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Autore: Leonhard    31/07/2016    2 recensioni
"Il Lifestream circola all'interno del Pianeta: vedilo come un corso d'acqua all'interno di un percorso circolare".
"Allora, se io ad un certo punto getto un ramo all'interno del Lifestream, dopo qualche tempo lo vedrò passare nuovamente dal punto in cui l'ho buttato?". Cloud si prese il suo tempo per rispondere.
"Spero di no..." rispose, ma la faccia era seria, preoccupata. Aveva probabilmente colto nel segno.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Epilogo

La chiesa era sempre la stessa. Lo stesso posto dove si era scazzottata con Loz, la stessa chiesa dove aveva scoperto un sacco a pelo ed una cassa di Materia.

Lo stesso posto in cui si era ritrovata un sacco di volte in quell’ultimo anno a cercarlo, ma tutto quello che aveva trovato erano stati la sua imbragatura ed una spaccatura dritta su quello che in un’altra epoca avrebbe dovuto essere l’altare della chiesa.

Si chinò e si lasciò investire dall’odore dei fiori appena sbocciati, che le accarezzarono il naso con un miscuglio di aromi assolutamente unico in tutta Midgar. Non erano mai sbocciati fiori al di fuori di quella piccola aiuola ed era arrivata a credere che difficilmente sarebbe capitato.

Una città troppo marcia dentro per una cosa bella come quella.

Si sedette su una delle panche non distrutte della chiesa e guardò il cielo attraverso lo squarcio nel soffitto. Era azzurro e le nuvole correvano sulle ali del vento disegnando forme che rimanevano solo per qualche fugace secondo.

Era sparito. Da un giorno all’altro era sparito. Solo un biglietto a testimoniare quello che era successo quel giorno e i mesi successivi pregni di ricerche a testimoniare quello che era successo quella notte. Non poteva sinceramente credere che quello che per un attimo, nell’intimo buio delle sue coperte aveva definito il suo uomo, l’aveva lasciata senza un valido motivo.

La chiesa era stato il primo posto in cui aveva cercato e, a distanza di quasi un anno, l’ultimo posto in cui avrebbe controllato prima di gettare la spugna e lasciarsi convincere da quella consapevolezza che le diceva da tempo quello che poteva essere successo.

Sono molto pesanti da portare…

Quanto erano pesanti? Perché in quel momento avrebbe voluto averle, avrebbe sopportato il loro peso se voleva dire ritrovarlo. Rivederlo almeno una volta, almeno un momento; il tempo necessario per mollargliene uno di quelli che l’avrebbe fatto rinsavire. O l’avrebbe ammazzato sul posto: a quel punto andavano bene entrambe le opzioni.

Rimase su quella panchina, immobile, a scrutare il cielo; perse la cognizione del tempo e non si diede la pena di ritrovarlo. Venne distratta solo dal dorarsi del cielo, segno di un tramonto imminente. Con un sospiro si alzò e volse le spalle all’aiuola, quando sentì un fruscio.

Dai fiori si spanse un delicato vapore verde, che invase l’aria sopra di loro come tanti piccoli serpenti. L’aiuola, in pochi secondi sprofondò nel grigio sottosuolo e venne alla luce una vera e propria piscina di Mako.

Dal vaporoso liquido verdastro emerse una figura completamente nera, sormontata da una folta ed incolta zazzera bionda e con una spada spezzata in mano. Tifa sentì le gambe venir meno e fu solo per qualche bizzarro e misterioso miracolo se non stramazzò a terra. Cloud uscì dalla pozza verde ed inspirò profondamente, come a godersi qualcosa da lungo tempo desiderato.

“Aria…” borbottò. Inspirò una seconda volta, prima di voltarsi verso la ragazza poco lontana da lui.

“Cloud…” mormorò. Stava tremando ed era abbastanza sicura che sarebbe crollata a terra se solo avesse tentato di fare un passo. Lui le sorrise.

“Sono tornato” disse semplicemente. Si era irrobustito, ma la divisa era stracciata, la Buster Sword era spezzata e l’occhio destro era chiuso. L’ala era scomparsa ed al suo posto aveva un moncherino invaso da sangue rappreso.

“Sei tornato” ringhiò lei, trovando finalmente le forze per avvicinarsi. “Sei tornato?!! Dopo un anno di assenza, senza tue notizie, con niente altro che un bigliettino hai il coraggio di dire semplicemente questo?”. Vibrò un pugno verso di lui e colpì il suo volto: fu come colpire una tavola di legno.

“Scusa Tifa” disse lui da dietro il suo pugno. “Sono stato un po’ impegnato in tutto questo tempo”. La ragazza si abbandonò contro di lui, combattendo contro le lacrime.

“Spero per te che sia una scusa valida” ringhiò. “Altrimenti ti picchierò talmente forte da farti rimpiangere Sephiroth”.

“È morto” mormorò. Tifa alzò lo sguardo su di lui, che le restituì un secondo sorriso. “Ho dovuto sacrificare la spada, la mia ala ed un occhio, ma alla fine ce l’ho fatta”. La presa sull’elsa si irrigidì. “Ho sradicato quel bastardo dal pianeta una volta per sempre”. Lei finalmente sorrise. Un sorriso bello, sincero, pulito, come quelli che non riusciva a fare da un anno a quella parte.



Quella sera Cloud raccontò di un immenso mondo completamente verde. Lo scontro tra lui e Sephiroth, combattuto senza tregua per un tempo che era parso infinito. La Buster spezzata era appoggiata sul tavolo ed il SOLDIER parlava gettandole rapide occhiate, come se avesse paura che svanisse. Tifa ascoltò e fece domande a cui lui rispose: chiese dell’occhio mancante, dell’ala mozzata e della Buster ridotta in quello stato.

“Qui è passato un anno...” commentò lui. “Nel Lifestream…il tempo sembra fermarsi. Abbiamo combattuto…per un anno intero?”.

“Sì, Cloud…è passato quasi un anno” replicò la ragazza, stringendo in maniera convulsa il bordo del tavolo. Il biondo sospirò.

“Scusa Tifa” disse, abbassando lo sguardo. “Era una cosa che dovevo fare. Sentivo di doverlo fare: lui…mi stava chiamando”.

“Ti stava chiamando?” ripeté lei.

“Sephiroth” puntualizzò lui. “Parlava di una Riunione…per la conquista ed il controllo del pianeta. Per qualche motivo si era convinto che sarei stato dalla sua parte. Ho combattuto Rufus la sotto…era diventato…qualcosa che non avevo mai visto”. S’indicò l’occhio. “Lui mi ha fatto questo”. Tifa indugiò sul suo viso; desiderava sfiorare quell’orbita cava, ma era convinta che se l’avesse fatto la situazione sarebbe precipitata e non era quello il momento. Non ancora. Non lì. E non in quel modo.

“Ha fatto male?” chiese Denzel, guardandolo con occhi preoccupati. Marlene non disse nulla: si limitò a guardarlo con occhi preoccupati mentre si aggrappava al suo braccio, come se cercasse di confortarlo.

“Solo per qualche momento” fu la risposta.

“E l’ala?” chiese Tifa, osservando il moncherino da sopra la spalla.

“Ah fa solo tanta impressione” assicurò lui, coprendolo con una mano. “Ma non credo che ricrescerà…”.

La serata continuò senza feste, cerimonie o bentornati. Solo attimi di silenzio intervallati da qualche parola, sporadiche domande a cui Cloud dette risposte; sorse il sole ed il SOLDIER volse lo sguardo verso i due bambini addormentati sul suo grembo, vittime del silenzio che da qualche ora ormai aveva conquistato la stanza. Tifa stiracchiò un sorriso.

“Hanno sentito tanto la tua mancanza” mormorò. “Tutti noi l’abbiamo sentita…io l’ho sentita”.

“Lo so, Tifa” mormorò. “Avrei voluto svegliarti e spiegarti…ma avevo paura che…”.

“Che te lo impedissi?” chiese lei. Cloud scosse la testa.

“…che venissi con me” corresse. “Era una cosa che dovevo fare io…e poi il Mako…ti avrebbe uccisa”. La ragazza scosse la testa.

“Io sono qui, Cloud” disse infine. Ed il silenzio tornò a regnare tra i due, trasportando parole silenziose ed il respiro ritmico e tranquillo dei due bambini. Cloud sospirò e si alzò, reggendo delicatamente le due piccole figure e muovendosi nella stanza accanto, lentamente per non svegliarli. Li mise ognuno nel proprio letto, rimboccando loro le coperte ed donando ad entrambi una carezza. Si accorse che Tifa l’aveva seguito ed era ferma, appoggiata allo stipite della porta.

“Vorresti venire con me?” chiese lentamente. “Devo ancora fare una cosa”. Lei lo guardò per qualche secondo poi annuì, decisa a godersi ancora quel silenzio così intimo e prezioso e comunicativo.



La Buster, o ciò che ne rimaneva, galleggiò per qualche secondo sulla pozza di Mako della chiesa, poi venne lentamente assorbita ed affondò nel verde pulsare del pianeta. Il Lifestream venne assorbito dalla terra e ciò che rimase fu solamente una fossa vuota.

“Dovremo aspettare che i fiori ricrescano” osservò la ragazza, inginocchiandosi accanto a lui.

“Aspetteremo” commentò Cloud pragmatico, fissando il fondo della fossa come se si aspettasse qualcosa. Si alzò. “Beh, che ne dici di fare colazione? Offro io”.

“Tu che mi offri la colazione?” commentò lei, ridacchiando.

“Di solito te la preparo io”.

“Devo pur cominciare a farmi perdonare, no?” fu la risposta.



NOTA DELL’AUTORE: finita. Vi dirò la verità, non è stata una fic facile ma alla fine ce l’ho fatta nonostante le ere geologiche di attesa.

Ringrazio tutti coloro che l’hanno seguita e commentata, chi l’ha letta e ovviamente chi la leggerà. Spero di incontrarvi anche al di fuori da questo fandom.

Alla prossima, stay tuned

Leonhard
   
 
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