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Autore: jioozee    01/08/2016    1 recensioni
Mi sedetti e guardai fuori dal piccolo oblò. Mi accorsi che mio padre era ancora lì, con lo sguardo velato di tristezza e di speranza. Forse sperava che cambiassi idea, ma doveva rassegnarsi. Non potevo permettere che soffrisse ancora per colpa mia. Non potevo tirarmi indietro. Dovevo mantenere la promessa che avevo fatto a me stessa.
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Twilight, dal punto di vista di un nuovo personaggio.
Come influirà sulla storia?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Forks High School


Il giorno successivo, mi svegliai in ottima forma. Il ticchettio della pioggia e il fruscio incessante del vento mi avevano cullato tutta la notte conciliandomi il sonno, e non mi avevano lasciato neanche per un minuto. Al contrario di Bella, la quale non aveva fatto altro che rigirarsi nel letto senza sosta.
Un raggio di sole cercava di entrare attraverso la tendina e decisi di dargli una mano ad illuminare la stanza. Mi tolsi di dosso il piccolo piumone che mi avvolgeva, m'infilai le pantofole e andai alla finestra. Appena spalancate le ante – una mia abitudine a cui non potevo rinunciare – venni investita da una ventata di aria gelida e così le richiusi immediatamente.
Giusto, qui niente venticello caldo di prima mattina.
Mi stiracchiai e lanciai un'occhiata alla sveglia. Le lancette segnavano le sette e mezza e ciò significava che ero in ritardo pazzesco. Presi un paio di jeans, una felpa e corsi in bagno, per mia fortuna libero. In una manciata di minuti fui pronta per uscire, afferrai lo zaino e uscii di casa senza neanche aver fatto colazione. Né il pick-up di Bella, né l'auto della polizia erano parcheggiati nel vialetto, perciò mi sarebbe toccato fare una bella camminata.
Peggio di così..
E dopo aver pensato le ultime parole famose, che mai avrei dovuto pensare o pronunciare, una piccola gocciolina mi bagnò il naso.
Dovevo sbrigarmi, al più presto.
Iniziai a correre, lasciandomi guidare dai cancelli, mentre altre gocce cadevano giù copiose. Mi fermai nel bel mezzo del parcheggio della scuola ansimando e cercai di ricompormi meglio che potevo.
Nella tasca anteriore dei jeans trovai un elastico, così mi legai i capelli in una coda di cavallo e poi mi guardai intorno.
A primo impatto non pareva una scuola. Lo avevo capito solo grazie al cartello che indicava “Forks High School”.
Assomigliava più a una serie di case tutte uguali, costruite con mattoni di un rosso sbiadito. Mi chiesi dove fosse l'atmosfera tipica dei luoghi pubblici: le recinzioni, i metal detector e tutte quelle cose lì.
La mia attenzione fu catturata dal primo edificio: sopra la porta d'ingresso vi era un cartello con su scritto ' Segreteria '. Percorsi un piccolo sentiero di ciottoli fra due siepi scure e appena fui davanti alla porta l'aprii, affrettandomi ad entrare.
Dentro c'erano più caldo e luce di quanto avessi immaginato. L'ufficio non era molto grande: una piccola area con sedie imbottite faceva da sala d'attesa; la stanza era poi divisa in due da un lungo bancone pieno zeppo di cestini metallici, a loro volta stracolmi di volantini. Il pavimento era in legno, decorato con diverse tonalità di arancione, mentre le pareti erano tappezzate da avvisi. In ogni angolo dell'ufficio c'erano piante, messe in grossi contenitori di plastica, come se fuori non ce ne fossero abbastanza.
Dietro al bancone si scorgevano tre scrivanie, una delle quali era occupata da una donna occhialuta con i capelli rossi..
“Posso esserti utile?” mi domandò cordialmente.
Lentamente mi avvicinai alla scrivania, mentre sul mio viso si era stampato un sorrisetto da ebete.
“Sono Nita Swan” la informai e vidi i suoi occhi accendersi. Era stata informata del mio arrivo... come tutti, probabilmente.
“Certo” disse e cominciò a rovistare in una pila di documenti che giaceva sulla scrivania, finché non estrasse quel che stava cercando.
“Ecco qui, questo è l'orario, questa invece è la piantina della scuola”. Mi mostrò le aule delle mie lezioni, il percorso migliore per raggiungerle ed infine mi diede un foglio da far controfirmare ai professori.
Quando uscii dalla segreteria, l'aria fredda m'investii in pieno viso. Avevo una gran voglia di tornare dentro e starmene lì, seduta su una sedia comoda, a poltrire come solo io sapevo fare. Purtroppo non potevo.
Tornata al parcheggio notai che altri studenti incominciavano ad arrivare. Presi la mappa dalla borsa e cercai di memorizzarla. Non mi andava di girare con quell'affare in mano, avrei sicuramente attirato troppa attenzione. La ficcai nello zaino che tenevo in spalla e feci un respiro profondissimo.
Da quello che avevo letto sul foglio degli orari, come prima lezione avevo inglese.
Calai sulla testa il cappuccio del mio giubbotto grigio a tinta unita e mi diressi vero la mensa. Da lì, l'edificio numero tre sarebbe stato abbastanza semplice da individuare. Sulla facciata est era stato dipinto un grosso numero nero su sfondo bianco.
Più mi avvicinavo alla porta, più sentivo il mio respiro diventare pesante e affannoso. Cercai di calmarlo e, seguendo tre impermeabili unisex, varcai l'entrata.
Con mio stupore,notai che una delle tre ragazze era Bella. Sperai vivamente che Charlie non mi avesse iscritto ai suoi stessi corsi, con i suoi stessi orari.
Mi tolsi il giubbotto e, imitando le due ragazze e Bella, lo appesi ad una lunga fila di ganci. La prima delle due aveva i capelli biondo platino e la pelle color porcellana, l'altra era ugualmente pallida ma aveva capelli castano chiaro.
Lì, in quella classe, ero l'unica ad avere la pelle bronzea: mi sentii parecchio a disagio.
Portai il modulo al professore, un uomo alto e calvo, che secondo la targhetta di chiamava Mr Mason, il quale firmò e senza perdersi in presentazioni inutili mi fece sedere nella penultima fila, proprio accanto alla finestra.
In quel momento tutta la mia agitazione si dissolse nel nulla. Mi piaceva guardare fuori, mentre ero in classe con il chiacchiericcio continuo dei professori come sottofondo.
Poco dopo, però, provai la strana sensazione di essere fissata e quando alzai lo sguardo, mi ritrovai puntati addosso diversi occhi indiscreti. Parecchi occhi indiscreti.
Più lusingata che imbarazzata, abbassai lo sguardo sulla lista delle letture. Erano letture davvero semplici, che per di più avevo già studiato. Benissimo, non avrei dovuto sgobbare come una matta.
Quando il suono squillante della campanella si propagò nell'aria, un ragazzo, forse il più coraggioso, si avvicinò al mio banco.
“Nita Swan?”
Alzai lo sguardo su di lui per guardarlo meglio. Era abbastanza alto, con due splendidi occhi azzurri - quelli che io avevo sempre desiderato - mentre i capelli biondo cenere erano raccolti in punte ordinate.
“Si” annuii, mentre le sue sottili labbra si distendevano in un sorriso.
“Io sono Mike, Mike Newton” Sorrise. “Dov'è la tua prossima lezione?”
Dovetti controllare nello zaino.
“Uhm, al numero quattro, con Mr Varner” dissi, mentre sistemavo le mie cose al loro posto.
“Che fortuna! Io devo andare al cinque, se vuoi possiamo andarci insieme” ed io senza obbiettare accettai. Così non avrei dovuto girare con la cartina della scuola sotto il naso.
Mi stupii di come Mike fosse così... sfacciatamente amichevole, ma a me piaceva. Non in quel senso, be' avete capito di cosa sto parlando, no? Era abbastanza simpatico: magari avrei potuto passare con lui il tempo alla mensa e le pause tra una lezione e l'altra.
“Com'è il tempo a Chicago?” mi domandò all'improvviso, dopo che ebbe finito di blaterare di qualche cosa di cui io non avevo afferrato neanche una parola.
“Piuttosto assolato”. Solo il pensiero mi costrinse a sventolare la mano come se fossi stata sotto il sole cocente di agosto.
“So come ti senti, anche a me ripugna Forks. Sai, ho vissuto in California fino all'età di dieci anni” mi sorrise.
Ma che?!
“Guarda, hai preso un granchio. Io amo Forks” risi.
Lui mi guardò in un modo strano, come se avessi parlato in aramaico. Sicuramente ai suoi occhi apparivo una pazza o,peggio, un aliena.
A giudicare dall'espressione che aveva assunto il suo viso, sì, non vi erano dubbi.
Non potevo essere l'unica a cui piaceva quella terra abbandonata da Dio, tormentata da raffiche di vento e da piogge incessanti che rispondeva al nome di Forks, vero?
“Be', allora ci vediamo in mensa” Mike mi salutò con un leggero cenno della mano, svoltando verso il lato opposto.
Prima di entrare in classe presi dei respiri profondi, poggiai la mano sulla maniglia e poi aprii la porta.
I disegni criptici disegnati sulla lavagna mi fecero intuire che quella era la classe degli orrori: odiavo la trigonometria, odiavo tutte quelle forme e tutti quei numeri. Eravamo sicuri che quella fosse una materia e non un linguaggio del tutto sconosciuto all'essere umano, che solo le grandi menti potevano decifrare? Ero decisamente negata per la geometria, figuriamoci per questa.
Comunque, come al solito ero arrivata in ritardo, infatti Mr Varner aveva già cominciato la lezione.
“Grazie per essersi unita alla lezione all'ultimo minuto, signorina...?” “
Swan, Nita Swan”, conclusi per lui.
Il professore annuì, con un gesto della mano mi invitò a sedermi all'ultimo banco e poi ricominciò a parlare di qualcosa a cui non prestai minimamente attenzione.
Per tutto il tempo, non feci altro che guardare dalla finestra lo scrosciare della pioggia contro i vetri un po' graffiati e le enormi chiome degli alberi, che ondeggiavano sinuose, scosse dal vento.
Quando il suono della campanella mi distrasse dal mio far niente - ecco il perché delle sospensioni nella scuola precedente - raccolsi le mie cose e mi diressi con grande gioia verso la mensa.
Mike come un adorabile cagnolino mi aveva aspettava fuori.
Mi invitò a seder al suo tavolo, dove vi erano altri ragazzi. Il primo era Eric: probabilmente aveva un problema cutaneo; i suoi capelli sembravano una macchia d'olio.
Sembrava il classico tipo che ti riempie di mille attenzioni.
Presi posto accanto a una ragazza, il cui viso pallido era incorniciato da capelli castano chiaro. Si chiamava Angela e se ne stava in disparte senza parlare molto. A quanto pareva esistevano persone ancora più timide di Bella.
Di fronte a me, era seduta Jessica intenta a sgranocchiare una mela. Era molto più bassa di me, perfino più bassa del metro e sessantacinque di Bella, ma aveva dei capelli ricci che compensavano tutta la differenza in altezza. Blaterava senza sosta, ma Bella non sembrava ascoltarla.
Vi era poi un altro paio di ragazzi di cui però dimenticai subito i nomi.
“Chi è?” chiese Jessica, con una vocina fastidiosamente squillante.
Stavo per rispondere, ma Mike mi precedette. “Un nuovo acquisto dalla scuola di Chicago, nonché cugina di Bella”.

Non poteva chiudere quella sua boccaccia?
Gli lanciai un'occhiata assassina che lo ammutolì per un istante.
“Benvenuta a bordo!” ridacchiò Jessica, seguita da un sorriso timido di Angela.
Dopo quasi dieci minuti di chiacchiere e di domande sul perché fossi lì a Forks, mi estraniai dal gruppo. Non mi andava di sorbirmi le loro chiacchiere per tutto il tempo.
Stavo giocherellando con la linguetta della lattina di soda, quando mi accorsi che Bella aveva gli occhi incollati su qualcosa.
O meglio qualcuno.
Sollevai lo sguardo e rimasi, per un lunghissimo istante, a bocca aperta.






Angolo autrice:
mi dispiace avervi dovuto far attendere ma finalmente il pc è
rinato, ma tra poco anche le poverelle come me vanno in vacanza!
Buone vacanze a tutte :3
   
 
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