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Autore: missimissisipi    27/07/2016    3 recensioni
ON HIATUS
E’ nella città più insonne al mondo che Lily Evans vive alcuni dei più importanti anni della sua vita. Insomma, tutto inizia con Sirius che le porge con gentilezza le chiavi di casa, per poi andare al college e lasciare che siano Dorcas, Benjy, Alice, Frank e Amos a insegnarle come cavarsela nella giungla. E’ sempre Sirius la persona che conosce da più tempo e fungerà da ponte («Di Brooklyn, Lils. Sono il ponte di Brooklyn») fra il passato – quella famiglia complicata che l’ha tagliata fuori dalla propria vita – ed il futuro, che ha un po’ la forma di un ragazzo con una montatura vintage sul naso e i capelli più spettinati di tutta New York («Preferisce i prequel di Star Wars alla classica trilogia, ma ti assicuro che è un bravo ragazzo. Sa anche cucinare»)
Lo stesso porterà nella sua vita anche Remus, Marlene, convinta femminista amante di Doctor Who e Peter, l’amico di vecchia data di James, quello che ride costantemente alle sue squallide battute. («Cosa sta facendo?» «Il cestino, chiaramente. Si rifiuta»)
E’ nella loro strada senza meta che si ritrovano. E si fanno bastare tutto.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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6. The inglorious intruder

Come sfoglio l’ultima, inesorabilmente sconfortante pagina del libro, esalo un respiro che non mi ero neanche resa conto di aver trattenuto. Il sole fa capolino rispetto all’alto palazzo che non permette, a questa altezza, di avere una completa e mozzafiato visuale del sole che sorge, al che, sulla terrazza dell’appartamento di Sirius, posso scorgere soltanto gli istanti meno giovanili della stella attorno a cui ruotiamo.

Il vento che spira nella direzione opposta alla mia impiega pochi attimi per farmi raggelare – e nemmeno il maglione così grande e spesso riesce ad innescare quel processo di autoconservazione secondo cui il mio corpo rimane comunque più caldo dell’ambiente a me circostante. Impiego un minuto – o forse due, non riesco ad avere un totale controllo su di me quando si tratta del tempo che spreco ad osservare gli infiniti dettagli della vita che scorre decisa attorno a me – prima di prendere un respiro profondo, aria fresca e newyorkese e mattutina, pregna di effimera speranza che caratterizza il genere umano, consapevole che la giornata è sulla giusta carreggiata verso la routine quotidiana che non stanca mai. Soprattutto se si considerano le costanti, le variabili, le infinite possibilità che una x nell’equazione può permettere.

Mentre scendo gli scalini in ferro e produco quel rumore metallico fastidiosamente piacevole, noto, nonostante lo splendido dispiacere della finestra, perennemente ostile nei confronti di chi cerca disperatamente di ignorarla e veder oltre, che Sirius è ancora a letto, essendo la cucina ancora integra ed il soggiorno ancora intatto.

Fiondarsi nella sua stanza, armata di cuscino in caso debba ricorrere all’autodifesa, non è il modo migliore per dare avvio ad una giornata, secondo il parere di Sirius, adesso sveglio, mugolante, possessore di un’espressione a dir poco dolorante.

Buffone.

“Lily” – esordisce, la voce ovattata dal fastidio e dal sonno – “Vai via”

“Tra un po’ dovrei essere a lavoro – ti ho ripetuto almeno dieci volte che mi hanno presa – e sai quanto odi fare colazione da sola. Dorcas oggi dormirà fino a tardi perché è la sua giornata libera, per questo non mi aspetto la sua colazione, quindi… sai che la mia ultima scelta sarai sempre e solo tu”

“Che gentile” mugola, le labbra storte e le mani che vanno poi a coprire il viso. Ed ecco un’altra cuscinata che lo colpisce, inaspettata.

“Sirius, andiamo”

“Ho visto abbastanza volte Frozen per realizzare che tu non sei Anna, Lils. Sei Hans delle isole del sud”

“O mio Dio” – faccio, la testa improvvisamente leggera per il ritorno di quel ricordo – “Te lo ricordi!”

“E’ un insulto” replica in un sussurro, gli occhi grigi che si abituano alla luce della stanza.

“Se fra cinque minuti non ti vedo in cucina, non sarà solo James il povero senzatetto nel periodo natalizio…”

Un fruscio, il rumore delle lenzuola che si spostano per fare spazio al suo corpo scoperto, il busto ritto e pronto a muoversi.

“Buffone”

Si schiarisce la voce, “Preferisce i prequel di Star Wars alla classica trilogia, ma ti assicuro che è un bravo ragazzo. Sa anche cucinare”

Piccola pausa. Il bastardo sa cosa sto per chiedergli, a giudicare dalla stanca espressione compiaciuta.

“Quanto li preferisce?”

“Abbastanza da suonare insopportabile” ammette, il sorriso che non va via dalle labbra, “Ma—ti ho già detto che sa cucinare? La settimana scorsa ha fatto dei muffin. Muffin, Lils—esattamente come quelli che si vendono”

“Che ne dici di prepararmi la colazione, allora? Ho fame

Sbuffa. “Niente lusinghe, duh?”

In risposta, riceve un’altra cuscinata in faccia.

 

505 degli Arctic Monkeys risuona nel locale, una melodia inadatta all’orario – voglio dire, è ancora relativamente presto – ma d’altronde Fabian mi aveva avvertito (“Se credi di poter scegliere la musica di sottofondo, Evans…” – aveva sorriso malandrino, prima di scuotere il capo – “Dovrai guadagnarti il nostro rispetto. Io e Gideon ci occupiamo di questo compito da molto più tempo di quanto i nostri colleghi desiderino ammettere, ma cosa ci vuoi fare? I nostri gusti musicali sono deliziosi” “Strepitosi,” aveva rincarato la dose Gideon) quindi mi lascio andare ad un lungo e silenzioso sospiro mentre decido che in fin dei conti non è così male. Potevano scegliere di peggio.

Trattenendomi dallo sbadigliare apertamente, poggio i gomiti sul bancone e osservo con discrezione ogni azione della coppia accomodatasi al tavolo tre, lui con le mani sprofondate nelle tasche del parka scuro ed il busto completamente spalmato sul divanetto in pelle che occupa; lei con un abito a motivo floreale, perfetta; è esattamente il mio opposto: i gemelli hanno appena iniziato il turno, come me, salutandomi con una mano nei capelli – facciamo nel mio cespuglio di capelli— rendendoli ispidi, come se la pioggerella che mi ha incrociata nel tragitto casa-Three Breadsticks non bastasse.

Comunque, siamo solo noi cinque: i gemelli, la coppia al tavolo tre ed io. Non male come primo, uggioso giorno di lavoro.

“Avete già scelto cosa ordinare?” sento la voce di Gideon chiedere, un sorriso gentile stampato sulle labbra ed il linguaggio del corpo analogo, che non lo tradisce. Tutto in perfetto ordine. Il ragazzo corruga i sopraccigli e si volta nella direzione del gemello, estraendo le mani dalle tasche, che vanno subito ad afferrare un tovagliolo di carta.

Mentre tento di sentire la risposta dei due, Fabian cattura la mia attenzione, fischiettando nella mia direzione.

“Tutto okay a casa?”

Percepisco la mia fronte aggrottarsi istintivamente. “Come, prego?”

Stira le labbra, rimane in silenzio per qualche frazione di secondo, come per ponderare le parole. “Ieri eri qui” – spiega con voce atona. Quando nota che la sua dichiarazione non sortisce alcun effetto su di me, prosegue – “Voglio dire, è successo mentre parlavi con la tua amica. La ragazza bionda. Ci sei sembrata delusa” ci riflette su, non incrociando il mio sguardo “scocciata”

“Forse”, ammetto, stranamente colpita dalla loro attenzione. “Il mio coinquilino – più migliore amico che coinquilino, a dire il vero – è tornato dal college per le vacanze di Natale. Apparentemente non saremo soli, quest’anno… un suo amico ha avuto problemi con la famiglia e noi lo ospiteremo. Più pudding natalizio per tutti: non vedo l’ora”

Deve rendersi conto del mio sarcasmo perché la sua risposta è data da una risata strozzata che, senza neanche pensarci troppo, scatena una mia di risata. “Non pensarci, Evans” – fa, la voce divertita e gli angoli delle labbra inclinati verso l’alto – “Pensa ai cupcakes” li indica. “Ho sentito dire che non hai neanche idea di cosa sia la farina”

“Ehi!” – ribatto, fintamente offesa – “Si dà il caso che io sappia cosa sia, grazie tante! È solo che spesso si confonde con lo zucchero…”

Sospira, un broncio che appare sul suo viso. “Grazie per avermi fatto perdere una scommessa”

“Come, prego?”

Poggia i gomiti sul bancone e mi incita ad avvicinarmi, cosa che faccio un attimo dopo. “E’ il nostro passatempo preferito: scommetto cinque dollari che quei clienti hanno appena ordinato un cappuccino ed un Earl Grey con muffin ai mirtilli”

Aggrotto la fronte. “Cinque dollari che non l’hanno fatto”

“Visto?” – esclama, la voce più alta di un’ottava – “Sei già una di noi. Adesso, io e Gid abbiamo scommesso su di te. Il saper cucinare o meno è il primo interrogativo sulla lista e beh, Evans, mi hai appena fatto perdere sette dollari”

“Aspetta un secondo… Evans? Come fai a sapere il mio cognome?”

Un sorriso malandrino fa capolino sul suo volto: “I maghi non svelano mai i propri segreti, Evans

Gideon sbadiglia ponendosi di fronte a noi, una mano che cautamente va a coprire la bocca spalancata. “Cappuccino, Earl Grey, muffin ai mirtilli” – fa, la voce atona, le palpebre che lottano per chiudersi – “Come ogni newyorkese di prima mattina”

“Non l’avrei mai detto” Se non conoscessi Fabian, direi che dietro queste parole si cela un sottile e pungente sarcasmo, ma. Sgrano gli occhi una frazione di secondo dopo, quando Fabian sta già sorridendo e mi ha dedicato un occhiolino.

“Lo sapevi!”

Alla mia esclamazione, il suo sorriso si allarga. “Non abbiamo mai avuto regole, per cui…”

“…per cui scommetti sapendo già di vincere”

“E’ il prezzo da pagare per essere la nuova ragazza. E per avermi fatto perdere sette dollari, ma questo già lo sai, no?”

Gideon sembra appena risvegliarsi, nell’esatto istante in cui Fabian si mette a lavoro per preparare la colazione della coppietta. “Cosa?  Quale delle scommesse hai perso?”

Fabian sospira appena, replicando con un vago: “Non sa cucinare”

 Il gemello assonnato, in risposta, ghigna. “Sono in debito con te, Evans”

Dopo questa – ma soprattutto dopo aver alzato gli occhi al cielo lasciato impossessare un sorriso si impossessi delle mie labbra screpolate - passo a pulire il bancone sulla destra, bloccandomi tuttavia qualche istante dopo. Sono sicura che la mia espressione facciale sia un curioso cipiglio di fronte a quella che mi sembra essere la fotografia più distratta e caotica che abbia mai visto. È chiaro che si tratta dei lavoratori del Three Breadsticks – ci sono Fabian, Gideon ed un ammasso di persone di età differente e totalmente, incondizionatamente diverse fisicamente. Come avevo già capito in precedenza, qui ci sono tante foto e qui, soprattutto, c’è un clima comparabile a quello di una grande famiglia affiatata. Eppure—c’è qualcosa che disturba, in questa foto. In maniera positiva, chiaramente.

“Ah” – esordisce Gideon, il tono di chi ha tutte le risposte – “La nostra troupe. Avrai tempo per conoscerla, sta’ tranquilla”

“Sono tutte brave persone” – continua Fabian, indaffarato con le bevande – “Il proprietario più di tutti”

Non faccio altro che annuire lentamente, le fronte non più corrugata.

 

“Lils, luce dei miei occhi, la mela alla mia crostata, lo zucchero al mio caffè…”

“Sirius Orion Black, cosa hai combinato?”

Sento la sua voce tentennare in sottofondo, l’insicurezza che si fa metallica ed i miei passi verso casa più veloci. Avevo finito il turno quando Lucinda McLaggen era entratata nel Three Breadsticks, il naso rosso e gli occhi simili a due fessure. Si era tolta la giacca in un batter d’occhio e aveva tentato per poche decine di secondi di trovare, attorno a lei, il suo grembiule. O meglio: il grembiule del terzo impiegato. Quando non c’era riuscita, notando con poca grazia che lo stavo indossando io, aveva sbuffato, urlato “Prewett!” all’aria, incurante della pacifica e tranquilla atmosfera del locale e Fabian le si era messo di fronte, visibilmente scocciato. “Perché” – aveva sibilato, la voce tagliente e sprezzante – “Lei sta indossando il mio grembiule?”

A corto di parole, non ero riuscita a risponderle a tono—a risponderle in primo luogo, anzi. “Si dà il caso che lei lavori qui, Lux” – Fabian aveva alzato i sopraccigli in modo divertito – “Direttive dall’alto, se sai cosa intendo”

“Sta’ zitto. Zitto. Tu” si era poi rivolta a me, gli occhi azzurri e limpidi così chiaramente infuriati. “Turno finito, non trovi? E’ mezzogiorno passato”

C’è da dire che in meno di trenta secondi mi aveva innervosito e mi aveva condotta senza troppi giri di parole sulla via errata che, nel giro di pochi minuti, mi avrebbe resa una quasi diciannovenne incazzata. E a giudicare dalle liti con Sirius e Petunia – Petunia più di tutti – una lite con Lily Evans, stereotipo della ragazza dalla chioma rossa infallibile e irascibile, non avrei reagito con la cautela e gentilezza che mi contraddistinguono nel novanta percento dei casi rimanenti.

“Ci vediamo domani, Fabian? Stessa ora, giusto?”

“Esattamente, Evans” Ignorando Lucinda, salutando con un gesto rapido della mano Gideon, ero uscita. E sulla strada di casa, Sirius Black chiama. Lily Evans non fa altro che rispondere.

“Ricordi la nostra conversazione di ieri, giusto? James Potter, no?” – annuisco impercettibilmente, sulle labbra una mezza smorfia. Anche se non può osservare la mia reazione, prosegue – “Beh, dobbiamo festeggiare! A casa c’è un nuovo arrivato!”

“Non so se ringraziarti perché stai tentando invano di prepararmi psicologicamente all’arrivo del tuo amico chiaramente psicolabile o iniziare da adesso ad urlarti contro perché non sono ancora convinta che questa faccenda possa avere un seguito-”
Mi blocca. “Lils”

Prendo un respiro profondo, “Lo so. McLaggen mi ha fatto innervosire. Ho fame. Non ti sopporto. Una serie di fattori mi rende particolarmente insopportabile adesso”

Passano pochi istanti prima che senta la sua risposta piena d’affetto, “Neanche io ti sopporto, Evans”, ma il rumore di sottofondo che noto, incredibilmente simile ad una risata, mi porta a chiedergli: “Sono in vivavoce, vero?”

“Sempre perspicace” replica con nonchalance, “Sei un coglione” mormora un’altra voce, maschile e imbarazzata. “Sempre perspicace” ripete, con tono più alto.

Roteo gli occhi al cielo. “Sono vicina alla metro. Cinque minuti e sono da te”

“Da noi”

“Ti odio”

 

L’Upper West Side si mostra trionfante all’uscita della metropolitana, il poco sole che c’è filtra dalle nuvole grigie e probabilmente cariche di pioggia. Come previsto, il vento spira ed è anche freddo, abbastanza da farmi raggelare e rimproverare mentalmente perché non ho indossato la giacca più pesante, questa mattina. Mentre procedo verso l’appartamento, ed in particolare mentre sto per salire quei quattro gradoni in pietra scura che fanno da preambolo al portone anch’esso scuro del palazzo, un miagolio mi blocca.

Letteralmente. Mi volto di poco, capo inclinato e occhi socchiusi a osservare quella meraviglia di gatto – gattino, piccolo e grigio, pieno di striature più chiare e dagli occhi nocciola, grandi e desiderosi d’amore – quest’ultimo mi fissa attentamente, continuando quella conversazione che non mi ero neanche accorta stessimo avendo.

Miagola per una seconda volta, più convinto e più insistente, mentre con lo sguardo non mi lascia andare. Vorrei girarmi, ma. La sua coda si agita poco, lunga e sottile e graziosamente elegante, e, notando il mio interesse – bugia, rettifico. La mia attenzione dovuta al suo fascino – nei suoi confronti si fa avanti di due soli passi, dando sfogo al terzo miagolio persuadente della giornata.

“Non guardarmi così”

I gatti non possono sorridere, giusto? Non possono sorridere come se fossero dio sceso in terra e avessero il coltello dalla parte del manico, no? In risposta, si fa daccapo più vicino e alza il capo quanto basta per continuare a scrutarmi, interessato.

“Sirius mi ammazzerà”

Apro il portone lasciando che il gattino-dai-nuovi-padroni entri per primo.

Busso alla porta marrone con la linda indicazione 6B su di essa, prima di afferrare tra le braccia gattino-dai-nuovi-padroni. A dispetto di quanto sperassi, è il nuovo coinquilino ad aprirmi. Non il gatto, chiaramente. James. James bastardo Potter. James ti-rubo-l’amico Potter. James sono-più-bello-di-quanto-sperassi Potter. Ci fissiamo per un attimo, il tempo necessario per notare che i suoi occhi sono della stessa sfumatura di quelli del gattino fra le mie braccia.

“Ciao”

C’è una nota di je ne sais quoi nel modo in cui lo dice, una mano ferma sulla porta e l’altra sul maglione rosso che indossa, due dita che vanno ad allargare il collo bordeaux come se ce ne fosse bisogno. Mi convinco ad alzare lo sguardo, per un attimo distratto, e dopo aver morso l’interno della guancia, con un decisamente rumoroso “Ciao” ricambio il saluto.

Gattino miagola, come se anche lui si sentisse in dovere di presentarsi. Gatto educato. Già mi piace—

Ciao” James ripete, questa volta con un angolo delle labbra inclinato verso l’alto e la voce calda, le dita che solleticano il capo del micio. Quest’ultimo risponde chiudendo gli occhi e abbandonandosi alle coccole. Per una frazione di secondo, penso che Gattino mi abbia delusa.

“E’ tuo?” domanda allora, le labbra schiuse e gli occhi puntati su di me, luminosi.

“No—voglio dire, sì. Mi ha convinto a prenderlo”

“Chi?”

“Il gatto. Sa essere abbastanza persuasivo” Potter alza un sopracciglio, non so se curioso o divertito. Forse entrambi. Sotto il suo sguardo attento, mi sento arrossire. “Sono gli occhi”

Le sue labbra si curvano appena, mentre fa per prendere Gattino ed io arrossisco maggiormente, convinta che mi abbia presa per una maniaca. Che non sono.

“Davvero” – ribatto allora, quando noto che si sta trattenendo dal ridere – “Guardalo

“Non lo metto in dubbio” spiega afferrandolo e, per la seconda volta, mi sembra che Gattino sorrida spensierato e vincitore.

“Sono James, comunque”

Mi porge la mano. Voglio alzare gli occhi al cielo. Lo so, idiota. Ma. Gliela sfioro comunque. Pur essendo cresciuta con Sirius sono sempre stata accogliente ed educata. Ringrazio la mia splendida famiglia per quello.

“Lily. Stanca ed affamata”

E’ il suo turno per arrossire – ma appena, un semplice rosa che gli tinge il collo – e farsi indietro, lasciandomi entrare a casa. “Scusa il disordine,” spiega, “Sirius ha apparentemente tentato di prepararsi la colazione e l’ho aiutato a, uhm”

“Spegnere il fuoco? Nascondere il cadavere?” lascio la giacca sul divano, rendendomi conto che la sua valigia è perfettamente intatta di fronte alla porta della camera di Sirius. Il che significa che James Potter non sta mentendo ed il disordine che ricopre la cucina e parte del salotto è davvero dovuto ad Orion. Che, per l’appunto, “dov’è?”

“Credo spesa. Sai, ricomprare quello che ha bruciato…” “Splendido”

“Splendido”, ripete, annuendo e puntando daccapo lo sguardo su di me.

“Io sono nella mia stanza”, spiego allora, annuendo lievemente il capo e puntando il mento nella sua direzione. Vorrei dire, non cercarmi, non disturbarmi, non farmene pentire, ma “Per qualsiasi cosa tu abbia bisogno” sono le mie effettive parole, pronunciate con una delicatezza facilmente riconducibile all’incertezza della sua figura, qui, nel mio soggiorno—come se mi avesse appena destabilizzata.

Risponde con un movimento lento del capo, accennando ad un sorriso che non fa intravedere i denti, bianchi e perfettamente allineati. 

Per una volta, vorrei che queste vacanze terminassero in un battito di ciglia.

 

Il pranzo pomeridiano più imbarazzante del secolo inizia così: io mangio da una ciotola in porcellana verde in cucina – quello spazio piccolo e insopportabile così denominato – mentre i miei coinquilini, le due persone di sesso maschile con cui condivido momentaneamente l’appartamento, siedono con tranquillità in soggiorno. O meglio, in quell’ala del soggiorno che funge da sala da pranzo, con tanto di sedie acquistate dall’IKEA e tavolo rotondo, accogliente e spazioso. È esattamente così che inizia.

Sirius fa una battuta sul mio essere meno socievole di Rick Terzo – un ragazzo che ha frequentato il nostro liceo tempo addietro, più grande di noi di qualche anno – al che James Potter tenta di non chiedere informazioni su questo tale per non farmi incazzare, a giudicare dall’occhiata che mi ha rivolto in tutto questo.

Il nostro spiacevole inconveniente, ossia il silenzio calato fra noi, si rende più acido dal mio sgranocchiare rumorosamente e dal telegiornale che continua a propinarci notizie insensate e poco interessanti. Se solo Dorcas o Alice fossero qui…

Il Problema sorge attimi dopo, quando il telefono squilla e Sirius, più frettoloso di me all’inverosimile, riesce ad afferrarlo prima di me, rispondendo con la caratterizzante poca grazia ed un sorriso sornione sulle labbra.

“Pronto?”

Chiunque sia dall’altro capo del telefono riesce a catturare la sua attenzione. Il che fa nascere il mio Problema: in piedi in soggiorno barra sala da pranzo, la mia ciotola oramai vuota in cucina e un inquilino fastidiosamente silenzioso a poca distanza da me. E’ quello che Dorcas chiamerebbe Pretesto di socializzazione.

Non che io ce l’abbia con lui: voglio dire, fino ad ora non ha fatto nulla di male, ma. È forse questo il vero Problema. Mi aspettavo un arrogante bastardo affascinante sino all’esasperazione, capace di catturare senza volerlo né sforzarsi l’attenzione del mio migliore amico e di tutti coloro che avrebbero spaziato nella sua orbita. Qualcuno da detestare, qualcuno su cui sfogare la mia esasperazione. Qualcuno da invidiare, perché con Sirius e perché al college, ma alla fine della giornata – della mattinata, anzi – la situazione che si pone di fronte ai miei occhi è del tutto ribaltata: è una persona riservata, almeno con gli sconosciuti. Grata di essere dove sia. Con problemi familiari, tanto da non voler (poter) tornare a casa durante le festività natalizie. In questo momento, è più simile a me di quanto io voglia crederci e questo è sufficiente perché io mi comporti così nei suoi confronti.

“Così…” prorompe ad un tratto, la voce suadente come ore fa. “Sirius mi dice che siete amici dall’infanzia”

“Conosco il bastardo da quando avevamo undici anni” una pausa. “In retrospettiva, è stato il primo vero amico che io abbia mai avuto”

“Ha detto lo stesso di te”

“Beh, ha un modo terribile per dimostrarlo” – ribatto – “Scommetto che si comporta allo stesso modo con voi”

“Per lo più… distratto. Non che non abbiamo tutti capito – Remus prima di tutto – che sia un sentimentale fino al midollo” ha lo sguardo puntato sulle sue posate.

Remus? Perché il nome non mi è nuovo? “Remus prima di tutto? Chi è? Non ricordo se Sirius me ne abbia parlato o meno”

Sirius alza i sopraccigli, un’espressione perplessa sul viso, prima di scoppiare in una genuina risata. Io e James lo fissiamo per qualche istante.

“Un nostro amico. Diavolo, che bastardo. E’ un genio che impreca come non puoi immaginare ma, di fronte ai professori, è completamente riservato, educato. Rispettabile,” scuote appena il capo. “E’ riuscito a sfuggire dalle punizioni più di quanto noialtri desideriamo ricordare…”

“Insomma,” esclamo, sedendomi ad una delle quattro sedie dell’IKEA. “Un tipo fico”

“Un tipo fico” ripete le mie parole. Per qualche frazione di secondo penso che la conversazione si sia esaurita lì. Sono pronta ad andarmene quasi soddisfatta, quando procede, questa volta lo sguardo nocciola puntato nel mio.

“Mi dispiace di aver fatto irruzione a casa vostra, so quando possa dare al cazzo non vedere qualcuno a cui tieni per tanto per poi… non lo so, ritrovartelo in soggiorno con un problema a cui badare. In questo caso sono io il problema. Ma. La situazione a casa è una merda e Sirius mi ha promesso che avrebbe fatto il possibile per aiutarmi, in una delle nostre serate sbronze. Cazzata, lo so, ma se avessi potuto prevedere…” sospira. “Non gli avrei chiesto così tanto”

Per la seconda volta in questa giornata mi ritrovo a inumidirmi le labbra e pronunciare parole senza che me ne renda conto. Del tutto. Il che si pone come una questione da risolvere al più presto. “Non è un problema” – esclamo, facendo affievolire il cruccio sul suo viso – “So cosa significhi avere problemi in famiglia”

Ha le labbra appena schiuse, le sopracciglia disordinate e i capelli spettinati per via della mano che ci ha appena ficcato dentro e sembra persino sul punto di dire qualcosa, quando ci rendiamo conto che Sirius ha finito la telefonata e si piazza fra noi con un sorriso malandrino sulle labbra.

“Remus John Lupin ha appena dato la sua disponibilità per una serata da Malandrini. Ci sei?” ed i suoi occhi grigi si focalizzano su James Potter, illuminati da una patina che urla RISCHIO e CAZZATE IN ARRIVO. Con tanto di caps lock.

Poi, come risvegliatosi da una lunga dormita, sposta lo sguardo su di me e dice: “Ci siamo?”

Rimaniamo per qualche istante così, fermi ed in silenzio, sino a quando non considero mentalmente concluso il pranzo pomeridiano imbarazzante. In realtà, è il mio amico da quando eravamo undicenni a concluderlo.

Sirius tira fuori dalla tasca una busta di tabacco, ed allora so già l’esito della nostra serata. Mentre afferra distrattamente una cartina e infila tra le labbra un filtro, alza lo sguardo verso di me: inclinando un angolo delle labbra verso l’alto, sento James che si lascia andare ad una breve risata da qualche parte oltre le mie spalle. Roteo gli occhi al cielo. Se possibile, il sorriso del mio migliore amico si fa più sornione.

“E’ un sì?” chiede con la voce un po’ impastata dal filtro, le dita che si muovono su e giù per posizionare al meglio il tabacco. Il drum prende forma tra le sue mani agili ed abili, e a me vengono in mente tutti i pomeriggi in cui ha tentato di preparare una sigaretta perfetta – né troppo piena, né troppo vuota, nel minor tempo possibile – all’età di diciassette anni. Sì, senza ombra di dubbio mi vedo un po’ traballante e troppo orgogliosa per rifiutare un giro di shots, ma soprattutto troppo ammorbidita dalla familiarità della mia compagnia – voglio dire, almeno metà della mia compagnia – per poter esalare un no categorico.

“Sai che ho un debole per il tabacco biologico…” è la mia risposta sussurrata, capace di dare il via ad una risata strozzata da parte del coinquilino e del nemico senza gloria.

“Evans” – dice allora, porgendomi il primo drum della serata – “E’ colpa tua se ho iniziato a comprare questo schifo

“Si da il caso che questo schifo ti piaccia, apparentemente” – ribatto, un sopracciglio innalzato – “Dato che lo compri da due anni”

“Una sera mi ha sorpreso mentre preparavo un drum con il suo tabacco” – inizia James, la voce tanto incerta quanto chiaramente divertita – “Mi ha insultato in Francese”

“Bastardo sentimentale” commento, porgendo una mano a Potter. Aggrotta la fronte ma sembra rapidamente capire, al che poggia il suo accendino sul mio palmo. Vorrei dirgli che ha la faccia da fumatore – bugia – ma sono troppo orgogliosa anche per mentirgli e dire che in realtà ho notato da subito il peso della taschina della camicia. Un peso dalla forma di un accendino. In fin dei conti, anche Petunia mi ha sempre definita come l’osservatrice per eccellenza. Bei ricordi.

“Questo bastardo sentimentale è ufficialmente offeso, grazie tante” – si passa una mano sul viso, la barba che inizia a crescere e mostrare i suoi limiti – “Posso dire di sì a Remus, allora? Peter è dai nonni – spero ritorni con qualcosa di consistente – per questo siamo solo noi quattro. Ci divertiremo. O meglio, proveremo a far divertire Lily”

“Lo dici come se fosse qualcosa di difficile e irripetibile”

“Nah,” replica, “Ti conosco. So i tuoi punti deboli” e con il mento indica il tabacco biologico. “Intendo che renderemo questa serata la migliore della tua vita”

“Non so se le tue parole debbano infastidirmi o meno”

Entrambi gli inquilini scoppiano in una divertita risata.

 


so che sono terribilmente in ritardo - senza molte scuse poi, se non le solite, ossia mancanza di ispirazione, scuola e perenne convinzione che quello che io abbia scritto abbia delle falle assurde - quindi sì, scusate davvero! ho molto a cuore questa storia, così come hooked on a feeling, il cui nuovo capitolo di attualmente 4109 parole non è ancora del tutto completo ma in dirittura d'arrivo, quindi credo che questi lavori troveranno una fine. se non scritta, perlomeno mentale. o in forma di "headcanon", nel peggiore dei casi. ma non voglio arrivare a questo.
non voglio soffermarmi tanto su ciò che ho raccontato, dico solo che James mostrerà il suo volto da marauder/good friend/lily's lover così come Sirius e Lily! queste sono ancora circostanze un po' strane e imbarazzanti: non si conoscono, non si sono sciolti, aperti, non si sa ancora nessuna backstory e quindi vedetelo come intro. come ingresso, come punto di inizio. la storia di qui migliora e basta :)  almeno si spera hahahah
spero non vi siate del tutto scordati di me!!! anzi apprezzerei come pioggia al cioccolato dei pareri, dei feedback da parte vostra. sono sempre terribilmente insicura su quello che ho scritto e su come lo abbia scritto, quindi un vostro commento non farebbe che rassicurarmi!!
a presto, spero!
per ogni altra cosa, mi trovate su ask, twitter e tumblr!

  
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