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Autore: _antigone    27/07/2016    1 recensioni
[Lydia!centric; stydia; accenni alla stalia]
A Beacon Hills ormai tutti hanno dimenticato Stiles Stilinski, tutti eccetto Lydia; spinta dalla curiositá, Malia le chiede di parlargliene. Lydia, sebbene inizialmente non ne sia particolarmente entusiasta, decide di accontentarla.
~
"E perché tu invece lo ricordi?"
Ecco una domanda a cui non poteva, non sapeva rispondere.
Perché gliel'ho promesso, avrebbe voluto confidarle. "Non lo so", era la verità, e questo le disse.
Le tornarono in mente gli occhi di lui prima che sparisse dall'esistenza, così risoluti, così scuri, e il suo tono fermo, sicuro, ma non abbastanza per tranquillizzarla.
"Non lo farò", gli aveva detto, non ti dimenticherò. Ed era vero, non l'aveva fatto.
Adesso era forse l'unica persona al mondo a custodire il ricordo di quel bizzarro ragazzo alto un metro e ottanta dalla pelle candida e la battuta pronta?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Malia Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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{Have you become another voice?}
 
 
 
 


"Chi è Stiles?”
Lydia sollevò gli occhi su Malia a fatica: un po’ perché la lettura che stava affrontando – “Come io vedo il mondo”, di Albert Einstein  – dopo i recenti eventi le risultava particolarmente piacevole e un po’ perché, finalmente, la biblioteca della scuola si era immersa in un tombale silenzio, ma il motivo principale era che quel nome, ormai ripetuto solo nella sua testa, detto ad alta voce le fece saltare un battito.
Sebbene non si fosse ancora abituata – e come avrebbe potuto? – al fatto che nessuno, eccetto lei, si ricordasse dello strampalato figlio dello sceriffo di Beacon Hills – né la sua ex-ragazza né il suo migliore amico né suo padre –, era riuscita a superare la sorpresa iniziale, solo per sostituirla con qualcosa di più labile, dolce e al contempo doloroso, una sensazione a metà tra vuoto e smarrimento, una sorta di offuscamento dei sensi, come se fosse entrata in una discoteca con i tappi per le orecchie: tutti i suoni le parevano ovattati, la realtà meno reale, la vita un sogno dal quale non riusciva a svegliarsi e l’oscurità della notte un oblio che la sopraffaceva e solo apparentemente la liberava  la mattina dopo, mentre in verità non aveva mai smesso di tenerla in pugno.
La domanda di Malia le provocò una morsa allo stomaco, nonostante se l’aspettasse, ma ovviamente non poteva astenersi dal rispondere: aveva sempre apprezzato quanto gli occhi della coyote fossero espressivi, che non riuscissero a non tradire i pensieri della loro proprietaria, che facessero sempre intendere cosa volevano; e ora Lydia non vi leggeva che pura, innocente curiosità: un genuino desiderio di sapere di questo Stiles di cui sembrava essere Lydia l'unica a conoscenza, pur essendo consapevole di procurarle dolore rievocandone il ricordo che – a quanto diceva la banshee – era stato rimosso a tutti loro – a tutti loro eccetto lei.
Fu per questo, per la sincerità di Malia, per il suo essere totalmente senza colpe in quella faccenda, che Lydia iniziò a parlare.
"Stiles è il figlio di Claudia e dello sceriffo Stilinski" esordì dopo aver preso un profondo respiro, chiudendo il libro e frapponendo l’indice tra le pagine a mo’ di segnalibro. "Ha la nostra età, frequenta la nostra stessa scuola ed è il numero ventiquattro della squadra di lacrosse. È il migliore amico di Scott."
Dopo queste prime informazioni fondamentali, Malia aggrottò le sopracciglia: le sembrava impossibile non avere alcun ricordo di questa persona che doveva essere a stretto contatto col Branco, a giudicare dal modo in cui Lydia ne parlava – occhi lucidi, sguardo tendenzialmente basso, lunghe pause fra una frase e l'altra, ma frasi dette tutte d'un fiato, come se le vorticassero in testa continuamente, come se qualcuno fosse potuto spuntare da un momento all'altro dicendole: "Hai detto Stiles? Stiles Stilinski? Il nome mi pare familiare, parlamene un po', magari lo conosco..." e di conseguenza lei aveva bisogno di ripetersele tutto il tempo – e anche dalle cose che le aveva appena detto: figlio dello sceriffo, giocatore di lacrosse, migliore amico di Scott. Ma Scott non le aveva mai parlato di questo Stiles, lui non aveva proprio nessun migliore amico, solo il suo branco.
Lydia doveva aver compreso che la confusione l'aveva colta, perché la pausa che seguì l'ultima frase fu più lunga delle precedenti. Malia le fece un cenno, e lei ricominciò.
"Ha una jeep azzurra, vecchia e praticamente a pezzi, Roscoe." A quel punto, Lydia avrebbe voluto sorridere: insomma, Roscoe era un nome orribile, la cosa divertente, caratterizzante di Stiles. Ma –  si rese conto Lydia – caratterizzante solo per uno che lo conosce, Stiles. Quindi continuò a parlare con la stessa espressione neutra.
Malia la guardava in attesa di sapere altro, lo sguardo altrettanto indecifrabile.
"Stiles..." iniziò Lydia, stavolta con esitazione, mordicchiandosi il labbro inferiore. "Stiles è anche stato il tuo ragazzo."
Le sopracciglia di Malia formarono due archi di incredulità  sul suo viso, e non riuscì a trattenersi. "Il mio ragazzo? Non è possibile. Me ne –"
"Te ne ricorderesti?" la precedette Lydia. Sorrise lievemente, ma non con sufficienza nei suoi confronti, Malia lo sapeva: addosso a lei l'unica puzza che sentiva – a parte quello del suo nuovo profumo terribilmente dolce – era quella dello sconforto.
 "Neanche suo padre ha idea di chi sia" le ricordò Lydia, e Malia non trovò nulla da ribattere, anzi, passò mezzo minuto in silenzio, riflettendo, cercando senza risultati di figurarsi nella mente il viso di quel ragazzo che, a quanto pareva, era stato il suo fidanzato, nonché parte integrante del Branco, della loro – della sua – vita.
Intanto osservava Lydia; aveva lo sguardo fisso su un punto non definito, ma concentrato, almeno così sembrava dalla fronte aggrottata, sicuramente a pensare a quel suo Stiles.
"E com'è?"
Lydia alzò lo sguardo; il verde scuro dei suoi occhi risplendeva, illuminato da un raggio di sole penetrato nella biblioteca da una finestra.
La guardò con curiosità. "Intendi di aspetto o carattere?"
"Tutti e due."
"Be', ecco" disse allora; cercò con apparente naturalezza di vedere l'immagine di Stiles di fronte a lei; la rincorse, l'afferrò, la tenne stretta a sé, avrebbe voluto gridare per la gioia: non lo aveva dimenticato, aveva mantenuto la sua promessa.
"È abbastanza alto. Un metro e ottanta, credo. Però è anche mingherlino, quindi a prima vista non lo diresti. Spalle più o meno larghe. Capelli corti spettinati, castani. Occhi nocciola. Il naso non è né enorme né troppo piccolo. Mani grandi, dita affusolate. Molto spesso indossa camicie a quadri".
Malia mise insieme i pezzi e cercò di costruirselo, questo Stiles. La descrizione di Lydia era più che sufficiente per immaginarselo, e avrebbe tanto voluto poterglielo mostrare e chiederle se fosse giusto, se il vero Stiles Stilinski fosse almeno un minimo simile al suo, un po' come faceva quando era indecisa su un esercizio di Chimica e le porgeva titubante il quaderno, sempre un po' intimidita dallo sguardo attento che Lydia riservava solo a pochissime cose: i compiti, le scarpe e, dopo aver sentito quella descrizione così organizzata e detta senza pause, come se Stiles le fosse di fronte anche in quel momento, immaginava anche il figlio di Stilinski, sì.
"È scherzoso, sarcastico, generoso, protettivo con le persone a cui tiene, gentile. E anche molto intelligente" proseguì Lydia senza che glielo avesse dovuto chiedere. "Più logico e intuitivo che costante, almeno per quanto riguarda la scuola. A scuola è totalmente disordinato, ma per conto suo, al contrario, è molto schematico”.
Malia cercò di immaginare questo ragazzo con lei che la baciava, le sorrideva, che la svegliava il giorno dopo per andare a scuola dopo aver passato la notte insieme. Certo, non sapeva se fossero già così avanti nel rapporto, e non intendeva chiederlo a Lydia –  qualcosa le suggeriva che non fosse la persona più indicata, e che neanche lo sapesse, in realtà, perciò si accontentò dell'ignoranza.
"Non sembra un carattere simile al mio" disse solo.
"Non molto, no" assentì Lydia, senza peli sulla lingua – Malia non se la prese:  sapeva di contare qualcosa per Lydia, e Lydia sorprendentemente (non lo avrebbe mai detto, all’inizio) era anche per lei qualcosa di più di un membro dello stesso branco; era solo che non sapevano sempre come dimostrarlo –, "ma ti ha aiutata tantissimo dopo che ti sei ritrasformata"
"Davvero?"
Lydia annuì. "Stava sempre a casa tua o tu a casa sua, i primi tempi. Scott e io lo aiutavamo, sì, ma era lui a passare più tempo con te, a spiegarti le cose, a cercare di farti ambientare." Fece una pausa e prese un respiro, quasi… imbarazzata?, "In realtà, all'inizio sembrava essere l'unico, insieme forse a Scott, che ti piacesse."
È vero, Malia ricordava che l'integrazione nel branco non era stata improvvisa, ma neanche pensava che qualcuno, un giorno, le avrebbe dovuto ricordare – in questo caso svelare – grazie a chi alla fine fosse riuscita a diventarne parte.
"Si è dato da fare anche per matematica. É grazie a lui che ora te la cavi"
Stavolta, Malia non era confusa, ma stranita. "No, sei stata tu ad aiutarmi con matematica"
Lydia scosse la testa. "Ti ho dato i miei appunti diverse volte, vero, ma il merito di tutto è suo" ammise, ma non disse altro, anche se avrebbe voluto, perché l'espressione della sua interlocutrice era diventata persa.
 "Io... non capisco" mormorò Malia con la voce un po' più bassa, forse più rivolta a se stessa che a lei, "Come posso averlo dimenticato, se dici che è stato così importante per me?"
Lydia sorrise con dolcezza, si alzò dalla sua sedia e abbandonò il libro senza preoccuparsi di sostituire qualcosa all’indice, perdendo in questo modo il segno, per andarsi a sedere accanto a lei. "Malia, non è colpa tua. Anche Scott e suo padre sono stati costretti a dimenticarlo, non lo hai certo scelto tu."
"E perché tu invece lo ricordi?"
Ecco una domanda a cui non poteva, non sapeva rispondere. 
Perché gliel'ho promesso, avrebbe voluto confidarle. "Non lo so", era la verità, e questo le disse.
Le tornarono in mente gli occhi di lui prima che sparisse dall'esistenza, così risoluti, così scuri, e il suo tono fermo, sicuro, ma non abbastanza per tranquillizzarla.
 "Non lo farò", gli aveva detto, non ti dimenticherò. Ed era vero, non l'aveva fatto.
Adesso era forse l'unica persona al mondo a custodire il ricordo di quel bizzarro ragazzo alto un metro e ottanta dalla pelle candida e la battuta pronta?
Non poteva sopportarlo, non poteva essere vero.
Si sentiva come quando finiva di leggere un libro bellissimo ma non sapeva con chi parlarne, con chi scambiarsi pareri, oppure come quando improvvisamente si rendeva conto che le serviva qualcosa che le era capitato di vedere sempre in casa, ma ora che ne aveva davvero bisogno, non riusciva più a trovarla.
Sentiva tutte queste cose, e al contempo non sentiva nulla. Non ne sentiva il diritto, finché le cose fossero rimaste in quel modo, con Stiles letteralmente fuori dal mondo, le sembrava quasi scorretto provare qualcosa di lontanamente simile al dolore o alla contentezza quando Stiles stava soffrendo più di quanto potesse anche solo immaginare.
Avrebbe voluto poter fare come nello studio di Deaton, quando Scott, Stiles ed Allison si erano immersi in quelle vasche di acqua gelata. Qualcosa che ti possa portare indietro, aveva detto che fosse necessario il veterinario. E poi aveva aggiunto: “Lydia, tu vai con Stiles.”
Lydia era stata la sua ancora, ed ecco, avrebbe voluto poterlo tirare fuori da dove si trovava e averlo accanto, salvarlo, ricambiare il favore, ma lo avrebbe voluto fare anche senza che ci fosse nessun favore da ricambiare, lo avrebbe voluto fare e basta.
Persa com'era nei suoi pensieri, si accorse che Malia l'aveva chiamata solo dopo qualche secondo.
"Ho dimenticato di chiederti una cosa" disse la coyote quasi come per giustificarsi di averla distolta dalla sua occupazione. Lydia annuì per esortarla a parlare.
"Stiles cos'è?"
Inarcò un sopracciglio, confusa. "Cosa intendi?"
"È un mannaro anche lui?"
Se non fosse stato che la loro incolumità era messa a repentaglio ogni secondo e che le persone continuavano a sparire tra l'indifferenza generale, Lydia avrebbe trovato quasi divertente quella domanda.
Stiles una creatura sovrannaturale? Impensabile. Stiles era l’unico umano insieme a Mason del Branco, il vero punto fisso di ognuno di loro – sempre se stesso, nonostante tutto, nonostante la possessione e la solitudine e quel senso di impotenza che, tuttavia, attanagliava anche lei.
Stiles era il rifugio sicuro, l’asso nella manica, quello che riusciva sempre a capire le cose.
“No, Stiles è… “, le sembrava così riduttivo dirlo… “Stiles è un umano" si limitò a sibilare. Nel parlare, riandò con lo sguardo sul pavimento.
"Oh" sussurrò Malia senza aggiungere altro. Probabilmente si stava chiedendo cosa ci fosse di così diverso in un umano da far sì che il suo ricordo non fosse stato eroso dalla mente di Lydia; in fondo, un po’ se lo chiedeva anche lei.
Malia non era abituata ad essere dolce, non lo era per niente; eppure, quando si sorprese a sfiorare il braccio di Lydia, giungendo fino al polso per poi stringerlo, si rese conto di averlo fatto con la massima delicatezza. "Spero che lo ricorderemo" disse.
Lydia non la guardava, teneva lo sguardo dritto di fronte a sé; gli occhi, Malia lo vedeva bene, erano lucidi. Avrebbe voluto poter fare di più, prenderle il dolore, magari, ma lo aveva visto fare solo per quello fisico.
Come aiuti qualcuno a soffrire meno se è solo nella sua testa? Come puoi aiutare qualcuno dicendogli che ricorderai? Ricordare non bastava. Ricordare era solo un piccolo passo del grande cammino che li aspettava, che aspettava tutti loro.
"Lo salveremo" aggiunse allora con fermezza. Questo sorse reazioni: Lydia portò la sua mano sulla sua, ancora stretta al suo polso. Sorrise, e continuò – non aveva mai smesso – a pensare a Stiles, a perché non lo aveva dimenticato, a perché solo lei lo ricordava.
Stiles che in quel momento non era che un'anima in pena. E lei ne sentiva sempre così tante, di anime in pena: sussurravano nella sua testa, piene di sconforto, si facevano spazio tra la sua mente, monopolizzandola, assumendone il pieno controllo. Che a quel coro di sofferenza si fosse aggiunto anche Stiles? Lei era una banshee, lei ascoltava quando nessuno riusciva a sentire; faceva da tramite. Lei sapeva che Stiles era ancora lì, da qualche parte, e lo avrebbe salvato, lo avrebbe ritrovato, proprio come aveva fatto lui con lei a Eichen House.
Era per questo che lo ricordava? Stiles ora era una voce? Se avesse ascoltato più attentamente, lo avrebbe sentito?
"Hai ragione" disse a Malia, la voce tremante, ma decisa, "ci riusciremo."
Voce o no, lo avrebbe salvato.




Note:

Salve! Era da tantissimo che non pubblicavo qualcosa, mi dispiace molto di non aver risposto alle recensioni che mi sono state lasciate ad altre storie, spero di riuscirci prima o poi. Sappiate che leggo sempre e vi ringrazio di cuore, apprezzo che spendiate tempo per farmi sapere cosa vi è piaciuto e cosa no.
Riguardo la storia, è un po' avventata, considerando che si basa su un minuto e mezzo di trailer della sesta stagione, ma non ho resistito. Suppongo che per certi aspetti risulterà piuttosto diversa dalla trama effettiva, ma pazienza.
Ho immaginato, siccome mi piace il loro rapporto e Jeff ha detto che ci saranno diverse scene tra loro due, un momento tra Lydia e Malia; mi sono resa conto di non aver mai trattato seriamente il secondo personaggio, spero di essermi in qualche modo riscattata perchè durante le ultime due stagioni è diventato terribilmente importante e sinceramente anche uno dei miei preferiti. 
E niente, la smetto di parlare a vanvera. Spero che vi sia piaciuta.
   
 
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