Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |       
Autore: Gnarly    27/07/2016    2 recensioni
[Zombie!alert]
Kara, poliziotta di professione, si ritrova catapultata in un mondo che non riesce più a riconoscere. Ha trovato un modo per sopravvivere: affidarsi ai suoi amici.
La storia è divisa in due capitoli, entrambi ambientati durante l'apocalisse - nonostante ci siano diversi flashback.
[8ª classificata al concorso Apocalisse: vivere o morire indetto da ManuFury sul Forum di EFP]
[Storia partecipante al concorso È questa la fine? (Apocalypse contest) Indetto da Hermit_ sul Forum di EFP]
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«A uno sparo dalla morte»



 
1. Figlia della paura

Prima del contagio
 
«Quando non ci sarà più posto all’inferno, i morti cammineranno sulla Terra.»
Peter, “Zombi”
 
Le brute e cruente immagini e registrazioni che i telegiornali non facevano che trasmettere quotidianamente, dalla mattina alla sera, erano impresse nella mente di Kara come se fossero incise su legno.
Centinaia di persone – uomini, donne, bambini e anziani – ogni giorno venivano divorati da esseri che si rifiutava di nominare “umani”. Non ne capiva molto di scienza ma, dalle informazioni che era riuscita ad assimilare dai ripetitivi video che trovava su internet e in televisione, tutto era cominciato da un esperimento in laboratorio finito male. Decisamente male.
Nonostante fosse una poliziotta e nonostante il suo violento passato alle spalle, ancora non riusciva a capacitarsi di tale brutalità e di come quelle creature potessero esistere. Era una fervida credente: come avrebbe potuto? Il Dio in cui riponeva la propria fede non avrebbe mai permesso un simile orrore. Non avrebbe mai permesso così tanta aggressività. Non avrebbe mai permesso un dolore di tale impeto.
C’era stato un periodo buio nella sua vita, quel lasso di tempo che lei aveva rinominato “Medioevo”, una fase talmente tetra che lei avrebbe solamente voluto rifugiarsi sotto le coperte e non uscirne mai più.

Aveva tredici anni quando suo padre decise di portarla nel bosco nei pressi della periferia della città per insegnarle lo sport dell’orienteering. Il bosco era per lei un territorio sconosciuto, quasi nemico, perché fin da quando era piccola aveva ascoltato storie di mostri brutali e creature soprannaturali che, secondo i suoi amici, abitavano in quella selva e, quindi, era terrorizzata dall’idea di doversi inoltrare in quella boscaglia da sola.
Le prime due ore trascorsero tranquille, senza troppe difficoltà che non si potessero superare, e Kara si era quasi rassicurata del fatto che niente e nessuno avrebbe potuto farle male. Poi suo padre le chiese se le andasse di andare a raccogliere un po’ di legna, in modo da dare vita a un falò, «per evitare di morire congelati» - furono queste le sue parole – ma lei, non fidandosi dell’oscurità e degli animali che si nascondevano dietro di essa, lo pregò di andare da solo. Il padre, intenerito dallo scintillio di paura che si celava negli occhi della figlia, disse che sarebbe andato lui e che, nel frattempo, lei avrebbe dovuto iniziare a montare il kit da cucina da campeggio.
Passati almeno una ventina di minuti, la bambina iniziò a preoccuparsi perché suo padre non era ancora tornato alla radura in cui avevano montato la tenda, così decise di inoltrarsi nel bosco alla ricerca dell’uomo che aveva cercato di farle superare la sua più grande paura. Un suono che somigliava a quello di un ramoscello spezzato la destò da suoi pensieri e attirò la sua attenzione. Fece qualche passo verso la direzione del rumore fin quando un’enorme figura, la cui entità era ancora nascosta ai suoi occhi, si stagliò dal terreno. Riusciva a percepire dei lamentii, come se qualcuno stesse soffrendo. Poi vide il padre.
Le sue carni erano dilaniate, il corpo era diventato quasi una massa informe di pelle e sangue. Non sapeva come riuscisse a essere ancora vivo: ferite del genere avrebbero dovuto ucciderlo in poco tempo e, se le ferite non fossero bastate, il dolore provato sarebbe dovuto essere talmente intenso che avrebbe dovuto perdere tutta la propria forza di volontà e abbandonarsi lentamente all’oblio della morte.
L’animale le si avvicinò; cominciò a odorarla come se volesse accertarsi che fosse reale e, se non fosse stato per quello sparo improvviso che squarciò il silenzio che si era andato a creare in quei pochi istanti di puro terrore, sicuramente avrebbe riservato a Kara lo stesso destino del padre.
Proprio nel momento in cui l’animale stava per attaccarla ferocemente, un uomo fece partire un colpo dalla canna del suo fucile che uccise l’animale all’istante.
Da quel giorno Kara non rimise più piede in quell’insieme di oscurità e sofferenza che per lei era diventato il bosco.

Quando i primi zombie comparvero tra le strade della città di Phoenix, le autorità cercarono in tutti i modi di nascondere ciò che in realtà stava succedendo a tutti i cittadini della capitale dell’Arizona. Per pochi giorni riuscirono a contenere la popolazione e le domande che poneva spinta dalla curiosità e dalla paura che la dominava, poi la realtà colpì la città come un fiume in piena: la morte si stava ribellando alla vita e non c’era niente che avrebbe potuto aggiustare le cose.
Erano passati due mesi dal giorno in cui tutte le persone facenti parte delle autorità americane erano fuggite dal triste destino che attendeva Phoenix, così avevano lasciato gli abitanti abbandonati a se stessi.
Kara aveva lasciato la città per trasferirsi nella casa di campagna dopo che la madre era morta. Le aveva detto che era pericoloso uscire di casa, che non sarebbe stato sicuro per lei andare a cercare qualcosa da mangiare, ma non le aveva dato retta… così era tornata a casa con un morso sul braccio. Non urlava, non piangeva. Non sembrava neanche soffrire. Probabilmente era felice del suo destino, aveva già smesso di vivere dalla morte del marito. Quel momento era stato solamente l’ufficializzazione della sua morte.
Nella casa in campagna la vita era abbastanza tranquilla, anche durante l’apocalisse. Poche persone avevano avuto l’idea di allontanarsi dalle strade brulicanti di mostri per nascondersi tra gli alberi e le coltivazioni presenti negli appezzamenti di terreno distanti dal centro.
Era riuscita a trovare quattro persone con cui condividere quella dannazione, con cui esternare i propri pensieri al riguardo senza aspettarsi conseguenze o sentirsi giudicata.
C’era Mark, il ragazzino impaurito che aveva perso entrambi i genitori durante il primo periodo di quell’inferno terreno e che aveva preso sotto le proprie ali; poi era arrivato Aaron, un ventitreenne che non aveva nient’altro che i propri muscoli su cui contare già da prima che scoppiasse il putiferio; Alyssa era, invece, un’adolescente che nel suo tempo libero, prima che i morti viventi occupassero Phoenix, poteva essere considerata per antonomasia una “nerd”: non c’era libro, film o serie tv sugli zombie che non avesse letto o visto; infine, l’ultima persona a essersi aggiunta al gruppo era Pablo, un ex dottore messicano che, a soli trentacinque anni, era stato radiato dall’albo dei medici dopo diverse operazioni chirurgiche eseguite in modo errato e che, quindi, avevano portato il paziente alla morte.
Non potevano essere più diversi, eppure quel destino crudele li aveva uniti tutti come si fossero sempre appartenuti.
Di tanto in tanto Kara usciva dalla casa e si sedeva sulla sedia a dondolo di sua nonna sotto la tettoia e si soffermava a osservare le stelle e l’immensità dell’universo. Le capitava di sentire un brivido lungo la schiena nei momenti in cui tentava di immaginare i pianeti e i satelliti inviati nello spazio sospesi, in equilibrio, come se fossero legati a un filo manovrato da qualcuno superiore a loro e all’universo stesso.
Quella volta la raggiunse sul portico Pablo, con l’intento di fumarsi la sua solita sigaretta notturna. Kara, per l’ennesima volta, gli chiese la sua opinione su tutto quello che stava succedendo: il contagio, gli infetti, la cura; così Pablo iniziò a parlare di batteri patogeni, muffe infiltratesi all’interno del cervello ed elementi chimici che avevano portato all’apocalisse.
Le piaceva, Pablo. Non perché era un bell’uomo, o perché fosse più intelligente di quanto non tendesse a dimostrare, bensì perché in lui riusciva a scorgere ancora quella scintilla di speranza che le serviva per poter andare avanti e sopravvivere alla situazione che si era andata a creare da un paio di mesi a quella parte. Era come se lui fosse immune al completo sconvolgimento del mondo come lo conoscevano prima: sembrava a suo agio in quella guerra tra vivi e morti, come se le sue giornate, prima che si scatenasse l’inferno sulla Terra, fossero tali e quali a quelle che stavano vivendo in quel periodo. Si svegliava, usciva dalla tenuta di campagna per andare a cercare scorte di cibo nei supermercati abbandonati, uccideva definitivamente qualche non-morto, mangiava, dedicava qualche ora della giornata alla lettura e tornava a dormire, per poi ripetere il ciclo la giornata successiva.
«Hilofobia
[1]» disse improvvisamente Pablo, interrompendo quel silenzio sommesso che si era andato a creare tra i due, quasi come un tacito accordo di non parlare per distruggere la complicità che oramai c’era tra loro. «È il nome della paura che hai per i boschi. Hilofobia.»
Lui era l’unico membro del gruppo a essere a conoscenza dell’insolita fobia di Kara; per la poliziotta esternare i propri sentimenti era un concetto innaturale perché, abituata a vivere solamente con la madre che passava la maggior parte delle proprie giornate nei bar a ubriacarsi, teneva per sé tutti i propri pensieri.
Il rumore di foglie calpestate la trattenne dal rispondere al ragazzo, che nel frattempo si era già alzato dalla sedia ed era corso verso la fonte di quel rumore.
Un non-morto uscì dalla fitta boscaglia e si scagliò contro Pablo, che non era riuscito a prendere il coltello per difendersi. Lo afferrò con entrambe le braccia, mantenendolo fermo.
Kara scattò in piedi e in un secondo si ritrovò faccia a faccia con lo zombie, che era intento a trovare un modo per azzannare Pablo. La ragazza si posizionò dietro di esso e, con un movimento veloce della mano, portò la testa del non-morto contro il terreno e fece partire il colpo dalla sua Beretta 92
[2]. Il proiettile che uscì dalla canna della pistola trapassò il cranio dello zombie e gli schizzi di sangue bagnarono il suolo.
«Stai bene? Ti ha morso?» chiese la ragazza visibilmente preoccupata per l’uomo di fronte a lei, iniziando a controllare esasperata ogni zona di pelle visibile. Non avrebbe sopportato un’altra perdita, non sarebbe sopravvissuta anche a quello.
Lui le si avvicinò, il fiato corto e la fronte coperta da un leggero strato di sudore dovuto allo sforzo appena compiuto; i ricci mori sfiorarono il naso di Kara, che ridacchiò per il solletico. «No, grazie a te.»
Lei sorrise, uno di quei sorrisi genuini che scaldano il cuore solo a guardarli, e si avvicinò ancora di più all’uomo. Poi annullò del tutto la distanza tra i loro corpi, posando la propria bocca su quella di lui, ancorandosi a esse come se ne fosse dipendente. Pablo schiuse le labbra, permettendo alla lingua di Kara di avvolgere la propria. In quei pochi istanti di intimità le loro anime erano entrate in contatto, così come succedeva ogniqualvolta le loro labbra si sfioravano.
La sua mente era rivolta verso mondi ignoti, universi felici, creati privi di sofferenza; un’idea poi lo destò dai pensieri che avevano popolato la sua testa in quegli attimi.
La bolla in cui lui e Kara si era rinchiusi, esternando dolore, rabbia e confusione, esplose. Si allontanò da lei volgendo lo sguardo sul bosco, nascondiglio di una moltitudine di esseri privi di sentimenti.
Erano mostri dominati e controllati dalla brama di carne umana, mostri che non esitavano a fare a pezzi una vita se ne avessero trovata una davanti a sé. Non somigliavano per nulla agli zombi di quei pochi film apocalittici che aveva visto: erano intelligenti; riuscivano a percepire le mosse degli umani, se non venivano privati della vista, ancor prima che queste venissero compiute; erano assetati di sangue. Erano lenti, questo sì, ma la loro capacità di prevedere le mosse nemiche era un ostacolo da non sottovalutare.
Pablo si sentiva come se avesse all’interno della propria testa un microchip che inviava le immagini dei propri pensieri direttamente al cervello dei non-morti; si sentiva privato della propria libertà.
«Non si sono mai spinti fin quaggiù… è il primo che troviamo in campagna.»
Una morsa gelida strinse il cuore di Kara, impedendole di respirare. Era il ghiaccio del terrore.
«Dobbiamo perlustrare la zona» suggerì infine l’uomo, dopo un silenzio che sembrava accarezzare l’infinito.
Gli occhi scuri della ragazza si spalancarono e le pupille si dilatarono, mostrando il panico e l’orrore che le stavano angosciando l’anima. Nei momenti in cui si perdeva nei propri ricordi e nei propri pensieri gli occhi si tramutavano in oscurità pura, come fosse stata tenuta prigioniera nel più profondo del suo cuore per tanto tempo e fosse finalmente riuscita a venire a galla.
«Nel bosco?»
Pablo annuì con un’espressione affranta, essendo a conoscenza della paura più totale dei boschi che aveva Kara. Vederla così impaurita lo disorientava. Lei, la ragazza dal cuor di leone, la ragazza che a soli ventidue anni era riuscita a diventare Capitano della polizia, la ragazza che era riuscita a farsi spazio nel suo animo, era spaventata. Lei, che non si era mai tirata indietro quando c’era il bisogno di confortare qualcuno, si sentiva persa. Lei, che combatteva contro gli zombie per i propri amici e per la propria vita, aveva il volto deformato dalla paura.
In momenti come quello le parole non servivano, non avrebbero risolto niente. Kara aveva solamente il bisogno di sentirsi al sicuro, di sentirsi riparata da qualsiasi malignità fosse nascosta nel buio e nell’incognito di quella fitta boscaglia.
Pablo l’abbracciò, cercando di farle dimenticare tutto il male che al mondo esisteva.





[1] Fonte
[2] Pistola semi-automatica
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Gnarly