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Autore: varietyofdreams    27/07/2016    0 recensioni
Polonia, 1942. L'unico modo per sentirsi liberi nella schiavitù è non negare sé stessi.
Anche se sei tedesco; anche se sei innamorato di un ragazzo polacco.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Olocausto
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Il treno è comodo, in confronto a quello con cui ho fatto l’andata. Ma rifarei lo stesso viaggio due volte, se mi riportasse a casa.
Sono ancora sotto shock. Mi hanno tenuto in isolamento per due giorni e oggi mi hanno messo su un treno diretto a Cracovia.
Hanno bruciato Hans, nei loro forni. Non posso sopportare l’idea. Provo a non pensarci, ma il dolore è grande tanto quanto la felicità di lasciare quel luogo di morte.
Non so perché abbiano deciso di rilasciarmi. Ma l’importante è che l’abbiano fatto.
Non so nemmeno quanto durerà il viaggio di ritorno. Decido di addormentarmi, non m’interessa se non scendo alla fermata giusta: non ho più nessuno che mi aspetti a casa. E non ho più nemmeno Hans.
Nel sangue che fluiva dai suoi vestiti, scorreva la mia vita, non solo quella sua e io sono morto con lui due giorni fa. Esiste il mio corpo, ma non esiste niente all’interno di esso; nemmeno le lacrime escono più. Le ho piante tutte nelle ultime quarantotto ore. Ho pianto, mi sono disperato, mi sono autolesionato di fronte ai tedeschi affinché mi uccidessero come avevano ucciso lui. Ho chiesto loro di bruciarmi con lui, di mandarmi nelle camere a gas, di impiccarmi; ho commesso ogni genere di scorrettezze in questi ultimi giorni e mi sono tolto la voce a furia di gridare e piangere. Ma loro non mi hanno accontentato.
Mi accorgo di non riuscire a dormire. Alla prima fermata del treno, scendo.
Mi siedo su una panchina e guardo il treno che se ne va. Un’ora passa, poi un’altra e un’altra ancora. Continuo a fissare davanti a me, senza vedere. Le immagini che mi passano davanti agli occhi sono quelle della mia memoria che vuole dimenticare.
 
Camminava per i corridoi della biblioteca senza far rumore.
Indossava una divisa militare e aveva un’espressione assorta. I capelli biondi ricadevano sulla sua fronte a ciuffi ribelli, sfuggiti alla presa della cera. I suoi occhi erano fissi sulla copertina del libro che aveva scelto.
O no, sono i libri che scelgono gli uomini.
Ma non ha importanza. L’avevo guardato avvicinarsi al bancone, senza riuscire a staccare gli occhi da lui.
Quando fu abbastanza vicino al bancone, mi fissò. «Buongiorno.»
Avrei dovuto rispondere, da bravo commesso, invece cosa feci? Continuai a guardarlo, inebetito.
«Buongiorno.» Ripeté lui, stupefatto dal mio comportamento.
Mi riscossi e ripresi la mia normale attività. Era solo un cliente qualunque. Quanti ne passavano di ragazzi belli?
Non avrei mai immaginato che sarebbe stato lui a cambiarmi la vita e a ridurmi così.
 
Sento il peso dei ricordi che mi opprime il cuore. Un dolore fisico che non si può allontanare, che spesso viene definito anche ‘angoscia’. Provo a deglutire, ma non ho salivazione. Le lacrime cercano di nuovo di farsi strada, ma non sono abbastanza da permettermi di perdere la concezione del mondo.
Mi distendo sulla panchina e provo a scacciare tutti quei pensieri. Sono solo fantasmi del passato. Riprenderò il mio lavoro senza che niente cambi la situazione di prima.
Quante volte sono stato deluso da altri uomini! Come può la morte di Hans mettere a repentaglio il mio futuro, la mia vecchiaia? Non può. Non deve.
Ma non ce la faccio.
 
«V-Vado subito a prenderle il libro in magazzino.»
La mia voce tradiva la mia emozione. Da molte settimane ormai vedevo quel tedesco, Hans, girare nella biblioteca. Non prendeva in prestito nessun libro né tantomeno comprava qualcosa. Faceva un giro fra gli scaffali e poi veniva al bancone.
Dopo la terza volta d’imbarazzo, avevamo cominciato a chiacchierare. Non sapevo se avesse notato qualcosa, ma so che quella volta, mi chiese di poter prendere in prestito un libro. Mi aveva anche sorriso. E mi ero praticamente sciolto.
«Posso venire con lei, o non è permesso ai clienti accedere ai magazzini?»
Mi bloccai. Tecnicamente era vietato accedere ai magazzini, ma lui era un tedesco. Non potevo dirgli di no, se ci tenevo alla vita. Sapevo che persone come me erano state fatte fuori per molto meno. Deglutii.
«Certamente, mi segua.»
 
Quando avevo chiuso la porta del magazzino alle mie spalle e stavo per mettere mano all’interruttore della luce, lui mi aveva fermato, impedendomi di illuminare il luogo.
«C-Cosa…?!»
Lui mi aveva fatto cenno di stare in silenzio e poi mi aveva spinto contro il muro, baciandomi.
Una volta usciti da quel magazzino, non ci eravamo più parlati per qualche giorno.
So solo che un giorno rientrò in biblioteca. Io, per istinto, arrossii e distolsi lo sguardo. Ma lui si fermò subito al bancone. Era quasi ora di chiusura, non c’era nessuno.
«Tieni la bocca chiusa su quello che è successo l’altro giorno.»
Avevo annuito, senza guardarlo negli occhi. Lui si era guardato intorno, per assicurarsi che nessuno avesse sentito la conversazione. Poi mi aveva preso per il mento, mi aveva alzato il volto e mi aveva baciato –di nuovo.
«Non credo che sia un comportamento regolare…»
«Mi piaci, Dawid.»
«…C-Come fa a sapere il mio nome?»
«Il cartellino sul petto. Sei un commesso, ricordi?»
Aveva ridacchiato. Io ero arrossito. «Anche lei, soldato, mi-» La voce mi era morta in gola. Lui mi aveva porto la mano. «Hans. Chiamami Hans.»
 
 
Poche ore dopo, sono oltre la linea gialla. Ma proprio oltre, capite? Sulle rotaie, sì.
Non ho molto tempo.
Il diretto per Varsavia passerà fra pochi minuti e con lui arriverà anche la pace della mia anima.
   
 
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