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Autore: LoveStoriesInMyHead    27/07/2016    0 recensioni
"My heart, my soul and my music sounds the same."
TRATTO DALLA STORIA:
"Tira indietro i capelli biondi, prende una chitarra acustica, avvicina uno sgabello e abbassa l’asta del microfono.
Gli altri componenti rimangono fermi, come parte dello sfondo di un quadro struggente e malinconico. Le parole mi attraversano e si risiedono sul fondo della mia anima. È inusuale. Non mi capita mai di commuovermi. L’anima tormentata narrata dai suoi versi è perfettamente compatibile alla mia. Ho l’impressione di rispecchiarmi nei suoi occhi. Nonostante l’immensa distanza fisica, sento le nostre anime sfiorarsi, abbracciarsi, fondersi[...]
L'ho sentito cantare per pochi minuti, ma sono bastati per farmi innamorare perdutamente."
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Pancakes

 
Riccardo passeggia per il soggiorno. Posa i suoi occhi su ogni particolare della stanza. Ogni tanto si sofferma qualche secondo in più per osservare attentamente una foto o la copertina di uno dei libri che leggeva mio padre. Riporto i miei occhi sul quaderno, dentro al quale scrivo tutto ciò che ho il bisogno di esprimere. Cerco il più possibile di evitare di fissarlo, anche perché non vorrei creare nessuna situazione imbarazzante. È abbastanza difficile così. Provo un po’ a distrarmi pensando a Davide e per qualche minuto mi dimentico della sua presenza.
Intanto Riccardo ha finito il suo giro d’osservazione e torna in cucina, sedendosi proprio davanti a me. Sento il suo respiro regolare e probabilmente, per via del silenzio, sentirei persino il battito d’ali della mosca che continua a tormentarlo. Non so di che parlare, quale argomento intraprendere. Non lo conosco molto bene e ho il terrore di annoiarlo con i miei soliti discorsi. Alla fine, però, la frase che mi esce dalla bocca è tutt'altro che interessante.
«Bella giornata oggi, eh?» In questo momento vorrei semplicemente scavarmi la fossa e sparire da qui. Certe volte la mia stupidità sorprende persino me stesso.
«Già. Questa mattina, l’alba lo preannunciava. È raro vederne una così emozionante» mi risponde, appoggiando il mento sul palmo della mano. Osserva la mia mano che nel frattempo ha cominciato a disegnare su un angolo del foglio degli scarabocchi senza senso.
«Ne hai viste tante?»
«Quanto basta per poter dire che questa è una delle più belle.» Solleva gli occhi e con leggerezza mi sorride.
La conversazione ha raggiunto un punto morto e sono letteralmente entrato nel panico. Non riesco a capire perché la mia mente stia reagendo così. All’improvviso, un’idea geniale calma la mia testa.
«Hai fame?» chiedo. Cucinare è una delle poche cose che so fare bene e, oltre al riordinare, è un ottimo metodo per scacciare via l’ansia.
«Beh, un po’ di fame ce l’avrei» dice, inarcando la schiena e poggiando il petto alla lastra in marmo del tavolo. «Vanno benissimo dei cereali e del latte. Non ho molte pretese» conclude.
«Io avevo in mente di fare i pancakes, ma se preferisci i cereali non c’è problema. Li farò solo per me.» Mi volto verso la credenza e apro uno dei tanti sportelli.
«Quando hai imparato a cucinare?»
«Dopo il divorzio dei miei, mia madre ha ripreso il suo vecchio lavoro e con esso le sue vecchie abitudini. Torna di rado per pranzare o cenare e l’unico modo era mangiare tutte quelle robacce precotte e surgelate da non so quanto tempo. Diciamo che ad un certo punto è stato il mio stomaco a costringermi a cucinare. All'inizio è stata un’impresa alquanto impossibile. Pensa che la prima volta ho persino rischiato di far esplodere il microonde.»
Durante la mia logorroica spiegazione, ho già miscelato tutti gli ingredienti e messo una padella sul fuoco. Mentre aspetto che si scaldi, mi volto e poggio i palmi sul bordo del cucinino.
«Non chiedermi come ho fatto, perché tuttora non riesco a spiegarmelo nemmeno io» aggiungo, sorridendo.
«Peccato essermela persa. Mi sarei fatto due risate.»
«Non è quello che stai facendo adesso?» ribatto con finta irritazione.
«Quindi… hai imparato grazie a internet?»
«No. Ho passato un’intera estate da mia nonna. Lei sì che sa cucinare.»
Il primo pancake ha iniziato a lievitare e velocemente lo volto sull'altro lato, ancora pallido.
Riccardo si alza e mi raggiunge. La sua coscia sfiora la mia e, mentre verso un po’ di impasto sulla padella rovente, afferra il primo pancake pronto e lo addenta.
«Brucia, eh?» lo stuzzico, guardandolo fare smorfie strane con la bocca.
Farfuglia qualcosa di simile ad un ‘Non è divertente’ e, come se abitasse qui da anni, apre l’anta del frigorifero e si appresta a berne un bel po’. Tiene la bottiglia per aria e l’acqua raggiunge la sua gola come se Riccardo si stesse dissetando da una fontana. Qualche goccia finisce sul suo collo, facendolo sbrilluccicare ad ogni suo movimento. Resto quasi ipnotizzato dal suo pomo d’Adamo che per qualche secondo non fa altro che andare su e giù.
«Adesso va meglio.»
«Karma, amico mio» dico beffardo, continuando a cucinare gli ultimi pancakes.
In un’espressione divertita mista all'infuriata, si avvicina a me e con fare controllato sussurra: «Okay.»
Io non posso fare a meno di ridere e mi dispiace un po’ per questo.
«Alessandro, non so fino a quanto ti possa convenire prenderti gioco di me» replica minaccioso.
«Devi tenerti lontano dai guai» dico, enfatizzando l’ultima parola.
«Non ti farei mai del male.» La sua ira si placa e mi fissa intensamente negli occhi. «Altrimenti come farei a recuperare il mio portafoglio?» Sul suo volto fa capolino un sorriso malizioso.
Adesso sono io ad essere irritato e, sempre con ironia, mi avvicino a lui un altro po’ con in mano un cucchiaio di legno, intimandolo di colpirlo.
In questo preciso istante sento la porta di casa aprirsi. Dei passi verso la cucina e poi il viso di mia madre sorpreso.
«Alessandro, chi è il tuo amico?» 


 
   
 
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