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Autore: Ipermaga_    28/07/2016    0 recensioni
« Tu non lo sai, Ib, ma sei rinchiusa qui dentro da dodici anni! » strillò, rossa di rabbia.
In seguito al suo grido ci fu silenzio, silenzio rotto soltanto dai suoi piagnucolii.
[...]
« Ma che diamine stai... » fui presto interrotta.
« È vero ».
Senza fiato, mi voltai lentamente verso di lui.
Evitava quasi con disperazione il mio sguardo.
[...]
« Non possono essere passati dodici anni » dichiarai, con un'illuminazione venutami in quello stesso momento: « Qui il tempo non scorre ».
« Per te invece dovrebbe essere così » intervenne prontamente Garry, sempre guardando altrove: « Sei cresciuta... come se fossero trascorsi dodici anni. Anche se nemmeno io potrei assicurarti quanto tempo sia passato nel nostro mondo. Non so fino a che punto possa importare, comunque ».
**
Ib ha ormai 19 anni; è da sempre rimasta nella galleria, insieme a Garry e Mary, senza neanche esserne consapevole. Adesso si trova nella Stanza delle Bambole, e ha perso la caccia al tesoro.
Genere: Sentimentale, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Garry, Ib, Mary
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Parte Prima: Crescita

Giro 11 – Oscurità

L'oscurità... quest'oscurità... sta avvolgendo tutto quanto.
La mia vista inizia a sbiadire... tutto sta perdendo colore.
Sono paralizzata, non riesco a muovere un solo muscolo, eppure sento un forte dolore... parte dalla pancia, poi sale, stomaco, petto, spalle, braccia, mani, dita... gambe... non riesco a muoverle... sangue alla testa, ho i brividi?
So solo che non è una sensazione piacevole.
Mi piegherei in due, mi sento come se qualcuno mi avesse squartato con le unghie e rimosso a forza il fegato, ma non riesco a far nulla.
Il vuoto allo stomaco è riempito dal dolore, e forse dall'oscurità...
È un incubo? È un incubo, vero?
Sento una voce... cosa sta dicendo? Parla troppo piano...
Ah, ora capisco.
È tutto vero, eh?
Dovevo aspettarmelo...
C'è silenzio, e non lo sopporto, non per il silenzio in sé, ma perché nella mia testa invece c'è solo caos.
Ogni cosa nella mia testa si confonde, immagini, suoni, ricordi, pensieri, fantasie, desideri, paure...
Si mescola tutto, impossibile trovare un equilibrio.
Quanto tempo è passato esattamente?
Da quanto tempo sono qui?
Da quanto tempo esisto?
Sento di voler scomparire, ma allo stesso tempo non voglio, è come se così facendo lasciassi qualcosa o qualcuno indietro.
Qualcuno... chi?
Ho mai incontrato qualcuno, poi?
Non riesco a capire...
Qualcosa mi afferra per la gola.
Sento fastidio agli occhi...
Si sente un tonfo, ho un brivido alla schiena, che cos'era?
Sento una fitta alle ginocchia, mi gira un po' la testa, ma presto passa.
Mi sento oscillare lievemente, avanti e indietro, avanti e indietro...
Vorrei cadere.
Mi abbandono.
Casco all'indietro, ma non incontro il pavimento.
La mia testa e le mie spalle sono appoggiate a qualcosa che era dietro di me... un muro?
Sono quindi chiusa in questa stanza...
Chiusa o chiuso? ...Ci sarebbe qualche differenza?
Il dolore alla testa è più intenso...
Mi sento osservata--
C'è qualcuno qui?
Vorrei dirlo ad alta voce, o forse no? In ogni caso, non riesco a muovermi.
Mi fanno male le braccia... formicola dappertutto.
Il silenzio viene spezzato. Un suono che si ripete regolarmente, basso, sommesso, ma che c'è.
Dovrei averne paura?
Sento di aver provato soltanto paura, e di non conoscere nient'altro.
Solo paura, paura, paura, e ancora paura...
Qualcosa mi afferra di nuovo la gola.
Sento che non doveva andare così, che non doveva essere così...
Quel qualcosa mi spinge all'indietro, sento la mia testa venir schiacciata contro il muro...
E ancora quel suono regolare...
Cos'è?
Non sembra venire da fuori... forse lo sto solo immaginando, come tutto questo, del resto.
Si ripete, ancora...
Socchiudo gli occhi, la stanchezza mi opprime.
Vorrei addormentarmi, ma rischierei di fare qualche brutto sogno, forse... o magari sono già immersa in un brutto sogno.
Perché tutto questo non può finire?
Più che il buio, ciò che mi opprime di più è questa paura insistente.
Non voglio avere più paura... ma non credo che questo desiderio si possa realizzare.
Mi bruciano gli occhi.
Sento le mie dita agitarsi... sto tremando.
Sto tremando, sto tremando...
La mia paura aumenta.
Voglio sparire.
Voglio... morire.
Sento una fitta ai polmoni, non appena penso questa frase.
Sto ancora respirando, però...
Mi concentro sul mio stesso respiro, in qualche modo mi calma, ma so che non appena non ci presterò più attenzione il terrore si impossesserà di me nuovamente, e questo accresce la disperazione con la quale mi concentro sul mio respiro.
Respira, respira...
Sto ancora tremando...
Per qualche motivo inizio a respirare con la bocca.
Ho bisogno di qualcuno che mi tiri fuori di qui.
Ho bisogno di qualcuno.
Qualcuno...
Qui non c'è chiaramente nessuno.
Sono bloccato... qua dentro.
Stringo gli occhi più forte.
Anche se là fuori ci fosse qualcuno, non verrebbe mai a conoscenza della mia situazione.
Sono qui, abbandonata...
Sento qualcosa che si avvicina.
Cos'è...?
Non riesco a respirare.
Quel suono regolare... sta accelerando, ora lo sento allo stomaco.
Cosa sta succedendo?
Non voglio, non voglio, non voglio,
Qualcosa scivola lungo la mia guancia... una lacrima?
Sto piangendo... piangendo di paura.
Non credo sia una cosa tanto positiva.
Sono una fallita.
Voglio andarmene, diavolo...
Mi sento impazzire. Forse sono già impazzita.
Non vedo nulla, che succede?
Sento un altro suono regolare, diverso dall'altro, viene da fuori... l'ho già sentito... il suono delle campane?
Un'altra lacrima.
Bene.
Allora... lascerò che accada ciò che deve accadere.
Sì, farò così.
Smetto di respirare.
Ogni suono scompare.
Percepisco un peso che abbandona i miei polmoni.
È un sollievo.
L'oscurità mi cattura, mi fa diventare parte di sé.
Senza muovermi, mi abbandono a quel caldo abbraccio.
Le mie lacrime si asciugano.
Ogni cosa si zittisce.
Il tempo non scorre più.

**
Sentii il muro alle mie spalle che si agitava.
Chi è?
Qualcuno stava cercando di entrare. Bussavano sul muro. Perché?
Parte della mia coscienza si destò, come se fossi stata sul punto di addormentarmi e soltanto in quel momento fossi stata svegliata.
Detestavo quando succedeva.
Riaprii gli occhi.
Quell'oscurità sembrò ancora più reale... mi faceva male la gola.
Sentivo il suono di una maniglia che viene agitata... ero appoggiata a una porta?
La porta... era stata dietro di me per tutto quel tempo?
Oddio, sono proprio una stupida, eh?
Era così semplice.

Mani e piedi formicolavano, e nonostante - mentre mi alzavo - percepissi degli aghi che mi perforavano tutto il corpo, presi forza e cercai anch'io di aprire la porta.
Qualunque cosa ci fosse stata fuori, sarebbe stata molto meglio di ciò che c'era là dentro. No?
Tentai di aprire, ma la porta era chiusa a chiave.
Qualcosa dentro me iniziò ad agitarsi.
Continuai a muovere la maniglia, con più violenza.
Niente da fare.
Non mi piaceva rivolgere le spalle a quella stanza maledetta.
E voltarmi sarebbe stato ancora peggio.
Che faccio...??
Mi sentii cadere in avanti, appoggiai la fronte alla porta, avvicinai una mano al volto... non ero più in grado di reggermi in piedi.
All'improvviso la porta si aprì.
L'oscurità si spezzò, e scomparve, tutta in una volta.
Soltanto allora capii: si poteva aprire unicamente da fuori, e prima la stavo bloccando.
Secondo dopo secondo, avvertivo che la mia mente riprendeva lucidità.
E mi resi conto di quanto fossero privi di senso i pensieri e la paura di un istante prima.
Scoppiai a piangere.
Qualcuno alla fine era arrivato. Sembrava impossibile.
Mi sorressi al muro, per rialzarmi.
Gli corsi incontro e lo abbracciai, ancora tremante e con il respiro che solo in quel momento ricominciò a essere regolare.
Disse qualcosa, non lo riuscii neanche a sentire.
Dopo un momento di sorpresa, ricambiò l'abbraccio.
Il freddo svanì, fui invasa dal sollievo, la paura scivolò via e venne dimenticata, come un brutto sogno quando ci si risveglia.
« Capisco, non avrei dovuto lasciarti sola. Mi dispiace ».
Feci di no con il capo, la testa ancora immersa nel suo petto.
Per qualche ragione iniziai a singhiozzare, sconvolta, ma le lacrime non c'erano più.
Mi passò una mano tra i capelli, scompigliandoli... lentamente, il mio tremare diminuì.
Perché questa sicurezza non può durare?
Non voglio tornare nel mondo reale.
Non voglio essere costretta ad affrontare la realtà.
Non posso farlo, non dopo aver capito cosa sia vivere senza quella paura costante.
Non potrei sopportarlo.

Avvertii le sue mani allontanarsi; stava sciogliendo l'abbraccio.
Ecco, lo sapevo.
Con un istinto disperato, invece, lo strinsi ancora di più.
Inspirai. Sentivo il suo profumo... mi tranquillizzò.
Pensai che avrei dovuto prendere forza e incominciare a parlare, sfogarmi subito, dato che quello avrebbe potuto essere l'unico momento adatto.
Ma non potevo farlo. Non avevo intenzione di farlo.
Anche perché i ricordi di quella stanza iniziavano già a dissiparsi.
Non avrei potuto raccontare cos'era successo neppure volendo. Sapevo solo che era stato terribile.
E quella porta... quella porta era ancora socchiusa alle mie spalle.
Ritornò il fastidio agli occhi.
Qualcosa mi afferrò la gola di nuovo.
Sentii di star per rimettere.
Spalancai le palpebre dal terrore.
« Chiudila » mormorai. La mia voce... sembrava che avessi un groppo in gola. Ah, già. Era così.
« Cos...? ».
« Chiudila » ripetei, incominciando a vedere tutto sfuocato.
Allungò l'altro braccio. Udii la porta scattare alle mie spalle.
Gli strinsi la mano, forse un po' troppo forte.
Prima che io stessa me ne potessi rendere conto, corsi.
Corsi via, scappai, trascinandolo.
Pronunciò una qualche esclamazione di sorpresa, ma immaginavo che non avrebbe capito. E io non avrei potuto spiegarlo.
Andammo il più lontano possibile.
Appoggiai la schiena al muro per attenuare i brividi rimasti, probabilmente da prima.
Non smettevo di stringere la sua mano, l'altra me la passai tra i capelli, nel tentativo di riprendermi del tutto.
« Senti, se vuoi sfogarti o simili, sentiti libera di... ».
« Ti prego » m'interruppi. Non sapevo nemmeno io come volessi continuare.
Dato che l'avevo fermato, poteva essere un “Ti prego, ho bisogno di un secondo di silenzio”, oppure al contrario poteva essere un'esortazione, “Ti prego, continua a parlare ancora per un po' e resta con me”, altrimenti una palese bugia, del tipo, “Ti prego, sfogarmi? Sto benissimo, non vedi?”.
In qualsiasi caso, non mollai la presa: mi sentivo ancora incerta.
Sembrava piuttosto preoccupato.
Poggiai il capo sulla sua spalla, più che altro come se mi abbandonassi e non riuscissi più a reggere il peso della mia stessa testa.
Socchiusi gli occhi, ma presto li riaprii, non sopportavo la visione dell'oscurità.
Avevo bisogno di luce, di luce, e della presenza di qualcuno...
« Bene. Quando ti sentirai pronta, allora » disse, e io annuii.
Certo.
Era rassicurante sapere di avere qualcuno con cui potersi sfogare in qualunque momento, su qualunque cosa.
Qualcuno sempre al fianco.
Sempre.
Sempre...?
« Rimarrai, vero? Rimarrai, almeno finché non arriverà quel momento... » balbettai, rendendomi conto subito dopo del fatto che ciò che stavo dicendo fosse in qualche maniera penoso.
Mi sfuggì una risatina imbarazzata.
Ripresi a parlare prima che potesse farlo lui: « Niente, ignora quello che ho detto. Dunque, procediamo? Questa porta prima non era aperta... ».
E soltanto in quel momento ebbi il coraggio di lasciarlo andare.
Coraggio... già.
Coraggio.
Ne avevo? E anche se ne avessi avuto, sarebbe stato sufficiente?
Non avevo idea di quanto a lungo avrei potuto continuare... o meglio, avremmo potuto continuare.
Ma finché eravamo insieme, potevamo resistere. Giusto?
Resisteremo.
   
 
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