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Autore: Najara    31/07/2016    3 recensioni
Beth Sanderson ha scoperto qualcosa di straordinario: può raggiungere le sue precedenti incarnazioni e quindi viaggiare nel tempo. Dimentica però che a volte il burattinaio si trasforma in burattino e quando sarà il futuro a possederla la sua vita verrà tragicamente stravolta.
Beth dovrà mettercela tutta per lottare contro l’inevitabile destino e trovare una soluzione non solo per se stessa, ma per tutte le sue vite, passate e future.
Storia partecipante al contest: “Scienza e fede [Originali&Multifandom]” di Hedoniste.
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un’anima attraverso il tempo

 

Mani insanguinate

 

“Allora com’era Praga?”

“Niente male, di sicuro piove meno che a Londra. Il dottor Havěl è stato davvero gentile e non ti dico la sua faccia quando ha trovato la stanza degli archivi esattamente dove gli avevo detto.” Beth sorrise al fratello mentre si toglieva la giacca zuppa di pioggia.

“Da quanti anni ci lavorava? Cinque?”

“Sì e se non fosse stato per la mia visitina nel 1623 la starebbe ancora cercando, dovrebbe dire grazie a Gertrud Böhm.”

“Beh, grazie Gertrud, allora!”

“Hai trovato quello che mi serve?” Chiese poi Beth, impaziente.

“Sei appena tornata da un volo in aereo e vuoi già ripartire.”

“Ovviamente! Solo che non mi servirà il biglietto questa volta.”

“Ma non abbiamo ancora appurato se hai creato dei danni nella linea temporale o se, più banalmente, l’allucinogeno abbia effetti nefasti sul tuo corpo.”

“Smettila di fare il fifone Danny.”

“Non è questione di fifa!” Rispose lui, offeso, allora Beth gli sorrise.

“Andiamo fratellone, abbiamo tra le mani qualcosa di unico, magnifico ed enorme! Dobbiamo testare i miei limiti, dobbiamo capire fino a dove posso spingermi e per quanto tempo posso rimanere in trance.”

“Sì… ma…”

“Lo so, lo so, sei un medico e...”

“Non è questione di essere un medico e di aver fatto voto di non arrecare mai danno, anche se potrebbe effettivamente essere quello, è per il fatto che sei mia sorella! La mia sorellina! I nostri genitori sono morti e io devo occuparmi di te.” Beth lo raggiunse comprendendo che non era uno dei suoi soliti momenti di preoccupazione, era seriamente in ansia per lei.

“Andrà tutto bene, quei funghi hanno sballato giovani per generazioni, di certo non sono il massimo, ma ne vale la pena.” Posata una mano sulla sua spalla lo guardò con un sorriso dolce. “E ci sei tu accanto a me, cosa posso desiderare di meglio?” Il giovane sospirò, poi sorprendendola la abbracciò. “Andrà bene.” Gli disse ancora lei e allora Danny la lasciò andare.

“Va bene, ma solo una visita veloce, stasera voglio presentarti una persona.” Beth rimase di stucco.

“Una persona?”

“Sì, una ragazza che ho conosciuto al lavoro.”

“Stai scherzando? Hai conosciuto una ragazza e me ne parli solo ora?” La giovane gli diede un pugno giocoso sulla spalla. “Danny ha la ragazza, Danny ha la ragazza.” Iniziò a cantilenare ridendo e ricevendo uno sguardo di rimprovero dal fratello.

“Sei una bambina, altro che farti viaggiare nel tempo!” A quelle parole Beth smise di netto con una finta espressione spaventata sul volto. I due fratelli si guardarono per un istante e poi scoppiarono a ridere.

 

Dieci minuti dopo Beth si stese sul letto.

“Davvero?” Chiese Danny notando la t-shirt che aveva indossato per l’occasione.

“Non ti piace?”

“Hai comprato una maglietta con su scritto: Non sono mica morta. Sei seria?”

“È una citazione di nonnina Weatherwax.”

Il ragazzo scuotendo la testa iniziò a posarle gli elettrodi sulla fronte e sul cuore poi accese i diversi monitor che aveva nella stanza. Poco distante vi era anche un’unità di rianimazione, Beth non la guardò neppure, aveva iniziato la profonda respirazione che era il preludio della trance.

“Ho trovato dei funghi nuovi, dovrebbero essere più forti, visto che volevi andare più indietro.” Ad un suo cenno le posò l’inalatore sulla bocca.

“Comunque la strega di Pratchett aveva un biglietto con quella scritta.” Puntualizzò Danny facendola sorridere. “Due respiri profondi, molto bene, cinque, quattro, tre…” La sua voce si perse nel buio.

 

***

 

Beth aprì gli occhi ispirando l’aria fresca di una bella giornata d’autunno. Come prima cosa si guardò, era un bambino, di circa sette anni. Non era sicura di chi si trattasse, la sua anima si era incarnata centinaia di volte e malgrado lei finisse spesso negli stessi individui non le era mai successo di avere un’età così giovane.

Magister lectio te manet.” Il suo cervello incespicò un istante poi quello del suo ospite la aiutò e lei tradusse le parole latine: il maestro la stava aspettando per una lezione. L’uomo che l’aveva interpellata era un giovane monaco e lei intuì che doveva essere finita molto indietro nel tempo. Medioevo forse. La rivelazione l’elettrizzò, non era mai andata così lontano. Seguì l’uomo per uno stretto sentiero tra gli alberi ritrovandosi ad osservare un imponente edificio di pietra. Un monastero di certo, ma di quale regione? Cercò di memorizzare i dettagli, un edificio del genere forse esisteva ancora nel suo presente, avrebbe potuto cercarlo con Google, con un po’ di fortuna avrebbe trovato il nome nella mente della sua precedente incarnazione. Mentre l’idea la faceva sorridere nella sua testa si fece buio.

 

***

 

“Dovevi lasciarmi più tempo…” Si bloccò. Non era nel suo letto. Davanti a lei si stagliava una scena orribile: suo fratello era a terra, un rivolo di sangue che gli scendeva dalla fronte. “Danny!” Esclamò raggiungendolo e piegandosi su di lui, la mente in subbuglio, il cuore che batteva veloce nel registrare il volto pallido del fratello e la brutta ferita che sembrava non smettere di sanguinare.

“Mani in alto!” L’urlo la colse completamente di sorpresa. “Butta il coltello! Subito!”

Beth si era voltata, davanti a lei c’era un poliziotto che le puntava contro la pistola. Quando l’uomo pronunciò le ultime parole gli occhi le scesero a guardare ciò che stava stringendo: un pugnale dalla foggia antica. Con orrore Beth lo lasciò cadere, l’arma era rossa di sangue così come le sue mani.

“Cosa è successo?” Chiese al poliziotto. Suo fratello gemette accanto a lei e Beth tornò a guardarlo. “Danny, Danny, stai bene?” Il giovane aprì gli occhi, ma lei non ebbe il tempo di vedere altro perché il poliziotto approfittando della sua distrazione le saltò addosso schiacciandola a terra e girandole le braccia dietro la schiena.

“Mio fratello, aiutatelo! Cosa è successo?” Il poliziotto la ignorò parlando alla radio e qualche minuto dopo degli infermieri entrarono nella stanza mentre lei veniva trascinata fuori e messa su una macchina.

 

“Buona sera.”

“Finalmente! Come sta mio fratello?” Erano due ore che aspettava in quella stanzetta anonima e stava impazzendo dalla paura. Aveva già chiesto informazioni ai due tecnici che però dopo averle fatto un prelievo di sangue e raccolto dei campioni di quello che aveva sulle mani, se ne erano andati senza dirle niente.

“Lei è Beth Sanderson?”

“Sì.” Disse esasperata. “Ora ditemi come sta Danny.” L’uomo alzò gli occhi dalla cartellina, fissandola.

“Se la caverà.” Beth sentì la tensione scemare, in quelle due ore era riuscita solo a pensare al volto esangue di suo fratello. “Non posso dire altrettanto della signorina Logan.”

“Non… non conosco nessuna Logan.” Il poliziotto cercò con molta calma nella sua cartellina, estraendo una foto e passandogliela. Era una ragazza giovane, dal sorriso affascinante e dai vivaci occhi verdi. “No, non la conosco. Cosa le è successo?”

“Ne è sicura?”

“Sì, ne sono sicura.” Confermò lei, sempre più perplessa. L’uomo non annuì, ma cercò un’altra immagine che le mise davanti.

“Cosa mi dice di questo?” Beth guardò il pugnale che ricordava pieno di sangue nel suo pugno.

“Ce l’avevo in mano quando l’agente è entrato in casa mia.” Affermò con un brivido.

“Non lo aveva mai visto prima?” Il poliziotto le presentò altre tre immagini che erano ingrandimenti del pugnale e mostravano le particolari rune incise su di esso. Improvvisamente Beth ricordò.

“Oh… era al museo, a Praga. Il dottor Havěl ne andava fiero, diceva che era un oggetto unico, un suo ritrovamento in un sito…” Cercò di ricordare. “Celtico, sicuramente pre-romano.”

“Come spiega di averlo in suo possesso?”

“Non lo so.”

“Ne è stato denunciato il furto questa mattina.” La informò. “Lei era a Praga questa mattina, dico bene?” Stava consultando i suoi dossier e Beth annuì non appena lui la guardò di nuovo. “L’avete rubato voi?”

“No!” Esclamò allora Beth. “Certo che no!”

“E lo avete usato per uccidere la fidanzata di vostro fratello?”

“Cosa?” L’accusa la lasciò senza fiato. Uccidere? L’agente aveva detto uccidere?

L’uomo rimase a fissarla e allora lei scosse la testa.

“No! No, ero nella mia stanza, stavo…” Si bloccò, poi riprese in fretta. “Riposando, il viaggio in aereo mi aveva stancato e mio fratello voleva farmi conoscere una persona, così sono andata di sopra a stendermi. Quando mi sono svegliata sono scesa in cucina e ho trovato Danny svenuto. Infine il poliziotto mi ha arrestata.”

“Fa uso di sostanze stupefacenti?” Beth aprì e chiuse la bocca, era chiaro che l’uomo non aveva creduto ad una parola di quello che aveva detto.

“Sì. Funghi, a volte, mi aiutano a rilassarmi.” Ammise, conscia che avrebbero comunque saputo la verità.

“Possono creare stati di allucinazioni e alterare la memoria.”

“Lo so, ma…” Il poliziotto la ignorò, facendo invece un cenno verso la parete a specchio. Qualche minuto dopo portarono uno schermo con un lettore dvd.

“Sono le riprese di questa sera, della sua camera.” Beth si morse un labbro, sarebbe stato difficile spiegare perché suo fratello la monitorasse e drogasse, probabilmente avrebbe avuto dei guai al lavoro. Allo stesso tempo però quelle riprese avrebbero mostrato che lei non si era mossa dal letto.

Una piccola vocina nella testa di Beth bisbigliò che lei si era svegliata in cucina, eppure non l’ascoltò.

Il video iniziava con lei che posava la valigia a terra. L’uomo lo accelerò e molto velocemente Beth si vide mentre si sdraiava e suo fratello le fissava l’apparecchiatura di monitoraggio.

“Ho dei disturbi del sonno, Danny sta facendo dei test.” Cercò di spiegare, ma l’agente non fermò il video fino a quando lei non si alzò dal letto. Beth sbatté le palpebre. Stava parlando con suo fratello, poi si alzava e usciva dalla visuale della telecamera. Il poliziotto bloccò lo schermo e le indicò l’ora segnata nell’angolo.

“18.36. Ha dormito dieci minuti.”

“Io…” Beth continuava a fissare lo schermo, incapace di comprendere.

L’agente rimise play, avanzò fino alle 20.00 poi riportò il video a velocità normale e lei ricomparve nello schermo, si piegò sulla valigia, la aprì e ne estrasse qualcosa.

Beth sentiva il cuore batterle nel petto mentre un orrendo sospetto si faceva spazio nella sua mente. Quando la donna sullo schermo si voltò nella mano teneva un pugnale. Lo stesso pugnale che ora vedeva in foto davanti a lei.

“Non è possibile.” Affermò, la voce che tremava.

“Si riconosce nello schermo?”

“Sì, ma quella non posso essere io.” L’agente spense il video e segnò le sue risposte.

“Abbiamo finito.” Disse, alzandosi e tendendole il foglio. “Le dispiace firmare la sua deposizione?”

“Aspetti, non capisco, ha parlato di una donna uccisa, come è successo?” Il poliziotto la fissò qualche istante poi scosse la testa sospirando.

“Lei è una brava attrice oppure ha dei gravi disturbi psicotici.”

“La prego!” Lo supplicò allora lei.

“Abbiamo ricevuto una chiamata alle 20.02. Un vicino aveva sentito delle urla provenire da casa sua. Quando la pattuglia è arrivata ha trovato la signorina Patty Logan morta nel soggiorno, il cappotto ancora sulle spalle. Pugnalata. Mentre Danny Sanderson, probabilmente fuggito davanti alla furia dell’omicida, era giunto fino alla cucina prima di essere raggiunto, colpito violentemente alla fronte e reso incosciente. Su di lui, l’agente ha trovato il presunto e probabile artefice del crimine che ha ammanettato e arrestato.” Estraendo l’immagine del pugnale dalla cartellina gliela mostrò ancora una volta. “Arma del delitto.” Poi estrasse una seconda foto, questa volta una di Beth. “Assassino.”

“No…” Mormorò lei che aveva ormai capito la situazione, ma che si rifiutava ancora di accentarla.

“Mi dispiace signorina Sanderson, ma le prove parlano da sole, questo colloquio è stato solo una formalità.” Disse l’uomo prima di andarsene e lasciarla sola.

  
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