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Autore: cateca    01/08/2016    1 recensioni
<< Scusa, ti chiedo scusa. - mi dice, ma si vede che lo ha detto senza essere veramente dispiaciuto  - Accetto il tuo aiuto. >> dice semplicemente e mi guarda in attesa. 
Lo scruto cercando di ponderare la situazione: è un presuntuoso del cavolo ma dice di aver bisogno del mio aiuto in una materia della quale non gli frega un accidente. 
<< Va bene ti aiuto, ma sappi che non lo faccio per te. >>
< Classica frase da sedicente menefreghista. - Lo fulmino. - OK, la smetto. >>
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prendo la cartella dal pavimento e scendo in cucina, dove papà beve il suo the mentre legge il giornale, prendo due fette di pane e ci spiaccico sopra la marmellata. Mamma è davanti all’entrata di casa e si sta mettendo gli orecchini di perle allo specchio.

<< Mi piace come ti sei vestita oggi, tesoro. >> mi dice ed io sono piacevolmente sorpresa.

Mi guardo le calze grigio scuro fino al ginocchio, la mia gonna bianca a vita alta e la maglietta dello stesso colore dei calzini. Mi ha fatto una paternale lunga una quaresima quando ho cominciato a non mettere più le calze color carne, dicendo che era volgare scoprire così le gambe alla mia età, ma direi che ora si sta abituando. Di solito le dava molto fastidio quando mi vestivo diversamente da come voleva lei, come quando, una volta all’anno, mettevo i blue jeans e mi guardava con rimprovero per un giorno intero.

Le sorrido e la saluto, uscendo di casa e prendendo un morso di pane. Mi era mancato fare la strada per scuola durante quest’estate, le persone che si affrettano in giro, qualche rara macchina, il mio amico fornaio Jack, che saluto con un sassolino lanciato alla finestra, come sempre quando la trovo chiusa.

Ho passato tutta l’estate in Nuova Zelanda dai miei nonni, dopo aver a lungo pregato i miei di lasciarmi stare tutto il tempo e non solo poche settimane come sempre. Mi serviva un periodo di stop, del tempo per stare lontana dalla mia vita solita per poter pensare e calmarmi.

Direi che ne avevo estremamente bisogno, dovevo staccare da tutto per poter vedere le cose da un’altra prospettiva. Aiuta veramente tanto lo stare lontana dai problemi per poterli risolvere, perché se ci sei immersa ne sei sopraffatta non capisci più nulla.

Ed era così per me: la mia amicizia rovinata con Lola, il non riuscire ad avere una vita vera in cui mi sentivo veramente me stessa, i sentimenti per Michael.

Ora sono pronta, ho riflettuto, mi sono scervellata e adesso sto bene, o almeno sono determinata a fare qualcosa per cambiare la mia vita in meglio.

Entro nel cortile della scuola, salutando dei ragazzi che stavano fuori dal cancello a fumare, e sento di essere osservata, come se la gente mi stia guardando. Magari è solo una mia impressione, ma sicuramente anche sul piano fisico sono cambiata molto quest’estate. Tra compagni di scuola ci si conosce tutti e sicuramente staranno vedendo la differenza tra la Seph di mesi fa e quella di ora. Fino all’anno scorso le calze, le gonne lunghe di tessuti orrendi, le camicie e i maglioncini occupavano il novanta percento del mio armadio, e solo raramente mettevo cose diverse, soprattutto per andare a scuola.

In quel modo si vestono tutte le ragazze nel raggio di mille kilometri, quindi vedermi vestita diversa sia da me che da loro, anche se di poco, richiama attenzioni. Non mi importa se mi stanno guardando, anche se mi mette leggermente in imbarazzo, e continuo a camminare, ignorando gli sguardi alla mia gonna che arriva poco sopra al ginocchio.

Avvisto le mie amiche, sedute sul muretto come ogni santo giorno, che mi guardano sorridendo e sono sinceramente felice di vederle. Vado loro incontro, velocizzando il passo quando vedo che si alzano in piedi e finiamo in un abbraccio pieno di urletti e saltelli.

Dopo esserci calmate, Sophie mi prende una ciocca di capelli in mano sussurrando un “Oh mio Dio” e io alzo le spalle.

Gran parte dei miei lunghissimi capelli sono finiti in un cestino della spazzatura neozelandese, tagliati dalla parrucchiera di mia nonna, e adesso sono rimasta con un caschetto lungo quasi fino alle spalle.

<< Che cosa hai combinato? >> chiede Meredith spalancando gli occhi.

<< Ti stanno bene, però. >> aggiunge Lola e mi tocca la spala per farmi girare, così mi esibisco in una giravolta per farle vedere i capelli da ogni angolazione.

<< Questo taglio è la nuova moda del momento. >> spiego.

<< Sul serio? >> chiede Lola.

<< No. – dico e lei mi da un buffetto sulla spalla – Ma a me piaceva. Non sapete quento era bello sentirli leggeri sulla testa in confronto alla massa di capelli di prima. >>

<< E questa gonna! >> esclama poi Meredith, continuando a chiacchierare di sciocchezze del genere.

Parliamo un po’ e mi rendo conto che mi sono veramente mancate in questi mesi. Nonostante io sia stata bene lontana da casa, ho sentito veramente tanto la loro mancanza, la mancanza di qualcuno su cui appoggiarsi, a cui posso parlare. Glielo dico e ci abbracciamo di nuovo, tutte insieme.

Lancio uno sguardo a Lola, la nostra amicizia non è più quella di una volta, quella che avevamo da bambine, ma non importa, vorrei che restassimo amiche anche se non c’è più quel legame esclusivo che avevamo prima. Ho capito che le amicizie di qualcuno riflettono sempre la personalità della persona, ed essendo noi cambiate rispetto a quando eravamo bambine, forse non siamo più adatte ad un’amicizia che ci legava come sorelle. Non per questo però dobbiamo disconoscerci del tutto, dobbiamo solo allentare la corda.

Non ho nemmeno bisogno di dirglielo ad alta voce, la guardo sorridendo mentre lei ricambia, e spero che mi capisca. Ho sofferto molto la sua assenza, arrabbiandomi quando si scoprivano contrasti tra di noi che prima non c’erano o a cui non facevo caso, ma ora non importa più.

Quando l’abbraccio si stacca, ho un groppo alla gola, così deglutisco e cominciamo a camminare verso il portone della scuola, seguendo il suono della campanella. Mi stacco dalle ragazze per andare in bagno, presa da un improvviso bisogno di fare pipì, così cammino veloce verso il bagno più vicino.

Spalanco la porta con molta enfasi per poi bloccarmi all’entrata: Michael si sta lavando le mani in uno dei lavandini, ed alza lo sguardo quando sente la porta, fermandosi anche lui a fissarmi. Per qualche attimo i nostri occhi si inchiodano gli uni negli altri e il mio cervello non riesce a catalogare le informazioni che riceve, mandando il cuore in tachicardia.

Mi scuoto interiormente e guardo lo stemma sulla porta per controllare se il bagno è quello giusto, ma la donnina sull’insegna mi da ragione.

<< Sono io nel bagno sbagliato, deliberatamente. >> dice Michael divertito e io gli sorrido, cercando di essere più normale possibile.

<< Per caso mi devi raccontare qualcosa? Magari qualcosa che hai nelle mutande che mi hai sempre nascosto? >>

Michael ridacchia e mi accorgo che sono in estasi per quel rumore.

<< No, è che i bagni delle ragazze sono in condizioni migliori di quelli dei ragazzi, noi abbiamo tutte le porte bucate. >>

Sorrido e gli vado vicino, per toccargli i capelli. Sono leggermente più lunghi del solito e neri corvini, che risaltano molto la sua carnagione pallida.

<< Cos’hai ricombinato? Sai che ti cascheranno se continui a tingerli, vero? >> gli dico e lui inclina la testa, spalancando leggermente gli occhi.

<< Stavolta la domanda è: che cacchio hai fatto tu ai capelli? >>

Sorrido, scuotendo la testa per far muovere i capelli, mentre lui fa un piccolo applauso, così gli do una spinta, che ammortizza sorridendo.

<< Erano molto rovinati, era ora di tagliare tutte le doppie punte. >>

<< Non credo sia solo questo il motivo, ma mi piacciono così diversi, sei cambiata in meglio. - Non smetto di sorridere, mentre lui indica i miei vestiti. – E mi piace come sei vestita oggi, finalmente non hai più le gonne a quadri fatte dalla nonna. >>

<< Ho cambiato gusti nell’abbigliamento. >> spiego alzando le spalle.

<< O forse hai cominciato a vestirti come ti piaceva. >> ribatte lui e io abbasso la testa, colta nel fatto.

<< Anche. – mormoro e lui sorride – Sto cominciando a stare meglio nel mio corpo con addosso i vestiti che mi piacciono. Con questo piccolo cambiamento sento di essere più me stessa e, indovina, mi vado bene così come sono. >>

<< Sai, non vedevo l’ora di sentirti dire cose del genere; dopo una vita alienata da te stessa, finalmente sei sbocciata ed hai dispiegato le ali verso la tua emancipazione. - dice platealmente, aprendo le braccia, ed io gli do un colpo sull’addome, ridacchiando. Michael parla esagerando, buttandola sullo scherzo con melodrammaticità, ma so che crede veramente a quello che sta dicendo. – Sei rock. >>

Mi apro in un sorriso enorme a sentire le ultime parole e faccio finta di togliere la polvere dalle spalle. La campanella suona di nuovo, segno che dobbiamo assolutamente andare in classe, e mi rattristo nel pensare che devo lasciarlo perché sembrano passati solo tre secondi da quando sono entrata in bagno.

Ci salutiamo, con un leggero imbarazzo, il suono della campanella ha come rotto l’atmosfera che si era creata, riportandoci alla realtà. Cammino verso la mia classe, non ho nemmeno fatto pipì.
 
 


 


Sospiro.

Trascino la mia bici fuori di casa, velocemente mi metto in sella e parto, con il mio piccolo faro anteriore che si accende e mi illumina la strada. Di nuovo, sto per andare a casa di Michael e le intenzioni sono quelle dell’altra volta. Speriamo però che stavolta gli esiti non siano come quelli della volta scorsa.

Mi riviene in mente la serata e la rivedo tutta, ricordandomi bene come ci sono stata male. Immersa nei pensieri il tempo passa in un lampo e sono già arrivata sulla strada della casa.

Quando sono davanti all’edificio mi manca il coraggio, quindi lo supero, continuando a percorrere la via. Scuoto la testa, frenando.

Mi giro di centottanta gradi e riparto alla volta della casa. Inaspettatamente però, una figura esce dal giardino dell’abitazione, in cui riconosco Michael dalla camminata. Che cavolo ci fa in giro a quest’ora? Nella mia mente si formano tante ipotesi, forse sta andando dalla sua ragazza/prostituta, starà andando a bere, o forse, magari, starà andando verso casa mia.

Racimolo tutto il coraggio che ho in corpo e lo uso per accelerare verso Michael. Sono rock, giusto? Me lo ha detto lui stesso oggi quindi sarà vero.

Lo chiamo, con un verso rotto come se fossi in fin di vita, e subito dopo mi schiarisco la voce. Lui si gira, decisamente sorpreso di vedermi qui, a quest’ora.

<< Ehi. – mi dice, mentre io lo raggiungo e scendo dalla bici, buttandola per terra con poca grazia. – Così corti i tuoi capelli diventano ancora più da pazza quando sono spettinati. >>

Lo ringrazio mettendomi una mano sul cuore e lui ride.

<< Allora, dove vai in giro? Lo sai che non è raccomandabile andare in giro di notte. >>

<< Venivo da te. - butto fuori e lui inclina leggermente la testa, sorpreso. – E tu che fai? >>

<< Venivo da te. >>

Annuisco e faccio un lungo respiro, e quando vedo che lui prende aria per parlare lo blocco alzando una mano. Devo dirgli tutto e devo farlo ora che ce l’ho qui di fronte, o non lo farò mai più.

<< Allora, quest’estate l’ho voluta passare lontano da qui per riflettere su me stessa, e non sono solo arrivata al fatto che mi piace come mi fanno sentire le gonne corte, ma ho capito cosa provo per te. – Michael fa un passo verso di me e mi prende le mani. Ormai sono a mille e non vedo l’ora di sputare tutto fuori, lo guardo negli occhi e porca miseria quanto sono belli. – Quando stiamo insieme io sono sinceramente me stessa, Michael. Con te sento di poter essere me nella più completa libertà, mi sento libera come se fossi a casa, con te mi sento a casa. Stare con te è come tornare nella mia camera dopo una lunga giornata, togliersi il reggiseno, mettersi nei vestiti più comodi, senza dover stare attenta a mantenere sempre un certo contegno, perché sono nel mio posto. Tu mi fai sentire così Michael ed è così strano, così nuovo per me, ma non voglio stare lontana da te. >>

Non mi rendo conto di non aver quasi respirato durante il mio soliloquio e sinceramente non so se ho detto tutto seguendo un filo logico e una correttezza grammaticale, ma poco importa. Michael mi accarezza il viso e sento la pelle bruciare sotto il suo tocco, quasi non riesco a guardarlo negli occhi.
Prende un lungo respiro e poggia la sua fronte sulla mia.

<< Tutto quello che hai detto è ciò che stavo cercando di farti capire da un tempo smisurato. Tu mi vai bene così come sei, non devi essere nessun’altro che non sia te stessa con me, e io mi sento allo stesso modo. – Come al solito mi fa sentire una bambina, che arriva sempre dopo a realizzare come stanno le cose. Ma va bene così. – Io ti amo in tutto il tuo essere, nessuna eccezione. Insieme siamo a casa. >>

Non stacco gli occhi da lui, non voglio e non riesco. Le mie braccia circondano il suo collo e le sue mani scorrono sulla mia vita, era da così tempo che non ci abbracciavamo. Gli do un colpetto sul naso con il mio e vedo la sua testa che si inclina leggermente.

Chiudo gli occhi mentre le nostre labbra si incontrano, mentre il mio cuore salta fuori dal petto dall’emozione. Ci allacciamo ancora di più mentre il bacio si approfondisce e non sento il bisogno di fare, essere o dire qualcosa perché è tutto perfetto così com’è.

Dopo un tempo che non saprei quantificare ci stacchiamo, lentamente, e guardandoci negli occhi cominciamo a ridacchiare, senza nessun motivo.

<< Che facciamo adesso? >> mi chiede, lanciando uno sguardo alla bici per terra vicino a noi.

<< Andiamo a suonare i campanelli degli sconosciuti? >>










Hello.

Finalmente cari amici, questa straziante agonia è finita, andiamo a fare i fuochi d'artificio.
Dai non se ne poteva più, ammettiamolo.
Sono ritornata ieri dalla mia strabiliante vacanza di distruzione e oggi ho scritto il capitolo, ma quanto sono brava? Ditemelo, dai.
Sinceramente non so se fare un epilogo, magari un "come e dove sono finiti i due luridi protagonisti a distanza di dieci anni, staranno insieme? Avranno figli? A Michael sono caduti tutti i capelli?" 
Chi lo sa... Forse.
Bene cari ragazzi, vi lascio, au revoir.


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Baci.
   
 
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