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Autore: AliceInWonderbook    30/07/2016    2 recensioni
[PERCICO, non dite che non vi avevo avvertiti]
“Non lo so, Jason. È solo che mi sembra sempre il momento sbagliato e poi non è che io sia sicuro di quello che provo. Metti che sia soltanto una cosa passeggera, metti che sia solo testardaggine perché mi ha detto che non sono il suo tipo. È solo che… Non lo so, davvero”.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson, Percy/Nico, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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This is Halloween
by AliceInWonderbook

“Fai sul serio, Di Angelo?” esclamò indignato il figlio di Poseidone, guardando l’amico seduto sul bordo del letto con aria di rimprovero.
“Ti sembra che io stia scherzando?” rispose serio Nico, dondolando i piedi che non arrivavano a raggiungere il pavimento della cabina 13.
Percy trovò quel gesto così dolce che per un attimo si dimenticò di essere infuriato col più piccolo e si lasciò sfuggire un sorriso.
“Non è possibile che tu, figlio di Ade, non voglia partecipare alla festa di Halloween!” disse poi, scuotendo la testa ripetutamente, come per scacciare i pensieri sdolcinati che la stavano affollando.
Maledetto Nico, mi fa perdere la concentrazione.
“Non vedo proprio cosa ci sia di strano” si limitò a controbattere Nico, sospirando con aria melodrammatica.
Secondo il figlio di Poseidone, di strano c’era tutto. Aveva pensato che chiedere di organizzare una festa di Halloween al campo, sarebbe stato il metodo giusto per far uscire il giovane Di Angelo dalla sua tana, ma evidentemente non era così.
Nico non era quello che si definirebbe un animale da festa, anzi, era l’esatto opposto. Le uniche occasioni in cui onorava gli altri semidei della sua magnifica presenza, era ai compleanni dei suoi amici e, anche in quei casi, il suo contributo era quasi insignificante.
Si limitava a mangiare pizzette e a fare da tappezzeria, ignorando simpaticamente chiunque tentasse di coinvolgerlo in qualsivoglia attività che non fosse Visual Game. Era un asso a quel gioco e, grazie ai suoi disegni e alle sue capacità intuitive, la sua squadra vinceva quasi sempre. Quello era divertente, per il figlio di Ade, non giocare a Twister o a Just Dance.
Quando non si giocava a Visual Game, si limitava a stare in un angolo ad osservare gli altri semidei che si divertivano. Ad essere totalmente sinceri, preferiva rimanere in disparte ad osservare Percy. E a buttare un occhio su Hazel, ovviamente.
“Comunque non si può fare una festa di Halloween senza il figlio di Ade” sentenziò Percy, riscuotendo Nico dai suoi pensieri.
Quest’ultimo alzò lo sguardo e si ritrovò davanti un Percy serissimo, con le braccia conserte e un sopracciglio alzato.
Dovette fare ricorso a tutte le sue forze per non scoppiargli a ridere in faccia.
“Chiedi ad Hazel, vedrai che lei verrà di sicuro. Per una festa di Halloween, va benissimo anche una figlia di Plutone, non trovi?” rispose Nico con un sorriso sornione stampato in faccia.
“Sei insopportabile, Di Angelo” sbuffò il figlio del dio del mare, mulinando le braccia intorno a sé, quasi a voler spiccare il volo.
Nico abbozzò un sorriso dispiaciuto, poi scrollò le spalle e tornò a dondolare i piedi.
“Non c’è davvero nulla che io possa fare per convincerti?” tentò infine Percy, giocandosi la sua ultima carta.
In realtà, il più piccolo aveva già deciso che sarebbe andato alla festa. Lo aveva deciso nel momento stesso in cui il figlio di Poseidone aveva fatto irruzione nella sua cabina, proponendoglielo. Non sapeva resistere agli occhi verdi di Percy, che quando si impuntava per ottenere qualcosa sembravano un oceano nel mezzo di una tempesta. Quegli occhi lo facevano impazzire, ma ancora di più lo intrigava sapere fin dove si sarebbe spinto l’altro pur di convincerlo.
Era da un po’ di tempo che il più grande cercava ogni scusa possibile per passare del tempo con il figlio di Ade, cosa che a sentir Jason, era giustificata dalla cotta che Percy si era preso per Nico.
Il giovane Di Angelo non sapeva cosa pensare, non voleva illudersi. Solo perché Percy aveva lasciato Annabeth, non significava che fosse in qualche modo interessato a lui.
Dal canto suo, Nico ci aveva provato a dimenticare Percy, in tutti i modi possibili, ma, come succede sempre quando si vuole cancellare qualcosa dalla memoria, il pensiero degli occhi verdi e delle labbra rosee dell’amico era rimasto lì, galleggiante nella sua mente come una boa in mezzo al mare.
“Puoi provarci, ma non sarò certo io a dirti come potresti riuscire a convincermi” disse Nico, ricordandosi di dover rispondere.
Percy lo guardò arricciando le labbra, gesto che costò a Nico non pochi sforzi per mantenere la concentrazione e portare avanti lo sguardo di sfida che stava indirizzando verso il più grande.
“Inizia a pensare ad un costume, stellina” sussurrò Percy, allontanandosi dalla cabina di Ade, per dirigersi verso quella di Zeus, dove momentaneamente si trovava Jason.
I due campi erano riuniti in vista, per l’appunto, della grande festa di Halloween che il figlio di Poseidone aveva ottenuto di organizzare.
Ci si era davvero impegnato e, in quel momento, il Campo Mezzosangue era irriconoscibile.
Tutte le cabine erano state ricoperte da ragnatele e in giro si trovavano zucche intagliate, che guardavano i passanti con i loro luminosi occhietti triangolari. L’arena era rimasta quasi intatta, se non fosse stato per gli scheletri piantati in giro, infilzati con le armi più svariate.
All’inizio, l’idea era stata quella di fare anche un piccolo cimitero. O meglio, sulla rivista che Percy aveva comprato c’era scritto che non esisteva una vera festa di Halloween senza un cimitero fasullo, ma Percy aveva scartato l’idea.
Di morti ne avevano avuti abbastanza, ci mancava solo che facessero un finto cimitero e i semidei di entrambi i campi avrebbero passato la serata a piangere gli amici che non c’erano più.
Davanti alla cabina 13, una strega a grandezza naturale vegliava sul figlio di Ade, che stava rovistando nell’armadio alla ricerca di un qualcosa che potesse servire da costume per la festa.
È mai possibile che non ci sia niente in questo maledettissimo armadio?
I vestiti cominciavano a formare una pila sul letto, quando Nico si decise a ricorrere al piano B.
“Hazel? Frank? Sono Nico, fatemi entrare!” esclamò qualche minuto dopo, raggiunta la cabina di Ares.
Hazel gli aprì la porta, accogliendolo con un gran sorriso.
Aveva la bocca piena di spilli, ma riuscì comunque a far sentire Nico il benvenuto. Solo lei poteva riuscirci.
Ripose gli aghi nel puntaspilli e fece segno al fratellastro di seguirla verso un letto, sul quale era disteso un Frank evidentemente a disagio.
Era ricoperto da stoffe colorate, che Hazel era chiaramente intenta a cucire, per dargli una parvenza di maschera.
“Il vestito da Batman di Frank si è ristretto in lavatrice” spiegò la ragazza a Nico, mentre continuava a piazzare punti sulla stoffa, stando attenta a non pungere il suo fidanzato.
“Quando si dice la sfortuna” fu il mesto commento del figlio di Marte.
Nico osservava attentamente le mani abili della sorella muoversi velocemente per aiutare il povero Frank e sorrise.
“Posso provare a vedere se sta a me?” chiese dopo un po’, indicando il mantello e la tutina.
Hazel annuì contenta e lo accompagnò alla porta.
“Ci vediamo dopo, allora, festaiolo!” disse con una risata cristallina, prima di spingerlo dolcemente verso la cabina di Ade.
Rimase sulla soglia della porta ad osservare il fratello allontanarsi con passo ciondolante.
Un sorriso dolce si fece strada sul suo volto, illuminandole gli occhi.
Nico che partecipava ad una festa-non-di-compleanno non era un evento che si verificava tutti i giorni e questo poteva significare solo una cosa: qualcuno, e Hazel aveva un chiaro sospetto su chi potesse essere, aveva convinto il ragazzo a prendere parte alla serata.
Tutto stava andando come aveva sperato.
Tornò dentro, richiamata dalle urla di Frank, che reclamava la sua ragazza. Qualcuno doveva pur liberarlo da tutti quei metri di cotone e lycra.
Nico, intanto, aveva raggiunto la cabina di Ade e si era barricato in bagno, sperando vivamente che il vestito che la sorella aveva cucito per Frank si fosse ristretto così tanto da stare bene anche a lui.
Stranamente, una volta indossato, il costume da Batman gli calzava a pennello, quasi come se fosse stato cucito apposta per lui.
Il figlio di Ade si alzò sulle punte dei piedi per guardarsi meglio allo specchio e annuì, calandosi la maschera da pipistrello sugli occhi.
Il pallore della sua pelle contrastava con il nero della maschera e, in quel contrasto spiccava la linea rossa delle labbra. Decisamente in stile Halloween.
Si rimise la solita maglietta nera e tornò a sedersi sul bordo del letto, esattamente dove Percy lo aveva lasciato, con l’unica differenza che accanto a lui giaceva il costume da Batman, accuratamente ripiegato.
Nico odiava il disordine e proprio non riusciva a capacitarsi di come potesse essersi innamorato di Percy, la persona più incasinata che conoscesse.
Chissà quanto si divertivano Afrodite e Cupido – quel bastardo – a ridere alle sue spalle della cotta non corrisposta che andava avanti ormai da anni.
Si passò una mano fra i capelli scuri, lasciando che gli ricadessero scompostamente davanti agli occhi. L’attesa del figlio di Poseidone si stava facendo estenuante.
Poco più di un’ora dopo sarebbe iniziata la festa e Percy era ancora scomparso chissà dove, alla ricerca di un modo per convincere Nico ad accompagnarlo.
Finalmente, dopo un’altra mezz’ora passata a rimuginare in solitudine, il giovane Di Angelo si alzò e si diresse verso la porta, da cui proveniva un bussare insistente.
Quando la porta si spalancò, Nico si ritrovò davanti un affannatissimo Percy, nei panni di Robin, che lo fissava.
Il figlio del dio degli Inferi non fece in tempo a profferire parola che il ragazzo più grande lo afferrò per la maglietta, facendo sbattere la porta alle sue spalle.
“H-Hai trovato un modo per convincermi, Jackson?” domandò Nico, cercando di tenere ferma la voce e, allo stesso tempo, di impedire al proprio cuore di saltare fuori dal petto, per andare in vacanza ai Caraibi.
“Può darsi…” rispose Percy, con aria misteriosa, mentre lasciava andare la maglietta del più piccolo, facendo scivolare casualmente la mano vicino al cavallo dei suoi pantaloni.
Nico dovette ricorrere a tutto l’autocontrollo di cui era dotato, altrimenti avrebbe emesso un gemito molto poco consono e l’avrebbe data definitivamente vinta al più grande.
“Non mi sembra che tu stia facendo grandi passi avanti, sono ancora convintissimo di rimanere in camera a guardare Sherlock, sai?” borbottò Nico, che voleva continuare quel giochetto ancora per un po’.
Percy gli scoccò un’occhiata divertita e si mordicchiò il labbro.
“Vedremo se sarai ancora della stessa opinione, Di Angelo”.
“Non cambio idea tanto facilm-” iniziò questi, prima di interrompersi bruscamente, perché Percy aveva di nuovo afferrato la sua maglietta e lo aveva tirato vicino a sé.
“Perché non ti stai un po’ zitto?” intimò Percy, senza lasciare la presa.
Nico alzò lo sguardo, il volto talmente vicino a quello del figlio di Poseidone che sarebbe bastato un sospiro per farli sfiorare. Il verde degli occhi di Percy lo investì come un’onda, provocandogli allo stesso tempo un brivido lungo la schiena e una sensazione di calore che iniziò a diffondersi per tutto il suo corpo.
Tentò di aprire la bocca, ma il più grande fece in modo che nemmeno una parola lasciasse le labbra del figlio di Ade.
In un attimo, fu come se il mondo intorno a loro venisse cancellato e ridipinto con le tinte tenui degli acquerelli.
In un attimo, Nico si ritrovò catapultato al momento che sognava da anni. Stava davvero baciando il ragazzo di cui era innamorato.
Le labbra di Percy sapevano di mare, di pancakes e di felicità.
Nico lasciò scivolare le mani tra i capelli del più grande, assaporando tutto di quel bacio, perché, nonostante la felicità che stava provando, una parte di lui aveva paura che, una volta staccatisi, la magia sarebbe finita e Percy gli avrebbe detto che era tutto uno scherzo.
“Wow” fu invece il commento del figlio di Poseidone.
Aveva le guance arrossate e le pupille dilatate e, quando strinse a sé il più piccolo, Nico si accorse che aveva il battito accelerato, quasi più del suo.
Magari è solo un sogno.
“Allora, ci vieni alla festa?” chiese Percy, abbassando lo sguardo per poterlo fissare negli occhi.
Una nuova ondata di calore, mista a brividi, si fece largo dal petto di Nico.
“Soltanto se me lo chiedi per favore, Jackson” riuscì a sussurrare dopo qualche istante di silenzio, la voce strozzata.
“Per favore” ripeté Percy, soffiando le parole sulle labbra del più basso, prima di baciarlo di nuovo.
Nico chiuse gli occhi, strinse il ragazzo a sé e smise di cercare di trovare la fregatura in quello che si stava rivelando uno dei giorni più belli della sua vita.
“Ora vestiti, però, altrimenti facciamo tardi” mormorò Percy al suo orecchio, prima di dargli una leggera spintarella verso il letto su cui era abbandonato il costume da Batman.
Il sorriso che gli rivolse il figlio di Ade, mentre si dirigeva verso il bagno, gli scaldò il cuore: non lo aveva mai visto sorridere in modo così sincero, tranne quando era solo con Hazel. Quella ragazza aveva un potere terapeutico sul fratellastro e Percy avrebbe dato qualsiasi cosa pur di riuscire a sortire un effetto simile, perché vederlo tranquillo era quasi appagante.
Vedere le rughe di concentrazione sulla sua fronte, distendersi sotto la frangetta, le labbra rosse aprirsi in un sorriso, gli occhi chiudersi, per poi riaprirsi sereni… Erano tutte cose che il figlio di Poseidone non si sarebbe mai stancato di guardare.
Gli ci era voluto un po’ per capire che lo sfarfallio che sentiva nello stomaco ogni volta che osservava Nico di nascosto in uno dei suoi momenti di pace era più di un semplice affetto fraterno.
Quando finalmente aveva realizzato che ciò che davvero desiderava era essere il fautore di quei momenti, tutto era sembrato più semplice per un attimo, prima di apparire ancora più complicato.
Non sei il mio tipo.
Quelle parole avevano danzato nella mente di Percy per settimane e settimane, prima che si decidesse a parlarne con qualcuno.
Aveva raccolto tutto il suo coraggio ed era andato a parlare con Hazel.
 
“Credi davvero che una cotta – se vogliamo definirla così – del genere possa passare così in fretta?” gli aveva domandato lei, scuotendo la testa con un sorriso comprensivo.
“Non lo so, forse?”
“Non essere sciocco, Percy. Quello che Nico prova per te, è più di una semplice infatuazione passeggera. Ha provato ad auto convincersi che fosse soltanto ammirazione o cose simili, ma non è così e lo sa bene anche lui” era stata la spiegazione sincera della figlia di Plutone.
Percy aveva annuito, cercando di metabolizzare la notizia.
“Promettimi una cosa, però”.
“Tutto quello che vuoi, Hazel” aveva risposto Percy, guardandola in attesa.
La ragazza si era fatta promettere che non sarebbe andato a parlare con Nico finché non fosse stato sicuro di ciò che provava.
“L’ultima cosa che voglio è che soffra per un ragazzo che lo illude” aveva detto Hazel mestamente.
“Non preoccuparti, nemmeno io desidero farlo soffrire. Ho già fatto abbastanza, sotto quel punto di vista”.
La figlia di Plutone lo aveva osservato con aria lievemente minacciosa, lanciandosi subito dopo in una filippica sul fatto che non dovesse assolutamente sentirsi responsabile per tutto ciò che era accaduto.
Percy aveva annuito con dolcezza, grato per quel discorso confortante, poi la aveva salutata, scompigliandole i ricci ribelli, prima di uscire dalla cabina 13 e dirigersi verso l’arena.
Aveva bisogno di schiarirsi le idee.
Lo scintillio di Vortice, il suono della lama che colpiva i bersagli con i fendenti fluidi, il silenzio intorno a lui, le sequenze regolari di movimenti, il sole estivo sulla pelle, tutto questo aiutò Percy a riflettere. Doveva capire cosa fare.
Non rovinare tutto, Percy.
Sospirò, facendo ricadere il braccio lungo il fianco, la punta della spada che toccava la sabbia ai suoi piedi.
Non avrebbe detto nulla al figlio di Ade, almeno per il momento.

 
“Allora, andiamo o no?”
“Non ti facevo così impaziente, Di Angelo” lo provocò il figlio di Poseidone.
Nico sbuffò, roteando gli occhi, a metà tra il divertito e il seccato, poi si diresse rapidamente verso la porta.
“Voglio solo togliermi il pensiero” replicò, uscendo dalla cabina in un fruscio di mantello.
Percy scosse la testa, mentre un sorriso gli si stampava in faccia, e seguì il più piccolo, che si stava incamminando verso la Casa Grande, senza girarsi a controllare di essere seguito.
Sa che lo seguirò comunque.
Il prato davanti alla Casa Grande era gremito di semidei in maschera e Percy faticò un po’ prima di individuare Nico, che era nascosto all’ombra di un albero e parlava con Reyna.
Il tema della festa, concordato da tutti, era stato supereroi e supercattivi, perché avevano pensato fosse carino, visto che tutti loro erano davvero degli eroi.
“Eccoti qua!” esclamò Percy, rivolgendosi a Nico, per poi girarsi e salutare calorosamente Reyna che indossava un costume da Wonder Woman, che le stava decisamente bene.
La ragazza sorrise, sistemandosi la coroncina dorata sulla testa, prima di sparire a parlare con qualcuno del Campo Giove, forse Dakota. Era difficile dirlo, visto che era vestito da Joker, però gli occhi viola erano un indizio.
“Dichiaro ufficialmente iniziata la festa di Halloween dei due Campi, gentilmente organizzata da Percy Jackson, con l’aiuto di tutti. Un bell’applauso!” la voce di Chirone si fece sentire tonate sopra il vocio indistinto.
Tutti si voltarono contemporaneamente, perché quando Chirone parlava, tutti i semidei sentivano l’impellente necessità di guardarlo negli occhi, anche quando li stava sgridando per qualche disastro che avevano combinato.
Percy a volte si era domandato se fosse qualche tipo di potere implicato nell’essere il centauro che dirigeva il Campo Mezzosangue, ma Annabeth era scoppiata a ridere quando glielo aveva fatto notare.
“Ma figurati! È soltanto molto carismatico, Testa d’Alghe. Un po’ come te” aveva spiegato. Eppure, quando si erano lasciati, lei non aveva avuto il coraggio di guardarlo negli occhi.
Gli applausi si stavano lentamente affievolendo e i semidei stavano cominciando a disperdersi in giro per il Campo, quando Percy si rese conto che Nico era scomparso.
Mi sta evitando?
“Ehi, amico – disse, tirando Jason per una manica del costume da Superman – Hai visto per caso Nico? Mi sono distratto un secondo ed è scomparso”.
Jason lo guardava divertito, ma non rispondeva.
“Che c’è?” sbottò Percy, stufo di quel silenzio e dello sguardo canzonatorio dell’amico.
“Niente, niente – si affrettò a difendersi il figlio di Giove, alzando le mani – È che sembri una fidanzatina preoccupata”.
Gli occhi di Percy si posarono su quelli dell’altro, tempestosi.
“Prima che io ti dia un pugno, potresti essere così gentile da rispondere alla mia domanda?”
Si fissarono per qualche altro secondo, poi iniziarono a ridere, sebbene non ci fosse alcun motivo apparente per tanta ilarità.
Una ragazza vestita da Catwoman fece la sua comparsa alle spalle di Jason e, ancora prima che aprisse bocca, Percy riconobbe Annabeth.
“Nico è di là, Testa d’Alghe. Sta mangiando tutto solo sotto l’albero dove eravate prima tu, lui e Reyna”.
Nonostante si fossero lasciati bene e lei continuasse ad usare quello stupido soprannome, Percy riuscì ad avvertire una sottile nota di fastidio nella sua voce, mentre gli rivolgeva quelle parole.
Ringraziò e si allontanò in fretta, diretto a passo spedito verso l’albero, sotto il quale effettivamente c’era Nico che smangiucchiava un panino e delle patatine.
Il figlio di Poseidone si lasciò cadere accanto a lui, con un tonfo sordo.
“Posso?” chiese, indicando le patatine.
Il figlio di Ade annuì, la bocca piena e cercò di abbozzare un sorriso.
A Percy ricordò un criceto, cosa che gli provocò un brivido, perché lo fece pensare all’isola di Circe.
“Perché te ne sei tornato qua, da solo?”
La domanda aleggiò nell’aria per qualche istante, poi il più piccolo deglutì e, alzando lo sguardo per sostenere quello di Percy, scosse lievemente la testa.
“Lo sai che non mi piacciono le feste” rispose, tirando appena l’orlo del mantello con aria imbarazzata.
Il più grande lo osservò con dolcezza, soppesando cautamente le parole che stava per pronunciare.
“Se vuoi, possiamo andare nella Tre e, boh, vedere Sherlock, come avevi programmato tu” propose, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Nico alzò di nuovo lo sguardo, che aveva abbassato mentre l’altro parlava, e aprì la bocca per rispondere di non volerlo strappare dalla festa che aveva organizzato con tanto impegno, ma venne fermato dalle labbra di Percy che si posavano sulle sue.
“Lo faccio perché mi va, non lo faccio sotto tortura. Non mi interessa di questa festa, era tutto un metodo per stare con te” ammise con un sorriso colpevole Percy, come se avesse letto nel pensiero di Nico.
“Va bene, però prima dobbiamo fare due cose…” annunciò Nico con tono volutamente lugubre.
Il figlio di Poseidone lo guardò in attesa.
“Ci rubiamo un po’ di questi panini perché sono troppo buoni e poi, prima di venire nella 3, devo tornare nella 13, per levarmi questo maledetto costume, che mi sta uccidendo”.
“E io che mi pensavo chissà cosa” scoppiò a ridere Percy.
Prese il più piccolo per mano e lo trascinò al tavolo su cui erano impilati i panini. Velocemente si sfilò il mantello giallo e lo annodò, formando una specie di sacchetto, che iniziò a riempire di panini e patatine.
“Esagerato” ridacchiò Nico, indicando la quantità spropositata di cibo che Percy stava rubando.
“Ehy, l’ho organizzata io la festa, posso rubarmi tutto il cibo che voglio, non trovi?” sentenziò il figlio del dio del mare, caricandosi il maltolto in spalla, prima di iniziare a marciare verso la sua cabina.
Nico si fermò davanti alla 13 e gli fece segno di andare avanti.
“Mi cambio e arrivo, porto i DVD”.
Prima che potesse entrare nella sua cabina, Nico venne fermato dalla presa salda di Percy, che gli stampò un bacio delicato sulle labbra.
Da quando, poche ore prima, aveva posato le proprie labbra su quelle del figlio di Ade, non riusciva più a farne a meno, sembrava una droga. Aveva aspettato così tanto tempo che ora che poteva baciarlo liberamente, gli sembravano passati secoli da quel giorno estivo in cui si era ripromesso di prendere l’iniziativa solamente quando fosse stato sicuro al cento per cento di non rischiare di combinare un casino.
 
“Non lo so, Jason. È solo che mi sembra sempre il momento sbagliato e poi non è che io sia sicuro di quello che provo. Metti che sia soltanto una cosa passeggera, metti che sia solo testardaggine perché mi ha detto che non sono il suo tipo. È solo che… Non lo so, davvero”.
Percy aveva raccontato tutto a Jason, perché aveva bisogno di parlarne con qualcuno che non fosse Hazel.
In quel preciso momento, Jason lo stava osservando, mentre si passava le mani tra i capelli con aria desolata.
“Percy, da quello che mi dici ‘sta storia va avanti da giugno. Siamo ad ottobre, non credi che se fosse stata una cosa passeggera, o testardaggine, ti sarebbe già passata? Ti stai dannando l’anima inutilmente. Sai quanto me che sei il tipo di Nico, per quanto si ostini a negarlo anche con me. Non puoi saperlo, ma mentre non lo guardi, ti guarda con due occhi così – e lì Jason aveva fatto il gesto degli occhi a cuoricino – che sembra che tu sia Benedict Cumberbatch e, non so se te ne sei reso conto, Nico venera quell’uomo”.
Percy si era tormentato ancora per un po’, tenendo in ostaggio il figlio di Giove, poi aveva deciso che forse i suoi amici avevano ragione, avrebbe dovuto davvero far capire a Nico che era innamorato di lui.
“Ho un piano, senti qua…” aveva iniziato, spiegando a Jason l’idea che si stava facendo largo nella sua mente.
Poco tempo dopo sarebbe stato Halloween e quale miglior momento per organizzare una festa?
“Se funziona davvero, ammetterò pubblicamente che sei un fottuto genio, Jackson” era stato il commento di Jason, quando l’amico aveva terminato di esporre il suo piano.

 
Nico si fermò davanti alla cabina di Poseidone, la mano a mezz’aria, pronto a bussare. Si era messo il pigiama, una maglietta nera a mezze maniche e dei pantaloni lunghi con gli scheletri, e stringeva al petto il cofanetto metallico che conteneva i DVD delle prime tre stagioni di Sherlock.
Si fece coraggio e bussò alla porta.
Percy si precipitò ad aprire, inciampando in una pila di libri ammucchiati vicino all’uscio, che crollò rovinosamente a terra.
Aveva indossato anche lui il pigiama, solo che il suo era decisamente più colorato di quello del figlio di Ade. I pantaloni erano ricoperti di disegni dei pesci più svariati, mentre la maglietta era di un semplice blu notte che metteva in risalto gli occhi, luminosi nella semi penombra della cabina.
“Perdona il disordine” si scusò Percy, facendosi da parte per far passare il più piccolo.
Superato l’uscio, Nico porse il cofanetto a Percy, prima di chinarsi a raccogliere i libri che erano rovinati a terra poco prima, impilandoli in ordine di grandezza e facendoli aderire contro il muro.
“Così non dovrebbero più cadere” disse con un sorriso, rivolto al più grande che lo guardava con aria stupita e sognante.
“Che c’è?” chiese Nico, improvvisamente sulla difensiva, vedendo che l’altro continuava a fissarlo.
Percy scosse la testa, poi si avvicinò a lui prendendolo per mano per aiutarlo a rialzarsi.
“Niente, è solo che sembravi così a tuo agio, mentre mettevi a posto i libri. Come se ti facesse sentire bene anche soltanto toccarli” tentò di spiegare il ragazzo, non riuscendo però a trovare le parole che cercava.
Nico non rispose, ma il figlio di Poseidone ci aveva preso in pieno. I libri per lui erano un rifugio e, effettivamente, gli bastava anche solo sfiorare le copertine per sentirsi meglio.
La cabina di Ade, scura come sempre, si stava lentamente riempendo di tracce di colore, dovute alle pile di libri che aumentavano sempre di più.
Il giovane Di Angelo, infatti, aveva iniziato a usare di nuovo i Viaggi Ombra, spostandosi per tratti brevi, e spesso andava in libreria. Comprava libri e li divorava la notte stessa, quando non riusciva a dormire – cosa che avveniva molto spesso. Si stendeva sul letto, con una tazza di caffè decaffeinato che fumava sul comodino, e si lasciava trasportare completamente nei mondi più diversi.
“Mi piace leggere” fu quello che disse a Percy, facendo spallucce con aria di scuse.
“Hai mai letto questo libro?” chiese il figlio di Poseidone, sfilando un libro dalla pila appena sistemata, facendo finire tutto a terra una seconda volta.
Nico alzò gli occhi al cielo, ma ben presto l’aria scocciata, venne sostituita da una risata, che si trasformò piano piano in una risatina isterica.
Percy lo seguì a ruota, Demian di Hermann Hesse ancora in mano.
Era uno dei libri che gli aveva regalato Annabeth quando stavano ancora insieme ed era uno dei suoi preferiti. Per quanto, inzialmente, come la maggior parte dei dislessici, avesse evitato la lettura, la figlia di Atena era riuscita a farlo appassionare.
Col tempo aveva anche acquisito una certa velocità e ci aveva preso gusto.
Quando entrambi si furono ripresi dallo sfogo di risate, spesero un intero quarto d’ora a parlare del perché avessero entrambi amato così tanto quel libro.
Nessuno dei due avrebbe mai pensato di condividere quella passione con l’altro, ma fu sicuramente una scoperta piacevole.
“Che dici, lo vediamo o no Sherlock?” chiese alla fine Percy.
Nico annuì e aspettò che il ragazzo inserisse il DVD nel lettore del portatile, rigorosamente disconnesso da Internet, prima di guardarsi intorno con aria imbarazzata.
Il figlio di Poseidone lo osservò perplesso, prima di capire.
“Puoi anche sdraiarti accanto a me, sai? Ancora non mangio gli altri semidei, Di Angelo” lo punzecchiò, mentre con la mano ticchettava sul materasso.
Titubante, il figlio di Ade si posizionò accanto a lui e attese che facesse partire la prima puntata.
Percy non aveva mai visto Sherlock, quindi avevano concordato di iniziare a vedere la prima puntata e poi sarebbe toccato al più grande decidere se continuare o meno. Dal canto suo, Nico era sicuro che la serie avrebbe preso Percy a tal punto da finirla nel giro di tre giorni. Di solito era così che funzionava.
Il figlio di Poseidone passò un braccio intorno alla spalla del più piccolo, facendolo accoccolare su di lui. Con un sorriso soddisfatto spense la luce e schiacciò il tasto play.
“Dimmi che Sherlock e John si mettono insieme!” esclamò non appena i titoli di coda iniziarono a scivolare sullo schermo.
L’espressione sul viso di Nico si fece desolata e Percy capì che, per il momento, non c’era molta speranza che i due diventassero una coppia.
“Ma dai! Si amano, è palese. E abbiamo visto una sola puntata, non oso immaginare come diventerà dopo” borbottò, inveendo contro i produttori.
Gli angoli della bocca di Nico si alzarono, in una smorfia divertita.
“Sai che ti dico? Dovrebbero baciarsi, esattamente così” concluse il figlio di Poseidone, prima di posare le labbra su quelle di Nico.
Rispetto ai baci precedenti, questo fu più dolce. Nessuno dei due sembrava aver fretta di concluderlo, quindi continuarono a baciarsi per un bel po’. Le mani di Percy affondarono nei capelli di Nico, mentre le braccia del più piccolo gli circondavano i fianchi.
Senza neanche rendersene conto, nel giro di qualche minuto, il figlio di Ade si ritrovò a cavalcioni del più grande, che si tirò a sedere, stringendosi a lui.
Rimasero in quella posizione per un tempo indefinito, perdendosi l’uno negli occhi dell’altro.
Poi ripresero a baciarsi, stavolta con più foga, come se avessero bisogno di toccarsi, di sapere che erano entrambi lì e che nessuno dei due se ne sarebbe andato.
Le labbra di Percy erano morbide, calde e Nico pensò che non ci fosse nulla di più bello al mondo, tranne forse i suoi occhi. Senza pensarci, il più piccolo iniziò a spostare i suoi baci, passando dalle labbra alla mandibola, scendendo poi verso il collo di Percy, che sembrava in attesa che qualcuno lo baciasse.
Posò le labbra sulla pelle sensibile, provocando brividi di piacere che scossero il corpo dell’altro, facendogli reclinare la testa all’indietro come a volerne reclamare altri, sempre di più.
Il figlio di Ade indugiò per qualche secondo, lasciando un lieve succhiotto sul collo dell’altro, che decise che era arrivato il momento di riprendere il controllo.
Con uno scatto felino, riuscì a far stendere il più piccolo a pancia in su e lo sovrastò con un sorriso.
“Allora, Di Angelo, pensi di partecipare più spesso alle feste, da adesso in poi?” chiese Percy, chinandosi su di lui.
“Se finiranno tutte come questa, può darsi”.

NdA: Questa storia è dedicata a tutta la #DemigodsSquad, anche a quelle che, tra loro, non shippano la Percico. La dedico a tutte loro, perché mi sono state vicine in questi ultimi tempi e mi hanno fatta sentire speciale. Grazie ragazze, vi voglio bene.
Un grazie speciale ad Eris, lei sa perché.
Inoltre, ci tenevo a specificare che questa storia è nata grazie al mio bisogno di sistemare la cartella che contiene tutti i file delle mie storie. Era una flashfic scritta per un contest, ma rileggendola, non mi è piaciuta per niente e quindi o pensato di trasformarla in quello che vedete ora, che è qualcosa di vagamente confuso, ma ci ho messo una parte di me [ad esempio la passione per Sherlock e l'amore per i libri]. Quindi, questo Nico è più mio - se così possiamo dire - degli altri.
Grazie a chi è arrivato fin qua.
Un bacio e un biscotto della fortuna,
Alice In Wonderbook

 
  
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