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Autore: Esarcan    05/08/2016    1 recensioni
In una città popolata da abitanti mossi solo dall’egoismo, in cui la nobiltà mantiene il potere assicurandosi il monopolio sulla magia, Will, uno stalliere orfano, viene catapultato in una vita a lui nuova in cui scoprirà il segreto delle sue origini e troverà la strada per il suo futuro.
Durante questa ricerca il suo destino s’intreccerà con quello di un misterioso veterano mentalmente instabile, il cui unico desiderio è la fuga dal suo traumatico passato, per perdersi completamente nelle assurdità della sua mente contorta. Ad esempio scrivere un dettagliato libro sulle fogne.
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

Campi di Battaglia


Gentili volute di fumo si alzavano dalla pipa del generale Yohn Nisa , per salire ad attorcigliarsi in una leggera danza, nell’ampia stanza della fortezza. Nirissa poteva vedere come le braci nel fornello di vetro si rinfocolassero ogni volta che il vecchio inspirava. Temeva che prima o poi le scintille gli avrebbero incendiato i folti baffi grigi, trasandati com’erano avrebbero preso fuoco come paglia secca d’estate. Il fatto che il generale stesse fumando mentre li accoglieva nel forte aveva irritato Nirissa, contravveniva alle norme dell’etichetta che le avevano insegnato a rispettare fin da bambina. Ma era quel genere di comportamento che aveva relegato il vecchio soldato in una piccola fortezza di una regione minore: un posto dove trascorrere i suoi ultimi giorni in un modo che lui avrebbe sicuramente disprezzato, immerso nella noia della pace, per poi morire nel proprio letto senza onore. Il passaggio del terzo esercito imperiale era l’unico avvenimento degno di nota dell’ultimo anno, ma non sembrava che il generale lo considerasse più dell’arrivo di una nuova domestica. Nonostante questo Nirissa si sforzò, con discreto successo, di mantenere un’espressione stoica.

“Posso ospitare duecento soldati al massimo all’interno del forte, gli altri dovranno dormire nelle tende.” Incominciò Nisa con tono burbero, poggiando un braccio sul tavolo di quercia che lo divideva da Nirissa. “Non m’importa se diluvierà tutta la dannata notte, ho patito ben di peggio ai miei tempi.”

“Suvvia generale, sono sicuro che potremo trovare un accordo migliore. In fondo i nostri soldati hanno passato gli ultimi dieci giorni in marcia, sicuramente i tuoi uomini posso passare una sola notte all’aperto.” La voce mielosa di Silar fece venire la pelle d’oca a Nirissa. Non poteva sopportare quell’uomo: ogni sua occhiata nascondeva una macchinazione, ogni sua parola era una manipolazione. Nirissa sapeva che a Silar non importava nulla dei soldati, ma quello era un gioco di potere e lui vi eccelleva. “Oppure potremmo far sloggiare gli abitanti del villaggio vicino, in fondo è loro dovere dare riparo ai soldati che li proteggono. Mi hanno riferito che c’è una grossa fattoria poco lontano dal forte occupata solo da una donna e due bambini, mi sembra uno spreco non utilizzare tanto spazio.” Lanciò una serpentina occhiata d’intesa al generale, che aveva avuto un tremito quasi impercettibile quando aveva sentito nominare la fattoria.

Corrugando le sopracciglia, Nisa si alzò dal tavolo “Vi lascierò la caserma, ma non una stanza di più!” La voce ormai ne tradiva la crescente rabbia. “Qualcuno li porti alle loro stanze.” Disse gesticolando ai due servitori ai lati del camino, mentre usciva dalla stanza lasciando Nirissa sola con Silar.

“Che sfortuna, sembra che ci abbiano dato nuovamente camere separate...” Nirissa si voltò a fissare con disgusto quel viscido, misero esempio di un essere vivente. “Avrei preferito trascorrere un’altra notte nella mia gelida tenda piuttosto che condividere qualcosa più del tetto con te.” Con questa risposta Nirissa si avviò alla porta, desiderando più di ogni altra cosa di sottrarsi allora sguardo di Silar. Subito uno dei servitori cominciò silenziosamente a farle strada nei tortuosi e stretti corridoi di pietra della fortezza, il cui stato non era fra i migliori. Infiltrazioni d’umidità avevano permesso a muffe di ogni genere di proliferare, alcune pareti erano talmente ricoperte che sembrava fossero adornate d’arazzi. Il clima estremamente piovoso della regione non doveva rendere sicuramente facile il lavoro del mastro carpentiere, ma uno stato simile era inaccettabile. Nirissa avrebbe inserito ogni dettaglio all’interno del suo rapporto alla capitale, d’altro canto faceva parte dei suoi compiti condurre ispezioni delle fortezze. La stanza che le era stata assegnata non era in condizioni migliori: uno spesso strato di polvere ricopriva i velluti consumati dalle tarme di un letto a baldacchino che reggeva a stento il peso del materasso. Tristemente abbandonata in un angolo, una brocca sbeccata coronava un lavabo di latta poggiato su d’un tripode. Un piccolo caminetto era tutto ciò che gettava luce sullo squallido alloggio, ma il suo calore era ben poco per contrastare la penetrante umidità che permeava la fortezza. I suoi bagagli, gettati nella stanza senza riguardo, guatavano con palpabile intenzioni vendicative. In particolare un grosso baule di pelle nera, contenente i suoi migliori capi d’abbigliamento, emanava un’aura di bieca malvagità che le invase le ossa più in profondità dell’onnipresente umidità. Congedato il servo e scossasi di dosso il silenzioso odio del suo guardaroba, provò a togliere almeno uno degli strati di polvere che ricoprivano le rosse coperte del letto. Fu a metà di questa tediosa e fallimentare operazione che una terribile verità venne a palesarsi: quello che avrebbe potuto sembrare uno spesso lenzuolo cremisi scolorito aveva una natura ben più terribile, essendo in realtà interamente composto da uno strato di muffa. L’intricata foresta di microscopici funghi ricopriva la totalità della superficie del letto, allungandosi versò il pavimento con volute degne dei migliori velluti dell’Impero. Qualsiasi cosa avesse spinto una muffa ad imitare delle coperte era al di là della mente di Nirissa, che ora stava giocherellando con l’idea di lasciare che una sana dose di fuoco divorasse l’intera catapecchia che si fregiava del nome di fortezza. Non sarebbe stata la prima volta che incidenti simili capitavano, era sicura che nella Capitale nessuno avrebbe fatto caso all’omissione delle cause dell’incendio occupati com’erano dai ricevimenti ed i festini. In ogni caso il problema rimaneva, se anche si fosse disfatta della muffa senza distruggere il fragile baldacchino nel processo, il suo corpo si sarebbe comunque rifiutato di dormire in quel letto. La sua fantasia era già all’opera nel teorizzare cosa potesse nascondersi sotto il materasso, la risposta avrebbe sicuramente reso felice qualunque micologo, che si sarebbe dilettato a catalogare tutte quelle nuove specie di muffe e funghi. Se il generale si fosse trovato ancora in carica della fortezza quando Nirissa avesse consegnato il suo rapporto, avrebbe significato che non vi era luogo peggiore dove mandarlo come punizione. Ma si sarebbe assicurata che Nisa pagasse per quella notte. Fece qualche altro misero tentativi di rendere il letto utilizzabile, ma si arrese quando notò che la muffa brulicava di piccoli esseri viventi, con i quali non voleva avere nulla a che fare. Contemplò più seriamente l’utilizzo del fuoco, poi si rivolse a soluzioni meno convenzionali. Da uno dei bauli guatanti estrasse un vecchio tomo proveniente dai suoi giorni di studio, che non avrebbe mai pensato di rimpiangere fino ad ora. Cercò la pagina che le interessava e con un gessetto si mise a tracciare un simbolo sul pavimento marcescente, seguendo fedelmente le istruzioni. Quando ebbe finito, ripose il libro e aggiunse i pochi dettagli che dipendevano da tempo e luogo. Indossò la più pesante delle sue camicie da notte e si posizionò al centro del simbolo circolare. Infuse energia sufficiente perché il Flusso venisse mantenutò fino al mattino ed immediatamente cominciò a sollevarsi con leggiadria dal pavimento, si fermò quando raggiunse un metro d’altezza e si coricò nell’aria. Non le piaceva usare la levitazione per dormire, favoriva gli incubi ed era molto meno comoda di quanto sembrasse, la sensazione era simile a quella di un materasso troppo morbido che non dava il giusto sostegno. Ma anche un letto di chiodi sarebbe stato preferibile all’ecosistema del baldacchino.

In ogni caso, non dovette sopportare la situazione a lungo: poche ore dopo che era finalmente riuscita ad addormentarsi delle urla strazianti squarciarono la notte piovosa, seguite da un’assordante boato che la svegliò di soprassalto. Cadde distesa sul pavimento, solo la spessa camicia da notte ad attutire il tonfo che le si propagò per tutto il corpo. Qualcosa doveva aver interferito con la runa di levitazione. Appena riuscì a mettere a fuoco non ebbe problemi ad individuare l’interferenza: una buona porzione del soffitto e del muro contrapposto all’entrata erano completamente assenti. L’acqua che si riversava nella stanza dal buco nel tetto aveva cancellato una parte del simbolo, dal quale Nirissa aveva velocemente assorbito tutta l’energia rimanente, prima che si disperdesse con conseguenze imprevedibili, non che le sarebbe dispiaciuto distruggere ciò che rimaneva della stanza. Oltre la parte del muro che si ergeva decapitato davanti a lei, poteva vedere uno spettacolo che le fece produrre un’involontaria risata: la due torri principali della fortezza avvolte dalle fiamme, come fiaccole ardenti che si stagliavano con il cielo tempestoso.

   
 
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