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Autore: Miss Larolles    27/07/2016    1 recensioni
"-Mi dovresti ringraziare Elisabette, senza di me avresti fatto un bel capitombolo, e non voglio che succeda niente di male al tuo stupendo visino.-affermò Dupont, non smettendo di ponderare quel sorriso irritante.
Elizabeth non nascose una smorfia di disapprovazione, quando le sue orecchie udirono il suo nome storpiato dal suo interlocutore.
-Elizabeth, maleducato che non siete altro! Eli-za-be-th! E poi, chi vi ha dato il permesso di darmi del tu! Si vede che non avete ricevuto alcun tipo di educazione!
Le parole della Lowell, non fecero che far allargare ancora di più il sorriso di François, che ribatté, con estrema calma:
-Alors pardonne-moi mademoiselle! Ma visto che abbiamo passato tante peripezie insieme e che neanche un attimo fa vi ho salvata da una caduta rovinosa, credevo che si fosse instaurata una certa confidenza tra di noi.
La risposta non tardò ad arrivare."
Genere: Azione, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1890, Messico.

François Dupont, era un incosciente, un arrogante, frivolo, incapace, insopportabile e...

Ed altri insulti poco gradevoli nei confronti del compagno di quel viaggio degno di uno dei protagonisti dei libri di Jules Verne, si plasmarono nelle mente di Elizabeth, mentre ancora si ritrovavano in quella selva inghiottita dal buio più totale.


Ed il fuoco della torcia, che François reggeva ben in alto nella mano sinistra, minacciava di spegnersi da un momento l'altro, per lasciarli veramente avvolti nell'oscurità.



Ad ogni passo che compiva, anche il più timido, i piedi le dolevano e la giovane, non poteva non lasciarsi sfuggire un ringhio di sofferenza, per poi stringere i pugni, ed imprecare a denti stretti, altre ingiurie contro quel improvvisato compagno di sventure che le era capitato, al suo amico mentecatto quanto lui che aveva rifilato loro una mappa fasulla, a quell'inutile missione ( o "avventura" come la definiva François, ma quello era secondo i punti di vista) in cui aveva avuto la sfortuna di capitare ed a quel ciondolo maledetto da quattro soldi, portatore soltanto di guai, che tutto placcato di oro e ricoperto di pietre qua e là, poteva benissimo essere scambiato per uno di quegli orrendi gioielli che sua zia Mabel si ostinava ad indossare.



Dopo essersi in parte sfogata, ad Elizabeth Lowell, non rimaneva altro che sospirare amareggiata, pentendosi sempre di più ad ogni passo che il suo piede gonfio e dolorante compiva, di non essersene rimasta a New Orleans e continuare a condurre la sua vita di sempre, insieme alla zia ed alla piccola Lynette.


Ed invece no, si ritrovava immischiata in quella faccenda, a camminare in una foresta messicana in compagnia di un esploratore assai mediocre ed incompetente, proprio per scappare da quella vita che tempo addietro aveva definito "squallida e sempliciotta", ma che adesso rimpiangeva con tutto il suo cuore.


Quanto avrebbe desiderato risentire il profumo dei biscotti appena sfornati provenire dalla cucina, o il suono della musica delle band jazz dalla finestra aperta della sua camera, oppure rivedere il sorriso gioioso sul volto di Lynette, che le scodinzolava intorno, come un cagnolino che aspetta di giocare col proprio padrone. 
Si sarebbe accontenta di risentire anche le inutili chiacchiere della zia Mabel, con le sue mani rugose, i capelli grigi come le nuvole di fumo che escono dai camini durante le sere d'inverno e dalla risata grassa.


Ma purtroppo, non si poteva ritornare indietro, e poi, si doveva sentire orgogliosa e gratificata che il professor. Van Jong, avesse scelto proprio lei per quella spedizione. Forse quando sarebbe ritornata, (e sperava viva e vegeta) da quella sottospecie di avventura, sarebbe diventata qualcosa di più di una semplice allieva, e l'uomo l'avrebbe guardata sotto un altro punto di vista.


Edvard Van Jong, era stato il primo uomo ad attirare (e che attirava ancora tutt'ora) l'attenzione di Elizabeth. 

La giovane, aveva trovato in lui, un uomo oltremodo che: intelligente, arguto, professionale, molto riflessivo e attento ai dettagli. Inoltre, quando parlava, era così coinvolgente che alla fine si perdeva nei suoi discorsi e rimaneva quasi... come poteva dire, incantata dalle sue parole, affascinata dalle mille espressioni che il suo viso assumeva in neanche mezz'ora.


Alla fine Elizabeth si era ritrovata dal nutrire un forte e profondo rispetto per l'olandese, a provare un sentimento forse di uno o due scalini più alto.


La zia Mabel le aveva sempre detto e ribadito più volte che il professore non era la persona giusta per lei, e che era troppo vecchio per una giovane donna qual era lei, e la esortava sempre ad uscire e frequentare ragazzi della sua età, sperando nella possibilità che la seconda delle sue nipoti, ripercorresse le orme della sorella Margery, decidendo finalmente sistemarsi.


Ma le parole della zia, le entravano in un orecchio, per uscire subito dopo dall'altro. Aveva sempre trovato i suoi coetanei, gente frivola che pensa soltanto ai beni materiali. Bugiardi che raccontano fandonie solo per essere accettati dalla società di quel tempo.


Ed inoltre, guarda un po' da dove veniva la predica: la cara e vecchia Mabel Laurel Jackson, si era sposata con lo zio William, che aveva una ventina di anni più di lei.


Elizabeth, persasi definitivamente tra i mille pensieri che le ronzavano nella mente, non si accorse nemmeno quando, ad certo punto a causa della semi oscurità e della distrazione, inciampò in una radice riemersa ed insolitamente troppo lunga, di un albero.


Si lasciò scappare dalle labbra secche, per via della sete, un gridolino stridulo, di cui si vergognò subito dopo.


Chiuse gli occhi e si preparò mentalmente, a subire l'impatto, che si prospettava alquanto doloroso, con il terriccio duro e polveroso dove neanche un attimo fa, stava calpestando con i suoi stivaletti consumati.


Ma la botta non arrivò, e di conseguenza neanche il dolore.


Schiuse lentamente le palpebre, facendo modo così, che le sue iridi cristalline, incontrassero quelle color giada di Dupont. Il giovane avventuriero, le teneva saldamente stretta la vita sottile, con il suo braccio destro, mentre quello sinistro reggeva ben in alto la torcia, che contribuiva a rendere quella scena ancora più patetica, illuminando il sorriso sornione che François, le stava rivolgendo.


La giovane americana, rossa in volto dalla vergogna, con una spinta scacciò il francese e le sue mani lunghe dal suo corpo, e cercò di darsi un contegno, anche se si trovava di fronte ad uno sfrontato.


-Mi dovresti ringraziare Elisabette, senza di me avresti fatto un bel capitombolo, e non voglio che succeda niente di male al tuo stupendo visino.-affermò Dupont, non smettendo di ponderare quel sorriso irritante.


Elizabeth non nascose una smorfia di disapprovazione, quando le sue orecchie udirono il suo nome storpiato dal suo interlocutore.


-Elizabeth, maleducato che non siete altro! Eli-za-be-th! E poi, chi vi ha dato il permesso di darmi del tu! Si vede che non avete ricevuto alcun tipo di educazione!


Le parole della Lowell, non fecero che far allargare ancora di più il sorriso di François, che ribatté, con estrema calma:

-Alors pardonne-moi mademoiselle! Ma visto che abbiamo passato tante peripezie insieme e che neanche un attimo fa vi ho salvata da una caduta rovinosa, credevo che si fosse instaurata una certa confidenza tra di noi.


La risposta non tardò ad arrivare.


-E bene credevate molto male Mr. Dupont! Ed inoltre avrei di gran lunga preferito che mi lasciaste cadere per terra, invece di finire tra le vostre sudicie braccia, ed adesso date a me quella torcia- disse con tono autoritario la ragazza, sfilandogli dalla mano l'oggetto - guido io, e cercate di tenere il mio passo, capito?!


-Ça va bien fille, conduis-moi, je compte sur votre intuition!- esclamò quest'ultimo, prima di scoppiare in una piccola risata divertita.


Questo non fece altro che far accrescere l' irritazione di Elizabeth. Odiava quando si metteva a parlare francese così, senza un motivo apparente, solo per il gusto di farlo. Odiava la sua risata calda e seducente, che normalmente avrebbe fatto svenire più di una ragazza, ma non lei.
Insomma, detto in parole povere, odiava François Dupont e qualunque cosa lo riguardasse.


-Bene, vedo che ha afferrato il concetto.- grugnì infine la ragazza, prima di incamminarsi.

Dietro di lei, il francese la seguiva sogghignando e guardandola divertito: quella ragazza lo attraeva, come una calamita fa con un pezzo di ferro.


Alla fine avevano trovato un luogo dove riposarsi quella notte.

Be', non era il meglio che si potevano aspettare, ma era già qualcosa.


Erano riusciti a trovare una grotta, abbastanza umida dentro, ma accettabile per quella volta.


Elizabeth, si sedette sul terriccio all'ingresso di quest'ultima, cominciando a contemplare il cielo stellato.


-È una meraviglia, non credete anche voi?


La voce di Dupont, le arrivò stranamente molto vicina. Si girò e poté constatare che questo, si era seduto proprio vicino a lei, ed il suo sguardo, come la sua attenzione, andavano dritte al manto stellato che si erigeva orgoglioso sopra le loro teste.


-Sì, lo credo anche io.- rispose, con un tono insolitamente dolce e pacato, l'americana, stringendosi nelle spalle.


Era invasa da brividi di freddo per tutto il corpo.


Era inconcepibile che in quel posto, in quella selva dimenticata da Dio e dagli stessi uomini, si manifestasse un caldo bestiale di giorno, per poi scendere ad un freddo glaciale la notte.


-Oh, ma sapete almeno, se mi riferisco a voi o alle stelle?- domandò quest'ultimo malizioso, strappandola dai suoi ragionamenti sul clima.


La giovane alzò gli occhi azzurri al cielo, in un moto di esasperazione, per poi rivolgersi al suo compagno di sventure (be' non sapeva se era il nome giusto da attribuirgli, visto che le sventure avvenivano a causa sua):


-Patetico e banale Dupont, se volete fare il Don Giovanni con me, trovate qualche frase che possa apparire al mio udito originale.


A quel punto, sentì altri brividi di freddo scenderle e percorrerle tutta la schiena. Si strinse ancora di più nelle spalle e per qualche attimo, si mise a guardare il suo completo beige, ormai sporco e rovinato in più punti.


Sospirò affranta, continuando a patire il freddo, mentre si massaggiava con le mani le braccia, sperando che almeno quel gesto le desse un po' di calore.


Ad un certo punto, sentì meno freddo all'altezza delle spalle, ed un piacevole calore, anche se tenue, scaldarla almeno in parte.


Girò la testa di scatto, facendo svolazzare le trecce castane ormai sfatte, dietro di se.


Notò dall'altra parte Dupont, che le rivolgeva un sorriso dolce, e notò che non aveva più con se la sua giacca.


Ed ecco spiegato da dove veniva quello strano calore.


Elizabeth indossò meglio la giacca, per poi girarsi a guardare meglio il giovane di fianco a se.


Quest'ultimo, aveva rivolto un'altra volta il suo sguardo alle stelle, e così Elizabeth poté fermarsi ad osservarlo per la prima volta.


Pensò che sì, era proprio un bel giovane, che sicuramente aveva avuto tutte le donne che gli erano interessate.


Osservò le corte ciocche corvine che in alcuni punti, si arrotolavano su se stesse, formando piccoli e morbidi boccoli, che a suo parere, gli davano un aspetto fanciullesco. Notò anche il principio di barba sulle gote e gli occhi color giada, fissi sulle stelle luminose.


Si soffermò un po' troppo sulla scollatura della camicia bianca, sporca di terra e polvere.


Se ne vergognò subito, spostando lo sguardo dalla parte opposta e arrossendo per l'imbarazzo.


Troppo tardi, François se n'era accorto da un bel pezzo delle occhiate che la signorina Lowell gli rivolgeva, e si lasciò andare ad una grossa risata divertita, che fece desiderare a quest'ultima, di sprofondare in qualche sabbia mobile.


-Mademoiselle- cominciò a dire, appena ebbe smesso di ridere -avete il coraggio di dirmi che sono uno sfrontato ed un maleducato, quando voi mi rivolgete occhiate indecenti!

-Vi stavo solo osservando, non stavo facendo niente di male, siete voi che pensate sempre ai secondi fini!- esclamò quest'ultima ancora più rossa di prima.


-Può essere...- disse soltanto, concludendo la conversazione, ed Elizabeth, per la prima volta da quando si erano conosciuti, gli fu grata, per aver messo la parola fine a quel discorso che si stava facendo troppo imbarazzante per una come lei.


Alla fine rimasero zitti tutte due, godendosi il paesaggio notturno intorno a loro.


Elizabeth, prima di coricarsi a dormire, pensò che quel viaggio così sconsiderato, forse aveva dei lati positivi, e così anche il suo compagno.
   
 
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