-
Helen, hai visto la mia camicia per caso? –
Denev
entrò in cucina con un’aria leggermente
esasperata,
lei, che era una perfezionista fino al midollo e nell’armadio
aveva i vestiti
ordinati per stagione, colore e dimensione. Era semplicemente
impossibile che
non trovasse una camicia.
Helen
era dall’altra parte della stanza, con una tazza di
caffè inclinata in mano e la moka ancora sul fuoco.
-
No? – rispose con voce fintamente innocente.
Denev
la trapassò con lo sguardo, prima di tornare alla
carica – E quella? –
L’altra
ragazza, che aveva dei capelli biondi lisci che le
ricadevano davanti al volto, a parte un ciuffo trattenuto dietro
l’orecchio
destro, si guardò distrattamente addosso.
Le lunghe gambe erano nude e l’unico indumento che portava
era un camicia
bianca e lunga, quasi completamente sbottonata, che raggiungeva a
malapena i
fianchi.
-
È una camicia – disse con mimata sorpresa.
Poteva
già vedere i lineamenti della sua coinquilina
contrarsi in un principio di rabbia, quando di solito era sempre
così seria. Ma
si divertiva troppo a esasperarla.
-
È mia –
-
Era nel guardaroba. Andiamo, come fai a dirlo? –
Helen
non aveva intenzione di mollare così facilmente.
Denev
sospirò. Sarebbe stata un’altra difficile giornata.
-
Ti cade sulle spalle – fu il commento lapidario della
sopracitata, che saggiamente decise di lasciar perdere e di tornare in
camera a
cercare qualcos’altro da mettere.
-
Impossibile!! – fu la risposta scandalizzata di Helen che
si precipitò davanti allo specchio a controllare.
– Siamo praticamente alte
uguali e abbiamo una corporatura identica! –
-
Quasi identica – le giunse la risposta di Denev
dall’altra
stanza – Tu sei più stretta di spalle –
Helen
continuò a scrutare lo specchio intensamente,
avvicinando il volto al vetro come se in questo modo potesse ricevere
risposta,
quando qualcosa di duro le cadde in testa.
-
Ahi! –
-
Mangia, invece –
Guardò
l’oggetto che l’aveva colpita e immediatamente
sorrise, raccogliendo la mela e cominciando a sgranocchiarla
rumorosamente.
Anche
Denev sorrise, dandole le spalle e sorseggiando il
caffè. Helen era una persona esagerata in tutto o, per
meglio dire, era una
persona che esagerava anche i più piccoli gesti ed emozioni.
Se era felice,
sorpresa, indignata, allegra, doveva mostrarlo.
Eppure
mentre a molte altre persone questo suo lato dava
fastidio, a Denev segretamente piaceva. A lei che era stato insegnato a
non
mostrare mai le proprie emozioni, a mantenere un volto impassibile in
qualunque
circostanza e che di rado si lasciava andare a un sorriso, trovava il
modo di
essere di Helen davvero fantastico. Speciale.
Ormai
si conoscevano da parecchi anni: si erano trovate per
caso come coinquiline, impegnate a seguire gli stessi corsi
all’Università.
Tuttavia erano in molti a chiedersi come due persone così
diverse potessero
andare tanto d’accorso e riuscire a sopportare di stare per
più di dieci minuti
insieme nella stessa stanza, e non accadeva di frequente che la prima a
chiederselo fosse proprio Denev.
Helen
era il suo completo opposto. Rumorosa, chiassosa,
entusiasta, ottimista. Una persona che aveva voglia di vivere.
Denev
dal canto suo era sempre stata più solitaria. Dalla
morte della sorella e in parte per l’educazione ricevuta,
aveva finito per
chiudersi in se stessa e non gioire più della vita.
Era
stata Helen a salvarla in quei giorni bui. A mostrarle
come il sole splendesse ancora. Come il mondo non fosse finito.
E
ora, dove c’era una, c’era anche l’altra.
L’ironia
della vita.
Helen alzò un sopracciglio, sconcertata nel vedere Denev
che, con l’espressione
stoica di sempre, la raggiungeva in terrazza fregandole una sigaretta
dal pacco
e accendendola probabilmente con lo stesso accendino che usavano per i
fornelli.
-
Che stai facendo? -
chiese Helen come se la sua espressione esterrefatta non
fosse stata
abbastanza chiara.
Denev
attese qualche istante prima di rispondere, sistemandosi
con la schiena alla grata, osservando il muro e poi il cielo.
Helen
era una fumatrice non accanita, ma abbastanza regolare
e ricorrente. Secondo il suo
modesto
parere la nicotina e la caffeina erano le uniche due cose al mondo, che
riuscivano a darle abbastanza carica per affrontare una lunga giornata
in
ufficio.
E non solo a lei, vista la processione che ogni giorno si ripeteva
davanti alla
macchinetta del caffè al lavoro.
Al
contrario Denev non aveva mai neanche solo sfiorato una
sigaretta. Neanche di fronte agli insistenti tentativi di Helen, anche
solo per
provarne il sapore.
La bionda continuava ad osservarla in attesa, senza metterle fretta. La
domanda
era stata posta e sapeva che Denev le avrebbe risposto, con i suoi
tempi.
Esaustiva ma misurata, senza che alcuna parola fosse lasciata al caso.
I
corti capelli di Denev furono scossi da una fredda folata
e per un attimo s’incantò ad osservare i suoi
lineamenti precisi e gli occhi
chiarissimi.
- Se dobbiamo avere il cancro in due, tanto vale almeno fumare assieme
– fu la
sentenza impassibile, mentre prendeva un’altra boccata di
fumo come se non
avesse mai fatto altro in vita sua.
Helen
spalancò la bocca per rispondere, per l’ennesima
volta
colta in contropiede dalla sua compare, salvo poi scoppiare a ridere e
mollare
sulla spalla di Denev un leggero pugno divertito.
Denev
sorrise a sua volta, ricambiando con una spintarella,
mentre il vento che sferzava il balcone sempre più forte
s’innalzava verso il
cielo plumbeo e minaccioso.
-
Siamo in ritardo. Milia si arrabbierà – disse
entrando in
macchina.
-
Nah, vedrai che riusciamo a farcela – ribatté
Helen accendendo
il motore, attaccando un attimo dopo la radio e alzando il volume.
Denev
trattenne uno sbuffo. A parte la previsione fin troppo
rosea, non era quel che si soleva dire un’amante della
cosiddetta musica a
palla.
Helen
non perdeva mai un’occasione per romperle le scatole;
aveva l’incredibile capacità di trovare ogni
minimo, anche infimo, dettaglio
che potesse darle fastidio e usarlo contro di lei.
Eppure, se Denev avesse dovuto esser completamente sincera con se
stessa, e di
certo in quel momento non lo era, avrebbe dovuto ammettere che in fondo
tutto
quello le piaceva.
E forse la canzone non era poi così male.
Probabilmente senza Helen che cantava a squarciagola il ritornello,
meglio.
-
Scusa capo, credevamo di farcela ma non avevamo tenuto
conto del traffico –
Milia
le osservò seria, prima di agitare la mano come per
dire che non importava.
-
Non fa niente Denev, per questa volta può andare.
Ricordatevelo per la prossima –
Ringraziarono
entrambe con un cenno del capo, avviandosi
verso l’uscita quando la voce di Milia le bloccò
nuovamente.
-
A proposito Helen – chiese distrattamente mentre scrutava
rapida alcuni fogli –
Come
mai la camicia di Denev? –
Helen aprì la bocca come per rispondere salvo poi bloccarsi a mezz’aria e Milia sorridere in modo ambiguo come a voler intendere tutto e niente.
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Angolino dell’autore
Dunque, questa storia nasce come partecipante al contest di
BlackIceCrystal sul
forum di efp, anche se a dire un parametro non l’ho
rispettato, quindi chissà
xD.
Comunque l’ispirazione c’era, gli elementi dati dai
promt anche e c’è da dire
che queste due si prestano bene con qualsiasi cosa probabilmente xD
Due precisazioni invece: so che le Claymore sono praticamente uguali
come ‘modello
corporeo’, ma visto che Denev utilizza due spade ho pensato
che avesse le
spalle e i muscoli di esse più larghi rispetto ad Helen. Per
il resto ho
cercato di mantenermi in linea con l’originale.
E il titolo! Secondo le wikia in giro Denev(e) vorrebbe dire
‘della neve’ alias
‘of snow’ mentre Helen starebbe per scintillante:
da una parte ho trovato
scritto ‘sun ray’ ovvero raggio di sole,
dall’altra luna e ho preferito il
precedente, anche al plurale, perché può essere
interpretato come una cosa più
metaforica.
Detto questo spero che la
apprezziate! E’ stato davvero molto
divertente scriverla!