Autore:
Caesar
Titolo:
Toujour
Pur - A Night -
Capitoli:
3/5
Toujour
Pur
- A Night
-
Suo
padre e sua madre,
le braccia incrociate e i volti impassibili [smorfie che avevano
ragione
d’esistere solo per essere celate con maschere indossate da
una vita, troppo
tempo per separarsene anche guardando il proprio primogenito lasciarli
per
sempre].
III
– Zona Orionis
[393]
Quando pioveva, lui [Zona Orionis] si sentiva di buon umore.
Osservava la pioggia cadere [e rideva e ghignava e brindava nell’ombra] progettando futuri magnifici per i suoi figli [le più luminose tra le stelle dei Black] e si inebriava [dall’essere un Black, una stella] della sua ricchezza e del suo potere.
Accendeva il camino, ascoltando il crepitio delle fiamme, lasciando che queste si riflettessero nelle sue iridi plumbee [ben sapendo che, dietro di lui, due paia di occhi identici lo osservavano con ammirazione].
In quel momento [in
quell’istante], dopo tanti anni da quei pomeriggi
freddi, ritrovandosi a
guardare [sgomento] furente il
proprio erede lasciarlo [si chiedeva dove
avesse sbagliato, perché aveva sicuramente sbagliato da
qualche parte, forse nell’inesistente
intervallo tra una delle numerose feste e cerimonie] capiva
che aveva [solamente?] sprecato
quelle ore [l’ Alpha Canis Major non
avrebbe aderito ai
suoi progetti].
Il suo volto doveva essere impassibile e le iridi gelide [smorfie celate da maschere antiche e abilmente costruite] ma [la tristezza e] la rabbia e il furore gli scorrevano roventi nelle vene.
Forse, pensò spostando lo sguardo su Walburga, [sicuramente] era colpa di sua moglie [lui non poteva, semplicemente non poteva, aver sbagliato].
Le lezioni che aveva impartito a quel ragazzo [l’osservava con uno sguardo di sfida che non poteva non riconoscere come suo] era state ferree e perfette [la cinghia di una cintura che s’abbatte sulla schiena di un servo, la sua risata roca e divertita che saturava l’ambiente].
Eppure [l’Alpha Canis Major] stava aprendo un battente, lasciando vagare lo sguardo [il suo sguardo, lo sguardo dei Black e delle stelle dei Black] sui loro volti con noncuranza e indifferenza.
Non disse niente [i discorsi erano inutili, giunti a quel punto] sparendo [una stella che sparisce, questa non l’aveva ancora sentita] inghiottito dalla notte e dalla pioggia.
Orion Black vide suo figlio minore scappare su per le scale [avrebbe voluto farlo anche lui, correre nella pioggia e fermarlo e supplicarlo di cambiare idea, oppure andare alla finestra per vederlo un’ultima volta, sperando che la pioggia non gli negasse anche quello] mentre si limitò ad accendere il camino, ascoltando il crepitio delle fiamme, lasciando che queste si riflettessero nelle sue iridi plumbee [ma non c’erano più occhi a osservarlo con ammirazione].
Da quella notte, quando pioveva, lui [Zona Orionis] era intrattabile [troppi ricordi per un’unica –gelida e malinconica- pioggia settembrina].