Capitolo
29: RISPOSTE
«Queste informazioni le ho reperite da un
dossier che ho trovato in una base militare, circa qualche settimana
dopo le
esplosioni. È successo qualcosa di grosso, talmente grosso
che ha spinto agenti
federali, corpi speciali segreti e perfino l’esercito ad
intervenire» cominciò
Dom, con voce calma, facendo vagare lo sguardo dagli occhi di Rachel
per poi
riportarli al suolo, quasi come se fosse incapace di riuscire a reggere
la
vista delle iridi violacee della giovane.
«Tutto ha inizio circa
vent’anni fa’, quando uno
scienziato di cui si è persa l’identità
scoprì
dell’esistenza di un particolare gene
del DNA che, apparentemente, non serviva a niente. Come ben saprai, il
DNA
racchiude tutte le informazioni necessarie per lo studio del corpo
umano,
mentre questo gene non sembrava possedere alcuna utilità.
«Cominciò allora delle
ricerche, eseguì dei test
su dei pazienti, e scoprì inoltre che questo gene era
estremamente raro,
posseduto solamente da una persona su cento, in media. E lui era uno di
queste
cento. La cosa suscitò ulteriormente il suo interesse,
così proseguì con i suoi
studi. La cosa cominciò ad ossessionarlo, compì
sempre più test ed esami,
arrivò perfino ad operare corpi umani. Per impedire che il
suo comportamento
potesse peggiorare ulteriormente, fu rilasciato dal suo laboratorio e
gli fu
proibito di continuare ad esercitare il suo lavoro.
«Ma la cosa non lo fermò. Si
trasferì in Sudamerica,
con una nuova identità, dove poté continuare i
suoi test utilizzando come cavie
i barboni e i nullatenenti di quel posto.
«Per un anno non riuscì a
trovare niente, decine
e decine di cavie morirono per colpa delle sostanze che iniettava loro,
fino a
quando, un giorno, nemmeno i più disperati vollero
più aiutarlo. L’unica
persona che gli rimase accanto fu la sua assistente, una donna
innamorata di
lui che lo aveva seguito fin dall’inizio dei suoi studi. Ma
lei non poteva
essere usata come cavia, visto che non possedeva il gene.
Così, lo scienziato
arrivò perfino a fare esperimenti su sé stesso.
Ma nemmeno così parve riuscire
a trovare qualcosa. Arrivò perfino ad ammalarsi gravemente,
a causa delle
sostanze che continuava a creare e iniettarsi.
«Una sera si fermò
più del dovuto. La sua
assistente era già andata via, e lui era rimasto solo. Aveva
continuato a
lavorare fino a notte inoltrata e, quando era ormai mattino, decise il
tutto
per tutto: creò un agente patogeno, qualcosa che avrebbe
ucciso chiunque vi
fosse entrato in contatto. Non gli restava molto tempo di vita, a causa
della
malattia, perciò non aveva da preoccuparsi in caso di
fallimento. Se non ci
fosse riuscito nemmeno quella volta, allora lo studio sul gene conduit
sarebbe rimasto
archiviato per sempre.
«Così si iniettò
quella sostanza. Non si sa
altro della sua esperienza in Sudamerica.
«Pare che qualcosa sia andato storto,
quel
giorno, perché quando la sua assistente andò al
laboratorio, l’indomani, non
trovò altro che un cumulo di macerie e fiamme. Intervennero
le forze
dell’ordine locali, e la cosa, ben presto, si
trasformò in una faccenda molto
più seria. Agenti governativi e federali nel giro di poco
tempo scesero sul
campo. La zona fu sigillata, messa in quarantena, a causa di tutte
quelle
sostanze nocive create dallo scienziato che, quel giorno, si erano
liberate
nell’aria. L’intero villaggio nei pressi del
laboratorio fu sgomberato, gli
abitanti portati chissà dove.
«Durante
alcune operazioni di perlustrazione dei resti del laboratorio, gli
agenti
riuscirono a trovare un diario, nella quale lo scienziato aveva
descritto, per
filo e per segno, tutto quello che aveva fatto alle cavie e a
sé stesso, le
sostante che aveva creato ed iniettato e i test e gli esperimenti
fatti. È
stato proprio grazie a questo che sono riusciti a ricostruire la storia
che ti
ho raccontato fino ad adesso. Nemmeno la sua assistente
riuscì a fornire
ulteriori dettagli. L’unica cosa che saltò fuori
da lei, era che era incinta di
lui. Nient’altro.»
«Perché mi racconti
questo?» chiese Rachel,
interrompendolo, in parte confusa. Non riusciva a capire il nesso tra
quanto
successo a lei e ad Empire e la storia di questo uomo, per quanto essa
potesse
essere raccapricciante.
«Per aiutarti a capire meglio il resto
della
storia» le rispose Dom, sospirando. «Vedi, lo
scienziato fu dato per disperso,
visto che il suo corpo non fu mai trovato tra le macerie del
laboratorio, e in
seguito fu dichiarato morto. Ma dopo cinque anni, diversi strani
fenomeni
cominciarono a verificarsi. Calamità naturali, genocidi di
intere popolazioni,
paesi e villaggi interamente rasi al suolo per ragioni inspiegabili,
sempre in
Sudamerica. E fu con questi avvenimenti, che il caso del Soggetto Zero
fu
riaperto.»
«Il... Soggetto Zero?»
«Lo scienziato, Rachel.»
Dominick si strinse
nelle spalle. «Era lui la causa di questi fenomeni. Gli
agenti federali
riuscirono a coglierlo sul fatto. Lo videro all’opera per la
prima volta in
assoluto. Scoprirono che aveva ottenuto dei poteri mostruosamente
forti. Stando
ai rapporti, era in grado di demolire un muro di cemento armato con il
solo
sguardo. Capisci adesso?»
Rachel dischiuse le labbra.
«L’agente patogeno...
lo ha trasformato in un conduit...»
«Non in un conduit qualsiasi. Nel Conduit. Il primo vero conduit che
sia mai esistito, dotato di una forza così spaventosa che
nemmeno tutti gli
eserciti del mondo intero riuniti sarebbero riusciti a fermarlo. Per
questo
motivo, oltre a Soggetto Zero, gli hanno assegnato anche decine e
decine di
altri nomi. The Devil, il diavolo, per dirne uno, e anche il nome di un
demone
dell’apocalisse leggendario appartenente alla folklore di una
popolazione
sudamericana estinta da millenni. Un demone in grado di causare
terremoti,
eruzioni vulcaniche, tsunami e così via. Ciò che
anche il Soggetto Zero è in
grado di fare.»
«E come mai non se
n’è mai saputo niente di
questa cosa? Dei disastri che sono successi, delle popolazioni uccise,
dei...»
«Sicurezza nazionale, Rachel. Se simili
notizie
fossero trapelate, il mondo intero sarebbe sprofondato nel caos
più totale.
L’esistenza di un mostro impossibile da sconfiggere e in
grado di scatenare
l’apocalisse avrebbero spaccato il mondo in due,
letteralmente. Ma siccome i
fenomeni si sono limitati al Sudamerica, sono stati semplicemente
mascherati
agli occhi dei media come semplici calamità naturali, senza
scendere troppo nei
dettagli.»
«Ma allora perché ci sono
state le esplosioni?
Perché hanno evitato di lasciar trapelare queste
informazioni, se poi hanno
comunque gettato il mondo del caos uccidendo milioni e milioni di
persone?
Volevano che con la nascita dei conduit si potesse creare un esercito
in grado
di sconfiggere il Soggetto Zero?» insistette Rachel, sempre
più sorpresa,
curiosa e anche intimorita allo stesso tempo.
Dominick piegò il capo.
«Sì e no. Si è pensato
anche a questa eventualità, ma è un piano
d’azione che è stato archiviato un
anno dopo la ricomparsa del Soggetto Zero.»
«E come mai?»
domandò allora la Corvina, sempre
più perplessa.
«Perché The Devil è
scomparso di nuovo. Non si
fa più vivo da allora.»
«Che... che cosa? Ma... ma sono passati
più di
dieci anni!»
Il castano sollevò le spalle.
«Lo so. Ma è
comunque scomparso nel nulla. Non si sa davvero il perché,
si teorizza che
abbia bisogno di tempo per poter recuperare le proprie forze. Scatenare
decine
e decine di calamità naturali nell’arco di un anno
non deve essere semplice,
neppure per un conduit potente come lui. O forse si è
annientato da solo a
causa della sua troppa energia, ma questa è
un’eventualità a cui stento un po’
a credere.»
«Ma se allora non è nemmeno
per combatterlo...» proseguì
Rachel. «... allora qual è il vero motivo che ha
spinto i governi a causare le
esplosioni?»
«Perché quando il laboratorio
dello scienziato è
saltato in aria, diciannove anni fa’, tutte le sostanze
tossiche in esso
contenuto si sono disperse nell’aria, insieme a
quell’agente patogeno che lui
si era iniettato e che avrebbe ucciso chiunque. Nell’aria si
diffuse un virus,
Rachel. Certo, gli effetti nocivi di quelle sostanze si ridussero
notevolmente
disperdendosi nell’aria, e solamente negli ultimi due anni i
governi si sono
resi conto della sua continua presenza, ma ciò non li ha
comunque resi meno
pericolosi.
«In diciannove anni, tutto il mondo
è arrivato
ad essere infetto. Io, te, Kevin, Rick, tutti quanti lo eravamo. Era
una
pandemia. E in questi unici due anni non sono riusciti a trovare
nessuna cura.
Tutti quanti noi eravamo destinati a morire, prima o poi. È
vero, tu non
ricorderai di essere mai stata ammalata, ma i sintomi dovevano ancora
cominciare a farsi sentire. Negli ultimi mesi prima delle esplosioni,
centinaia
di migliaia di persone avevano cominciato a sviluppare i primi sintomi
più
gravi, una buona fetta di loro, principalmente nella prima zona di
contagio, in
Sudamerica, morì perfino. Il tempo stringeva, di cure
nemmeno l’ombra. Non
c’erano più mezzi e tempo per riuscire a
sviluppare qualche vaccino di fortuna.
Così si optò per il piano B.
«I governi di tutto il mondo si
accordarono.
Grazie agli appunti del Soggetto Zero, cominciarono le produzioni su
larga
scala degli ordigni contenenti l’agente patogeno per attivare
i geni dei
potenziali conduit. E poi, sette mesi fa’, tutte le
città contenenti più di
duecentomila abitanti furono colpite, in modo da attivare il maggior
numero
possibile di conduit, come me, te, Richard e Kevin.»
«C-Che cosa?»
domandò Rachel, basita. «Gli
ordigni... sono serviti per salvare le nostre vite?!»
Dominick annuì, con aria smorta.
«Solamente gli
individui dotati di gene conduit attivo sono immuni al virus,
perché sviluppano
degli anticorpi più potenti del normale, in grado di
depennare qualsiasi
malattia. Nemmeno quelli che possiedono il gene inattivo possono
salvarsi. Ma
per poter attivare il gene non basta semplicemente inalare i gas che si
sono
diramati nell’aria, la loro forma è troppo debole
per poter reagire con il
gene, ma abbastanza potente da uccidere. Grazie agli ordigni... il
numero di
conduit attivi è salito a qualche centinaio di migliaio tra
gli individui
sparsi in tutto il mondo. In questo modo, la razza umana non rischia la
completa estinzione, e inoltre il mondo ha guadagnato un po’
di tempo in più
per cercare una cura. L’obiettivo era quello di tenere
sigillate le città per
un po’ di tempo, per far sì che i conduit
riuscissero a controllare i loro
poteri, per poi smilitarizzare tutti i posti di blocco e lasciare che
questi
nuovi individui potessero cominciare a viaggiare per il
paese.»
«Non... non è
possibile...» Per un momento,
Rachel perse di vista il mondo attorno a sé. Si
isolò nei propri pensieri,
cercando di meditare sulle parole di Dominick, su quella scioccante
rivelazione
che le aveva fatto. «Le esplosioni... avevano lo scopo di...
di salvare il
mondo, non distruggerlo... e i conduit sono... sono l’unica
speranza del mondo...»
«Io le ho
salvato la vita.» Le parole
di Wilson rimbombarono nella sua mente all’improvviso. La
scena vissuta
nell’ambulatorio medico dove Tara era stata rinchiusa
tornò a farsi sentire più
nitida che mai tra i suoi ricordi. «Una
nuova era sta per avere inizio.»
«Deathstroke... era a conoscenza delle
cause
delle esplosioni» mormorò Rachel, mentre ripensava
anche alla visione che aveva
avuto, quella in cui i protagonisti erano stati proprio il capo degli
UDG e
Dreamer.
«Sei in
pericolo, ragazzo. Tu, Rose, tutti quanti.»
«Era l’epidemia ciò
che lo spaventava così
tanto.» Le parole uscivano in maniera autonoma dalle labbra
della ragazza,
mentre, finalmente, tutto le appariva chiaro. «Per questo
rapiva i conduit, per
questo faceva esperimenti sulle persone. Per questo... ha trasformato
Tara...
voleva... voleva...» Corvina deglutì. Mai
pronunciare delle parole le parve
così difficile. «... voleva davvero salvarle la
vita. Voleva davvero... salvare
la città.» La conduit delle tenebre si premette le
mani sulle tempie, per poi
chinare il capo, sconvolta. «Voleva davvero... salvare il
mondo...»
«Deathstroke ha fatto quello che il
governo si
aspetta che anche altri conduit facciano in futuro. Ha cercato di
trovare una
soluzione» annuì Dominick, per poi sospirare.
«Di sicuro il governo non si
aspettava un simile caos, dopo le esplosioni, però
è anche vero che non tutti i
conduit sono malvagi... non dico che Wilson fosse un santarellino,
però è uno
dei pochi che è riuscito a tenere la testa sulle spalle e
che si sia davvero
ingegnato per risolvere questo bordello. E ovviamente ci sei anche tu,
Rachel.
Credo sia anche per questo che i governi abbiano deciso di attivare
tutti i
potenziali conduit possibili, speravano che qualcuno di noi potesse
cercare di
trovare una soluzione, magari anche prima che l’intera
umanità come la
conosciamo cessasse di esistere. Ormai tutto il mondo sta cominciando
ad
infettarsi, non rimane molto tempo.»
Rachel si abbracciò le ginocchia, ancora
piuttosto scossa da quella scoperta. Tutto ciò in cui aveva
creduto... si era
rivelato una bugia. La cosa che credeva le avesse rovinato la vita, in
realtà
gliel’aveva salvata, mentre Deathstroke aveva sempre agito
cercando di fare, a
suo modo, del bene, e lei lo aveva combattuto e aveva causato la sua
morte.
«E tu... tu quando hai scoperto queste
cose hai...
hai deciso di fare tutto quello che hai fatto?»
domandò a Dominick, con voce
tremante. «Come pensavi che... che le tue azioni potessero
servire davvero a
qualcosa?»
«Non lo pensavo, infatti.» Il
ragazzo sospirò
profondamente. «Il fatto è che... scoprire che il
mondo era destinato a finire
in questo modo, che anche se fosse scampato dall’esplosione
Rick sarebbe morto,
il fatto che anche mia moglie e miei amici non ce l’avrebbero
fatta, senza
nemmeno poter avere la possibilità di salvarsi, e che invece
a spuntarla
sarebbero stati dei mostri incontrollabili e assetati di sangue e
potere come il
Soggetto Zero... mi ha fatto ribollire il sangue nelle vene.
«Ho capito che la vita non fa altro che
farti
ingoiare merda, e tu puoi fare solo due cose a riguardo: rimanere
immobile, o
reagire. E io... ho scelto, mio malgrado, la seconda. Non mi aspetto
che tu mi
comprenda, Rachel. Solo adesso ho capito che ci sono diversi modi di
reagire.
Si può fare come ho fatto io, come ha fatto Richard, come
hanno fatto Sasha e
Alden... oppure si può reagire come avete fatto tu e Wilson.
Si può fare lo
stesso gioco della vita... oppure combatterla. Se potessi tornare
indietro,
probabilmente sceglierei di combatterla, questa volta. Ma prima,
sicuramente
cercherei di trascorrere più tempo possibile con la mia
famiglia...»
«Quindi... non ci sono proprio cure per
l’epidemia?»
«Che io sappia, no. Deathstroke
è l’unico che ci
è andato vicino. Anche se la sua idea, a conti fatti, era
davvero
irrealizzabile. Non avrebbe avuto né il tempo, né
i mezzi, per poter
trasformare l’intera umanità in conduit prima che
fosse troppo tardi. Sarebbe
stato fortunato a trasformare mezza Sub City...» Dominick
scosse la testa,
sospirando nuovamente. «Mi dispiace, Rachel. Ormai il mondo
è questo.»
Corvina annuì lentamente, anche se le
sue parole
giunsero a stento alle sue orecchie, e si abbracciò le
ginocchia.
«E quali sono i sintomi
dell’epidemia?» Un’altra
voce si sollevò in aria. Sia Rachel che Dominick si
voltarono, sorpresi, per
poi vedere un malmesso Lucas reggersi in piedi a fatica, tenendosi un
braccio.
Aveva il fiato grosso e un’espressione alquanto infastidita,
ma se non altro
era ancora in grado di camminare. E a giudicare dalla sua domanda, era
evidente
che avesse ascoltato un bel po’ della loro conversazione.
«Come si fa... a
capire chi è malato e chi no?»
«Già, vorrei saperlo
anch’io...» rantolò
un’altra voce ancora, questa volta, proveniente da Richard.
Il Mietitore si
stava rialzando a fatica, mettendosi sulle ginocchia, mentre osservava
Dominick
con odio. «... così dopo potrò
ucciderti.»
«Te lo scordi.» Rachel si
alzò in piedi di
scatto. «Tu non uccidi proprio nessuno.»
«Fatti da parte»
sibilò Richard, stringendo i
pugni. «Questa faccenda non ti riguarda.»
«Dominick non farà
più del male a nessuno» disse
ancora Corvina, calma, indicando al Mietitore il ragazzo ancora seduto,
il
quale osservava con aria assente la loro conversazione.
«È finita. Abbiamo
vinto noi.»
«Non c’è nessun noi» rantolò il
Mietitore. «E questa faccenda non sarà finita fino
a quando non gliel’avrò fatta pagare per avere
ucciso i miei compagni e essersi
preso gioco di me.»
«E come vorresti fare per fargliela
pagare?»
Rachel cambiò strategia, intuendo che Robin aveva bisogno di
altri stimoli per
desistere. «Con i poteri che non hai?»
A quelle parole, Richard sgranò gli
occhi. Si
guardò entrambe le mani, sorpreso, poi serrò la
mascella ed emise diversi
grugniti, contraendo i pugni con forza. Accorgendosi di come nulla
stesse
accadendo, abbandonò le braccia lungo i fianchi con un verso
frustrato. «Com’è
possibile?! Perché tu ce li hai ancora ed io no?! Ce li ha
cancellati la stessa
persona!»
«Semplice. Perché io sono
più forte di te.» Un
sorriso scappò dalle labbra di Rachel, quando vide
l’espressione frustrata del
Mietitore. Una parte di lei aveva desiderato quel giorno da quando
aveva
rivisto Richard, ormai divenuto Robin, la prima volta; fargliela pagare
per
come l’aveva trattata ad Empire City, anche se, naturalmente,
il desiderio di
poterlo riavere dalla sua parte era comunque ancora presente. Ma ormai,
dubitava seriamente che sarebbe ancora riuscito a convincerlo.
«Basta con queste puttanate!»
esclamò Lucas
all’improvviso, facendosi avanti, verso Dominick.
«Dimmi quali sono i sintomi!»
Il castano lo osservò ammutolito,
sollevando le
mani. «Ok, ok, rilassati. Diciamo che la cosa varia da
persona a persona, ma i
primissimi sintomi, durante i primi mesi di contagio, sono
riconducibili a
quelli di un’influenza qualsiasi. Tosse, mal di testa, mal di
pancia, attacchi
di vomito e così via. Dopo un periodo che varia da sei mesi
ad un anno, dipende
dalla resistenza del corpo e da come esso reagisce, le cose cominciano
a
peggiorare. Il fisico inizia a deteriorarsi e ad indebolirsi, ci si
stanca più
facilmente, si fatica a respirare, fino al punto in cui il paziente
è costretto
a letto, impossibilitato a muoversi, obbligato a vedere la propria vita
finire
di fronte ai suoi occhi con una morte lenta e dolorosa. Ecco a te i
sintomi.
Contento?»
Dalla sua espressione, Lucas sembrava tutto meno
che contento. Aveva le labbra dischiuse ed osservava con aria basita,
quasi
intimorita, il castano. Aumentò di colpo la presa attorno al
suo braccio,
facendo sbiancare le nocche, ed indietreggiò di colpo.
Distolse lo sguardo e
fissò il suolo, probabilmente rimuginando sulle parole
dell’ex copiatore.
«E non ci sono cure»
precisò Richard, ottenendo
l’attenzione dei presenti.
«No, non ci sono. Non ancora.»
«E quelli come me, che sono conduit ma
sono
senza poteri? Centra qualcosa?»
«Non credo» rispose Rachel al
posto di Dominick.
«Dubito che i miei poteri rimuovano il gene conduit. E
comunque, ormai i tuoi
anticorpi si sono già sviluppati, quindi dovresti lo stesso
essere al sicuro.»
«Quindi...» Richard
incrociò le braccia,
distogliendo lo sguardo pensieroso. «... tutti i nostri
amici... sarebbero
morti lo stesso. Con o senza esplosione. E anche Kori... non ce
l’avrebbe
fatta.»
Corvina annuì lentamente, intuendo
perfettamente
il suo stato d’animo. «Sì. Saremmo...
tutti morti in ogni caso. Ma... credevo
che non ti importasse più niente di loro. Né di
Kori.»
«Forse...» Robin
piegò la bocca in
un’espressione corrucciata. «... o forse ho
semplicemente detto cose che non
pensavo davvero, ma che cercavo in tutti i modi di auto convincermi che
fossero
vere.»
Rachel inarcò un sopracciglio,
perplessa. «Che
intendi dire?»
Richard sospirò. «Pensare che
Kori non fosse più
importante per me, mi ha permesso di riuscire ad andare avanti, in un
certo
senso. Quando mi sono svegliato in mezzo a quel cratere, nel Centro
Storico, e
ho realizzato cosa fosse appena successo, ho capito che non aveva alcun
senso
avere degli ideali e delle buone intenzioni.»
«Mentre osservavo Empire City cadere in
mano a
dei mostri, ho realizzato che nemmeno con tutta la buona
volontà dell’universo
sarei riuscito a cambiare le cose. Ho capito che... lottare era
inutile. Così
ho abbracciato la mia nuova identità, decidendo che, se non
potevo salvare il
mondo, avrei quantomeno vendicato la persona che amavo. Ma in pochi
mesi... ho
capito che anche quella era stata solo una follia. Trovare i
responsabili, era
pura follia, ma ero stato troppo accecato dai sentimenti per capirlo.
Così ho
semplicemente lasciato che il veleno di Sasha facesse il suo lavoro.
Non potevo
più vivere in un mondo in cui tutto quello in cui credevo
veniva spazzato via.
Volevo... diventare come i Mietitori. Dimenticare tutto, voltare
pagina. Ma con
la morte di Sasha, tutto questo non è successo.
«Così ho cercato comunque di
convincermi che il
mio destino fosse quello di guidare i Mietitori. Volevo... volevo
annegare il
mio dolore in quella causa, per quanto sbagliata fosse. Volevo...
smettere di
pensare. È vero, Rachel, tu sei stata più forte
di me. Io mi sono arreso, ma tu
invece no. E per questo ti ammiro. Ma non credere che adesso le cose
cambieranno.»
«Richard...»
«Robin.»
Corvina ammutolì. Si posò una
mano chiusa a
pugno di fronte al petto, senza parole dopo aver udito quanto detto dal
suo
vecchio amico di infanzia. Così... anche lui si era arreso.
Non ci avrebbe mai
creduto se non lo avesse udito con le proprie orecchie, proprio dalle
labbra di
lui. Era un qualcosa che non sembrava avere del possibile. Era
cresciuta con
lui, lo aveva conosciuto meglio di chiunque altro, sapeva
com’era, sapeva che
era un combattente nato, un testardo, uno che credeva nelle proprie
cause e nei
propri ideali.
Osservò il suo amico di infanzia dritto
negli
occhi. In quei occhi vuoti, privi di emozioni, privi di ogni cosa. Non
era più
Richard. Non le era più da un pezzo. L’esplosione
lo aveva annientato. Aveva cancellato
Richard dalla faccia della terra. E Robin era rinato dalle ceneri del
vecchio sé
stesso.
E Rachel, finalmente, riuscì a capirlo.
«Non... vuoi venire con noi? Con me?
Potremmo...
potremmo...»
«No, Rachel. Ormai è finita. I
nostri destini si
sono incrociati per l’ultima volta. Adesso hai dei nuovi
amici, dimenticati di
me. Fallo per te stessa. Io non sono più il ragazzo che
amavi e che, forse,
avrebbe anche potuto ricambiarti. Non sono Richard. Sono
Robin.»
Rachel chinò il capo, annuendo
impercettibilmente. «Quando... quando hai capito che ti
amavo?» domandò, con
voce tremante.
«Non lo so di preciso. Ho sempre saputo
che tra
di noi c’era un forte legame, ma non ho mai capito se era
solo amicizia o se
era qualcosa di più. E quando mi sono fidanzato con Kori...
credevo di essere davvero
felice. Per questo mi sono dimenticato di te. Anche se il tuo
comportamento,
subito dopo il ballo scolastico, ha destato i miei sospetti, ma non ho
mai
avuto il coraggio di parlartene. E poi, quando ci siamo rincontrati
dopo
l’esplosione, ogni dubbio è stato chiarito. Ma
purtroppo, ormai era troppo
tardi per noi due. E comunque... ormai mi avevi già
rimpiazzato.»
A quelle parole Rachel sgranò gli occhi,
mentre
Richard, con quello che aveva la fioca parvenza di un sorriso, indicava
un
punto alle sue spalle. «Ma forse faresti meglio a
sbrigarti.»
Non capendo cosa stesse dicendo, Corvina si
voltò, per poi avere un tuffo al cuore. Lucas si stava
allontanando,
trascinandosi a fatica sulle gambe, curvo su sé stesso.
Ormai aveva quasi
raggiunto l’uscita del cantiere.
La conduit non riuscì a capire il
perché di
questa sua decisione. Fece per chiamarlo, poi ebbe un flashback. Vide
Rosso
vomitare sulla cima di quel palazzo, il giorno in cui avevano spiato
Wilson.
Poi lo vide tossire mentre camminavano, lo vide fare la medesima cosa
mentre
parlavano con Dreamer, poi ancora mentre erano in missione, mentre
parlavano,
mentre pulivano il sangue di Ryan...
Ripensò ai suoi versi e alle sue smorfie
di
dolore. E, infine, pensò a come aveva domandato a Dominick
quali fossero i
sintomi dell’epidemia. E alla sua reazione allarmata subito
dopo averli
scoperti.
Lucas...
Lucas è... è...
Rachel si portò una mano di fronte alla
bocca.
Gli occhi le si inumidirono. «No...»
mormorò.
«Coraggio Rachel» disse
Dominick, facendola voltare
verso di lui. La osservava con sguardo apprensivo e le rivolse un cenno
del
capo. «Ha bisogno di te.»
Corvina si morse un labbro, poi annuì.
«Sì...
addio, Dominick. Cerca di rimetterti in sesto. E anche tu,
Robin.»
I due ragazzi annuirono a loro volta. E senza
dire altro, Rachel iniziò a correre.
***
«Lucas!»
Il ragazzo si fermò di colpo,
irrigidendosi. «Lasciami
stare.»
«Non posso farlo. E tu lo sai meglio di
me.»
«Ti prego, Rachel. Dimenticami.»
Corvina strinse i pugni con forza, con rabbia,
fino a farsi male. «Come puoi chiedermi una cosa del genere?!
Come puoi pensare
anche solo per un momento che io possa abbandonarti
così?!»
La ragazza cominciò a camminare verso di
lui,
per poi afferrargli una spalla. «Per una sola volta nella tua
dannata vita, non
fare l’egoista e pensa anche a...»
Rachel si interruppe di colpo, quando vide Lucas
voltarsi di scatto verso di lei. Aveva gli occhi lucidi e la mascella
contratta. Sembrava quasi arrabbiato, ma in realtà non era
così. Quella era
un’espressione sofferente.
«Ho paura» sussurrò
lui, semplicemente, con un
tono che lei mai aveva sentito fuoriuscire dalle sue labbra. Sembrava
quello di
un bambino spaventato, bisognoso di aiuto. E non c’era
affatto da biasimarlo,
per quello.
«Lucas...» mormorò
Rachel, per poi abbracciarlo.
Lo sentì irrigidirsi, ma la sensazione durò poco;
ben presto, sentì il suo
corpo duro cominciare sciogliersi, fino a quando le sue braccia non le
percorsero i fianchi. Il moro chinò il capo, fino a
sfiorarle la spalla, poi
singhiozzò.
Ancora una volta, fece qualcosa che mai prima di
allora la ragazza gli aveva visto fare. «Dopo tutto quello
che abbiamo passato
insieme... morire così... non... non è giusto...
dover... essere costretto a...
a passare i miei ultimi giorni sdraiato su un letto e... costringere te
a...
dover subire tutto questo e...»
«Basta così, Lucas. Basta. Ti
prego.» Rachel gli
accarezzò i capelli, sentendo anche i propri occhi
cominciare ad inumidirsi. «Non
dire altro.»
Anche lei cominciò a singhiozzare. Aveva
ragione, non era giusto. Non era giusto che l’unica persona
che avesse mai
avuto il coraggio di fidarsi davvero di lei si fosse ammalato. Essendo
a
conoscenza dell’epidemia, sapeva già che persone
come Amalia e Lucas non ce
l’avrebbero fatta, ma dover vivere l’esperienza in
prima persona, così presto,
la distrusse completamente. Non era pronta, non sarebbe mai stata
pronta per
vedere i suoi amici ammalarsi.
Il corpo di Rosso tremava tra le sue braccia,
mentre anche i suoi singulti aumentavano di intensità. Per
lei era una
pugnalata al cuore vederlo così. Il Red X che conosceva non
era così. Lui non
aveva paura, lui non si tirava indietro di fronte a nulla, nemmeno di
fronte ad
avversari molto più potenti di lui. Lui non temeva la morte.
O almeno, così
aveva sempre creduto. Ma ritrovarsi la realtà spiattellata
in faccia in quel
modo, essere consapevoli del fatto che da lì ad un anno lui
non sarebbe più
stato al mondo... avrebbe demolito chiunque.
Il cuore di Rachel batteva all’impazzata,
mentre
si stringeva sempre di più al partner. Il corpo di Rosso era
caldo, quasi
rassicurante. In un certo senso, era sempre stato così, per
Rachel, da quando
si erano conosciuti. In quei mesi era sempre stato un punto di
riferimento, per
lei. La sua ancora, qualcosa a cui aggrapparsi senza avere paura di
cadere, un
faro dove guardare quando il senso dell’orientamento veniva
smarrito. E doverlo
perdere per lei non poteva essere semplice, in alcun modo.
Come avrebbe potuto, in futuro, alzarsi al
mattino e sapere che lui non era lì con lei?
Aveva passato mesi insieme a lui, e in un
certo senso lo aveva sempre dato per scontato. Teneva a lui, certo,
come non
avrebbe potuto, ma comunque non si era mai posta un problema del
genere. Anche
quando credeva di averlo abbandonato, non aveva mai pensato ad
un’eventualità
del genere. Perché, in cuor suo, sapeva che comunque lui ci
sarebbe stato, da
qualche parte, nel mondo. Come sua madre. Rachel sapeva che Angela
c’era, in
qualche remota località del paese, per questo non si
lasciava sopraffare dal dolore.
Al contrario di quello che sarebbe successo se
Lucas
fosse morto. Perché per quanto si possa ricordare una
persona defunta, lei non
potrà mai davvero esserci. Tenerlo vivo nei propri ricordi,
e sapere che invece
era vivo fisicamente, sono due cose completamente diverse. E lei non
poteva
accettarlo. Non poteva assolutamente accettarlo.
Doveva salvarlo. In qualche modo. In qualsiasi
modo. Mentre passava la mano tra i capelli di Rosso, Rachel vide una
tenue luce
nera illuminarle il palmo. La ragazza sgranò gli occhi,
mentre realizzava che i
suoi poteri, forse, stessero cercando di dirle qualcosa.
Dischiuse le labbra.
Possono...
possono guarirlo?
Ovviamente non poteva saperlo se non ci provava.
Alimentata da una nuova carica di speranza, Rachel si separò
dolcemente dal
ragazzo. «Ascolta, forse... forse ho
un’idea...» disse, prendendogli il volto
tra le mani e guardandolo negli occhi. «Fidati di
me.»
Lui annuì lentamente, mentre lei
inspirava
profondamente e lasciava uscire i suoi poteri. Una nuvola di luce nera
avvolse
lentamente il corpo di Lucas, facendolo gemere, mentre la ragazza, con
il cuore
in gola, cercava in tutti i modi di far sì che quello
funzionasse.
Nel giro di pochi istanti, la luce nera
guarì le
ferite superficiali come i graffi, i tagli e l’ustione sul
petto, dopodiché si
diradò e la ragazza lasciò andare il partner.
«A-Allora?» domandò, incerta.
«Ha...
ha funzionato?»
«Non... non lo so» rispose
Rosso, guardandosi le
mani. «Io non... non sento nient...» Si interruppe
di colpo, per poi chinarsi e
ricominciare a tossire con violenza. Questa volta sputò
perfino del sangue.
Corvina lo guardò con orrore crescente.
Si portò
entrambe le mani di fronte alla bocca, sconvolta, impaurita, questa
volta
temendo davvero di averla combinata grossa. Fortunatamente,
però, la tosse
cessò poco dopo. Ciò permise alla ragazza di
tirare un sospiro di sollievo, che
fu ben presto oscurato quando realizzò di non essere affatto
riuscita a
guarirlo.
«No, no...» mormorò,
mentre Rosso si
raddrizzava, pulendosi le labbra con la manica della tuta.
«Ti ringrazio per averci
provato» biasciò lui,
senza nemmeno guardarla negli occhi. Le suo sguardo perso sul suolo, la
ragazza
notò ancora quell’emozione che mai aveva visto in
lui: la rassegnazione.
«Lucas...»
«Non importa, Rachel. Davvero.
Toccava...» Rosso
esitò, per poi sospirare profondamente. «...
toccava a tutti, prima o poi.»
Rachel lo osservò ancora, incapace di
pensare.
Posò di nuovo lo sguardo sulle sue mani, e vide che erano
ancora illuminate di
nero. Inarcò un sopracciglio.
Che
significa? ,
pensò, perplessa. I suoi poteri cercavano ancora di prendere
il
controllo di lei? Eppure, lei si sentiva bene, fisicamente. Mentalmente
no, ma
non provava le stesse sensazioni di dolore di quando i suoi poteri, in
passato,
avevano cercato di impossessarsi di lei. Ma allora perché la
luce non svaniva?
Perché rimaneva lì, come se
dovesse usarla per
combattere? Che cosa aveva da combattere, in quel momento? Non
c’era
assolutamente nulla da affrontare... o forse no?
Lentamente, Rachel cominciò a capire. La
luce
nera, i suoi poteri, erano lì, si stavano manifestando di
fronte a lei,
cercando di farle capire qualcosa. Ed infine, la ragazza
intuì quale messaggio
volessero lasciarle: non arrendersi. Continuare a combattere.
La luce nera svanì di colpo proprio in
quel
momento. Rachel si osservò ancora le mani, rimuginando su
quel pensiero appena
avuto. Infine, strinse i pugni e sollevò lo sguardo,
determinata. Aveva capito.
I poteri le avevano semplicemente detto di combattere. Di non
arrendersi. E lei
non lo avrebbe fatto. Non era arrivata fino a lì per gettare
la spugna. Lei era
una nuova persona, adesso, non si sarebbe messa a piangersi addosso.
Avrebbe reagito,
e lo avrebbe fatto immediatamente.
«Lucas, ascolta.»
Il moro non parve udirla, fino a quando lei non
gli si avvicinò per poi prendergli la mano. A quel punto
Rosso sussultò, per
poi sollevare lo sguardo.
«Ascolta» ripeté,
per poi sospirare
profondamente. «Anche se non posso guarirti da sola, ti
prometto che farò tutto
quello che è in mio potere per trovare una soluzione. Io non
ti lascerò morire,
non senza combattere. Ti giuro...» Rachel si
avvicinò ancora a lui, prendendogli
anche l’altra mano. «... che non mi darò
pace. Girerò il mondo, affronterò
anche il Soggetto Zero in persona se necessario, pur di non
abbandonarti. E
vorrei che... che tu rimanga insieme a me. D’altronde,
c’è la tua vita di
mezzo, e anche quella di milioni, miliardi di persone. Da sola non
posso
farcela. Mi serve il tuo aiuto. Mi servi tu. Mi serve qualcuno che...
mi resti
vicino.»
Imbarazzata, Rachel aveva distolto lo sguardo
dai suoi profondi occhi blu, e aveva cominciato a strofinare
distrattamente i
pollici sui dorsi delle mani di Lucas. «Io non... non voglio
che tu te ne vada.
Tu sei... sei importante per me, e...»
«E tu per me.»
Rachel si interruppe di colpo, tornando a
guardare il moro, il quale aveva iniziato a sorriderle.
«Anche tu, Rachel, lo
sei per me. Mi hai... insegnato tante cose in questi mesi, senza
nemmeno
rendertene conto. E anche tu hai sopportato la mia presenza, nonostante
all’inizio fossi un po’ pesante, per non parlare
poi di come mi sono comportato
dopo il nostro incontro con Dreamer... e, insomma... non mi pare di
averti mai
ringraziata a dovere per tutto quello che hai fatto. Anche se ero io a
guidare
il nostro gruppo, in un certo senso era comunque la tua presenza che
riusciva a
darmi sollievo. Sapere che c’eri tu... mi sollevava,
perché anche se non te ne
sei mai resa conto, in un certo senso tu eri il collante che ci teneva
uniti. E...
se non ci fossi stata tu, probabilmente avrei ucciso Amalia
già da un pezzo.
Perciò... grazie, Rachel. Per tutto quanto. Per essere stata
così buona
nonostante i tuoi poteri siano tutto il contrario. Davvero.
Grazie.»
Il sorriso sul volto di Rosso si
allargò. Rachel
ben prestò ne fece uno identico. Osservò a lungo
il ragazzo, concentrandosi su
ogni suo piccolo particolare. Era stata così presa dagli
ultimi avvenimenti che
nemmeno aveva più badato al suo aspetto. Si era rasato la
barba, ora che ci
faceva caso. Aveva i capelli un po’ più lunghi e
spettinati. Gli zigomi
pronunciati, come sempre, e gli occhi scavati e dall’aria
stanca.
Era... carino. Bello. Insomma, lei gradiva il
suo aspetto, malgrado spesso e volentieri fosse trasandato e
trascurato.
«Quindi... tu tieni a me?»
domandò lei,
probabilmente avvampando.
«Sì, Rachel. Tengo a te. E
tu... tieni a me?»
Corvina si avvicinò a lui, pochi
centimetri
ormai separavano i loro volti. «Sì»
disse, tutto ad un fiato.
Spesso aveva pensato a Rosso come un amico, ma
in quel momento... le pareva che fosse qualcosa di più. Le
sembrava di avere
con lui lo stesso rapporto che aveva avuto con Richard, in passato.
L’unica
differenza, tuttavia, era che Lucas era meglio di Richard. Molto meglio.
E fu con questi pensieri, che la ragazza
socchiuse le palpebre e cominciò ad azzerare la distanza che
li separava. Sentì
la presa calda di lui aumentare sulle sue mani fredde. Il suo cuore
accelerò i
propri battiti, sentì le guancie bruciare terribilmente e lo
stomaco in
subbuglio.
Era una strana sensazione, molto gradevole, che
prima
di allora forse aveva provato solo per Richard, ma mai così
intensamente. Non
poté non riconoscere quell’emozione. Ma era
davvero quella? C’era solo un modo
per scoprirlo.
«Ahia, ragazzi... mi fa male
dappertutto...»
Un secondo prima che le loro labbra potessero
sfiorarsi, una voce improvvisa ruppe quel momento tanto surreale quanto
meraviglioso.
Entrambi i giovani sobbalzarono, quasi urlando, per poi allontanarsi di
colpo
entrambi con le guancie in fiamme, tuttavia continuando a tenersi per
mano.
Videro Tara barcollare verso di loro,
massaggiandosi la testa, mugugnando. «Mi sembra di essere
stata pestata da un
martello da macellaio per poi essere stata ficcata di peso in una
centrifuga e...»
La bionda si fermò di colpo e
sgranò gli occhi,
osservando le mani ancora intrecciate di Lucas e Rachel e le loro
espressioni
chiaramente imbarazzate.
«Ehm... ho... ho interrotto
qualcosa?»
Rosso e Corvina si guardarono rapidamente tra
loro, poi riportarono lo sguardo sulla nuova arrivata.
«N-No... » borbottò
Rachel, imbarazzata.
«Sì, decisamente
sì» mugugnò invece Lucas,
incupendosi, strappando un risolino alla corvina.
«Accidenti!» sbottò
Tara, sbattendosi una mano
sulla fronte. «Ho interrotto l’unico momento della
vita di Lucas in cui lui ha
deciso di esternare qualche emozione! Scusa Rachel, non volevo,
davvero...»
«Ha. Ha. Divertente»
mugugnò ancora Rosso,
distogliendo lo sguardo da lei.
«Guardatemi, sono Rosso, sono un cyborg,
non
provo emozioni, bzz, bzz.» Terra cominciò a
muovere le proprie braccia in
maniera meccanica, imitando anche la voce robotica.
«Divertente davvero.»
«Ah! La mia falsa scorza da duro
è sotto attacco!
Alzare livello di sarcasmo!»
Un’altra risata scappò dalle
labbra di Corvina,
la quale, poi, sciolta la stretta con Lucas andò ad
abbracciare Tara,
strappandole un verso sorpreso. Un po’ si sentì in
colpa per essersi
dimenticata di lei, ma la scoperta che aveva fatto su Rosso le aveva
fatto
temporaneamente perdere il contatto con la realtà.
«Sono felice che tu stia
bene. E ti ringrazio per essere tornata ad aiutarci.»
La bionda ridacchiò, poi
ricambiò la stretta. «Figurati.
Insomma... le amiche... fanno questo, no?»
Rachel si separò da lei, sorpresa da
quell’affermazione. Osservò il sorriso gentile e
anche un po’ imbarazzato della
Markov, e sorrise a sua volta. «Hai ragione. Le amiche fanno
questo.»
Sollevò una mano, frapponendola tra loro
due.
Tara la guardò incuriosita, poi allargò il
sorriso e la strinse.
«Comunque...» aggiunse,
sottovoce. «Era ora che
tu e Lucas vi metteste insieme...»
Rachel spalancò le palpebre.
«C-Cosa?! N-No, noi
non...»
«Ehi, tranquilla, io non ti giudico di
certo» la
interruppe Tara, strizzandole l’occhio. «Anzi, sono quasi invidiosa...»
Corvina sentiva le guancie in fiamme,
letteralmente. Distolse lo sguardo, sempre più imbarazzata.
«Piuttosto... come
hai fatto a trovarci?» decise di cambiare argomento, sperando
che Lucas non
venisse più nominato per almeno altri trenta secondi.
«Difficile non notare una tempesta di
fumo ed
esplosioni varie con tanto di luci verdi sfavillanti in mezzo al cielo.
Non mi
è stato difficile capire che tu centravi qualcosa.»
Un sorrisetto scappò dalle labbra della
corvina.
«Si, diciamo che Kevin e Dominick ci hanno dato abbastanza
dentro...»
«Quindi quello era lo stesso ragazzo che
ci ha
aiutati a scappare da Dreamer» osservò Tara.
«Mi dispiace che non ce l’abbia
fatta...»
«Anche a me.»
Rachel osservò il punto in cui il corpo
di Kevin
era rimasto, ma con sua enorme sorpresa non lo notò. Non
vide nemmeno più né
Dominick, né Robin. Ma anziché allarmarsi, un
altro tenue sorriso si accese sul
suo volto. Se n’erano andati. Probabilmente Dom aveva preso
con sé il suo
migliore amico, mentre Richard aveva proseguito per la sua strada
solitaria. Un
po’ le sarebbero mancati, tutti e tre. Tolta la corazza dura
e fredda da
conduit, tutti loro dentro nascondevano qualcosa di buono. E
sicuramente, non
avrebbe mai scordato ciò che Richard era riuscito a donarle,
in passato.
«A proposito, Tara... come ti senti
adesso che
hai perso i poteri?» domandò Rachel, in parte
dispiaciuta.
Il sorriso raggiante di Terra, tuttavia, le fece
intuire che non era il caso di essere in pena per lei. «Mai
stata meglio. Sai,
credo che tra tutti noi, l’unica che dovrebbe avere i poteri
sei tu, Rachel. Io
ero una mina vagante.»
Corvina annuì, rasserenandosi. Si
voltò di nuovo
verso Lucas, il quale le sorrise in maniera dolce. «Beh,
ragazzi, direi che qui
abbiamo finito.»
«Dove andremo adesso?»
domandò Tara, per poi
aggiungere, frettolosa. «Ammesso che non vi dispiaccia la mia
presenza,
ovviamente...»
Rachel le scoccò
un’occhiataccia, strappandole
una risatina, dopodiché lasciò perdere con un
sospiro, sorridendo all’idea
della loro nuova missione. «Sai, credo proprio che
ciò che ho in mente ti
piacerà. Sempre se il nostro Lucas qui presente
sarà disposto a farci da
leader.»
«Sei tu che dovresti guidarci,
Rachel.»
«No, invece.» Corvina sorrise,
volgendogli un
cenno di intesa con il capo. «Io non sono in grado di farlo.
Sei tu il leader
nato tra noi, lo sai bene. Ma puoi stare tranquillo, io ti
aiuterò senza
pensarci due volte.»
Un sospiro di falsa rassegnazione uscì
dalla
bocca di Lucas, che poi tornò a sorriderle. «Va
bene, allora. Che cosa hai in
mente di fare?»
«Beh...» Rachel distolse lo
sguardo da lui, per
poi posarlo su Tara, la quale pareva aver intuito cosa avesse in mente,
perché
la guardava con sguardo carico di aspettativa.
«... diciamo che abbiamo una ragazza
parecchio
scorbutica da trovare.»
Il sorriso di Terra si allargò a
dismisura
quando udì quelle parole. Lucas, invece, fece un verso
esasperato. «Oh, no...
stavo così bene senza di lei...»
«Amalia fa parte del gruppo, che ti
piaccia o
no. Dobbiamo trovarla. E, inoltre... dobbiamo starle vicino. Non se la
starà
passando molto bene, in questo momento.»
Rosso sospirò per l’ennesima
volta, poi annuì. «Sì,
hai ragione. Ma giuro che al suo primo cenno di bipolarismo la faccio
fuori.»
Rachel e Tara ridacchiarono.
«La avvertiremo del pericolo»
replicò la bionda,
per poi incamminarsi.
I tre ragazzi si avviarono in silenzio verso
l’uscita del cantiere, per poi trovarsi sul ciglio della
strada. Ormai era
calata la sera e una lieve brezza si confondeva tra i palazzi
illuminati e le
luci accese dei lampioni.
«Direi che potremmo cominciare dalla zona
industriale» iniziò Lucas, incrociando le braccia.
«Non è passato molto da
quando è partita, e dubito che abbia trovato una macchina.
È probabile che la
troveremo attorno al confine della città, se ci
sbrighiamo.»
«Visto perché sei tu il
leader?» domandò Rachel,
scoccandogli un’occhiata complice. Il ragazzo sorrise, poi
ricambiò il suo
sguardo.
«Ehm ehm...» Dietro di loro,
Tara si schiarì la
voce. «Ragazzi? Non dovremmo sbrigarci?»
I due partner trasalirono e distolsero gli
sguardi, strappando un’altra risatina alla ragazza bionda.
Mentre spostava lo sguardo sui suoi piedi, un
nuovo sorriso si accese sulle labbra di Rachel. Pensò che,
anche se non tutto
era perfetto, raramente si era sentita così sicura e libera
dal peso del mondo.
Lucas era in pericolo, vero, però...
sentiva
comunque, dentro di sé, che le cose si sarebbero aggiustate,
in qualche modo.
Non sapeva cosa fare con esattezza per salvare il suo partner, ma
sapeva che
qualcosa lo avrebbe trovato, prima o poi. La soluzione era davanti ai
suoi
occhi, doveva solo riuscire a vederla meglio.
Controllava i suoi poteri, aveva di nuovo degli
amici leali, sinceri, e forse Lucas era diventato perfino qualcosa di
più, per
lei.
Adesso il suo obiettivo era trovare Amalia, la
quale, doveva ammetterlo, le mancava molto più di quanto
avesse potuto
immaginare. Dopo averla trovata... chi poteva dire con esattezza cosa
sarebbe
successo.
Era certa, comunque, che le cose avrebbero
dipeso da lei, come sempre da quando aveva ottenuto i suoi poteri. Ma
quella,
ormai, era una realtà che aveva deciso di accettare.
Dopotutto... tutti gli uomini percorrono un
percorso già stabilito. Ma sta proprio agli stessi uomini,
far sì che questo
percorso si riveli essere più o meno pericoloso.
Solamente il tempo, probabilmente, le avrebbe
dato le risposte che cercava.
***
EPILOGO
Non ho
scelto io di essere una conduit. Non ho scelto io di avere i poteri,
non ho
scelto di essere una dei pochi sopravvissuti dell’esplosione
di Empire. Ma è
successo.
Il destino
ha sempre avuto in serbo questo piano per me. Un piano che io ho sempre
ritenuto sbagliato, crudele nei miei confronti, ma ora, invece, ho
capito. Ho
capito che ho giudicato troppo in fretta i fatti, senza considerare
ciò che li
ha causati. E di conseguenza, adesso so che questo è il
ruolo giusto per me.
Non sono i
poteri che fanno la persona, ma è la persona che fa i
poteri.
Non conta
chi sei, ma ciò che fai. Sono le scelte che facciamo tutti i
giorni, che ci
rendono ciò che siamo.
Buoni,
cattivi, non ha alcuna importanza. Ho scoperto che dietro il male si
può
comunque celare del bene, e che sotto il bene si può
comunque celare del male.
Io? Io sono
il bene che c’è nel male. Io sono la figlia delle
tenebre, non necessariamente
malvagia, ma comunque in grado di controllare ciò di
più oscuro al mondo, ossia
il male stesso.
E se sono
riuscita a fare del bene perfino con esso, non vedo come io non possa,
un
giorno, riuscire a salvare tutte le persone che amo.
Non so cosa
mi riserva il futuro, ma so per certo una cosa: io non mi
arrenderò. Potrei
averlo fatto qualche volta, in passato, ma sono sempre e comunque
riuscita a
ritornare sui miei passi, in un modo o nell’altro, ed
è questo che ho
intenzione di fare anche questa volta.
Io non mi
fermerò fino a quando non ritroverò Amalia, e poi
mia madre, e poi Lian per
portarle i saluti di sua sorella e poi, infine, fino a quando non
sarò sicura
al cento percento che Lucas sarà al sicuro.
Questa è
una promessa, un giuramento, che ho fatto a me stessa: lui non
morirà. Nessuno
morirà, fino a quando potrò fare qualcosa per
impedirlo.
Affronterò
interi eserciti se necessario, ma non mi darò mai per vinta.
Anche a costo di
rimanere da sola. Se dovrò sacrificare me stessa per salvare
i miei amici, lo
farò. Se dovrò farlo per salvare il mondo, lo
farò.
Perché
è
questo che sono io, è questo ciò che faccio ed
è questo il motivo per cui ho
ricevuto i miei poteri.
Non mi
importa se le persone quando mi vedranno scapperanno da me oppure
verranno a
stringermi la mano. Non faccio tutto questo per un mio tornaconto
personale. Io
lo faccio per loro, e loro saranno libere di giudicarmi come vogliono.
Ho capito
di avere un ruolo, nella realtà di tutti i giorni, e questo
ruolo è quello di
aiutare il prossimo, indipendentemente da chi esso sia. Ho salvato
Tara,
un’amica, che se lo meritava in quanto non aveva mai fatto
del male a nessuno,
ma ho anche salvato Dominick, in un certo senso, riportandolo alla
ragione e
cancellandogli i poteri.
Io sono la
speranza di un mondo migliore. Sono ciò a cui, un giorno,
anche altri conduit
spero possano inspirarsi.
Forse da
sola non cambierò il mondo, ma il messaggio che ho
intenzione di lasciare,
quello sì che lo cambierà.
Tante
persone sono rimaste coinvolte. Hank, Jade, Ryan, Rose, Kevin, i
Visionari, gli
Underdog, perfino Joseph e Slade. Non dimenticherò nessuno
di loro. Perché anche
loro, in un certo senso, mi hanno aiutata a crescere. Mi hanno fatto
capire chi
sono.
Io sono la
Figlia dell’Oscurità. Io sono il Male. Io
controllo il Male. E con esso, faccio
del bene.
Mi chiamo
Rachel Roth. Sono una ragazza adolescente che è stata
costretta a crescere più
in fretta del previsto. Sono sopravvissuta all’esplosione e
sono una conduit.
E se
potessi descrivere la mia vita con un aggettivo... penso che opterei
per
"turbolenta".
E la cosa,
alla fin fine, non mi dispiace così tanto.
E questa,
amici miei, non è la fine, ma un nuovo inizio.
Ok, no, non
è vero, è la fine. Ma mi piace pensare che sia un
nuovo inizio per Rachel, Lucas,
Tara e compagnia briscola.
C’è
voluto
tempo, tanto tempo, non è stato facile, non lo è
stato affatto, ma alla fine
siamo giunti sino a qui, a questo giorno, che per alcuni
sarà triste, ma per me
è molto felice. È un sollievo vedere questa
storia giungere ad una spero degna
conclusione. Soprattutto dopo quanto accaduto alla mia vecchia long,
per me è
stato un piacere vedere come io sia riuscito a portare a termine questa
storia
che è, sicuramente, la mia preferita tra tutte quelle che ho
scritto.
Sono
passato al livello successivo, con questa fic. La mia "crescita" come
scrittore è culminata proprio qui, in InFAMOUS: The
Darkness’ Daughter.
Ehi, non
fraintendete, non me la sto tirando od altro, sto semplicemente dicendo
ciò che
penso di me. Andiamo, non potete negare che dal mio esordio a qui le
cose non
siano cambiate. In bene o in male spero che possiate dirmelo voi
lettori e
recensori, proprio qui, nel capitolo finale di questa storia che ho
adorato
scrivere, nei suoi alti e nei suoi bassi.
Non avrò
fatto il botto come con HoS, ma detto proprio papale papale, non me ne
frega un
accidente. Io sono felice così, e le cose non cambieranno
tanto semplicemente.
Non mi
pronuncio sul finale della storia, sappiate solo che era un qualcosa
che avevo
già programmato da un pezzo. La storia
dell’epidemia e degli ordigni che in realtà
hanno salvato il mondo ce l’avevo in mente praticamente fin
dall’inizio, da
quanto ancora stavo scrivendo i capitoli dentro la baraccopoli degli
Spazzini
(ne sono passati di mesi da allora, nevvero?).
Ringrazio
davvero di cuore tutti coloro che mi hanno accompagnato in questi mesi,
davvero,
non ho parole. Senza la presenza di molti temerari di cui presto
farò i nomi,
questa fiction non l’avrebbe notata nessuno. Ha ottenuto un
successo davvero
insperato, considerando il genere e la trama proposti.
E ora
arriviamo ai temerari, ossia: Calimetare, Nanamin, Sara e gli ultimi ma
non per
importanza Rose Wilson e Fabb.
Vi ringrazio
di cuore tutti quanti. Mi scuso se non mi pronuncio su ciascuno di voi
singolarmente come già feci con HoS, ma mi sembra un
po’ eccessivo. Sappiate
che vi sono grato di tutto, e non avete idea di quanto.
Ringrazio
poi chi si è fatto sentire un po’ più
sporadicamente, ma che mi ha comunque
fatto piacere sentire, come playstation, Corvina, Yomi e chi ha
preferito la
storia, ossia, oltre a chi è già stato citato,
Summer15 e daniele pietro.
E sappiate
che questa non è la fine, cioè, lo spero. Ora mi
prenderò un po’ di pausa, ma
spero di poter tornare non troppo tardi. Non aspettatevi tempi da
record, però,
ormai avrete capito che sono diventato più lento di un
bradipo a scrivere e
pubblicare.
Perciò,
GRAZIE! Un abbraccione a tutti voi, ai lettori, ai recensori e a
chiunque sia
arrivato fino a leggere queste righe di questa (ultima, per vostra
gioia)
delirante nota d’autore.
Vi voglio
bene. Sto abbracciando il monitor in questo momento, ma sappiate che in
realtà
l’abbraccio è per voi.
Ah, prima
di salutare... non è che avete voglia di pigiare una
preferenza per questa
storia? So che ho detto che non mi importa del successo,
però... mi piacerebbe
un casino vedere chi tiene davvero ai miei lavori farsi vedere e
aiutarmi ad
emergere di nuovo in mezzo a questo oceano di concorrenza spietata.
Come già ho
detto nella mia fiction parodia, questo è un business
crudele.
Naturalmente
siete liberi di non farlo, se non volete, in ogni caso io
sarò grato a chiunque
si fermerà anche solo dieci secondi per rimuginarci su.
Tolto lo
spam, vi ringrazio calorosamente un’ultima volta, per ora, e
vi dico
semplicemente: alla prossima!
Questa non
è la fine, ma un nuovo inizio, per me. Non so per quanto
scriverò ancora, ma so
di per certo una cosa: fino a quando continuerò,
cercherò di divertirmi, e di
far divertire voialtri.
Perciò,
lettori, recensori, amici, alla prossima!
Vostro,
Edo.
Piccolo extra per voi: THEME SONG DEI PERSONAGGI! Perché sì. Iniziamo:
Rachel: https://www.youtube.com/watch?v=FH-uOCIaxHg (questa penso sia stata la più facile da scegliere, è un video con lycris, purtroppo non in italiano, ma chi mastica un po’ l’inglese sicuramente capirà la mia scelta).
Lucas: https://vimeo.com/16400008 (questa è stata più il cuore a suggerirmela, sicuramente ci sarà chi la apprezzerà parecchio, e chi invece la troverà irrilevante, ma vabbé, il mondo è bello perché vario. Mi spiace solo di non aver trovato il video originale su YouTube, ma agli Offspring deve essere partita la brocca perché non si trovano praticamente più loro video originali sulla piattaforma...).
Tara: https://www.youtube.com/watch?v=1zbUP3h_pcs&list=PLL2g9TOv_cIspfoiDRaIS99dCfieY5GUq&index=3 (questa non l’ho scelta per le parole del testo, bensì per il suo ritmo, molto tranquillo ma con anche qualche picco più acceso, che secondo me rispecchia bene la personalità della biondina nella mia storia).
Amalia: https://www.youtube.com/watch?v=6fVE8kSM43I&index=4&list=PLL2g9TOv_cIspfoiDRaIS99dCfieY5GUq (ok, se non vi piace la roba troppo spinta, forse non gradirete questa canzone... io, personalmente, la trovo perfetta per Komi, sia come ritmo che come testo).
Jeff: https://www.youtube.com/watch?v=nDz5SzpA3Xw&index=8&list=PLL2g9TOv_cIspfoiDRaIS99dCfieY5GUq (questa la conoscete già molto bene, non credono servano parole aggiuntive).
Rose: https://www.youtube.com/watch?v=O5ZQsf0qiSQ (una donna forte, feroce, spietata e determinata, proprio come il protagonista della canzone).
Slade: https://www.youtube.com/watch?v=wmEU-VypsHo&t=91s (questa è moooooolto spinta, quindi fate occhio).
Richard: https://www.youtube.com/watch?v=lQHJtA00RJQ&list=PLL2g9TOv_cIspfoiDRaIS99dCfieY5GUq&index=7 (boh, mi piaceva, secondo me rispecchia bene la personalità del nostro caro Mietitore. Anche questa è piuttosto spinta, quindi fate occhio).
Dominck: https://www.youtube.com/watch?v=v3INSQUXH4k&list=PLL2g9TOv_cIspfoiDRaIS99dCfieY5GUq&index=6 (la canzone che parla di un uomo che ha perso l’amore della sua vita, un triste sorte molto simile a quella che è capitata a Dom, il quale ha praticamente perso tutto per colpa sua e per colpa delle esplosioni).
Kevin: https://www.youtube.com/watch?v=KWdaDqtPJKk&list=PLL2g9TOv_cIspfoiDRaIS99dCfieY5GUq&index=14 (penso sia una delle mie theme song preferite, il testo racchiude molte cose, critiche vero la vita che viviamo, verso il mondo in cui ci troviamo, la nostra esistenza, un po’ tutto ecco. Tutte domande che Kevin sicuramente si è posto mentre vagabondava assieme al suo migliore amico, e che sicuramente si è anche posto mentre lo affrontava in quello che è stato uno dei migliori combattimenti della mia storia, secondo me ovviamente).
Rachel e Lucas (❤): https://www.youtube.com/watch?v=C5eQXgZ626M (questa canzone va ascoltata ripensando a tutti i momenti che questi due hanno trascorso assieme, belli o brutti che siano. Magari prima quelli brutti, poi quelli belli. Fidatevi, rende centomila volte meglio).
Ebbene, questo è quanto. Lo so, mancano due personaggi, ossia Ryan e Jade, ma purtroppo non ho trovato nulla per loro. Mi spiace. Se qualcuno ha qualche idea, ben venga.
E niente, ci tenevo a rendervi partecipi di questa piccola cosa. Vi è piaciuta come idea? Sono felicio. Non vi è piaciuta? Non me ne frega niente (dai che vi voglio bene lo stesso).
Grazie a tutti, alla prossima!