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Autore: Rhona    06/08/2016    1 recensioni
Dal testo:
Tu non parli. Sono quarantanove anni che non lo fai. È da tutta una vita che non parli.
Ecco perché in paese ti chiamano “Loris le muet”.
[storia vincitrice del premio "scimmietta non parlo" al contest "Non vedo, non sento, non parlo" indetto da rhys89 sul forum di EFP].
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: Rhona
Titolo della storia: Perfezione d'un pesce
Scimmietta scelta: non parlo 
Immagine scelta: immagine 2
Rating: verde
Genere: Sentimentale, Introspettivo, Slice of life
Avvertimenti: Nessuno
Intro: Tu non parli. Sono quarantanove anni che non lo fai. È da tutta una vita che non parli.
 Ecco perché in paese ti chiamano “Loris le muet”.
Note: nessuna. 


Storia vincitrice del premio scimmietta "non parlo" al contest "Non vedo, non sento, non parlo" indetto da rhys89 sul forum di efp.
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A Loris



Perfezione d'un pesce







Il rumore del rombo dello scooter si fonde in perfetta armonia con il paesaggio rurale davanti ai tuoi occhi. È il tramonto di una normalissima sera di luglio e tu stai tornando finalmente a casa. All’officina è stata una giornata dura: Jean era di cattivo umore, non faceva altro che sbraitare contro tutti e tu avevi l’emicrania. Poi siete dovuti rimanere ad aspettare il fornitore delle otto come ogni mercoledì sera, ed infine siete tornati ognuno a casa sua.  Dopo una dura giornata di lavoro non c’è niente di meglio che tornare in scooter a casa, dalla tua famiglia.
 È così caldo che neppure il vento che si intrufola nel casco riesce a rinfrescarti: in Provenza più impietosa dell’inverno è l’estate. Sorridi, pensando a chi ti aspetta a casa.
Abiti in campagna: il sole che tramonta regala una magnifica poesia al paesaggio che ti circonda. L’erba del tuo prato è tagliata di fresco, opera di tuo figlio. Incontro ti viene Felix, il Pastore dei Pirenei a cui la tua Léona è così affezionata. Deve essere sgattaiolato fuori appena ha sentito lo scooter. Apri il tuo portone, entri insieme a Felix e cominci a salire le scale per arrivare al primo piano.
Apri la porta  e lei è lì, a mangiare tranquilla. Ti saluta portando la mano dal capo. Ciao!
 “Ciao, Lunettes” le dici in silenzio. Muovi le mani come hai imparato tanto tempo fa. Lunettes, occhiali, è il suo nome in segni: la comunità della provincia, agli occasionali incontri la chiama così perché indossa dei grandi occhiali dalla montatura blu. Il tuo invece è Cheveux,capelli, perché la prima volta che andasti alla comunità provinciale avevi un grosso cespuglio di capelli neri, ricci e vaporosi in testa. Ora di quelli ne sono rimasti un po’ di meno... Ma va bene così: i nostri volti che cambiano narrano la storia della nostra vita.

Tu non parli. Sono quarantanove anni che non lo fai. È da tutta una vita che non parli.

Ecco perché in paese ti chiamano “Loris le muet1.

Léona non parla. Sono diciassette anni che non lo fa. È da tutta una vita che non parla.

Non è la tua unica figlia. Hai in tutto tre figli: Etienne, Eloi e Léona. Etienne ha 25 anni, è nato un anno dopo il matrimonio, e sta per laurearsi in ingegneria meccanica. Eloi ne ha appena compiuti 20, è un ragazzone burbero ma buono, che non pensa ancora alle ragazze ma si concentra sui videogiochi. Ha deciso di non andare all’università ma di andare a lavorare.
Sia Etienne che Eloi parlano. Mai avresti pesato che al terzo dei tuoi figli la parola potesse mancare. Eri tranquillo, felice, quando per la terza volta Audrey t’aveva detto di essere incinta: poi le ecografie, la notizia che (finalmente) avresti avuto una bambina, gli esami ed il parto: quanto il bambino non piangeva. Tu eri lì, stringevi la mano di tua moglie: Léona non piangeva, apriva la bocca, respirava, ma non emetteva suoni. Mentre gli altri non capivano, tu già sapevi.
Sì; perché il problema nella tua vita non è il tuo mutismo, ma quello di Léona. Il pensiero che non potrà mai insegnare, fare la commessa o lavorare in pubbliche relazioni, perché ci sono poche persone che capiscono la lingua dei segni. Il pensiero che nella vita dovrà lottare il doppio degli altri per raggiungere gli stessi risultati.
È nata muta, proprio come suo padre: proprio come te. Non potrà mai parlare. Mai. Una vita in silenzio. E la colpa è tua. È da parte tua che viene quella malformazione alle corde vocali, a causa della quale né tu né Léona potete emettere suoni.  Perfino le emozioni sono mute in voi: risate silenziose, per quanto travolgente l’allegria; pianti ovattati, per quanto straziante il dolore.
Là, seduta accanto a Léona, c’è Audrey. L’hai conosciuta quando avevi quattordici anni, lei ne aveva diciotto, ed è stato amore a prima vista. Nella piccola città dove abiti tutti volevano Audrey, e tutti furono piuttosto sorpresi quando a ventidue anni lei cominciò a farsi corteggiare dal diciottenne muto. Audrey parlava, eccome se parlava! I primi appuntamenti erano stati un continuo flusso di parole da parte sua, con te ad ascoltarla, meravigliato dal suono della sua voce. Audrey aveva la voce dei tuoi sogni: e ce l’ha ancora, non è cambiata. Stirando, la sera, canta sempre: tu allora spegni il televisore e guardi i tuoi acquari, ascoltandola mentre canta “La vie en rose”.
Appoggi il tuo marsupio sul mobile vicino all’entrata. Felix entra dietro di te, va dritto da Léona e si infila sotto la sedia sulla quale è seduta.  Lei lo adora: come faccia a trasmettergli gli ordini non parlando è un mistero, ma infondo quando guardi Léona tutto quello che la circonda a te sembra miracoloso. Ti accovacci per guardare tua figlia attraverso l’acquario davanti all’entrata, con l’acqua così cristallina e pura. Hai tre grandissimi acquari, due d’acqua dolce e uno d’acqua salata, tre acquari più piccoli per gli avanotti, e perfino un acquario d’acqua dolce in officina. È da più o meno sette anni che gli acquari sono la tua passione: ti piacevano anche prima, ma non avevi mai avuto l’ardire di comprarne uno tutto per te.  A Léona è piaciuto da subito: dice che tu e lei siete simili ai pesci. E dopo il primo sono seguiti gli altri: in ultimo l’acquario marino, così difficile da mandare avanti.
Léona stende le mani aperte con i palmi rivolti verso l’alto, piega all’interno il mignolo e l’anulare e muove l’indice ed il medio uniti verso di sé per tre volte. Come va?
Tu ti indichi, unisci il pollice con l’indice e dopo alzi semplicemente il pollice. Io tutto a posto. Poi la indichi. E tu?
Lei sorride, ma si passa anche le mani sul torace, come se volesse togliersi di dosso delle mollichine rimaste sulla maglietta. Bene, ma sono stanca. Deve essere stata in piscina con le amiche; sa nuotare molto bene.
Audrey si alza, ti viene incontro e ti dà un bacio. Tu le sorridi. Léona bussa tre volte sulla tavola apparecchiata... è il suo modo di schiarirsi la voce, di far capire che tu ed Audrey non siete soli. Il suo sguardo è di palese disapprovo, ironico...almeno speri.
Ti siedi. “Vado a scaldarti la cena” ti dice Audrey. Tu annuisci. Molte volte pensi che, in una situazione in cui non sei costretto a parlare, al cinema per esempio, sembri una persona del tutto normale: niente apparecchi acustici, niente bastoni per camminare. Il tuo deficit è un fantasma. E risulti anche maleducato...
Come il primo giorno di superiori, in una città più lontana da casa, dove nessuno ti conosceva, ed un professore ti mise una nota: “L’alunno Bastille Loris si finge muto e non risponde alle mie domande.”
Tuo padre, infuriato, pretese le scuse formali della scuola e un risarcimento per danni morali. Con quei soldi ci comprarono il tuo primo stereo: era così bello starsene in camera steso sul letto a fumare con rock e heavy metal nello stereo.
Non fu molto traumatico. La più brutta situazione fu  la prima volta che prendesti la corriera e dovesti comprare il biglietto a bordo, avevi dodici anni, molto ingenuamente, segnasti – Bonnieux, per favore. Quanto le devo?. E l’autista che ti rispondeva: “Cosa? Ma parla come una persona normale! Mi hai preso per un idiota, ragazzo?”
Non posso parlare, sono muto - segnavi.
“Cosa?! Cosa?! Che vuoi con queste mani?!”
Alla fine avevi scritto su un quadernino che avevi con te: “Mi scusi, sono muto. Bonnieux, per favore. Quanto le devo?”
Quando tornasti a casa tuo padre per poco non ti picchiò, dicendo: “ ‘Mi dispiace’ avrebbe dovuto dirlo lui! Non ti azzardare mai più a scusarti per essere muto: non sei più stupido degli altri, non sei peggiore: sono loro, quelli che ti costringono a scusarti per quello che sei, che sono degli ignoranti sempliciotti!”
Anche lui era un meccanico. Un grande uomo. Uno dei più grandi rimorsi della tua vita è di non essere riuscito mai a dimostrargli quanto fosse importante per te, quanto lo amavi...
Lui morì quando la tua Léona aveva tre anni. È il suo primo ricordo, o così dice.
Dov’è Eloi?- segni.
Lei azzanna una pesca con i suoi incisivi affilati, continuando a segnare. È andato al cinema.
E tu? Non vai?
Devo esercitarmi al piano, ho il saggio a settembre. – segna un po’ annoiata.
E non credi che a luglio potresti prenderti un po’ di tempo libero, Lunettes?
Léona... che nome strano! Pensare che tutto sarebbe andato liscio come l’olio e l’avreste chiamata Madeleine, se solo Audrey non avesse letto “Nadja” di André Breton una settimana prima del parto.
Tu sai a malapena chi sia questo “Breton”. Non hai la grande cultura di Audrey, ma è incontestabile il tuo essere più arguto, astuto e versatile.
Che facciamo stasera quindi? Andiamo fuori con Felix?
Lei  ha un’espressione stupita, si guarda intorno, poi guarda te e comincia a muovere le dita come se avesse un pianoforte davanti. DEVO ESERCITARMI AL PIANOFORTE.
Lei ti sorride, tu le sorridi: questo è bello. Non hai con nessuno dei tuoi figli il rapporto che hai con Léona. Con lei sei veramente te stesso, senza eccezioni. Forse è per il vostro mutismo, è come se Léona avesse un po’ di più dei tuoi tratti rispetto ad Etienne ed Eloi.
Ha preso di te anche la tua più grande imperfezione, il tuo deficit.


Ha fatto del tuo triste e monotono mutismo, un silenzio assordantemente allegro.
 
Dopo cena il pianoforte suona, anzi Léona suona. Debussy forse... non è che tu li distingua molto bene tutti quei compositori. Aprendo il mobile del tuo acquario marino, che è al centro del salotto dove Léona sta suonando, prendi il mangime per i pesci.
Ti rilassa così tanto guardare un acquario. I pesci si muovono con così tanta eleganza, con così tanta grazia: lentamente, maestosamente. O forse freneticamente ed allegramente. Spargi il mangime, vedi i pesci mangiare e poi resti lì, incantato a guardare. Il pesce che avete chiamato “Dory” è il preferito di Léona; le ricorda uno dei suoi film preferiti, di quando era bambina: non ricordi il titolo, forse un qualcosa con un certo “Nemo”... ma proprio non ti sovviene; ma ti ricordi benissimo quando l’hai portata al cinema a vederlo.
I pesci nuotano e tu continui ad osservarli. In silenzio.
Silenzio? E Debussy? E Léona?
Dall’altro lato dell’acquario, fra i pesci, compare il viso di Léona, che gonfia le guancie e mima un pesce.
Tu allora fai lo stesso, e poi scoppiate a ridere.

I pesci non sono forse perfetti, nel loro silenzio?

Non sono così per natura?

Sono perfetti, così.

Il tuo mutismo è parte della tua natura, come di quella di Léona.

Siete perfetti così. E se al Mondo non sta bene, be’: che il Mondo vada a farsi fottere.

È quello che siete, ecco perché Léona dice di essere simile ad un pesce. Non siete meramente muti come pesci.

Ti voglio bene, Lunettes.

Anch’io, papà.



Nella vostra imperfezione, siete perfetti come pesci.
 






 
 
NOTE: 
Loris le muet1=in francese “Loris il muto”.
  
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