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Autore: Tony Stark    29/07/2016    3 recensioni
Una struggente nostalgia, una gioia perduta, un obiettivo della loro ossessione e la sincera speranza di raggiungerlo. Possono queste emozioni appartenere alle creature dell'Abisso? Ma se questo è vero, allora forse non sono bestie dopo tutto?
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cavaliere Artorias
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The tales of Fallen Hero'
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Note di pre-storia: Le parti scritte a destra sono i pensieri del personaggio, quelle centrali sono discorso diretto. E quelle scritte a destra in carattere Times New Roman, ovvero Questo sono le parole della parte corrotta di Artorias

The last fight of the decayed knight
 
Una struggente nostalgia, una gioia perduta, un obiettivo della loro ossessione e la sincera speranza di raggiungerlo. Possono queste emozioni appartenere alle creature dell'Abisso? Ma se questo è vero, allora forse non sono bestie dopo tutto?
(Principessa Dusk di Oolacile)
 
...L’Abisso… va fermato…
...Io…
...devo fermarlo…
C’era una luce… lì da qualche parte sopra di me... O forse mi si trovava davanti.
Raggiungila…
Non c’era nulla intorno a me oltre quella luce…
...L’Abisso...va fermato…
...Io…
...devo fermarlo…
Sapevo di dover fare qualcosa, ma era tutto troppo sfocato perché riuscissi a capire cosa dovessi fare. Le parole che si ripetevano in continuazione nella mia mente, sembravano quasi… astratte.
Sapevo che dovevo farlo, ma non sapevo il perché.
Sapevo che dovevo farlo, ma non sapevo cosa dovessi fare per raggiungere il mio scopo.
Sapevo che dovevo farlo, ma non aveva, non aveva alcun senso adesso.
E seppure non sapessi quello che mi spingeva a continuare… Sapevo che l’avrei fatto…


E che qualunque cosa sul mio cammino sarebbe stata eliminata.
...Distrutta, massacrata..
la loro Umanità dev’essere tua!
La mia luce fu oscurata da una scura foschia… e poi un ombra… Una figura si stagliava davanti alla mia luce.
Uccidila! Uccidila!
Mi sembrava che mi muovessi troppo, troppo lentamente…
Non sentivo il mio corpo rispondere ai miei comandi… Come se ci fosse qualcos’altro… e questo qualcosa strisciava, freddo e scivoloso come un biscia.


La mia luce era sempre più offuscata dalla figura che gli si stagliava davanti.
Sentii la mia mano stringersi attorno all’impugnatura di una spada( o uno spadone)… Ero...Ero armato?
Sollevai la pesante arma, il cui peso mi pareva quasi estraneo… Era mio questo spadone?


La figura aveva quasi oscurato del tutto la mia luce.
Uccidila! Uccidila, massacrala!
Strappale l’anima, la sua Umanità è tua!
Tutta quella lentezza, quella fiacchezza che aveva rallentato i miei movimenti scomparve… Scomparve mentre un aura nera si sollevava dall’oscurità circondandomi.
Mi lanciai contro quella figura, scagliandogli contro due o tre fendenti…
Il sangue nero di quell’essere macchiava la mia lama, la mia armatura.
Non importava…
… Non importava…
C’era qualcosa che brillava nel suo petto… qualcosa che mi attirava.


Lasciai lo spadone, non mi serviva… Non ne avevo alcun bisogno. Scagliai l’essere a terra, di fronte alla mia luce. Volevo quel bagliore nel suo petto…
Lo volevo…
... Doveva essere mio!
… Mio!…


Gli affondai la mano, coperta dal metallo della mia armatura, nel petto.
Quella luce calda, quel bagliore…


Da qualche parte una voce rideva…
Non importava…


Quel sangue denso simile ad icore macchiava il mio guanto fin quasi al gomito… Eppure non importava quanto affondassi la mano nel petto di quella creatura, riuscivo ad afferrare quel bagliore…
Quella luce calda…
...Doveva essere Mia!
… Mia! …


La bestia aveva smesso di agitarsi, aveva smesso di emettere qualunque suono.
Ringhiai, infastidito dal fatto che quel bagliore continuasse ad essere inafferrabile.


Un riverbero distorto e metallico spezzò il silenzio… Mi fermai… Quella era la mia voce?
Non ricordavo che fosse così…
… Non ricordavo come fosse…


Mi resi conto solo in quell’istante di quello che stavo facendo.
Questo è sbagliato…
Non lo farei mai…
Allora perché…?
Tirai via la mano dal petto ormai dilaniato di quella bestia, sconvolto…
Una scheggia nera circondata da un alone bianco seguì il mio movimento.


La guardai cadere sul nulla che mi circondava… era un frammento di Umanità?
E’ tuo, prendilo…
Prendilo!
Lo raccolsi.
Era caldo… morbido, si adattava perfettamente alla mia stretta.
Brillava come fosse brace, ma era una luce candida.
Strinsi ancora la mia presa, senza neanche rendermene conto. E strinsi e strinsi fino a che il frammento di Umanità non si frantumò nella mia presa… No, non si era frantumato era esploso, in centinaia di piccole particelle bianche che galleggiavano nel buio.


Un piacevole calore mi avvolse quando quelle piccole luci bianche volarono verso di me, attraversando l’armatura e la mia pelle, fondendosi alla mia anima.


Era un calore così… così piacevole, rilassante quasi, rispetto al freddo feroce che mi circondava.


Ma durò solo un momento e poi il freddo mi aggredì di nuovo.
...Ancora…
Dovevo trovarne dell’altra. Forse… forse quel calore mi avrebbe aiutato, avrebbe cacciato via questo freddo… mi avrebbe aiutato a ricordare...
...Ancora…
Questo freddo era insopportabile ora che avevo avuto un assaggio di quel dolce calore.
Ne voglio ancora!..
Un ruggito infuriato proruppe dalla mia gola, contro la mia volontà.
Il violento rimbombante ringhio metallico che risuonò nel silenzio, mi spaventò…
Era la mia voce…
Ma io, io sapevo che non era mai stata così, anche se non riuscivo a ricordare come fosse prima.


Una voce rideva nel buio.
E poi sibilò qualcosa fra quelle risate quasi di scherno.
Quanto resisterai ancora?
Ignorai quella voce e riprendendo lo spadone, mi diressi verso la mia luce.


Fu come se avessi trattenuto il respiro, l’aria, fuori da quel buio, sebbene avesse lo stesso sentore di marcio, era più leggera, più respirabile.


C’era una città davanti a me… i resti di una città. Il fango nero di quel luogo fatto d’oscurità aveva intaccato la pietra.
Sentii un verso, il suono era abbastanza chiaro, non era troppo lontano.



 
Prendi la sua Umanità!
Prendila!
Una creatura simile a quella che avevo ucciso nel buio si scagliò contro di me. Evitai il suo attacco, inconsapevolmente ringhiai in sua direzione, la bestia diresse i suoi occhi rossi su di me e poi indietreggiò.
...Conoscono la paura…
Non gli permisi però di allontanarsi troppo e gli affondai lo spadone nel collo. La creatura gorgogliò e poi spirò.
C’era quello stesso bagliore nel suo petto.
...Ne ho bisogno…
… Devo prenderlo….
… Ora! …


Sfilai la lama, quasi frenetico… Avevo bisogno della sua Umanità…
Dovevo ricordare…
… Dovevo allontanare quel freddo tremendo che mi stringeva nella sua morsa …


Cercai di prendere quel bagliore con la sinistra, mentre mi sostenevo con lo spadone.
Ma la mano non si mosse, così come il braccio che a causa della mia posizione, ora ciondolava mollemente… del tutto insensibile, non lo sentivo nemmeno come parte del mio corpo.


Quello stesso fango nero imbrattava la mia armatura come se fosse colato, e colasse, su di questa da un punto sulla mia spalla sinistra…
Spostai lo sguardo, dimentico dell’Umanità che desideravo. Un profondo taglio segnava la mia spalla ed era da questo che colava quel fango nero, più simile ad oscurità liquida che non a vero e proprio fango.
Cosa… cosa mi è successo?




Un altro di quei versi mi strappò via dai miei pensieri. E mi ricordò che dovevo ancora prendere l’Umanità di questa bestia.


La presi, più in fretta della prima volta.


E mentre quel calore mi avvolgeva di nuovo… mi resi conto che non mi aiutava a ricordare…
… Mi faceva scivolare ancora di più…
… Mi faceva perdere ancora di più in queste… pulsioni violente, viziose…
Ancora…
… Ne avevo bisogno…
… Avevo bisogno di quel calore…
… Avrei ucciso qualunque cosa, pur di averne ancora…
…. Umanità …


… Mia! …














Freddo…
Oscurità...
Calore...
bisogno…
Sempre…
Sempre…
I frammenti di Umanità… non bastano…
Ho bisogno di più…


Nell’Arena c’era l’ultimo di quei mostri. L’avrei ucciso… la sua anima… le anime che aveva preso, sarebbero state mie…


Devono… diventarlo…


Sentii il suo verso e con un solo balzo lo atterrai, affondandogli lentamente la lama nel petto. Le sue urla erano prolungate e stridenti.
La sua anima abbandonava lentamente quel corpo mostruoso.
E scivolava dentro il mio…


Quel calore…
Così forte…


Qualcuno era entrato nell’arena… Qualcuno…
Mi voltai lentamente, verso di lui.


Era un ragazzo, poteva avere più o meno vent’anni, non di più. Era troppo pallido e i suoi occhi erano blu… blu come il cielo notturno…




Qualcosa scattò…
Artorias…
Il mio nome è Artorias…


Io… Per gli Dei, cos’ho fatto?!


Rimasi immobile… E non notai la nebbia nera che si sollevava dal terreno e che lenta cominciava ad avvolgermi…
Come l’oscurità aveva fatto nell’Abisso.


Il ragazzo rimase fermo sull’ingresso dell’Arena.
Chiunque tu sia, sta indietro!
Pensai ma neanche una parola lasciò le mie labbra.


E poi quella nebbia mi avvolse… fredda come l’oscurità, soffocante…
Voleva soffocarmi…
Voleva strapparmi il controllo…
No! No!
Era freddo, insopportabilmente doloroso. Urlai, la mia voce pareva ruggire…
L’ultimo ululato di un lupo ferito.


Tutto si fece sfocato, si scuriva sempre di più…
Non riuscivo più a sentire nulla.
… Solo…
… Freddo e Oscurità…








L’anima di quel ragazzo era forte…
Gliel’avrei presa. L’avrei strappata dal suo corpo, una volta che fosse morto.


Lasciai che il mio istinto ruggisse un avvertimento contro quel guerriero…
E lo scontro cominciò…




Veloce…
… Troppo veloce…
Fermati! Scagliai un colpo contro il guerriero che però lo schivò con facilità.
La lama della sua spada quasi mi trafisse al fianco.


Un ringhio feroce risuonò nell’aria tesa dell’Arena. Il mio.


Cercavo di non permettergli di riorganizzarsi, attaccando… Attaccando.

 
La tua anima sarà mia!


Ho bisogno del suo calore…
Ne ho bisogno!


L’oscurità mi circondò una, due volte… aumentando la mia rabbia. Aumentando il mio desiderio verso quell’anima…




La terza volta in cui l’oscurità mi circondò, il ragazzo non attese.
La sua lama affondò nel mio stomaco, attraversando persino la corazza…


L’ombra si dissolse.


Lasciai lo spadone e scivolai in ginocchio, peggiorando la mia ferita.


L’oscurità che mi aveva avvolto scomparve… era tutto chiaro...senza l’Abisso che soffocava la mia mente.
Ho fallito…
Quello che mi risaliva in gola non era sangue… ma quell’oscurità viscosa che ne aveva preso il posto.


Il giovane guerriero tirò indietro la spada.


Se avessi potuto avrei urlato, se avessi potuto fare altro che non fosse piegarmi con uno scatto doloroso e sputare a terra un grumo di quell’oscurità viscosa, avrei senz’altro urlato.


Sollevai appena lo sguardo e incontrai quello del guerriero… sembrava quasi dispiaciuto per quello che aveva fatto.
< L’Abisso va fermato, umano…
Ti supplico, riesci dove io ho fallito >
Fu tutto quello che riuscii a dire, non avevo più energie.
E nonostante il modo ignobile in cui stavo lasciando questo mondo, mi sentivo in pace.


Sarei morto, essendo cosciente di chi ero, al contrario degli abitanti di Oolacile.


Il freddo che cominciava ad avvolgermi era gentile e prometteva un lungo e quieto sonno…

 
< Vi prometto, Sir Artorias.
Che l’Abisso sarà fermato >
Furono le ultime parole che sentii…
Sorrisi, come a voler ringraziare quel giovane guerriero sconosciuto per la sua promessa.




E poi mi lasciai scivolare in quel freddo gentile, lasciando che la sua carezzevole ombra mi strappasse via da tutto quello che avevo sofferto.
   
 
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