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Autore: plinys    05/08/2016    1 recensioni
Eggsy è costretto a rivivere di continuo il giorno in cui Harry è morto e cerca di cambiare il mondo in modo tale che l’uomo riesca a sopravvivere. Senza avere successo.
{ Harry/Eggsy | One shot | 3846 parole | Time Loop!AU | Traduzione di Hiraeth }
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gary - Eggsy - Unwin, Harry Hart, Merlin, Roxy Morton
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della traduttrice (Hiraeth): le gioie di tradurre una fanfiction centrata su un loop temporale quando si è una fangirl in fissa con questo trope. Il link alla storia originale si trova qui – se non ve la cavate male con l’inglese, fateci un salto. Buona lettura!










past and present (they don’t matter)
di plinys




1

Ha salvato il mondo.

 Punto e basta.

 Fine.

 Titoli di coda.

 La Terra è fuori pericolo.

 La storia è conclusa.

 Ma questo non è mai stato quel tipo di film, vero?




2

«Stai facendo un incubo, Eggsy, merda, svegliati…»

 Quando si riscuote dal sonno si accorge che delle mani lo stanno inchiodando alle lenzuola, e per un secondo non capisce dove si trova, l’ultima volta che si è addormentato era sull’aereo che rincasava dalla tana di Valentine, Merlino gli ha detto che era tutto a posto se per qualche minuto si riposava e…

 Devono averlo spostato nei locali della base operativa, eccetto che la situazione non gli quadra, perché riconosce la macchia di umidità sul soffitto che può vedere oltre la testa di Roxy.

 Infatti, la riconoscerebbe ovunque.

 Specialmente perché gli è diventata molto famigliare durante la prima notte trascorsa al quartier generale della Kingsman.

 «Perché cazzo sono nella stanza dei candidati?»

 Alla sua risposta, la faccia di Roxy esplora una serie di emozioni confuse prima di assumere un’aria interrogativa. «Dovresti per caso essere da qualche altra parte?»

 «Su un aereo, o magari in una cazzo di infermeria, lo sai quanto è precisino Merlino sulle cazzo di infermerie» ribatte Eggsy.

 «Lo so, ma tu stai bene, Eggsy, a meno che non abbia subito qualche incidente inspiegabile la notte scorsa mentre eri in compagnia di Galahad».

 «Sul serio, Roxy, smetti di prendermi per il culo…»

 «Non ho idea di cosa tu stia parlando» replica, e suona quasi sincera, «anche se forse dovresti andare in infermeria per davvero. Sai, se ammattisci e mi assegnano la carica di Lancillotto solo perché sei diventato completamente pazzo, non ti perdonerò mai per avermi facilitato le cose».

 «Porca puttana…»

 «Okay, adesso calmati». Viene rispinto a letto e Roxy riacquista un’espressione preoccupata. «Guarda che è stato un incubo, respira un attimo e…»

 «Un incubo, mi stai dicendo che tutto questo è un incubo e che niente di quello che è successo è accaduto veramente?»

 «Non essendo al corrente di cosa implichi quel quello, probabilmente no».

 Un incubo.

 Giusto, ha senso.

 Ma se è stato un incubo, perché gli è parso tanto reale?

 Perché ha l’impressione di star avendo un dejà vu quando prende in mano la pistola allungatagli da Artù e non ha il coraggio di sparare?

 Perché, nel suo profondo, sa che Harry non manterrà la parola quando lui gli dice: «Quando torno, sistemerò questo pasticcio»?

 Perché questa volta gli sembra tutto molto semplice e, come se fosse nella sua natura farlo, spara nei corridoi di un covo sotterraneo uscito direttamente da qualche banale film di James Bond, mentre sta per giungere la fine del mondo?

 «Riposa» gli raccomanda Merlino a missione terminata. «Dopo essere stato con la principessa, immagino che tu sia stanco…»

 «Non sono un dannato vecchiaccio» sbotta di rimando, ma si accoccola lo stesso su una poltrona.

 «Quando arriviamo al quartier generale ti avviso».

 «Sì, sì, chi se ne frega».




3

Ecco, ad essere sincero, lui ha visto Ricomincio da capo e un casino di altri film che parlano dei viaggi nel tempo, ma lì i protagonisti danno l’impressione che sia una passeggiata, come se, ogni qualvolta viaggi nel tempo, ne fossi già consapevole.

 Quei film li creano i bastardi bugiardi, che non hanno mai avuto quel genere di esperienze in vita loro.

 Gli ci vuole il secondo round per accorgersi che è andato indietro nel passato.

 Almeno non si trova ne Il mago di Oz, che cazzo.

 Quello è un minuscolo sollievo.

 «Non sto sognando» scatta, allontanando da sé un po’ troppo aggressivamente la mano di una Roxy allarmata e mettendosi a sedere.

 «Be’, ovvio che no, ti ho svegliato» ribatte lei, scostandosi ma assumendo un volto di distinta disapprovazione. «Eggsy, che hai?»

 «Non ne sono sicuro» ammette, ridendo alla sua stessa battuta, e cambia velocemente il discorso, «ma devo fare una cosa, Roxy, e perdonami se me la squaglio per il resto della giornata».

 L’unico problema è che, di solito, in questo tipo di film i protagonisti sanno sempre cosa fare, e per quanto gli interessa la sua missione consiste nel salvare il mondo, cosa che, tuttavia, ha già compiuto con successo.

 Il che significa che, per risolvere l’unico errore nell’equazione, deve salvare Harry Hart.

 «Dove pensi di andare?»

 Non si ferma per spiegarglielo, anche se tutto sommato potrebbe, dato che è un viaggiatore del tempo ed eccetera, ma se ci ha azzeccato, Roxy non avrà memoria di questo momento la prossima volta che lui si sveglierà.

 E se è nel torto, be’, le chiarirà le sue motivazioni.

 E se non lo è, perché mai sprecare i secondi che gli rimangono?

 «Sarai un grande Lancillotto, Roxy» le dice Eggsy, voltandosi rapidamente per rivolgerle un occhiolino. «Io, però, devo prima salvare il mondo».

 «Oh, e come credi di farlo?»

 «Nello stesso modo con cui l’ho salvato le ultime due volte, eccetto che, stavolta, Harry non morirà».

 Il piano non va minimamente come previsto, perché la seconda cosa che ha imparato da quei film è che rivelare ad altri cosa accadrà a loro non è sempre un piano infallibile. E ora che è di fronte a Harry, ancora nella sua uniforme da candidato, vorrebbe dirgli, persino più di quanto gli vorrebbe raccontare ogni cosa, “Ti ho guardato morire e non sono pronto a rifarlo”.

 Ma Eggsy è silenzioso, ascolta la filippica nonostante sia talmente immeritata da fargli sentire l’impulso di urlare.

 «Hai idea di quanto mi hai umiliato, gettando la spugna? No, naturalmente, certo che no». È ingiustamente spietato e vorrebbe che Harry lo capisse, anche solo per migliorare la memoria dei loro ultimi momenti insieme, senza essere macchiata dalla delusione di Harry nei suoi confronti.

 «Lo comprendo perfettamente, ma…»

 «Avrei dovuto lasciarti in prigione» prorompe Harry, ed Eggsy sa che non lo dice sul serio, ma è come ricevere uno schiaffo sulla guancia.

 Udire quella frase è quasi peggio di ricordarsi che gli toccherà rivivere la fine del mondo.

 «Non ho gettato la spugna, la faccenda è più complicata».

 «Più complicata» ripete, con uno sguardo che continua a essere irritato ed evidentemente scettico. «Be’, perché non mi illumini, allora?»

 «Non posso, vorrei poterlo fare» dice Eggsy tra i denti, «ma fidati di me, sistemerò la situazione, dammi solo un secondo per…»

 Non riesce a completare la frase perché Merlino ha una missione per Harry e, no, non può essere, non possono aver trovato così velocemente una pista su Valentine.

 «Quando torno, sistemerò io la situazione» ribatte Harry. «Tu resta qui e non peggiorare le cose».

 «Ma non tornerai» sussurra, le parole pronunciate troppo tardi, dopo che Harry è già uscito sbattendo la porta dietro di sé.

 Questa volta non guarda il video, non si prende il disturbo di salvare il mondo.

 Si accoccola sullo scomodo divano di Harry e rilassa il respiro finché non si addormenta.




4

Dato che tentare di convincere Harry a rimanere non funziona, ovviamente, Eggsy prova a comportarsi perfettamente.

 Gioca secondo le regole.

 Risponde: «Era solo un incubo, Roxy, scusa per averti svegliata».

 Si finge sorpreso quando Merlino gli annuncia che Artù intende fare quattro chiacchiere con lui.

 Spara al cane, sebbene odii se stesso per il gesto, e tira un sospiro di sollievo quando la pistola è caricata a salve.

 E tanto basta.

 «Congratulazioni, Lancillotto».

 Questa volta la scena si svolge in maniera diversa, perché Harry è orgoglioso di lui, gli sorride, ed Eggsy ha la sensazione di star ancora sognando.

 Però nella voce di Harry che si congratula affermando “Ottimo lavoro” e “Ho sempre saputo che ce l’avresti fatta” c’è una sfumatura così diversa dagli attimi precedenti in cui loro due si sono parlati – le versioni precedenti che ha vissuto di questa giornata – che Eggsy si gode il momento, si gode una realtà in cui è andato tutto per il meglio.

 E quando c’è la possibilità che vada tutto per il peggio senza che niente importi davvero, chi può biasimarlo se lui reagisce impulsivamente?

 Sebbene stare in punta di piedi e attirare Harry a sé in un bacio sia la cosa più pericolosa che abbia fatto da giorni, ne vale assolutamente la pena.

 Soprattutto perché un secondo dopo Harry ricambia e l’esperienza è migliore di quanto avesse mai immaginato.

 Se potesse scegliere di rivivere quell’istante per il resto della sua esistenza, quel ciclo temporale non gli parrebbe tanto male, eccetto che la storia non si risolve facilmente. Non è quel tipo di film, dopotutto.

 Perché Harry si incammina lo stesso, giurandogli: «Quando torno, termineremo quello che abbiamo iniziato», la mano stretta all’anca di Eggsy, massaggiando piccoli cerchi nella pelle quasi come per promettergli molto altro ancora, ignaro di quello che succederà.

 «Portami con te» insiste Eggsy, perché se non riesce a far restare Harry allora andrà con lui e troverà un modo per impedirgli di imboccare una via a senso unico.

 Invece riceve in cambio una risata allegra che durante la fine del mondo proverà a conservare con cura tra i ricordi. «Qualcuno è entusiasta».

 «Adesso sono un Kingsman proprio come te, no?»

 «Così sembra» concorda. «Avrai molte altre occasioni per inzuppare il tuo biscotto. Lasciami portare a termine questa missione, lavoreremo insieme la prossima volta».

 «E se non ci fosse una prossima volta?»

 «Abbi un po’ di fiducia, suvvia».

 Vorrebbe spiegargli che non si tratta di una questione di fiducia, ma Harry esce, e lui ha perso la sua opportunità.

 Se la prima volta aveva pensato che guardare Harry morire fosse doloroso, non è niente in confronto a guardarlo con la consapevolezza di essere stato a un passo dall’averlo prevenuto.

 Che la Terra vada a fanculo, Eggsy è qui per Harry e per nessun altro.

 Si accoccola su un letto che profuma di lui e si addormenta, conscio che comincerà un nuovo ciclo temporale.




5

Si sveglia, di nuovo, come previsto.

 «Levati dalle palle, Roxy».

 «Stavi facendo un incubo, ero in ansia che…»

 «Ti ho detto di levarti dalle palle».

 «Non puoi stare a letto tutto il giorno, Merlino ci assegnerà altri esercizi e…»

 «Tu sparerai al cane, Harry morirà, il mondo finirà a seconda che io decida di alzare il culo o meno» la interrompe, «e niente importa davvero, per cui, Roxy, levati cortesemente dalle palle».




6

«Stavi facendo un incubo».

 «Ma va’?»




7

«Adesso resterai a letto?»

 «Sto comodissimo, mille volte meglio rispetto alla prospettiva di affrontare di nuovo questa giornata di merda».

 Paragonato alle altre volte, il tenue calpestio degli stivali contro il pavimento si fa sentire in anticipo, e lui è lieto di rimanere sdraiato per qualche ora e addormentarsi e resettare il ciclo temporale, ma un rumore di passi giunge nella stanza fin troppo presto e pesantemente.

 E poi Eggsy è girato a pancia in su (contro la sua volontà) ed è costretto a squadrare la faccia severa e contrariata di Merlino. «Alzati».

 «No, grazie mille».

 «È un ordine, Eggsy».

 «Ah, sì? Come quando ci ordinerai di sparare ai nostri cani? È maltrattamento degli animali, sai, non me ne frega un cazzo se quei cosi sono caricati a salve, è…»

 «Come fai a saperlo?»

 Lo sguardo genuino di preoccupazione sul viso dell’altro è l’unica cosa che gli impedisce di continuare con la sua invettiva. «È una lunga storia, fratello».

 «Parti dal principio, allora».

 Dovrebbe rispondere di no, ogni regola basilare dei viaggi nel tempo afferma che dovrebbe rispondere di no. Che dovrebbe tenere la bocca chiusa e fare finta di niente, ma ha già preso questa opzione e non ha mai funzionato granché.

 Per cui racconta a Merlino tutto, tutto quello che riesce a ricordare.

 Be’, quasi tutto.

 Tralascia tutti gli attimi in cui lui e Harry si baciavano come due adolescenti, ma quel tipo di informazioni è più che altro un surplus di quello che è veramente importante da sapere.

 È stupido come abbia questa convinzione che le cose cambieranno mettendo Merlino al corrente, che in qualche modo adesso riusciranno a salvare il mondo e Harry.

 Invece accade tutto velocemente, troppo velocemente.

 Guardare morire Merlino è diverso dal guardare morire Harry.

 In parte perché non nutre per il suo istruttore gli stessi sentimenti che prova per Harry.

 E in parte perché Merlino viene sparato a mezzo metro da lui e non a chilometri di distanza, il sangue che gli macchia gli stivali.

 Ma soprattutto perché Eggsy è ucciso dieci secondi dopo.

 Si è sempre chiesto come ci si senta a morire.




8

È bene tenere presente che morire fa un male cane.

 E risvegliarsi tra i vivi non è per niente figo come sostengono i film.

 Trascorre i primi cinque minuti del “giorno” successivo pressando le mani sul petto e cercando di non scordare che è in grado di respirare, che non sta dissanguando per una ferita da pallottola.

 Fa del suo meglio per ignorare di proposito il volto allarmato di Roxy.

 «Un incubo?»

 «Non ne hai la più pallida idea».




9

Dopo quel ciclo inizia ad agire avventatamente, perché, se nessun metodo funziona, tanto vale approfittarsene il più possibile.

 La prima cosa che fa è sparare ad Artù, o meglio, tentare di sparargli.

 Una voce che somiglia vagamente a quella di Harry gli fa presente che la pistola “è caricata a salve” un istante troppo tardi, perché l’ha già puntata contro la testa di Artù e premuto il grilletto.

 È un po’ ironico essere etichettato come un traditore.

 Almeno lo rinchiudono in prigione invece di ucciderlo di nuovo.

 Si addormenta in una cella oscura.




11

Ruba un aereoplano e cerca di partire per il Kentucky, prima di ricordarsi che non sa come pilotarne uno.

 Gliel’avrebbero davvero dovuto insegnare durante l’addestramento.

 Morire in un disastro aereo fa un male cane.




12

«Non ti permetto di andartene, non ti permetto di lasciarmi, perché morirai».

 «Ti assicuro, Eggsy, che sono più che capace di…»

 «Col cazzo che lo sei».




13

Guardare Roxy morire non è doloroso come lo è con Harry. Anche se, rispetto a com’è con Merlino, fa comunque più male.

 Archivia l’informazione nell’eventualità di fuggire dal loop temporale. Almeno adesso sa davanti a chi sarebbe più facile buttarsi per ricevere un proiettile fatale.

 Quando si girano per sparargli, li accoglie a braccia aperte.




14

Comincia a perdere il conto intorno a questo ciclo temporale, batte le palpebre e apre gli occhi e ascolta il solito allarme che lo risveglia dall’incubo, patisce ogni passaggio meccanicamente, perché ecco come si comporta, meccanicamente.

 Non importa cosa faccia, non importa quanto ci provi, non riesce a cambiare le cose.

 Harry muore, il mondo è sul punto di finire.

 Così va la storia.

 Ora come ora è intenzionato a non interferire più con il suo corso.




17

Esce dal taxi e si incammina verso il pub, così Harry non interverrà quando Dean lo picchierà a morte.

 Pensa come uno stupido che forse, se lui non si impiccia, Harry questa volta resterà vivo.

 Non fa alcuna differenza, cade a terra e perde i sensi.




18

«Cazzo, non ancora».




25

«Eggsy, mi spaventi».

 «Almeno non siamo ancora morti».

 «Che significa “non ancora”?»

 «Mi crederesti se ti dicessi che sono un viaggiatore del tempo costretto a rivivere continuamente la stessa giornata?»

 «Come in quell’episodio di Supernatural

 «Di che?»

 «È una serie tv americana…»

 «Tu segui le serie tv americane?»

 «Possiamo concentrarci su te che viaggi nel tempo e non sulle mie preferenze televisive?»

 «Giusto, cazzo, be’, Roxy, preparati per la storia più strabiliante della tua vita. Letteralmente».




28

«Hai appena dato un pugno in faccia ad Artù!»

 «Be’, quello lì lavora per Valentine, se lo merita!»




34

Questa volta non ne discuteranno nemmeno, Eggsy andrà con Harry.

 Sa con quale aereo viaggerà, sa quando gli squillerà il cellulare, perché non è la sua prima volta.

 Si nasconde nella zona bagagli, giunge incolume alla chiesa e ignora le occhiate di disapprovazione di Harry.

 Non è che abbia dimenticato cosa accade dopo, non davvero.

 Non che sia preparato al modo con cui il suo corpo si muove contro la sua volontà e non desideri altro che ferire tutti coloro che gli sono intorno.

 Né a come Harry si volta verso di lui, l’ira pura negli occhi, prima di sparargli.




35

Dopo essersi risvegliato, la prima cosa che fa è vomitare.

 «Ti porto in infermeria».

 «No, non farlo, sto bene, è stato solo un incubo».

 «Dev’essere stato veramente tremendo».

 «Il peggior incubo immaginabile».




36

«Eggsy, guardami».

 «Non posso, dammi ancora qualche giorno per dimenticarlo, d’accordo?»

 «Dimenticare cosa?»

 La sua gola è insopportabilmente secca, ma si sforza di sollevare gli occhi e di incrociare quelli di Harry, e si sente di nuovo male al ricordo di quello che è successo l’ultima volta che lo ha visto.

 «Niente, Harry, non è niente».




42

«Quando torno, sistemerò questo pasticcio».




47

«Mamma, ti voglio bene, lo sai, vero?»




48

«Harry, ti lego, lo giuro su Dio, ti lego a questa fottuta sedia, non manderai tutto a puttane nel Kentucky».

 «Che significa “non manderai tutto a puttane”?»

 «Cioè…» inizia a dire, ma si interrompe al rumore della sicura tolta. «Non sono un traditore, Harry, non lo sono, te lo giuro».

 «L’ho regolata per stordirti» replica Harry, come se facesse differenza.




52

«Buongiorno, Roxy, un incubo terribile, come al solito».




59

«Fanculo, porca puttana, cazzo, merda, no no no, cazzo».




66

«Non posso credere che tu abbia sparato al tuo cane».

 «Non ho idea di cosa tu stia parlando, Eggsy».

 «Ti do, tipo, trenta secondi per spiegare le tue ragioni».




69

«Prima che tu te ne vada, scopami, so quanto lo desideri e, Dio, Harry, non hai idea di quanto lo voglia anch’io».

 «Eggsy, devo…»

 «Non mi devi mentire» risponde, avanzando un passo e baciandolo come ha già fatto tante altre volte, sebbene in questa linea temporale non sia mai avvenuto.

 Harry reagisce come sempre, avido e bramoso.

 Eggsy non capisce come non siano mai riusciti ad andare oltre questo punto, perché chiaramente è da mesi che lo avrebbero dovuto fare.

 «Ti prego» lo supplica Eggsy.

 «Quando torno, ti prometto che avremo tempo per farlo».




74

«Questo è o il più grande o il miglior sbaglio della mia vita».

 «In entrambi i casi siamo fottuti, per cui che importa?»




85

«Preferisco stare con Harry».




91

«Ehi, Harry, cosa faresti se questo fosse l’ultimo giorno della tua vita?»

 «Ho vissuto fin troppo a lungo come se ogni giorno fosse l’ultimo».

 «Già, e ha mai funzionato?»

 «Non nella mia esperienza».




95

«Eggsy, non morire…»

 «È il contrario, Harry, sono io quello che…»

 «Non parlare» gli dice, la voce gentile e severa allo stesso tempo.

 Eggsy è già morto altre volte o, be’, qualunque sia il significato della parola “morire” in questo loop temporale, ma prima d’ora Harry non ha mai assistito agli eventi.

 Non è sicuro se ciò renda migliore o peggiore la situazione.

 «Perché lo hai fatto, Eggsy? Sei impulsivo, sì, ma mai così tanto».

 «È, cazzo, è complicato, te lo racconterò dopo aver dormito, giuro».

 «Non chiudere gli occhi» gli ordina Harry ed Eggsy vorrebbe poterlo ascoltare, ma è troppo tardi, gli è accaduto abbastanza volte da ormai sapere che è obbligato a cedere all’oscurità.




96

È strano come sia arrivato fin lì senza averlo mai rivelato a Harry.

 Lo ha rivelato a Merlino.

 Lo ha rivelato a Roxy.

 Ma non si è mai piazzato davanti a Harry confessandogli: «Ho fallito al test di proposito perché sono costretto a farlo e tu ti arrabbierai con me, mi dirai che la pistola era caricata a salve e che Amelia non è morta davvero durante il test sott’acqua. Litigheremo e te ne andrai garantendomi che, quando tornerai, sistemerai questo pasticcio perché…»

 È interrotto da un “ping” proveniente dagli occhiali di Harry.

 «Perché Merlino ti chiama per dirti che Valentine è diretto a quella chiesa nel Kentucky. Lui attiverà un dispositivo, una sorta di prova, che fa impazzire le persone e le fa uccidere a vicenda, e tu rimarrai bloccato lì» prosegue Eggsy, cadendo a pezzi al ricordo che gli è sempre troppo fresco nella mente, «e morirai».

 Non si aspetta di convincere Harry, non sul serio.

 Ma il bello è che ci riesce. «Come fai a esserne certo?»

 «Perché questa è probabilmente la centesima cazzo di volta che ho rivissuto questa giornata» spiega Eggsy. «Non so come, forse è un loop temporale, c’entrano la magia o robe così, cazzo ne so. Non sono un mago, lo chiederò a Merlino quando sarà tutto concluso. So solo che andandotene via morirai e che non sarai qui per aiutarmi a salvare il mondo».

 «Ne sei certo?»

 «Al cento per cento, Harry».

 Un secondo dopo annuisce, le dita che premono gli occhiali, e dice: «Merlino, non mi crederai, persino io ci credo a stento, ma Eggsy ti riferirà tutto quello che sa sul piano di Valentine, e tu lo comunicherai alle persone giuste, d’accordo?» Eggsy non sente la risposta, ma dev’essere una affermativa, perché Harry punta nuovamente gli occhi su di lui e dice: «Coraggio, Eggsy».

 Racconta tutto quello che sa, sulle SIM card, sul covo sotterraneo, e basta così.

 Ci è riuscito.

 È tutto molto più semplice di quanto avrebbe dovuto essere, un peso che gli si leva dalle spalle ma che continua a lasciargli un senso di preoccupazione nelle ossa.

 Ha salvato Harry.

 Almeno, stando all’ora sull’orologio, è riuscito a evitare la sua morte.

 Ce l’ha fatta.

 Fine.

 Titoli di coda.

 Perché la Terra è fuori pericolo.

 O no, non proprio.

 Cioè, ecco la questione, il mondo è ancora sul punto di finire, perché anche quella è una parte importante di questa storia ed Eggsy è dubbioso su come abbia fatto a dimenticarsela, ma con Harry vivo lui non ha modo di uccidere Artù, il che significa che non ha modo di introdursi nella tana di Valentine.

 È sicuro che questa è la maniera dell’universo per dirgli che lui non può avere entrambi, il mondo continua a ruotare o Harry Hart vive.

 Eccetto che, se quella è la morale da imparare, perché è costretto ad affrontare questa giornata?

 Perché è costretto a riviverla continuamente senza mai trionfare?

 A meno che la morale sia che lui non trionferà mai.




97

Per salvare il mondo, qualcuno deve morire in quella chiesa nel Kentucky.

 Adesso ne è consapevole ed è conscio che, se quella persona non sarà Harry Hart, allora il compito spetta a lui.

 Non è la prima volta che muore.

 Nemmeno lontanamente.

 Almeno uno dei modi meno dolorosi per andarsene è con una pallottola alla testa.




0

«Eggsy… oh, grazie a Dio, si sta risvegliando…»

 «Lancillotto, un passo indietro».

 Svegliarsi questa volta è diverso, non è improvviso, lui non è agitato. Invece ha l’impressione di essere sott’acqua, tentando di nuotare e di toccare la superficie ma scoprendo che essa è irraggiungibile.

 «Chiamate Harry…»

 Forse questa volta è morto veramente, forse sua madre ha ragione sull’esistenza dell’aldilà, e forse è giunto il giorno del giudizio.

 Finalmente.

 Non è stato giusto farlo soffrire facendogli rivivere ripetutamente la stessa giornata.

 Non è stato giusto in generale.

 «Eggsy, ce la puoi fare, so che ne sei in grado…»

 Riconoscerebbe quella voce ovunque.

 È quella di Harry.

 Ma perché Harry è qui? Lui dovrebbe essere vivo, dovrebbe aver salvato il mondo e…

 «Ti prego, torna da me, Eggsy, fallo per me».

 Delle dita gli stringono la mano, le sente forti e affidabili, e d’un tratto la superficie gli sembra raggiungibile.

 Si sveglia ansimante, gli occhi spalancati e timorosi ma che incrociano le uniche iridi che contano davvero in tutti i mondi esistenti.

 «Harry».

 «Eggsy».

 «Questo non è un sogno, vero?»

 «Non l’ultima volta che ho controllato».

 «Hai salvato il mondo, giusto?»

 «Sì, lo abbiamo fatto».

   
 
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