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Autore: therub    04/08/2016    0 recensioni
..."Il bar è lungo e stretto, un po’ buio all’interno. È gestito da due donne che riconosco essere mamma e figlia. Mi serve la figlia, che avrà non più di 35 anni e nonostante l’accento ereditato dal contatto con i locali, capisco non essere italiana..."
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sento molto solo. Quando sono solo penso troppo e spesso mi critico forse troppo aspramente. Per evitare di essere ossessivo nell’analisi di me stesso e delle mie poche relazioni sociali, decido di salire in sella alla mia mountain bike e di percorrere il bellissimo lungomare fino alla vicina San Benedetto.
 
Nonostante sia pomeriggio inoltrato, per strada non c’è nessuno. Percorro i 2,8 km tra le due cittadine e, sempre seguendo il tracciato della pista ciclabile, arrivo nel centro di San Benedetto. Qui c’è molta più gente, ragazzini di 13-16 anni sono in gruppo, ciascuno col suo cellulare gioca a Pokemon Go e corrono come pazzi per acchiapparli tutti.
Un tempo alla loro età mi son divertito anche senza smartphone, penso. Qualche coppietta passeggia sul corso tenendosi teneramente per mano.
 
Passo il centro e mi dirigo verso la pineta. Non ho un motivo preciso per fare esattamente quella strada, semplicemente è dritta davanti a me e la percorro finchè c’è strada. Mi guardo intorno, un uomo dorme sdraiato su una panchina. Beato lui che si gode queste piccole cose, io non riesco.
Sempre in sella alla mia bici, svolto a sinistra, supero la fontana vicino al faro e mi dirigo verso il porto.
 
Passo spesso per il porto. È uno dei luoghi che più mi rilassa in assoluto, specialmente quando percorro tutto il Molo Nord, fino al faro dipinto di verde in fondo al molo. Lì c’è una panchina, è lì da sempre, mi ci siedo sempre, anche per pochissimo, ma lo faccio e da lì, guardo un po’ il porto con i pescherecci ormeggiati, un po’ il mare aperto con il suo blu rassicurante.
 
Oggi, contrariamente al solito, non faccio il Molo Nord. Ci passo davanti e leggo le insegne dei locali attorno al porto che sono sempre affascinanti: C’è la trattoria “Il Ragno”, il mercato del pesce che di mattina presto deve essere affollatissimo e c’è anche un bar. Sarò passato davanti a quel bar 300 volte e forse non mi avvicino al numero reale, ma non mi sono mai fermato. "Al porto non ci si ferma, si passa”, diceva mio nonno chissà perchè. Comunque, la pedalata mi ha messo una sete incredibile, quindi decido di parcheggiare la bici e di entrare nel bar in cerca di qualcosa di fresco.
 
Il bar è lungo e stretto, un po’ buio all’interno. È gestito da due donne che riconosco essere mamma e figlia. Mi serve la figlia, che avrà non più di 35 anni e nonostante l’accento ereditato dal contatto con i locali, capisco non essere italiana. Prendo la mia bibita ed esco accomodandomi su uno dei tavolini fuori dal bar. I tavolini sono sotto una serie di tendoni e ai lati ci sono delle siepi come recinzione. Fuori con me c’è un uomo che avrà circa sessant’anni che sorseggia una birra media mentre legge una copia del corriere adriatico.
 
Mi siedo su uno sgabello, un po’ più defilato rispetto alla fila dei tavolini fuori dal bar. Non voglio rovinare la tranquillità del lettore solitario davanti a me. Mi accorgo che accanto me nel frattempo sono arrivati due tizi, sono amici di lunga data e scherzano tra loro parlando in dialetto molto stretto. Non capisco tutto quello che si dicono. Uno dei due è enorme. Ha addosso un paio di pantaloncini corti scuri e una canotta blu tutta sgualcita, sporca e rovinata. Attrezzi del mestiere di pescatore. Lo osservo meglio. Ha un marlin tatuato sull’avambraccio. Non so quanto possa aver navigato lontano, ma addirittura arrivare a tatuarsi un Marlin…forse troppo pretenzioso, a queste latitudini non li hanno visti mai manco in foto.
 
Improvvisamente capisco quanto si stanno dicendo i due pescatori: uno si sta lamentando con l’altro dei turni di lavoro e del fatto che cominci a sentirsi vecchio per sostenerli. L’altro annuisce un paio di volte e poi trova il nocciolo della questione, il senso di una vita in mare: “..ma sai Beppe, siamo pescatori non per chissà quale vocazione. Andiamo per mare perchè a terra ci rompiamo i coglioni”.
 
“…perchè è qui da cui veniamo tutti e ci vogliam tornare, in mare.” - The Giornalisti
   
 
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