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Autore: ffuumei    26/07/2016    2 recensioni
XiuChen
Dove Kim Jongdae è un cantante mentre Minseok è invisibile: non può far altro che osservarlo da lontano, in silenzio.
O almeno, così crede.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chen, Chen, Xiumin, Xiumin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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침묵
    Silence.    
 
 
 
 
1.       
 
 
 
Se c'era una cosa che Minseok odiava, quella era il silenzio.
Si ritrovava quasi sempre a ridacchiare fra sè e sè quando ci pensava. Era letteralmente assurdo, si diceva, perchè lui stesso era una persona silenziosa. In più, odiava anche il chiasso. Una parte di lui si sentiva profondamente a disagio nei luoghi dove il rumore era assordante e forse fu per questo che, quando ancora frequentava l'università, partecipò una sola volta a quelle feste che i suoi compagni di corso organizzavano costantemente. C'era cibo, a quel tipo di incontri, e questo era probabilmente l'unico punto a favore che Minseok vi trovava. Per il resto, di tutta quella gente che si ammassava al centro della sala per muoversi a ritmo di musica assordante che gli martellava fastidiosamente nei timpani, delle luci soffuse e di quelle psichedeliche che gli offuscavano i sensi, ma soprattutto del vociferare ed urlare continuo e così tremendamente rumoroso e noioso delle persone, non gli importava nulla. Riusciva soltanto a percepire quanto fastidio gli desse tutto ciò, quanto intensamente gli urtasse i nervi.
 
La sensazione era all'incirca la stessa anche per quanto riguardava il silenzio. Il suo malessere aumentava proporzionalmente all'assenza di suoni ed era frustrante, dannatamente frustrante. A volte, quando pensieri scomodi bussavano alle porte del suo inconscio, si rendeva conto che, a differenza dell'odio verso l'eccesso di rumori -il quale era sempre esistito in lui, fin da quando era bambino-, quello che provava per il silenzio era nato con il tempo ed era cresciuto senza preavviso.
 
§
 
Seduto sulla solita panchina con le gambe incrociate e la chitarra posata su di esse, Minseok si scaldava le dita e i polsi, preparandosi a suonare. Non che dovesse dare spettacolo, avesse un pubblico o fosse un musicista. L'unica cosa che faceva con la sua vecchia chitarra era passare il tempo.
Si può dire che suonare, per Minseok, fosse una specie di hobby. C'è gente che coltiva i più disparati interessi, gente che scrive, gente che legge, gente che dipinge, gente che ascolta musica. A Minseok piaceva farla, la musica. Era il modo migliore -l'unico- che aveva per riempire tutti gli spazi vuoti della sua vita.
Mentre pizzicava distrattamente le corde dello strumento, Minseok poteva sentire chiaramente il vento insinuarsi dolcemente tra i suoi capelli biondi, spettinandoglieli tutti e costringendolo di tanto in tanto a muovere il capo per cercare di spostarseli da davanti al viso. Nel frattempo, aveva cominciato a suonare quelle che sembravano le note di Let It Be, storica canzone dei The Beatles. Non che sapesse molto di quel gruppo o della canzone in sè, ma da quando l'aveva sentita cantata in una serata trascorsa nel pub che era solito frequentare nel fine settimana, non aveva smesso un solo giorno di pensarci e fin da subito aveva provato il desiderio di riprodurla con le proprie mani. Il motivo? Non c'era. Continuava incessantemente a ripeterselo. Non c'é un motivo. Non c'è un motivo, davvero. Chissà perchè doveva dirselo così tante volte.
C'erano le risate dei bambini, gli giungevano ovattate alle orecchie per via della distanza che correva tra la sua panchina e il parco dove tutti loro giocavano insieme. Poteva sentire anche il cinguettio sporadico degli uccellini che attraversavano il cielo di tanto in tanto, il rumore dei passi e delle ruote delle biciclette che slittavano lungo il sentierino ghiaioso al di sopra della collinetta lungo la quale lui era sceso. Erano tutti suoni che Minseok era abituato a percepire intorno a sè fin dalla prima volta in cui si era seduto su quella panchina. Li sentiva appartenere alla propria musica come se fossero parte di essa.
L'applauso che seguì questo suo ultimo pensiero, invece, non apparteneva affatto alla monotonia che avvolgeva le sue giornate.
«Sei molto bravo, complimenti!» e a Minseok per poco non cadde la chitarra di mano non appena ebbe riconosciuto il proprietario della voce che si stava rivolgendo a lui.
Non aveva il classico timbro profondo di un uomo della sua età. A Minseok piaceva paragonarla a quella di un ragazzino ancora nel fiore degli anni dello sviluppo, spensierato nella sua giovinezza ancora tutta da vivere. Era una voce gentile e amichevole, forse un po' squillante, ma non troppo. Disturbava la placida quiete in cui Minseok era immerso fino a qualche secondo prima, ma non troppo.
«Disturbo?» chiese l'uomo, ormai ad un passo dal prendere posto accanto a lui sulla panchina.
«No» aveva risposto Minseok, senza guardarlo in viso. Ora che ci pensava, non aveva ancora sollevato lo sguardo dalle proprie dita che si erano come fossilizzate sulle corde della chitarra.
«Ti ringrazio» Minseok continuava a fissarsi i pollici con interesse, quasi come se da quell'azione dipendesse la propria vita. Anche mentre l'uomo si accomodava accanto a lui sulla panchina e gli sorrideva gentilmente. «Ho sentito il suono della chitarra mentre passeggiavo e non ho potuto fare a meno di venire a dare un'occhiata».
Avrebbe dovuto alzare lo sguardo, davvero. Le mani cominciavano a sudargli e gli occhi bruciavano per lo sforzo di rimanere fissi su di esse.
«Sai, adoro il suono della chitarra» Minseok dovette convincersi che no, non voleva alzare lo sguardo per accertarsi che la persona con cui stava parlando non facesse parte di una buffa allucinazione e che sì, doveva farlo, perché appunto non aveva assolutamente idea di chi fosse in possesso di quella voce che tanto occupava i suoi pensieri, giorno e notte, ad ogni ora.
«Trovo che sia, come dire... Dolce e rilassante, ma allo stesso tempo può trasformarsi in adrenalina pura» l'uomo continuava a parlare e Minseok a prendere un profondo quanto ben celato respiro per cercare di darsi una calmata. Strinse le palpebre, le riaprì, si convinse che poteva farcela. «Ma forse sto sembrando logorroico e ti sto annoiando con i miei discorsi».
Sentire la risatina leggera e un po' imbarazzata che seguì l'ultima frase detta, fece decidere Minseok ad alzare il capo. Si stava perdendo troppe cose. Sorrisi, risate, espressioni del viso. Doveva accertarsi di chi fosse -nonostante lo sapesse già- ma allo stesso tempo non poteva permettersi di perdere questi momenti preziosi per un mucchio di inutili complessi mentali.
«No...» finì per dire, a voce bassa e un po' titubante, passandosi poi una mano tra i capelli chiari ed imponendosi di tenere lo sguardo quanto meno davanti a sè. Il suo oggetto di interesse ora era un mucchietto di sassolini che giaceva abbandonato accanto al laghetto in fondo alla collina.
«Ma tu sai dire solo no?» esclamò ridendo l'uomo accanto a lui e Minseok si ritrovò improvvisamente a guardarlo, il viso contratto in una lieve smorfia da ragazzino offeso.
«No!»
«Come volevasi dimostrare».
L'uomo aveva i capelli corvini e la riga che glieli divideva era al centro del capo, in modo da creare due piccole tendine di ciuffi morbidi che gli incorniciavano la parte alta del viso ai lati, lasciando scoperta la fronte.
«Comunque, io sono Kim Jongdae, ed è un piacere conoscerti!» il biondino potè osservare con attenzione tutte le piccole rughe che andavano a crearsi sulla pelle del viso dell'uomo, intorno alla bocca sorridente e vicino agli occhi scuri e socchiusi, persino sull'ampia fronte scoperta. Vicino ad un sopracciglio aveva quello che a prima vista sembrava un brufolo, ma non lo era affatto. Un semplice difetto della pelle. Un difetto adorabile, unito a tutto il resto. Un difetto che non era mai riuscito a notare dallo sgabellino su cui prendeva posto ogni fine settimana al pub e dal quale lo osservava con un'intensità tale da domandarsi se per caso se lo sentisse bruciare addosso, il suo sguardo, mentre lui cantava e ogni volta la sua canzone diventava un pensiero continuo. La sua canzone. Non la sua voce. O forse entrambe, ma non l'avrebbe mai ammesso.
«Kim Minseok» afferrò timidamente la mano che Jongdae gli aveva teso dinanzi e la strinse, acquistando decisione nel constatare che non era l'unico ad avere il palmo e le dita leggermente sudate. «Piacere mio».
Il moro addolcì il suo sorriso e Minseok si sentì mancare il respiro. Abbassò lo sguardo fissando le loro mani che si dividevano e la propria che tornava in automatico sulle corde della chitarra.
«Che canzone stavi suonando?»
Minseok rimase perplesso per qualche attimo. Kim Jongdae era il cantante del pub, non aveva dubbi. E lo stesso Kim Jongdae si era esibito il fine settimana precedente cantando Let It Be, dei The Beatles. E Minseok stava suonando Let It Be, dei The Beatles.
«Let It Be» rispose, pensando che magari non avesse colto a pieno tutte le note o non avesse riconosciuto la melodia, dato che Minseok non cantava. «Dei The Beatles».
«Oh, non l'ho mai sentita. Ti andrebbe di suonarla ancora?»
Aspetta, cosa? Come sarebbe a dire che non la conosce?
«Va bene» Minseok spostò lo sguardo sulla chitarra, sbattendo ripetutamente le palpebre per poi pizzicare le corde. «Aspetta solo un secondo».
Mentre riportava alla mente la sequenza di note che avrebbe composto la canzone, nella sua testa si era creato un grossissimo punto di domanda. Minseok era certo di non aver sbagliato persona. Non era possibile, si ripeteva, lo osservava con così tanta insistenza che avrebbe potuto sembrarne ossessionato, se ogni volta non avesse cercato di darsi un contegno distogliendo lo sguardo. In più, conosceva anche il suo nome, perchè era scritto in lettere mediamente grandi sul manifesto attaccato all'entrata del locale, insieme a quelli dei vari musicisti che si esibivano.
Kim Jongdae. Aveva sempre avuto un'ottima memoria, Minseok, specialmente per le cose che gli interessavano particolarmente.
Ma allora perchè Jongdae gli stava mentendo? Per quale motivo fingeva di non essere lo stesso cantante del pub il cui sguardo si scontrava fin troppo spesso con il proprio, durante le esibizioni?
Perchè?
 
§
 
Quando era ancora un bimbo ingenuo dagli occhietti vispi e le guanciotte paffute, il silenzio lo divertiva e lo accompagnava nei suoi mille sogni ad occhi aperti. Minseok non era mai stato un bambino particolarmente vivace ed iperattivo, cosa che giovò molto al suo rendimento comportamentale durante i primi anni di scuola. Il maestro non lo rimproverava mai, non alzava mai la voce con lui, non gli diceva mai di stare in silenzio. Non ce n'era bisogno, Minseok lo faceva già.
C'era un piccolo particolare, però, che non riusciva bene a comprendere. Il maestro, nello stesso modo in cui non gli urlava contro con sguardo truce come faceva con gli altri bambini chiassosi e capricciosi, non gli rivolgeva mai la parola, se non per dirgli il voto di un compito e cose del genere. Il maestro non lo interpellava quando faceva delle domande aperte a tutta la classe, non lo chiamava nemmeno quando alzava la mano, tanto che se il motivo per cui tendeva le dita verso l'alto era chiedere il permesso per andare in bagno, la maggior parte delle volte si vedeva costretto ad alzarsi e andare alla cattedra per domandarlo.
Minseok guardava i suoi compagni di classe e sognava di essere un po' come loro, nonostante non sopportasse i loro continui strilli e capricci rumorosi. Sognava il giorno in cui tutti si sarebbero accorti di lui, il giorno in cui avrebbe smesso di essere ignorato come se non ci fosse, anche se c'era. Ma, in fondo, non gli importava così tanto di essere notato in quel posto. Al termine delle scuole elementari, la mamma era così felice ed orgogliosa di Minseok e dei suoi voti brillanti che aveva deciso di regalargli una chitarra. Avrebbe presto imparato a suonarla, gli aveva detto con un sorriso dolce e luminoso ad ingiovanirle il viso. Minseok spostava lo sguardo dipinto di stupore infantile da lei allo strumento musicale e si sentiva, in qualche modo, davvero felice.
Così, durante le scuole medie, tra regolari lezioni e corsi pomeridiani di potenziamento per migliorare sempre di più le sue conoscenze -e soprattutto i suoi voti-, la mamma aveva preso l'abitudine di sedersi sul divano con la chitarra in grembo e suonargli qualche semplice melodia, mostrandogli poi, nota per nota, come si faceva. Non importava davvero che a scuola i suoi compagni si comportassero come se lui non esistesse, non importava che si accorgessero di lui soltanto per ricordargli quanto ancora sembrasse un bambino, con quelle guance piene. Nulla di tutto ciò aveva davvero importanza.
Minseok osservava la sua mamma rapito da ogni movimento delle sue dita sottili lungo le corde dello strumento. A volte capitava che tentasse di suonare anche lui, perchè il desiderio di farlo era innegabile, e allora teneva stretta la chitarra al petto con le proprie braccia esili, prendeva un respiro profondo e strimpellava qualche accordo. Era un totale disastro, non indovinava una nota nemmeno per sbaglio. Però la sua mamma rideva, rideva fino a che gli occhi non le diventavano piccoli piccoli, tutti lucidi e lacrime di gioia non le bagnavano il viso. E allora Minseok continuava a suonare anche se non sapeva farlo e rideva con lei.
Minseok era felice. Era bello poter riempire così il silenzio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Hello!
Come prima fic in questo fandom –ma principalmente riguardante il mondo del kpop in generale- non mi sarei mai immaginata che avrei pubblicato una long. Da un lato ne sono felicissima, anche perché si tratta di una ChenMin e Dio solo sa quanto amo quei due ragazzi e quanto vorrei che ci fossero più storie su di loro, ma dall’altro mi sento anche terribilmente tesa e ansiosa. Spero davvero di aver fatto un buon lavoro con questo primo capitolo, ci ho messo tutta me stessa, e spero che anche tutti i prossimi aggiornamenti siano di vostro gradimento!
Credo di dover fare alcune precisazioni riguardanti il testo. Ho deciso di alternare il presente della storia al passato di Xiumin e quest’ultimo ho scelto di evidenziarlo scrivendolo in corsivo e separandolo dal resto della storia. Mi auguro davvero che sia tutto comprensibile. Inoltre, all’interno della trama ho inserito delle canzoni, come ad esempio Let It Be in questo primo capitolo. Ci tenevo a specificare che, nonostante siano esse ad avermi fatto venire l’idea per questa storia, non si tratta di una song fic, in quanto la mia trama si discosta parecchio dal significato di entrambe. Potete tuttavia vederle un po’ come le soundtrack di tutta la long, dal momento che io l’ho scritta ascoltandole ed iperventilando tutto il tempo immaginando Chen che le canta asdfghjkl e che compariranno spesso.
Uhm, che dire- ho già terminato di sviluppare questa long, per cui non resterà incompleta. Cercherò di aggiornare il prima possibile!
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo primo capitolo, se vi va. Mi farebbe davvero molto piacere!
Goodbyee ♪
 
  
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