Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Sarah M Gloomy    29/07/2016    0 recensioni
Paul. L’inizio di tutto e la mia fine.
Mi ero appena svegliata da una tremenda post sbornia e della sera prima ricordavo solo la presenza di alcol. Molto alcol. Ero appena uscita da una relazione burrascosa, durata l’arco della mia vita, in cui avevo messo anima e corpo per farla funzionare. E come tutte le cose importanti era andata dritta nel cesso, con lui che mi diceva che ha bisogno di tempo, di riflettere e di intruppare le mani in qualcos'altro che non ero io. La mia distruzione ... e il mio nuovo inizio!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
8
Ora insieme.
 
          Mi alzai dal letto, certa di aver dormito meno di quello che il mio corpo aveva bisogno. Con un enorme sbadiglio mi diressi in cucina, ciabattando un po’ rintronata. Preparai il caffè, sistemando sulla tavola due tazze e il resto delle provvigioni. Mi stiracchiai, sentendo un altro mattiniero che era contrario nel svegliarsi. Come me, aveva i capelli arruffati e il pigiama un po’ storto.
   «Buongiorno.» Repressi a stento uno sbadiglio.
Sam si sedette a tavola, portandosi una mano alla testa, arruffando ancora di più i capelli. «’Giorno.»
Spensi il fuoco e portai il caffè in tavola. Me ne versai un sorso, svuotando il resto nella tazza di Sam. Aggiunsi nella mia un po’ di latte di soia. Mi sedetti, prendendo due fette biscottate, che cosparsi con una generosa dose di marmellata. Addentai con un morso, soddisfatta, vedendo che Sam mi fissava. Mi portai una mano alla bocca. Essendo la marmellata una mia accanita avversaria, sapevo che dovevo avere qualche residuo appiccicoso in volto. Il ragazzo sorrise, scuotendo la testa. «Sei proprio una bambina.»
Agguantai una salvietta, pulendomi il viso. Tuttavia, non c’erano residui bellici. «Che cosa ho fatto?»
   «Non sei in ritardo per l’autobus?»
Scossi la testa. «Non ancora, ma conto sul fatto che oggi mi lascerai usare per prima il bagno, così evito di perdere la corriera. Sono veloce, quindi perderesti solo cinque minuti, che comunque riguadagneresti subito, visto che vai a lavoro in auto.»
Imprecai appena: un pezzo suicida di fetta biscottata si era schiantato, come è ovvio che sia, con la parte appiccicosa sul tavolo. «Ho un altro patto da proporti. Entrambi andiamo allo stesso edificio, lavoriamo a qualche piano di distanza quindi possiamo andare a lavoro insieme.»
Fissai Sam, in parte sconvolta da quella notizia. Dove era andato il ragazzo burbero che non mi voleva come conquilina? Attesi, aspettando il “ma” del patto. «In cambio, quando ce ne sarà bisogno, mi aiuterai in certe faccende.»
   «In cosa, di preciso?» Il tovagliolo cercò di risolvere, senza successo, lo striscio di marmellata nella tovaglietta. Niente: avrei dovuto lavarla.
   «Dipende. E niente di quello che stai pensando!» Mi rimbeccò, avendo visto che mi allontanavo appena dalla sedia. «Il più delle volte sono cavolate … Charlie è un casinista almeno quanto te. Ogni tanto mi capita di doverlo tirare su di morale.»
Socchiusi gli occhi. «E Kit? Anche Kit aiuta.»
Scosse la testa, arricciando il naso. Sembrava un gattino che aveva una palla di pelo in gola. «Come capirai a tue spese, Kit non è decisamente un tipo affidabile in certe situazioni. Comunque, ti va un patto del genere?»
Allungò la mano, scostando il sacchetto dei biscotti. Storsi la bocca, ma in fondo mi guadagnavo un trasporto sicuro a lavoro tutte le mattine, ripagandolo con un qualcosa che avrei fatto in ogni caso. Sorrisi, stringendogli la mano. Lo tenni stretto e gli occhi di Sam si assottigliarono quanto i miei. «E per il bagno? Dobbiamo usarlo entrambi e, logicamente, dobbiamo organizzarci su chi ha la priorità. Facciamo un giorno a testa?»
Sam mi fissò, scotendo un po’ la testa a destra e sinistra, come per soppesare le cose. «L’abbiamo già fatto … non sembrano esserci problemi, quindi … possiamo usare il bagno insieme, se a te va.»
   «Affare fatto, a patto che tu non mi guarda mentre mi cambio. E io farò altrettanto con te.»
Sam rise, sciogliendosi dalla presa e bevendo l’ultimo sorso di caffè. Sistemammo le tazze sul lavandino, dirigendoci in bagno come dei bravi coinquilini. Ci lavammo i denti, ci pettinammo e poi andammo nelle rispettive stanze a cambiarci. Il tutto con una dose di indifferenza esemplare. Ognuno compiva i suoi atti senza sentirsi in imbarazzo o senza dar troppo peso alla presenza dell’altro. Di certo, questo nuovo Sam era molto più socievole rispetto a quello che avevo conosciuto.
Mi misi una gonna a tubino e una camicia, accompagnata da una giacca grigia. Mi sembrava di essere un po’ retrò, ma quel giorno avevamo una riunione, quindi era meglio optare per qualcosa di più classico. Salii in macchina con Sam, allacciandomi le cinture mentre lui aspettava che si scaldasse un po’ il motore. Iniziò a giochicchiare con la radio. «Hai preferenze di musica?»
   «Mm? Oh, no. Nessuna preferenza. Beh, a meno che non mi metti musica corale … e rap. Non mi piace molto il rap. E niente canzoni con parole volgari. Oh, però ora che ci penso oggi non mi sento in giornata rock.»
Abbozzando un sorriso, mise in una stazione in cui trasmettevano solo musica pop. Mi guardai intorno. La macchina era pulita e non mostrava segni tipici. Nessun dado sullo specchietto, nessun adesivo divertente, nessun pupazzoo di una qualche ex. No, quest’ultima parte era meglio cancellarla dal tutto. Finalmente ci mettemmo in movimento, così potei concentrarmi in altro. «Cosa stai guardando che non ti convince?»
   «Oh, niente. Guardavo la tua auto. Non ti sono mai piaciuti quei grandi dadoni che si mettono sullo specchietto? Quelli tutti colorati?»
   «Perché dovrei metterli? Che utilità hanno?»
   «Nessuna utilità, sono divertenti. Avevo un amico che ha attaccato su tutta una fiancata dell’auto degli adesivi e alcuni erano divertenti. Non avevano nessuna utilità, ma danno un segno di riconoscimento. Dicono un po’ di te.»
Sam rifletté un secondo, oppure si concentrò sul traffico mattutino. «Come mai hai detto “avevo un amico”?»
   «Beh … era un mio vecchio compagno di classe ma ha preso una brutta strada. Gli adesivi erano anche parecchi offensivi nei confronti dei carabinieri, che non hanno apprezzato il suo comportamento.»
   «Addirittura! E cosa gli hanno fatto?»
   «Suo padre è un carabiniere e quando ha visto la fiancata lo ha obbligato a fare servizio militare. L’ultima volta che l’ho visto era impaurito, rasato e l’ombra di se stesso. Poverino. Con i dadi, però, vai sul sicuro. Sono divertenti e non fai arrabbiare nessuno.»
Sam continuò a venir dietro ai discorsi di una che ha dormito poco. Non molto dissimili dei miei con le ore di sonno adeguate, ad essere sinceri. «E che cosa possono dire i dadi di me? Che sono un baro?»
   «O che sei un tipo divertente, che gli piace giocare. Potrebbero essere anche segno di grande personalità, perché bisogna avere gran coraggio ad andare in giro con due dadoni giganti verde acido.»
Il ragazzo scosse la testa, fermando l’auto dietro alla coda che si era appena formata. Davanti a noi, a una decina di macchine di distanza, il semaforo rosso stava formando un bel ingorgo mattutino. Dall’incrocio, autisti adirati suonavano la loro rabbia e il nervosismo. Sam picchiettò due dita sul volante, visibilmente rilassato. «Quando ero piccolo mio padre aveva attaccato sul vetro del parabrezza due manine, che dondolavano quando la macchina si muoveva. Erano stupide, ma quando ero piccolo facevo a botte con mio fratello per sedermi davanti e vedere queste mani che si muovevano.»
Deglutii piano, al pensiero che stesse parlando di suo fratello, dopo quello che era successo tra di loro. Mi fissò. «Credi che io sia il tipo da dadi?»
Un colpo di clacson dalle macchine davanti a noi fece muovere uno dei primi della coda, avviando la catena che ci avrebbe portato fuori dal traffico. «Noo … tu sembri più il tipo da spade laser e Morte Nera. O da adesivo sulla fiancata che dice “La Forza è potente in quest’uomo”.»
   «Conosci Star Wars
   «Ovvio che sì, è un classico. Ho visto tutta la saga, più di una volta, ad essere sincera. Posso non avere la stanza tappezzata da poster, ma mi reputo orgogliosamente una loro fan.»
   «Mi sorprendi, Baby. Mi sembravi più tipo da film di aninazione.»
Beh, oddio. Ero anche di quel genere. Non disdegnavo nulla. Però, il modo in cui parlavamo, il fatto che mi avesse accennato al suo passato senza che io ne facessi domanda mi faceva sperare. Sì, mi faceva vedere un futuro nel quale, forse, io e Sam saremmo diventati buoni amici. E mentre mi augurava buon lavoro, io a questo ci speravo davvero.
 
            Avevo iniziato a togliermi le scarpe già in auto, massaggiandomi i piedi doloranti. Poi avevo camminato a piedi scalza lungo le scale, mentre Sam mi continuava a chiedere perché mi fossi messa le scarpe con il tacco se mal le sopportavo. Per i maschi è semplice essere eleganti: una camicia, un vestito, scarpe comode e via. Per le femmine è un po’ più complicato: non potendo mettere le mie solite ballerine, comode, sicure e al bisogno pure sportive, mi rimaneva solo un tacco dodici e un dolore allucinante a fine giornata.
Reprimendo l’istinto di dirglielo, aprii la porta dell’appartamento. Mi bloccai, scostata da Sam che entrava e si lasciava inondare da una musica così straziante che anche chi avesse avuto una giornata ottima fino a quel momento si sarebbe preso a randellate. Biascicò piano. «No, non di nuovo.»
Chiusi la porta alle spalle, guardando curiosa Sam. Mi si avvicinò, bisbigliando piano. «Ti ricordi il patto di stamattina? Ecco, devi già pagare pegno.» Al mio silenzio, che altro non era un modo per spronare a continuare, Sam abbassò ancora la voce. «Charlie si frequenta con un ragazzo … e questa musica non è mai stato un modo per avvisare gli inquilini che l’appuntamento è andato bene.»
Un po’ mi sorprese che Charlie si vedesse con qualcuno. Forse perché non ero mai stata brava a nascondere qualcosa, per cui di certo non sarei riuscita a tener segreto un’uscita. I biscotti che nascondevo sotto al letto erano recuperati con estrema maestria da mamma e, quando riuscivo a eluderla, non facevo in tempo a gustarmeli perché mia sorella a sua volta li trafugava da me. Di certo, a nascondino ero pessima.
Mi andai a cambiare velocemente in stanza, poi mi unii a Sam che si trovava appoggiato alla porta di Charlie, indeciso se entrare o meno. Bussai piano alla porta, un lungo sospiro mi fece intuire che potevo accedere nella stanza. O che la mia amica avesse esalato l’ultimo respiro.
Aprii ed entrai cauta. Una voce triste cantava la sua tremenda disperazione, mentre stesa sul letto, circondata da cuscini, giaceva Charlie. Aveva appoggiato la testa tra le braccia, così da poter vedere solo i suoi capelli arruffati. Tra le dita stringeva il telecomando dello stereo. Scostai un cane pupazzo, sedendomi vicino a lei. Appoggiai una mano sulla sua testa, accarezzandola piano.
Sam spense lo stereo. La stanza ritornò nella sua quiete calma. Ora, però, i gemiti di Charlie non potevano più essere nascosti. I suoi capelli soffici erano scossi da piccoli singulti e, oltre a quello, davvero non sapevo che fare. Era troppo poco per dirle che le ero vicina. Tuttavia il resto mi sembrava essere troppo fuori della mia portata. Il ragazzo si avvicinò al letto, sospirando piano. «Ehi … ne vuoi parlare?»
   «Mi piaceva.» Biascicò piano, presa da altri singhiozzi.
Charlie alzò appena la testa, appoggiandola sulle mie gambe. I pantaloncini riuscivano a farmi sentire le calde lacrime della ragazza, che scendevano lungo le guance per poi posarsi sulla mia pelle. Di nuovo, le passai la mano tra i capelli scuri, indecisa su come dovevo comportarmi. Guardai Sam, che sospirò alzando gli occhi al cielo. Presi piano coraggio e, con voce debole ottima da usare presso un capezzale, le chiesi. «Cosa è successo?»
   «Ha detto che non ce la faceva più!»
Sam si sedette vicino a entrambe, corrucciando la fronte. «Come non ce la faceva più?»
Charlie si tirò su a sedere. Il trucco era sbavato nei punti in cui le lacrime le erano scese riottose. Le labbra erano incurvate all’ingiù e, se non fosse stata così depressa, avrei detto che assomigliava tanto a una bambina che aveva deciso di mettere il broncio. Dall’altra parte, per quel suo mostrare un lato infantile l’avrei fatta piccola per infilarmela in tasca e proteggerla da tutto quel brutto mondo. Tirò su con il naso. «Lui … lui ha detto che con … con il lavoro che faccio io e con il suo era molto molto difficile vederci. Ha detto … ha detto che era assurdo, che lui non ce la faceva più. Ha detto che non sembrava neppure che stessimo insieme, tanto poco ci vedevamo. E … e poi …»
Mi abbracciò all’improvviso. Le sue braccia, ad una prima apparenza esili, mi strinsero proprio come quelle di un giovane uomo. Affondò la testa sulle mie spalle, parlando al mio orecchio con una nota di panico. «… ha un altro!»
Sam si irrigidì. «Charlie, non puoi voler star con uno che ti ha tradito.»
   «Sì.» Convenni, dandole delle piccole pacche sulla schiena. «Di certo non ti merita. Come si fa a tradire una … una come te.»
Charlie scosse la testa e, essendo così vicina a lei, respirai un po’ di aria che profumava del suo shampoo. «No … io sono un orrore, uno scherzo. Io …»
Questa volta la scostai, un po’ adirata. «No, non sei uno scherzo e di certo non sei un mostro. Il mostro è lui che ti ha tradito, non tu. Ci sono tanti stronzi al mondo, tu sei incappata in uno di quelli. Credimi, Charlie: tu non hai niente che non vada.»
Mi sfiorò il volto con una mano, le sue labbra si incurvarono ancora di più. Continuai, la voce un po’ incrinata e una piccola lacrima che mi solcava il viso. «Tu sei bellissima, e se non l’ha visto ci ha solo rimesso. Ti meriti di meglio.»
Con la stessa espressione sconsolata guardammo Sam, che alzò gli occhi al cielo, biascicando piano. «Oddio … adesso ce ne sono due da consolare!»
Con uno sbuffo, Charlie si alzò dal letto, zigzagando tra me e Sam, vicino a lei. Si avvicinò allo specchio dietro la porta, passandosi gli indici sotto gli occhi. «Ho un aspetto orribile. Questo decisamente non è da me.»
Fissai Sam, che non distoglieva lo sguardo dalla sua amica. Un po’ per le emozioni che mi avevano colpito, un po’ perché Charlie era sempre stata un tipo positivo e tutt’altro che demoralizzato, mi sembrò che Sam non fosse male come coinquilino. Sembrava preoccupato davvero per la ragazza e se mi aveva chiesto aiuto alla mattina sembrava più che altro lo facesse perché sapeva che non poteva aiutarla con i mezzi che aveva. Mi asciugai una lacrima che era scesa a tradimento, tirando su il naso. Mi alzai dal letto, scuotendo gli indumenti stropicciati. Presi il polso del ragazzo, tirandolo su. «Abbiamo bisogno di qualcosa che ci tiri un po’ su di morale.»
   «Un elettroshock?» Fece ironia lui, scrutandomi serio.
Abbozzai un sorriso umido. «Quasi. Ti ricordi quel nostro piccolo segreto? Di quella prima sera?»
Charlie tirò su ancora un po’ con il naso, cancellando con una manata la patina umida sulle guance. «Quale segreto?»
Sam mi sorrise, facenno cenno di seguirlo. Presi a braccetto la ragazza, che tremava appena sotto la patina di tristezza. Le massaggiai la pelle, rassicurante. Sotto lo primo strato, sentivo una ragnatela di vene che spiccavano. Ci sedemmo sul divano.
   «Baby, vai in camera mia e scegli un film da vedere.»
Sbarrai gli occhi, fissando prima la ragazza che sorrise al mio sbigottimento, poi a Sam, che mi scrutava. Avevo sentito bene? Sam mi aveva dato il permesso di entrare in camera sua e di cercare un film tra la sua collezione? In camera sua da sola, nonostante il litigio di pochi giorni prima che mi aveva creato non pochi traumi psicologici? Sam trafficò con una bottiglia, nel tentativo di aprirla. Continuavo a guardarlo, la mano ferma sul braccio di Charlie. «Sì, hai capito bene. Puoi entrare nella mia stanza e scegliere un film.»
   «Davvero?» Chiesi con una vocina piccola piccola.
Sorrise. «Sì, sono serio. Ti conviene muoverti, prima che cambi idea.»
Mi alzai velocemente, entrando nella stanza che avevo pulito con la sua disapprovazione. Prima di essere sommersa dall’infinità di Dvd sentii la voce di Charlie, debole, spirare. «Siete diventati amici?»
La stanza era come l’avevo sistemata. Nonostante la sua ferma opposizione, Sam non aveva provato a ripristinare il clima di disordine e anarchia dei vestiti. Il letto era un po’ sfatto, come se qualcuno avesse deciso di farlo ma non sapesse esattamente come, e gli indumenti della mattina riposavano sulla sedia, altrimenti sgombra. Tuttavia, capii che Sam si stava impegnando a tenerla un po’ ordinata dal fatto che la finestra era aperta e che niente altro sembrava fuori posto. Scrutai velocemente la lista dei film, scegliendo una commedia vecchio stile piuttosto di un film strappalacrime. Di certo avevamo bisogno di risate, non di piagnistei. Tornai trionfante in salotto, dove Charlie reggeva in mano la bottiglia e Sam portava sul tavolino tre bicchieri. La ragazza mi fece cenno di sedermi tra lei e Sam. Infilai il Dvd nel lettore, collocandomi nel posto a me adibito. Charlie appoggiò la sua testa sulla mia spalla, io insinuai la mia mano tra la sua. Il ragazzo spense la luce, sospirando mentre i trailer dei prossimi film in uscita (nel periodo di produzione del film) ballugginavano per la televisione. Visto, visto … nooo, non mi ispira.
Charlie guardò la bottiglia, imbronciata. «Ecco chi beve tutti i miei esperimenti.»
   «Sta zitto e bevi.» Replicò Sam, da un punto non meglio definito alla mia destra.
   «È un po’ triste bere con i nostri bicchieri. Dovremmo prendere quelli da cocktail, così se abbiamo ospiti abbiamo altro che i soliti comuni bicchieri da offrire.»
Vidi distintamente il luccichio degli occhi di Sam puntarsi sulla mia vicina. Non era il caso di litigare per una cosa del genere, non dopo aver visto Charlie piangere per il suo ormai ex ragazzo. Sapevo a mie spese che bastava un niente, un minimo, per scoppiare in un irrefrenabile pianto e il nostro obiettivo era quello di farla sorridere, non di sprofondare in un mare di disperazione. «Possiamo non usare i bicchieri. L’ultima volta abbiamo bevuto direttamente dalla bottiglia.»
Charlie bevve una lunga sorsata, poi mi passò la bottiglia. Il liquido era diverso, ma come la mia precedente esperienza scoprii che era alcol abbastanza arzillo, tale da obbligarmi a scuotere la testa come un cagnolino. Tracannai una seconda sorsata, porgendo infine il tutto a Sam. I titoli di testa erano appena iniziati e, ripassata la bottiglia a Charlie per permettere di affogare meglio il suo ex traditore, appoggiai la testa alla spalla di Sam. 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Sarah M Gloomy