzo dell'alcool. Quella voce, non poteva essere... Si girò, lentamente. Davanti a lei si trovava un uomo alto e vestito elegantemente. Era biondo, aveva gli occhi celesti e un sorriso gentile. Nonostante l'aspetto ovviamente affascinante, gli si leggeva in viso un imbarazzo quasi puerile. Avrebbe dovuto essere morto. Peggy si alzò in piedi, senza parole e con le lacrime che ancora le scivolavano sulle guance, credendo di aver alzato troppo il gomito. Non era possibile. Annaspò qualche secondo, incapace di produrre suoni di senso compiuto. Lo osservò guardare l’orologio.

-Scusami, ho fatto tardi.- Disse con un sorriso pentito e lei per un attimo credette che le sue gambe si sarebbero sciolte. Si avvicinò piano a Steve, che aprì le braccia come se si stesse aspettando un abbraccio. Forse fu proprio per questo che quando gli arrivò uno schiaffo a tutta velocità sulla guancia, sonoro e doloroso, rimase così stupito.

-Non ti azzardare a farlo mai più!- Abbaiò Peggy tra le lacrime e i singhiozzi. Steve non riuscì a trattenere un sorriso. Conoscendola, non avrebbe dovuto aspettarsi niente di meno. -Oddio, Steve, sei qui...- Mormorò lei, la voce spezzata e le guance rosse per l’alcool e la rabbia di pochi secondi prima, che stava già scemando. Lui sorrise di nuovo, gentile.

-Certo, non potevo lasciare la mia ragazza. Lei mi deve ancora un ballo...- A Peggy dovette trattenere una risata, mentre si asciugava le lacrime. Era ancora difficile credere che stesse accadendo.

-Allora?- Incalzò lui, porgendole la mano. -Sono sopravvissuto a uno schianto nel Polo Nord perché l’agente Carter mi insegnasse a ballare, avanti.- Ridacchiò, arrossendo lievemente.

-Beh, le promesse sono promesse.- Replicò lei, afferrando la mano di Steve. Prese anche l’altra e gli mostrò la posizione in cui doveva metterla sul suo fianco. Si mossero lentamente verso la pista, nel mezzo di un lento, e iniziarono a muoversi piano, Peggy che sussurrava istruzioni all’orecchio di Steve e lui che la ascoltava rapito, seguendole meticolosamente.

-Niente male, Capitano.- Sussurrò Peggy, appoggiando la testa al suo petto e lasciandosi inebriare dal suo profumo, lasciandosi rassicurare dal suo calore, lasciandosi trasportare dalle sue mani. La musica li avvolgeva, e di colpo la stanza era vuota e c’erano solo loro due che ballavano, insieme e contenti come se le ultime settimane non fossero mai esistite. Peggy si sentiva davvero felice, per la prima volta dopo anni. Steve la fece ruotare, e lasciò un attimo la sua mano. Lei piroettò, lasciando che la sua risata cristallina riempisse l’aria, la prima che faceva da quando era iniziata la guerra. Si rigirò verso di lui, avvicinandosi per riprendere la sua mano. Le loro dita stavano per toccarsi...

 

 

 

-Peg? Tutto bene? Stai piangendo.

Le ci vollero diversi secondi per capire cosa stesse succedendo, perché si trovasse in un letto dentro a una stanza buia, a chi appartenesse quella voce insonnolita. Sentì un braccio fare pressione sulla sua vita in modo da farla girare, e si ritrovò a fronteggiare suo marito Daniel, che la stava guardando con un’espressione a metà tra il preoccupato e l’addormentato. Peggy sentiva la musica nella sua testa scivolare via, la pressione e il calore del corpo di Steve contro il suo svanire con la stessa rapidità del suo sogno. Cercò di abbozzare un sorriso e annuì.

-Deve essere stato un incubo. Non ricordo.- Rispose lei sbrigativa, asciugandosi in fretta e furia le lacrime.

-Sicura?

Lei annuì.

-Non preoccuparti, torna pure a dormire.- Mormorò, e si girò nuovamente a dargli le spalle, mentre avvertiva il peso del braccio di Sousa tornare nuovamente sulla sua vita per abbracciarla. Lo ascoltò addormentarsi, mentre la sua mente non voleva saperne di scollarsi dal sogno. Odiava mentire a Daniel, ma c’erano cose di cui non poteva parlare, nemmeno con lui. Lo amava, certo, ma Steve avrebbe sempre occupato un posto enorme nel suo cuore. Chiuse gli occhi, e cercò con la mente di riportare a sé almeno stralci della musica e del profumo di Steve, cercando di finire, almeno nella sua mente, quel ballo che aspettava ancora anche dopo tutti quegli anni. Quel ballo che lei non avrebbe mai avuto.

 

 

 

Angolo autrice

Salve a tutti!

Ho deciso di creare una raccolta di one shot su queste due coppie, in modo da poter sfogare i miei feels mentre vado avanti col mio libro della Vedova Nera (se vi va di leggerlo si chiama “Black Widow: Forever Red” e no, non è la traduzione del libro americano).

Non so quanto spesso aggiornerò, credo che sarà un po’ una scappatoia per quando non ho idee per l’altra storia o quando mi vengono in mente prompt decenti. Intanto spero che questa vi sia piaciuta, erano secoli che volevo scriverla!

Se volete suggerire dei prompt saranno benaccetti, sia nelle recensioni sia per messaggio!

A presto!

Sandra Prensky

   
 
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