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Autore: wrjms    01/08/2016    2 recensioni
Nome: Sherlock Holmes. Sesso: Maschile. Età: 38. Professione: Consulente investigativo.
Cosa non gli piace: gli indovinelli, gli stupidi, i deerstalker.
Cosa gli piace: il ballo, il violino, le sigarette, il suo cappotto, le api, John Watson.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I don't have friends. I've just got one.'
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1 – Ballo

Il consulente investigativo preme il tasto centrale del piccolo lettore e, immediatamente, le note del celebre rondò iniziano ad echeggiare fra le pareti della stanza. Il salotto è vuoto: Sherlock lo ha liberato da ogni intralcio. Entrambe le poltrone sono scomparse dalla stanza; il tavolo è stato spinto da un lato; il pavimento, solitamente caotico e disseminato di documenti, è ora vuoto e lucido come una distesa di ghiaccio.
Adatto a delle prove di ballo.
«Chopin?», mormora John, in un angolo della stanza; è teso, si gratta la nuca mentre si guarda intorno.
«Mmh». I movimenti di Sherlock sono lenti. Ha una mano dietro la propria schiena; mentre si avvicina, tende con lentezza l'altra, la sinistra, verso John, a palmo aperto. «Opera sessantaquattro, numero due». John guarda la mano con circospezione.
«Perché ho acconsentito a tutto questo?», mormora, a voce bassa, quasi fra sé e sé; ma poi si avvicina. Sa benissimo la motivazione per cui lo ha fatto: mancano meno di sette giorni al matrimonio e lui, rigido come un pezzo di legno per via delle sue abitudini militari, non ha mai imparato a ballare. Mary, al contrario, è una discreta ballerina, e Sherlock ha insistito ad aiutarlo affinché non sfigurasse davanti a lei e agli invitati.
Sherlock prende la sua mano con dolcezza e la dirige verso il punto corretto della propria schiena; sente le dita di John stringersi rigidamente contro il tessuto della sua giacca. «Piede sinistro, John», sussurra, mentre la destra si intreccia alla sua. Ha gli occhi puntati su di lui, le pupille dilatate, le labbra leggermente dischiuse.
John si muove. E, lentamente, iniziano a ballare.

2- Indovinelli

«Mi annoio».
John non si muove di un millimetro. È seduto al tavolo del salotto e batte furiosamente sulla tastiera del suo portatile. Sherlock si volta per osservarlo dalla propria poltrona. Pensa: scrive con più di un dito alla volta. Nella maggior parte dei casi, John batte come un ottantenne di fronte al proprio primo computer. Evidente segno d'irritazione. Non sta scrivendo un caso: sta rispondendo a dei commenti. Evidentemente, non troppo positivi.
«Intraprendere discussioni con sconosciuti è indice di insoddisfazione personale», mormora, portando le mani congiunte al suo viso; John si volta per un attimo come per chiedere spiegazioni della sua deduzione, poi ci ripensa, sbuffando, e torna al suo portatile.
«È il tuo blog», spiega. «Qualcuno sta mandando insulti belli e buoni a... Aspetta. Cos'è questo?».
Un click, il cambiamento della luce sul volto di John. Le rughe sulla fronte del medico si fanno più profonde.
«Cosa?», chiede Sherlock, muovendosi impercettibilmente.
«Un... indovinello?». Click. «Un indovinello per Sherlock Holmes. Qual è l'animale che la mattina ha quattro zampe, il pomeriggio due e...». Una risata soffocata. «Davvero? L'indovinello della Sfinge? A Sherlock Holmes? Pensa di beffarti con un semplicissimo--», ridacchia, ma si interrompe all'improvviso quando, giratosi, scorge l'espressione totalmente persa di Sherlock. È immobile, non fosse per i suoi occhi: sotto le palpebre, essi si muovono velocissimi, come tentando di risolvere un enigma complicato.
«Sherlock?», lo chiama. Niente. Silenzio. Sherlock inizia ad agitarsi e a cambiare posizione sulla poltrona, tenendo i propri occhi chiusi. «Sherlock, è impossibile che tu non lo conosca... sono cose delle elementari. Anche i bambini sanno-».
«Rimosso». Sherlock apre improvvisamente gli occhi.
«Cosa? Ma se vai matto per...».
«Gli enigmi. Gli enigmi, John. Ma gli indovinelli...». Una espressione di disgusto si pianta sulla sua faccia. «Non mi piacciono gli indovinelli», sputa fra i denti.
Sherlock se ne va dalla stanza, facendo volteggiare la sua vestaglia. John rimane a bocca aperta, confuso, a fissare il vuoto.
 

 

3-Violino

«Come hai cominciato?».
È gennaio e sono su un taxi, in tarda serata, diretti a Scotland Yard su richiesta di Lestrade. Quando sente le parole di John, Sherlock s'irrigidisce: non sono abituati a chiacchierare mentre sono impegnati in un caso; John stesso sa bene che, per il bene dell'investigazione, è importante lasciare a Sherlock il silenzio che necessita.
Sherlock non risponde. Porta una mano al mento e guarda fuori dal finestrino.
«Il violino, Sherlock».
«John...», lo ammonisce lui, già pronto a tagliare corto; i tuoi disperati tentativi di fare conversazione mi distraggono. Se avessi voluto chiacchierare del tempo, mi sarei trasferito con Mike Stamford.
«Ho osservato il tuo violino, prima. Scusa– non volevo frugare nella tua roba, ma era proprio lì, vicino al portatile, e non ho potuto fare a meno di notarlo».
Sherlock sta iniziando ad irritarsi. «John».
Nulla: John respira profondamente e lo ignora, continuando a parlare con il capo chino. È come se fosse intimidito, o si vergognasse: si guarda le mani, incrociate sul proprio ventre, e tentenna. Ha la voce flebile come quella volta che, in quel vagone pieno di bombe, aveva creduto di morire. «Insomma... È bellissimo. Non l'ho mai guardato molto attentamente. Eppure, ieri le ho notate: quelle linee sottili sul ponticello e sulla cordiera, rette; e poi, sulla cavicchiera, qualche segno di sfregamento, quasi impossibile da notare. Ho pensato che dovevi aver cambiato le corde più volte. Ma quelle scanalature sul ponticello– sembra che i crini siano saltati». Si ferma un attimo e sogghigna, come incredulo davanti alla propria stessa affermazione. Non nota che, tutto ad un tratto, il consulente investigativo s'è fatto silenzioso ed immobile; i suoi occhi cristallini lo osservano tramite il riflesso sul finestrino. «Non ti ho mai visto trattare il tuo violino in modo incurante. Riuscivo a spiegarmelo solo pensando che fosse molto vecchio, e che si fosse rovinato quando avevi appena iniziato a suonare... magari, da piccolo».
Sherlock si volta.
John non lo ha mai visto così sorpreso. Ha gli occhi spalancati, le pupille dilatate nella luce soffusa del taxi; eppure, al di là dei suoi occhi, mantiene la sua compostezza. Nessuna piega sul suo abito firmato. Il bavero del suo cappotto, immacolato, a celargli le labbra, solo leggermente dischiuse. Ma gli occhi no, no: le sue iridi fremono, impercettibilmente, mentre lo osservano; sotto alle sopracciglia, leggermente sollevate, le palpebre battono velocemente.
Sherlock Holmes cerca di risolvere il suo più complicato enigma.
«Scusa», sussurra John, dopo un lungo silenzio. Si accinge a guardare altrove per lasciargli il silenzio di cui ha bisogno.
Sherlock china il capo. «Hai ragione», conferma, e la sua voce è appena un sussurro sfuggito alle sue labbra, tremanti, nascoste, nervose mentre pronunciano parole proibite. «Ho iniziato da bambino. È stato un regalo di mio fratello. Avevo sette anni». Il capo di Sherlock si inclina da un lato, sfugge allo sguardo di John. Le palpebre si richiudono, dolorosamente, strizzando gli occhi, cercando di scacciare una brutta immagine.
«Mycroft. Non lo facevo un tipo da regali». John tenta di immaginarsi Mycroft, quattordicenne, che lascia un violino e un archetto nelle manine di un piccolo Sherlock; è troppo grande, per lui– Sherlock è sottopeso, un bambino magrolino, le sue dita a malapena si stringono attorno alla tastiera.
Ci si affeziona subito. A trent'anni, ancora lo suona; quando le corde iniziano a rovinarsi, lui le cambia, fa di tutto per mantenerlo en santé.
Sherlock non parlava di Mycroft, ma non si preoccupa di correggerlo. Sarebbe troppo complicato parlare di lui; descrivere il suo aspetto, la sua personalità, la sua storia. Sherrinford Holmes. Il nome torna a galla da un cassetto celato del suo palazzo mentale e Sherlock, chiudendo gli occhi di nuovo, fa di tutto per scacciarlo.
Non parla. Invece, inspira profondamente; porta le mani congiunte al mento, come è solito fare.
Non pensa al caso. Non pensa al violino, né a Sherrinford. Sherlock Holmes pensa a John Watson, seduto a poche spanne di distanza da lui. Una riflessione accurata, complessa, svolta unicamente per il fine di comprendermi meglio. Una briciola d'orgoglio per l'amico gli si insinua fra le labbra, lo fa sorridere; mentre ripensa alla sua accuratissima deduzione, cerca di ricordare, con estrema difficoltà, l'ultima volta in cui si era sentito così amato.

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Angolo Autrice

Mishamigos!
Rieccomi, Sherlockians, con nove piccole shottine sul nostro carissimo duo. Per questa fic ho spudoratamente riutilizzato il format di una mia vecchia Ten x Rose; la fic-ina, però, mi è venuta troppo lunga, quindi ho deciso di tagliarla in tre parti.
Una piccola nota su Sherrinford: personaggio un po' sconosciuto, menzionato da Mycroft una sola volta in tre stagioni - "you know what happened to the other one" - che, come anticipato da Moffat e Gatiss stesso, sarà fondamentale per la nuova stagione. Con tutto l'angst che già abbiamo ricevuto, un'altra buona dose anche per il terzo Holmes mi pare ovvia. щ(ಥДಥщ)
A presto per i prossimi due capitoli.
Enjoy!
WJ
   
 
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