Un
filo
di luce penetrò attraverso le persiane della stanza di
Arthur. Illuminò
lievemente, quasi come fosse una carezza, quel viso angelico. I capelli
dorati
rifulgevano della luce del Sole, che formava un’aureola
intorno a lui.
Stancamente Arthur aprì gli occhi che subito disegnarono un
filo d’oro intorno
alle iridi color zaffiro. Spense la sveglia che non era ancora suonata
e
stiracchiandosi, si alzò dal letto. Si diresse in bagno:
stranamente era
libero; suo padre non si era ancora svegliato. Entrò, si
fece una doccia
veloce, si profumò, si vestì con la maglietta che
gli aveva regalato Morgana,
la sua ragazza, un paio di jeans con cintura comprata rigorosamente da
jaggy,
giubbotto di pelle, scarpe di Prada, insomma, si vestì come
sempre. Prese la
cartella e dopo aver fatto una veloce colazione, uscì da
casa e andò a scuola.
Sua sorella quel giorno aveva una visita medica e non sarebbe venuta a
scuola.
Maledetta Ginevra! Menomale che Morgana c’era. Aveva bisogno
di stare un po’ da
solo con lei. Essere il ragazzo più desiderato da tutte le
ragazze e il più
invidiato da tutti i ragazzi per stare con la ragazza più
bella della scuola,
non era il massimo: lì non trascorrevano tanto tempo
insieme, e al pomeriggio
invece dovevano entrambi prendersi cura di se stessi e studiare.
Ultimamente
poi, non era proprio possibile! I professori li caricavano di compiti e
verifiche, e più volte Arthur aveva trascurato se stesso per
studiare due o tre
materie fino all’una. Non vedeva l’ora che finisse
la scuola per rimanere solo
con la sua ragazza e fare magari una vacanza studio con lei. Si mise a
correre
per arrivare a scuola in tempo per vedere Morgana. Come tutte le
mattine era
lì, ad aspettarlo. Stava benissimo.
“Ciao
amore!” esclamò Morgana nel vederlo.
“Ciao”
disse baciandola.
"Ieri
sera non mi hai chiamato!” lui chinò la testa,
rendendo irresistibile la sua
espressione.
“Lo
so,
ma ho finito di studiare all’una.” Lei gli
depositò un tenero baciò sulle
labbra. Istintivamente lui la attrasse a sé e la
baciò. In quel momento
l’atmosfera magica che si era creata intorno a loro si
frantumò con il suono
della campanella. Lui la tenne stretta a sé cingendole i
fianchi con il braccio
sinistro.
"Dov’è
Gwen?”
“Ha una
visita medica: entra tra due ore.”
"Beata
lei!”
“Vorresti
per caso dirmi che preferiresti dormire due ore in più ed
entrare con mia
sorella che stare vicino a me di banco soli per due ore?”
“Certo
che no! Non ho mica detto questo, però sono convinta che
concedersi due ore in
più di sonno non farebbe male a nessuno.”
“Hai
ragione, quasi dormo.” Disse entrando in classe. In classe
c’era quasi nessuno.
:Lancillotto, Pellinor, Merlin, suo malgrado, Eilan, una ragazza del
gruppo di
Morgana, Laura, e altre tre ragazze.
“E gli
altri dove sono?”
“Non lo
so.”
“E chi
passa oggi di greco?”
“Morgana
ed io.” Affermò Lancillotto.
“Ginevra?”
“Il tuo
amore è andato a fare una visita medica… non
credo che entrerà prima delle
dieci.”
“Ah, ok.”
“La prof
di storia ci farà il cazziatone… siamo
pochissimi.”
“Almeno
non interrogherà quattro persone.”
Affermò Eilan.
“Non ne
sarei tanto convinta. Sarebbe capace di tenerti anche tutto
l’intervallo e
rubare dieci minuti dell’ora successiva, pur di
interrogare.”
“Stronza.”
“Già.”
Si
sistemarono ai propri banchi, e dopo pochi istanti arrivò la
professoressa di
latino e greco.
“Come
mai
tutti questi assenti?”
“Ginevra
ha una visita medica e non entrerà prima delle
dieci.” Annunciò Morgana.
“E gli
altri?” nessuno rispose. In quella classe erano pochi, questo
si sapeva, ma
quelli che ora la professoressa aveva davanti erano solo dieci alunni
su
quindici.
“Bene,
allora… chi vuole farsi interrogare?” Morgana e
Lancillotto si alzarono. La
versione sulla quale erano interrogati era facile,
tant’è che entrambi presero
otto, il voto più alto nelle interrogazioni.
L’ora
successiva ebbero storia. Come aveva previsto Arthur, la professoressa
fece
loro il cazziatone. Più di una volta Arthur aveva lanciato
occhiate in giro
guardando i banchi vuoti, e a un certo punto il suo sguardo si
soffermò su
Merlin. Era da solo nel banco perché il numero della classe
era dispari e
nessuno voleva stare con lui in banco. Era sicuramente taciturno e
introverso,
non doveva avere tanti amici a scuola perché era sempre
indicato come “lo
sfigato”. In effetti, lo era: aveva un aspetto trasandato,
come se non gli
importasse tanto del suo aspetto e dell’apparenza. Si vestiva
normalmente,
senza alcun particolare che lo potesse distinguere. Era un elemento
inutile per
la classe. No, non del tutto inutile… era sempre utile per
studiare. E lui, ben
presto, avrebbe usato Merlin per l’esame della
maturità. Distolse lo sguardo
appena in tempo. Merlin si girò un secondo dopo verso di
lui. Che noia però stare
ad ascoltare i vari scazzamenti della professoressa. Nonostante tutto,
quella
strega interrogò, sapendo di poter contare
sull’ora successiva, anche se di
mezzo c’era l’intervallo. Arthur fu interrogato con
Merlin, e si meravigliò
della sua bravura a scuola. Non aveva mai ascoltato un'interrogazione
alla
quale avesse partecipato anche Merlin, ma questa volta era obbligato.
Merlin
sembrava essere un pozzo di conoscenza, e in un certo senso si
sentì inferiore.
Per una volta era stato sconfitto, anche se non voleva ammetterlo. Il
suo
orgoglio era troppo, a volte si meravigliava lui stesso di quanto ne
avesse, ma
questa volta non c’era scusante. Lui era stato sconfitto e
avrebbe dovuto
ammetterlo. Lo stava ammettendo. Aveva sottovalutato Merlin e le sue
capacità
oratorie durante le interrogazioni, e mentre la campanella suonava e la
professoressa di storia li lasciava andare con un otto a tutti e due,
capì che
era davvero il caso di studiare con Merlin. In quel momento
arrivò Ginevra.
“Allora,
signorina… sa che non si taglia alle
interrogazioni?”
“Arthur
non gliel’ha detto? Sono andata a una visita
medica.”
“Ah, sì,
scusami. Hai la giustificazione?”
“Sì,
certo.” E gliela porse prontamente. La professoressa
firmò il libretto, segnò
sul registro, Ginevra andò a posto e si gettò
quasi tra le braccia di
Lancillotto. Arthur, Lancillotto e Pellinor si dileguarono nei corridoi
per
salutare le ragazze del liceo. Per un attimo pensò a come
dovesse trascorrere
gli intervalli Merlin. Da solo in classe, magari ascoltando la musica
del
proprio i-pod, sempre che ce l’avesse. Gli intervalli,
secondo Arthur, non
duravano mai abbastanza. Tornò in classe proprio mentre la
professoressa di
Inglese, a nome di tutti i professori, stava facendo i cambi di posto.
“Bene,
Arthur Pendragon, le dispiacerebbe andare in seconda fila con
Merlin?” i due ragazzi si
guardarono. Non dissero niente, ma dai loro sguardi si poteva benissimo
capire
che la battaglia era aperta e che non sarebbe stata una felice
convivenza. Si
sedettero ai propri posti, e con disappunto, il biondo notò
che Morgana e
Ginevra erano capitate in prima fila davanti a lui, Lancillotto e
Pellinor
dietro. Will invece, dato che i professori non volevano che ci fosse un
alunno
da solo, attaccò il proprio banco a quello di Merlin.
Fortuna che lui era
attaccato al muro, così avrebbe potuto parlare con i suoi
amici senza sentirsi
in colpa di escludere Merlin. Escludere Merlin?! Non sentirsi in
colpa?! Oddio,
ma che gli stava accadendo? Stava dando i numeri? Di Merlin, in cinque
anni di
liceo, non gliene era mai importato niente, com’era che da un
giorno all’altro
pensava a lui? Al massimo poteva sentirlo o parlarci per lo studio, ma
da lì a
preoccuparsi per lui, ce ne voleva parecchio. Inoltre i suoi amici non
gliel’avrebbero mai perdonato.
Will e
Merlin iniziarono subito a parlare, mentre lui cercava di prendere
contatto
Morgana, che, essendo in prima fila, non poteva più girarsi
tanto. L’ora di
Inglese passò e tutti e dieci fecero finta di stare attenti.
In realtà
pensavano agli spostamenti appena avvenuti e molti commiseravano Arthur
per il
posto che gli era capitato. Quando finalmente Morgana decise di
girarsi, Arthur
le confermò la giornata libera. La ragazza sorrise.
Finalmente poteva
trascorrere un pomeriggio con il suo principe. Sì, il suo
principe: era così
che lo chiamava, come lui la chiamava…
com’è che la chiamava? Morgana gli
sorrise comunque, mettendo in bella mostra i suoi denti perfetti e
bianchi. Si
rigirò e riprese a parlare con Ginevra.
Dopo
l’ora di Inglese arrivò Chimica. Al termine di
quell’ora ci sarebbe stata
educazione fisica. Pellinor e un altro loro compagno furono
interrogati. Non
potevano credere di essere così pieni d'interrogazioni ogni
giorno. Mentre la
professoressa parlava e interrogava, il biondo si mise a disegnare.
Usò le
matite e i tratto pen colorati. Quando c’erano delle
interrogazioni o si
annoiava, disegnare lo rilassava e divertiva allo stesso tempo.
Quand’ebbe
finito Merlin notò il disegno.
“Bello.”
“Non
avevo dubbi.” Gli rispose secco Arthur, dimostrando di non
voler intraprendere
alcun dialogo.
Merlin lo
guardò un po’ sorpreso, ma poi tornò a
parlare con Will. Certo che lui era
proprio stronzo. Come facevano gli altri a sopportarlo? Era odioso!
Fare il
falso no, ma almeno sopportarlo! O fingere. Poi si ricordò
che il suo vicino di
banco non era un ragazzo qualsiasi, ma era il più bello di
tutta la scuola, il
vip della situazione, abituato a non essere contraddetto e avere tutti
ai
propri piedi. Così almeno era stato fino a quel giorno. Lui
avrebbe dimostrato
di essere forte quanto lui. Si guardò. Il suo corpicino era
troppo esile per
competere con quello atletico di Arthur. Se non poteva però
competere
fisicamente, lo avrebbe fatto caratterialmente. Ad Arthur sicuramente
non
sarebbe sfuggito. Avrebbe avuto la rivincita nelle due ore seguenti.
Come si
permetteva quel moscerino che non era altro di ficcare il naso dove non
doveva,
mettere anche solo per una frazione di secondo in dubbio il fatto che
qualcosa
gli fosse riuscito? E voler intraprendere un dialogo… che
era preso a tutti
quanti? Non erano più loro stessi! E poi Merlin…
perché aveva come
l’impressione che volesse iniziare a sopportarlo, o
instaurare un rapporto? Con
lui poi, il ragazzo più figo del liceo, riconosciuto tale
dalla quarta ginnasio
fino alla terza liceo? Avrebbe avuto la rivincita nelle due ore
seguenti. Suonò
la campanella. Intervallo. Arthur si girò verso Lancillotto
e Pellinor, e
decise di andare prima in palestra. Si avviarono subito e si
cambiarono. Gli
altri arrivarono alla fine dell’intervallo. Loro tre si
appoggiarono al muro
del bagno e aspettarono che gli altri uscissero e poi giunsero mentre
arrivavano anche Morgana e Ginevra. Arthur guardò il resto
della classe e
ancora una volta il suo sguardo si posò su Merlin: era
troppo esile per pesare
qualcosa. Ebbe come l’impressione di avere un fantasma in
classe, invece di un
ragazzo. La sua fragile ossatura era evidenziata da una magrezza
davvero
insolita e una carnagione lattea, quasi nivea. In netto contrasto
c’erano i
capelli corti e corvini e due oceani al posto degli occhi e…
ma che cosa gli
stava accadendo? Perché guardava Merlin e pensava a queste
cose? Non era mai
significato niente per lui… e poi aveva la sua ragazza che
amava e dalla quale
era amato. A un certo punto della lezione, Arthur vide Will da solo, e
sapeva
che Merlin sarebbe arrivato se avesse visto l’amico in
difficoltà. Allora
avrebbe avuto la rivincita. In quel preciso istante il professore
decretò che
in quella giornata si sarebbero dedicati all’uso delle armi
antiche, tra cui la
spada.
“Ehi
Will! Mi serve un avversario: ti andrebbe di combattere contro di
me?” il
ragazzo, ingenuo, annuì. Ancora non sapeva a cosa andava
incontro. Il
professore diede un arma di legno a ciascuno e, dopo aver fatto formare
le altre
coppie, diede le istruzioni e l’avvio agli scontri.
Arthur
iniziò a far roteare la spada in mano almeno due volte e
fece altrettante
finte, prima di iniziare a colpire davvero il ferro di Will. Quello,
molto più
inesperto di lui, indietreggiò a ogni colpo.
“Dai
Will! Puoi fare di meglio, lo so.”
“Ma
io…”
cercò di ribattere, ma Arthur non gli diede il tempo di
rispondere che lo aveva
immobilizzato contro una parete e che stava facendo in modo di farlo
cadere. La spada
del biondo continuava a
scagliarsi contro quella di Will, che ormai spaventato, era finito a
terra e
cercava di difendersi parando i colpi con la sua spada. A un certo
punto
s’intromise una terza spada tra lui e Will e Arthur sorrise.
Si alzò e lasciò
che Will si tirasse in piedi.
“Basta.”
“Cosa?”
disse guardandolo interrogativamente.
“Non
credi che sia abbastanza, amico?” lui lo guardò e
Merlin indietreggiò di
qualche metro. Arthur s’avvicinò.
“Come? Mi
hai chiamato amico?” con lo sguardo per fargli capire di aver
detto qualcosa di
sbagliato.
“Credo di
aver commesso un errore.” Lui sorrise e gli disse con il
sorriso sulle labbra.
“Lo credo
anch’io.” Merlin fece per andarsene.
“Aspetta,
Merlin. Credi di essere più bravo di lui?” lui si
voltò.
“Non ho
detto questo.”
“Dimostrami
cosa sai fare.”
“No.”
"Perché
no?”
“Perché
io non sono il tuo servo che obbedisce ai tuoi ordini; se vuoi qualcuno
che ti
obbedisca, guardati intorno: ci sono tanti ragazzi che farebbero di
tutto per
avere un millesimo delle attenzioni che tu in questo momento rivolgi a
me;
vogliamo parlare delle ragazze? Perché tormentarmi? Hai
tutta la scuola ai tuoi
piedi: bada alla gente che conta, non a uno sfigato come me.”
Arthur per un po’
non rispose.
“Beh… ho
tutta la scuola ai miei piedi, tranne te.”
“Fattela
bastare.”
“Come
preferisci, ma sappi che non finisce qui, e non oggi.”
“Mi
tremano le gambe.”
“Fai
bene: la tua ora è vicina.”
“Cazzo
che paura, Arthur! Non so se riuscirò a dormire
stanotte.” La classe scoppiò a
ridere.
“Ragazzi,
adesso basta.” Intervenne il professore. Li separò
e fece continuare gli
esercizi.
Merlin
aveva ragione. Perché continuava a ostinarsi con lui, quando
in cinque anni di
scuola nei suoi confronti aveva solo provato
dell’indifferenza. Era una strana
sensazione quella che provava nei suoi confronti. Non sapeva ancora
come
spiegarla, ma… non era amicizia, non era indifferenza, cosa
mai poteva essere?
Ti
detesto, ti detesto, ti detesto. Perché se l’era
presa tanto con Will, se poi
quello con cui ce l’aveva davvero era lui? Non aveva senso.
Beh… non che le
cose che facesse Arthur avessero tutto quel senso!
Il
resto della lezione passò tranquillamente e
Arthur, uscito dall’edificio, trascorse l’intero
pomeriggio con Morgana. Era da
tanto che non passavano del tempo insieme, ed entrambi non ne vedevano
l’ora.
“Ti amo,
Morgana.” E le diede il baciò più
rovente che esista.
“Da
quanto tempo è che non me lo dici?”
“Troppo.”
“Sì.
Mi
mancano questi pomeriggi.”
“Presto
potremo passare molti pomeriggi così, se tu ancora lo
vorrai.” Lei lo guardò
interrogativamente. “All’università,
intendo, oltre che quest’estate.” Lei
sorrise.
“Sicuro.”
E lo baciò.
I giorni
passavano e gli esami della maturità si avvicinavano sempre
di più. Arthur
aveva paura per Filosofia. Gli venne in mente Merlin. Durante un
intervallo,
mentre Lancillotto e Pellinor erano in giro, lui gli
s’avvicinò.
“Merlin.”
“Sì, che
vuoi?”
“Mi
potresti dare una mano per studiare Filosofia?”