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Autore: CalimeNilie    30/07/2016    5 recensioni
Ogni notte, Dean vede un ragazzo passare nell'atrio. Lui è il portiere di notte, vedere le persone passare è il suo lavoro. Ma con Castiel, non riesce a rimanere indifferente.
[Destiel, AU]
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono e io non ci guadagno nulla.
Note: Un’altra AU, perché sì. Il titolo questa volta è una canzone degli Animals. Se vi va, andate ad ascoltarla, perché merita. Buona lettura.
 

The House of Rising Sun

La notte è già calata sulle periferie e sta scendendo a toccare anche le luci della città grande, quando lui fa la sua apparizione. Con la sua aria mesta, la sua camicia a quadri, sempre la stessa, le scarpe rovinate, lo sguardo sconsolato di chi vive alla giornata e, ironicamente, un viso bello, aperto, sincero.
Si trincera dietro al suo sorriso sghembo e al bancone del bar. Là fuori passano solo ubriachi, gente che non ha il coraggio di tornare a casa, nottambuli che non riescono a dormire, ossessionati dai loro incubi ricorrenti, e drogati, di eroina, alcol, sesso o solitudine. Ogni tanto si fermano e prendono una stanza, o si fanno versare un bicchiere di vino scadente.
Passa le sue notti così, Dean, dietro a quel bancone, in quella sala poco affollata, ma piena di voci e sussurri, impregnata dell’odore del liquore da quattro soldi, e di un altro puzzo più sottile, ma più profondo, in un qualche modo più presente. Puzzo di malinconia, pensa Dean, che a quell’odore ci ha fatto l’abitudine, ormai.
Come ha fatto l’abitudine ad alzare lo sguardo ogni volta che la porta viene aperta. In quei momenti, chiunque potrebbe dirlo, i suoi occhi verdi si illuminano di una luce particolare, speranzosa quasi. Poi china nuovamente il capo e torna ai suoi bicchieri.
Ad abitare la notte, c’è anche lui. Ed è per questo che Dean, ogni notte, è lì, dietro quel bancone, ad aspettare. Ogni notte, lo sa con certezza, lui entra dalla porta. Allora Dean solleva lo sguardo e non lo riabbassa: lo tiene fisso su quella figura leggera che attraversa l’atrio, diretta ai piani superiori.
Si chiama Castiel, lui, ed è bellissimo. Ogni tanto, nelle notti più lunghe, si avvicina al bancone del bar e chiede a Dean di servire da bere. È così che Dean ha visto i suoi occhi. Sono i drogati a popolare le notti: gli occhi di Castiel sono la sua droga.
Vive in attesa del momento in cui lui passerà davanti alle vetrate, poi supererà le porte e scivolerà sul marmo dell’atrio. Lì su quella piastrella incespica un attimo, ma è un incespicare bello, il suo – aggraziato, come qualsiasi cosa Castiel faccia –, volta il capo in direzione di Dean e sorride, di un sorriso pallido eppure bellissimo, che scopre appena l’orlo dei denti, accenna un saluto con la mano e inizia a salire le scale che portano al primo piano, trascinandosi dietro un uomo, sempre diverso, ogni sera.
Ogni notte Dean lo vede passare, e ogni notte si ripromette che lo porterà via. Sogna il giorno in cui avrà abbastanza soldi per fuggire: allora andrà da Castiel e lo prenderà per mano e gli dirà “Vieni”, come ogni sera Castiel fa con un uomo diverso. “Vieni” dirà, e attraverseranno insieme l’atrio, ma nella direzione opposta, andando verso la porta. Non lo conosce, non sa niente di lui, se non il suo nome, ma sa che prima o poi andrà da lui. Abbassa di nuovo lo sguardo sul bancone.
E poi: eccolo. Lui è lì, davanti alle vetrate, si è fermato per aspettare l’uomo che lo raggiunge pochi attimi dopo. Dean odia quell’uomo, ha lo sguardo avido e mediocre di qualsiasi altro uomo abbia visto attraversare quell’atrio a fianco di Castiel; quell’uomo non sa quanto sono speciali gli occhi di Castiel, non sa che sono l’unico motivo per cui un uomo continua a presentarsi, ogni notte, dietro a quel bancone.
Poi però Castiel tende la mano a quell’uomo, sta dicendo qualcosa – forse sta dicendo “Vieni”, no, non può stare dicendo: “Vieni”, quella è la battuta di Dean, non la sua, non può essere, non può, Dio, ti prego, fa’ che non stia dicendo proprio “Vieni” – e scompare un attimo alla vista mentre passa attraverso le porte girevoli, senza lasciare la mano di quello sconosciuto. Attraversa la sala, passando sulle piastrelle di marmo lucidato, con la leggerezza di qualcosa che non è totalmente umano, qualcosa che Dean non riesce nemmeno ad immaginare. Cammina con il passo quieto di chi non ha vergogna o peccato a macchiargli la pelle, con le spalle sempre un po’ chine in avanti, come se dovesse passare attraverso una porta troppo stretta. Incespica in quel punto, ma è un incespicare bello il suo, aggraziato. Un passo, un altro. Ora alza lo sguardo e risale con gli occhi il bancone, il suo piano levigato, la figura di Dean. Lui è fermo lì dietro, un’ancora a cui aggrapparsi in quell’atrio spoglio e troppo silenzioso, eppure pieno di sussurri. Le sue labbra si sollevano verso l’alto di poco, un’espressione del tutto spontanea, una mano – quella libera, quella che non stringe la mano dell’uomo alle sue spalle – che arriccia l’aria in un timido saluto. Un altro passo. Mette il piede sul primo scalino della gradinata che porta ai piani superiori.
Da lì, Dean smette di seguirlo con lo sguardo. Fa male anche solo provare a non pensare, con addosso una consapevolezza troppo forte.
Dean posa bicchiere che sta strofinando da quelle che sembrano ore. Scuote il capo, tornando ai suoi affari, preparandosi ad un’altra attesa, a guardia solo della notte.

Dean sa che è uno schifo. Però ha questa convinzione che, con lui che passa di lì ogni notte, lo sia un po’ meno. Ha quest’aria addosso, lui, come se il suo schifo facesse meno schifo di altri, anche se Dean sa che non è così. Anzi, ha il sospetto che lo schifo che quel ragazzo bellissimo si porta dietro sia più grosso di molti altri, ma c’è qualcosa di diverso in lui. Qualcosa che ti potrebbe anche far venire in mente che lui è diverso, e Dean sa che è stupido, che tutti si portano dietro un po’ di merda dietro, ma è così. Le persone come Castiel riescono a farti credere che i miracoli esistano. È l’aria delle persone, non quello che sono realmente, a fartelo credere, il modo in cui portano il proprio marciume.
Dean, lui, è uno di quelli che se lo trascinano dietro nel modo peggiore possibile, cercando di non farlo cadere sugli altri mentre questo viene sballottato in giro e rischia di rovesciarsi loro addosso ad ogni passo. Ogni tanto lo fa pure, ma tanto chi se ne fotte?, pensa Dean, è solo merda che si aggiunge ad altra merda.

“È una strana notte, vero?”
“Come, scusa?”
“È per i sussurri.”
“I sussurri?”
“Non dirmi che non hai mai ascoltato i sussurri della notte.”
“Amico, davvero, non so di cosa parli.”

Una volta Castiel gli ha parlato. E benché Dean ci abbia provato, davvero, a cavarsi di bocca quella parola, quel: “Vieni”, non ci è riuscito. Castiel è troppo bello, e troppo buono, perché un uomo qualunque come Dean gli rovesci addosso il proprio schifo.

“Mettiamola così: ognuno di noi è una voce.”
“Una voce.”
“Sì. Per tutto il giorno non facciamo altro che far risuonare la nostra voce. C’è chi lo fa meglio di altri, ma tutti, in un qualche modo, siamo una voce.”
“Vai avanti.”
“Di notte, però, ogni voce si quieta. In un qualche modo, diventa più vera. Non c’è bisogno di gridare, perché ti sentano, di notte. Di notte le voci diventano sussurri. A sussurrare sono bravi tutti. Ognuno riesce ad essere umano, di notte. In modi diversi, certo. Ma tutti ne sono capaci.”

Quel “Vieni” è incastrato proprio lì, nella sua gola, come un nodo di paura e rabbia, è lì, ora se ne libera. Vieni. Lui verrà.
Ma non c’è più tempo. Ora Castiel l’ha preso per mano, attraversano insieme l’atrio, ma nella direzione sbagliata, andando verso le scale. Già Castiel ha posato il piede sul primo scalino e Dean si odia.
Vieni. Vieni.
È diventato proprio come uno di quegli stranieri che Castiel tiene per mano ogni notte. È diventato uno di loro. E si odia perché non riesce ad impedirselo.
Vienivienivieni.
Basterebbe sussurrarlo.
Ma Castiel è lì, ed è ovunque, ed è bellissimo. Sgrana i suoi occhi blu nel buio, mentre Dean bacia le sue labbra, su cui ha visto nascere così tanti sorrisi spontanei, e stringe le sue mani, che hanno stretto così tante mani prima, e cerca nel suo corpo l’orgasmo.
Basterebbe un nulla.

Ora è arrivato. È davanti alla vetrata, tiene stretta la mano di qualcuno che Dean non può vedere. Attraversa, con uno straniero al fianco, l’atrio, i suoi passi delicati che non risuonano nemmeno sul marmo dell’ingresso. È un attimo.
Il nulla di un sorriso, o di un battito di ciglia.
L’attimo dopo è già andato. Dalla parte sbagliata.

 

 

 

 


NdA
Ehilà!
Innanzitutto, complimenti e grazie per essere arrivati fin qui. Questa roba qui sopra è venuta fuori praticamente da sola, e devo dire che per una volta sono abbastanza soddisfatta di qualcosa che scrivo. Io e le AU Destiel ormai siamo besties, quindi…
Spero che anche a voi sia piaciuto questo piccolo parto letterario, se vi va di farmi sapere che cosa ne pensate, mi fate solo felice.
E nulla. Alla prossima :)

   
 
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