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Autore: Erin87    24/04/2009    4 recensioni
In qualità di testimone di nozze, a Sirius Black viene affidato il compito di organizzare l'addio al celibato. Ma Felpato a questo proposito ha stretto una pericolosa scommessa...
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spazio dell'autrice:
gioa_in_blu: Ti ringrazio per contnuare a seguirmi! In effetti, come vedrai fra poco, i guai ci sono stati, eccome...
HermioneForever92: A dir la verità, Sirius come organizzatore di feste è davvero il massimo, ma qui il problema è un altro, cioè contenerlo! E questo procurerà non pochi problemi... Spero che questo capitolo ti piaccia, grazie!
lyrapotter: Ne vedremo delle belle eccome! Spero che le disavventure che stai per leggere ti divertano. A presto!


Capitolo 1 - Colluttorio e caffeina

 

“Ancora uno”.

“Non ce la faccio più”  gorgogliò l’altro, verde in volto.

“Devi. C’è il mio onore in mezzo” grugnì Sirius Black, passando al suo migliore amico l’ennesimo caffè forte.

“Gli verrà un’ulcera con tutto quel caffè” suggerì Peter, pigolando incerto dal suo angolo.

“E’ per questo che ci sono le ciambelle” fece Black “Avanti, prendine una”.

Guardò James ingioiare il quinto dolcetto lottando contro la nausea e sbadigliò per l’ennesima volta. Il silenzio della loro camera d’albergo, immersa nel buio delle tre della mattina, era appena venato dal rumore delle mascelle in attività di James e del filo interdentale che lavorava alacremente nella cavità orale di Remus.

Lo sapeva, quando aveva accettato quella stupida scommessa, che era un compito al di sopra delle sue forze…

 

 

Dopo le prove aveva fatto in modo di essere irrintracciabile.

Nessuno trovò la cosa strana, semmai vagamente inquietante. Remus ricordava ancora con un brivido la festa che organizzò per i diciassette anni di James. Aveva bevuto così tanto che non ne ricordava precisamente i dettagli; sapeva solo che quando era tornato sobrio aveva dovuto scrivere per la McGrannitt cinquecento volte, insieme con gli altri, Le torte di compleanno nella società civile non sono alte due metri e non contengono al loro interno una spogliarellista.

Le aspettative sulla festa del secolo erano piuttosto alte. James  aveva passato le ultime ventiquattro ore nella sua camera d’albergo saltellando su e giù come un ottenne in attesa della sua prima visita al luna park, certo che il suo migliore amico non l’avrebbe deluso.

Fino a qualche ora prima, anche il suo migliore amico era convinto che non l’avrebbe mai deluso, ma mentre bussava alla sua camera si ritrovò a sospirare pensando che quella sera, oltre a distruggere ogni speranza di una faraoinica festa, sarebbe stata messa in serio pericolo anche una solidissima amicizia, una volta che James avesse appreso che il suo addio al celibato non avrebbe previsto neanche la minima goccia di alcool.

Un sorriso a trentadue denti gli diede il benvenuto, una volta aperta la porta.

“Eccoti finalmente!” cinguettò esaltato James Potter “Sono pronto! Allora, dove si va?”.

“Beh…” tossicchiò Black, tentando di darsi un contegno “Ehm, preparati amico! Si va al Dragonfly!”.

Vide gli occhi di James allargarsi e farsi tondi tondi come le sue lenti.

“Al Dragonfly?! Mitico!” ululò felice, saltellando sul posto.

Sirius si esibì nella brutta imitazione di un sorriso entusiastico. Certo, il Dragonfly era davvero un bel locale per essere Babbano, ed era famoso sia per la selettività e la chilometrica lista d’attesa per accedervi, sia per una nutrita squadra di giovin signore in offerta – in vendita, più che altro – per il gaudio del gentile pubblico. Ma una volta che avesse piazzato James su un divanetto in pelle, cosa gli avrebbe fatto fare? Bere e donne erano off limits. Nel taschino interno della giacca aveva riposto un mazzo di carte, ma dubitava fortemente di poterlo intrattenere con una partita a Sparaschiocco, come a lezione di Storia della Magia, anni prima.

“Bene, allora” esalò “Andiamo, Remus e Peter ci aspettano là davanti”.

 

Remus Lupin stava guardando corrucciato l’entrata del locale dell’appuntamento, scuotendo sconfitto la testa. Già la facciata del locale inquietava, con quel neon a forma di un’ammiccante e procace signorina. Avrebbe dovuto prevdere che lasciare la cosa in mano a Sirius era troppo pericoloso. Doveva smetterla di sperare che prima o poi la maturità e il raziocinio sarebbero arrivati anche per lui.

Immerso in tali pensieri, non si accorse subito dell’arrivo dei due; e se fosse stato più attento, l’espressione men che lieta dell’organizzatore di quella buffonta avrebbe dovuto metterlo in allarme.

“Allora James, come ti senti?”.

“Decisamente troppo sobrio” rispose, l’esaltato “Entriamo, dai, così posso risolvere questa terribile mancanza” continuò, dando una lieve gomitata a Remus. Sirius, dietro di lui, si guardò rapidamente intorno in cerca di chissà quale aiuto divino.

Il locale era già quasi pieno quando arrivarono. Nel giro di pochi minuti tuttavia riuscirono a raggiungere, sgusciando tra la folla, il tavolo prenotato da Black.

“Ottimo” sorrise James “Ottimo, amico. Sapevo di poter contare su di te”.

Sirius scoprì di avere la bocca totalmente secca e incapace di articolare il minimo suono. Doveva inventarsi qualcosa di tranquillo e sicuro da fare per passare la sera, e alla svelta. E quello non era decisamente il suo campo.

“Ehm, Lunastorta,” gracchiò “ti spiacerebbe venirmi ad aiutare con le ordinazioni?”.

Aspettò con una certa impazienza che Remus riuscisse finalmente a raggiungerlo e si diressero insieme al bancone.

“Ecco, Sirius” cominciò Lupin, vagamente pedante “già che siamo in tema di alcool, posso provare a ricordarti, ora che puoi ancora capirmi, che James domani si sposa e dovrebbe arrivarci in uno stato dignitoso?”.

“Ti posso assicurare che stasera non abbiamo quel problema” grugnì l’altro “Semmai, la questione è un’altra”.

Mano a mano la spiegazione di Sirius proseguiva, gli occhi di Remus si facevano sempre più sottili.

“C’è qualcosa su cui non hai mai scommesso, dannato idiota?” sibilò.

“Non è il momento della predica, professorino” fece Sirius “Dammi una mano! Sei tu lo specialista in passatempi lugubri e sicuri”.

“Sai Sirius, è bello vedere che sai ingraziarti le persone di cui hai bisogno” rispose Lupin, scuro in volto “Se volevi qualcosa di tranquillo, sarebbe stato il caso di portarlo altrove, non credi?”.

Sirius si stropicciò le mani “Lo so… ma era tanto che voleva venirci. Ho pensato che.. beh… visto che non posso dargli la festa che desidera, almeno…”.

L’espressione di Remus  si addolcì. “Sarà meglio ordinare…”.

 

James Potter si stava guardando intorno, estasiato di ogni particolare, quando i suoi amici tornarono, con in mano due bicchieri ciascuno.

“Ecco qua” fece Black, eccessivamente pimpante, passando agli altri due le ordinazioni, di un rosso cupo.

“Ottimo” gongolò Potter “Cominciamo pesante, eh? Volete proprio farmi ubriacare…”.

Prese un bel sorso, ad occhi chiusi, pronto a sentire sulla lingua il gusto famigliare. Nel centesimo di secondo di attesa, era come se una calda musica gli fosse entrata nella testa e lo avvolgesse: parlava di gioia di vivere, di forza, di mille esperienze, di amicizia.

Fu il tempo di una frazione di secondo, e il liquido raggiunse la lingua. Nella sua testa, la calda e avvolgente melodia fu repentinamente sostituita da un rumore stridulo, come quando la puntina del giradischi di Lily strisciava sui vinili.

“Si può sapere che cos’è questa roba?” sputacchiò ovunque James.

“Succo di pomodoro” rispose placido Remus, sicuro che Sirius non avrebbe avuto il coraggio di spiaccicare la minima risposta.

“Suc… state scherzando?? Io credevo che fosse un Bloody Mary!”.

“Beh sì, sono la stessa bevanda, solo che qui non c’è alcol”.

“E ti sembra una differenza da poco?!” esclamò James. Scosse la testa incredulo, quando l’unica eventualità possibile gli si affacciò alla mente.

“Ah… ho capito. Era uno scherzo!! Ve ne do atto, ci sono cascato come un bambino, bravi. Ora però tirate fuori la vera merce”.

“James, amico…” iniziò Sirius “Non è uno scherzo. Domani ti sposi. Si suppone che tu ci debba arrivare in grado di intendere e di volere”.

“E questo cosa significa? Per un bicchiere, non morirò!”.

“James, tu sei probabilmente la persona con la più bassa soglia alcolemica mai esistita” si inserì coraggiosamente Peter.

“Cosa vuoi dire?”.

“Vogliamo dire che persino Remus è riuscito a batterti, quanto a resistenza. E più di una volta” annuì convinto Black, ignaro delle occhiatacce di Lupin “Quindi, vorremmo evitare di correre il rischio di dover dire lo voglio al posto tuo, domani”.

“Questa storia è assurda” sbuffò furioso James. Guardò ferito il suo migliore amico.

“Da te questo non me lo sarei mai aspettato” annunciò con voce sepolcrale, alzandosi.

“Dove vai?” chiese Lupin.

“Al bagno. Ho abbastanza resistenza per questo, secondo voi?” rispose sprezzante.

 

Gli diedero un quarto d’ora, il giusto lasso di tempo per calmarsi. In quei lunghi quindici minuti al tavolo era caduto un silenzio pesante.

“Su con la vita, Sir” fece Lupin, battendogli amichevolmente una mano sulla spalla “Hai fatto la cosa giusta. Certo, lo hai fatto solo per una stupida scommessa e per il tuo smisurato ego, ma hai agito bene”.

“Hai sempre le parole per tirarmi su, Lunastorta” grugnì mogio Black.

“Oh, dai. Capirà che l’abbiamo fatto per il suo bene. Però ora sarà il caso di andarlo a recuperare”.

“Vado io” sospirò Sirius.

Si diresse depresso verso una procace cameriera per chiedere la direzione delle toilette.

“Là in fondo, caro” rispose quella.

Dovrebbero selezionare meglio lo staff si disse distratto Sirius, impressionato dal tono baritonale della dipendente.

Fu un attimo. Mentre si stava dirigendo nella direzione indicata, qualcosa entrò fugacemente nel suo spazio visivo. Niente di concreto, solo un’impressione di famigliarità, la sensazione di dovervi volgere lo sguardo. Fu un attimo, e si volse a vedere lo straccio d’uomo, che una volta era stato il suo migliore amico, riverso sul bancone del bar biascicando di volere un altro giro.

“Idiota, maledetto idiota…” imprecò tra i denti.

Quando lo raggiunse James era così ubriaco da metterlo a fuoco con difficoltà.

“Amico!” miagolò con espressione ebete “Amico mio! Dai, facciamoci un bicchiere… Ehi!” urlò al barista “Lui è il mio migliore amico!”.

“Felice per te” rispose quello, senza alzare gli occhi dai boccali che stava servendo.

“Vieni qui, idiota” ripetè furioso Sirius, prendendolo per un braccio “Forza”:

Remus aveva ragione, non avrebbe dovuto portarlo lì. Remus aveva ragione, aveva sempre ragione. Remus… Remus stava limonando con Miss Sorpresa Sotto la Gonna??

“E’ un incubo” esalò, terrificato.

“Sirius!” si sentì chiamare da dietro. Era Peter.

“Ti stavo cercando” fece, con un mezzo fiatone.

“Ah sì?” rispose l’altro stridulo.

“Beh… lì non potevo restare. Mi sembrava di essere di troppo”.

Non hai idea di cosa ci sia di troppo in quei due pensò disperato Black prima di riuscire ad arpionare Lupin per un braccio e trascinare tutti fuori da quel covo di matti.

 

Per un qualche miracolo, era riuscito a trovare una caffetteria aperta ventiquattro ore su ventiquattro, dove fece un rifornimento senza pari di caffè (“Bello forte, mi raccomando!”) e di ciambelle assortite. Raggiunto l’albergo, posizionò James al sicuro su una poltrona, e diede inizio al rituale anti-sbornia.

Remus, dal canto suo, venuto a conoscenza del piccolo quanto fondamentale dettaglio che, complice la musica alta e l’oscurità,  da solo non aveva notato, si era precipitato in bagno a frugare nelle cose di James, e in pochi minuti aveva già  terminato l’intero tubetto di dentifricio, oltre ad aver ridotto a mera polvere l’innocente spazzolino.

“Ma se lo sapevi, perché non mi hai fermato?” belò per l’ennesima volta a Peter.

“Pensavo volessi provare qualcosa di diverso. Poi, per una volta che ti sei lasciato andare… non volevo rovinare tutto. Sai, una bella scossa. La tua vita è triste” constatò candido prima che Lupin, livido, si rifugiasse di nuovo in bagno a consumare la bottiglia di colluttorio.

Sirius sospirò e guardò il suo migliore amico.

 “Ancora uno”.

“Non ce la faccio più”  gorgogliò Potter, verde in volto.

“Devi. C’è il mio onore in mezzo” grugnì, passandogli l’ennesimo caffè forte.

“Gli verrà un’ulcera con tutto quel caffè” suggerì Peter, pigolando incerto dal suo angolo.

“E’ per questo che ci sono le ciambelle” fece Black “Avanti, prendine una”.

Guardò James ingioiare il quinto dolcetto lottando contro la nausea e sbadigliò per l’ennesima volta. Il silenzio della loro camera d’albergo, immersa nel buio delle tre della mattina, era appena venato dal rumore delle mascelle in attività di James e del filo interdentale che lavorava alacremente nella cavità orale di Remus.

Lo sapeva, quando aveva accettato quella stupida scommessa, che era un compito al di sopra delle sue forze… ma gliel’aveva fatta vedere a quella saputella della McKenna, oh se gliel’aveva fatta vedere!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

  
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