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Autore: AlfiaH    06/08/2016    6 recensioni
Castiel è un angelo, Dean vive la sua vita da comune mortale. Castiel la vive da così vicino, la può quasi toccare, la può sentire la vita di Dean, la guarda scorrere e ne ama ogni singolo istante, finché non deve dirle addio.
[Io ve lo dico che è angst]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Angels are watching over you










 

Castiel lo vede nascere.

Come ha visto nascere infinite cose, in realtà, come ha visto nascere il mare e le prime creature strisciare sulla Terra, il cielo e gli astri nella notte dei tempi – ha visto nascere se stesso, ricorda esattamente il momento in cui ha aperto gli occhi ed era vivo, come se lo fosse sempre stato.
Solo che Dean è molto più rumoroso e sporco e agita le mani, e Castiel immagina che infondo abbia ragione a lamentarsi, che essere gettati nella vita in questo modo sia abbastanza traumatico; ma ha anche l’impressione che lo sarà per molto tempo, rumoroso.
La maggior parte degli esseri umani lo sono.

E quindi segue la donna vestita di bianco finché il neonato non smette di strillare, finalmente tra le braccia di sua madre; Mary gli stringe la manina, l’aria sfinita, e quando la porta si apre solleva gli occhi con un sorriso luminoso e John lascia cadere tutte le buste sul pavimento, completamente scioccato.

“È un maschietto o una femminuccia?”.
Castiel può vedere che ha gli occhi lucidi, gli scruta il volto teso e le piccole rughe attorno agli occhi e non sa decidersi se Dean gli assomigli o assomigli di più a Mary, o ad entrambi.

“Se lui sta bene, vuoi dire”.
John scoppia in una piccola risata mentre gli porge la mano. Mary la stringe quasi subito.
“Lui? E’ un maschietto? State bene?”.
La donna gli bacia piano le dita e poi bacia la testolina calva di Dean e “ora stiamo bene”, sussurra, “Dean sta bene”.
 
 
Alla fine Dean è davvero così rumoroso.
Urla quando John lo prende in braccio all’improvviso, urla quando ha fame, urla per qualsiasi cosa a qualsiasi ora – urla quando sente arrivare l’auto nera in cortile, un po’ prima di abbracciarne un pezzo e subito dopo aver abbracciato le gambe di John.
È così facile farlo piangere.
Basta che John alzi un po’ più la voce per sgridarlo e allora Dean abbassa la testa e diventa silenzioso e comincia a singhiozzare e Castiel inclina la testa cercando di capire, perché Dean è solo un bambino e Castiel non riesce a comprendere nemmeno gli adulti; o quando Mary fissa il vuoto, le braccia incrociate sul tavolo pieno di scartoffie e Dean le si arrampica in grembo per farle compagnia.
Dean piange anche quando nasce Sam – Castiel può sentire il guaito del neonato anche se stavolta non ne assiste la nascita.

È seduto accanto a Dean fuori dalla sala operatoria, cerca di capire cosa gli passi per la testa mentre fa oscillare le gambe corte sulla sedia, tentando di toccare il pavimento con le punte dei piedi, la testa bionda piegata all’ingiù.

 “La mamma sta morendo?”, chiede dopo un po’, gli occhi grandi e verdi e le ciglia umide. L’uomo al suo fianco gli scompiglia piano i capelli.
“Certo che no, ragazzo. La mamma sta bene, sta facendo del suo meglio per darti un fratellino”.

Gli occhi di Dean diventano ancora più grandi, pieni di stupore. “Sammy?”.

“Sammy”.
 


La verità è che Castiel ha un brutto presentimento, per questo non lascia il suo fianco nemmeno per un istante.
Rimane in piedi accanto al suo letto quando Mary entra a rimboccargli le coperte e un brivido gli percorre la schiena.

 “Ho dato la buonanotte a Sammy”, dice in uno sbadiglio orgoglioso. “Quand’è che potrà dormire con me, mamma?”.
Mary sorride, gli lascia un bacio sulla fronte. “Presto, tesoro”.
Dean segue le carezze della sua mano col viso, le coperte tirate su fino al naso e gli occhi socchiusi.

“Adesso cerca di dormire”, mormora la donna, spegnendo la piccola luce sul comodino. “Gli angeli vegliano su di te”.

Scappa”, sibila Castiel al suo orecchio.

Dean si gira dalla sua parte e per un attimo Castiel pensa che abbia capito, che abbia incontrato il suo sguardo, ma i suoi occhi si richiudono quasi subito e sono come una pugnalata tra le costole.

Scappa”.

Ma Dean non si sposta di un centimetro e quando la casa prende fuoco Castiel può solo cercare di spianargli la strada come può.
 
 

Dopo l’incendio, nulla è più lo stesso.
Castiel lo capisce dai piccolo gesti di Dean, che non si siede più a tavola perché il suo posto era accanto a Mary; lo capisce dal modo in cui rimane seduto accanto alla culla di Sammy per tutto il giorno, come se da un momento all’altro potesse capitargli qualcosa di orribile.
Castiel rimane seduto accanto a lui.
Dopo l’incendio, i Winchester si spostano spesso e Dean non parla nemmeno più così tanto, non fa più così tanto rumore; cammina in punta di piedi quando può, quando John torna tardi ed è stanco e Dean deve svegliarlo perché si è addormentato sul tavolo e la schiena lo ucciderà il giorno dopo.
Non dice una parola quando John li lascia da Bobby.
Tiene stretta la manina di Sam mentre segue il vecchio zio, cammina piano per stare al passo con le gambe corte del fratellino; si ferma soltanto un attimo davanti alla piccola casa per asciugare le lacrime con la manica della camicia.
 


Zio Bobby è proprio forte, spiega un giorno a Sam. Sa giocare a baseball e gli ha insegnato a lanciare come i giocatori professionisti e poi l’ha portato a caccia, anche se Dean non è riuscito ad uccidere nulla – che sfortuna, dice, ma Castiel ha visto il momento esatto in cui Dean ha mirato da un’altra parte.
Zio Bobby è davvero forte, ma John lo è di più, checché la gente ne dica; le nocche di Dean sbiancano quando qualcuno ne parla male e a scuola ne parlano male praticamente tutti e Castiel può provare a tenerlo fuori dai guai quanto vuole, ma i miracoli non sono in suo potere.
Quindi quando torna a casa pieno di lividi e Bobby gli dà una strigliata, Castiel non può fare altro che concordare con un sospiro e cercare di fargli cambiare strada la prossima volta.

Dean continua a sperare che John torni a prenderli.
 

Il punto è che Castiel non può proteggerlo da lui, non può proteggerlo da John semplicemente perché Dean non glielo permette; così quando torna, non importa che Dean sia troppo cresciuto per abbracciargli le gambe o quanto puzzi di alcol o quante lavate di capo dovrà fargli, lo tira comunque in un abbraccio.
 


Cassie ha la pelle scura e i capelli ricci e il modo in cui sorride a Dean gli fa venire le gambe molli, Castiel lo percepisce; segue il suo sguardo, che finisce direttamente sul suo fondoschiena, quando gli passa davanti, lo sente sospirare e in qualche modo capisce. È qualcosa che Castiel ha visto succedere così tante volte, a cui non saprebbe nemmeno dare un nome preciso – il modo in cui Dean guarda Cassie.
Con lei, Dean parla.
Parla così tanto, e per Castiel il tempo non è nemmeno così lungo, ma gli sembra un’eternità, gli sembra di non aver sentito la sua voce per un’eternità – pensava che Dean sarebbe stato rumoroso per sempre.
(Sperava che sarebbe stato rumoroso per sempre).
Se la stringe al fianco, sotto le coperte, e le racconta di sua madre e di Sam, di Stanford, gli parla di suo padre che è un poliziotto e ha un caratteraccio anche se continua ad essere il suo eroe, anche se litiga con suo fratello per tutto il tempo, anche se un po’ più spezzato; parla a lungo e sorride così tanto, e poi ascolta Cassie e quando getta la testa indietro per ridere, Castiel sorride.
Ha visto così tante cose, Castiel, ha vissuto milioni e milioni di anni prima di Dean Winchester e vivrà milioni e milioni di anni dopo, ma nulla sarà mai bello allo stesso modo.
 



E poi succede, Sam viene ammesso a Stanford.
Dean è il primo a saperlo e l’orgoglio nei suoi occhi è palese almeno quanto la tristezza che ha nel cuore e un po’ Castiel se la sente addosso, non può impedirselo, si appiccica alla sua Grazia come colla, pizzica al centro del petto. È strano.
Non l’hanno ancora detto a John.
Il punto è che Sam non vuole farlo e Dean non lo farà al posto suo perché non sarebbe giusto, perché infondo sa che John non se la prenderà, che sarà orgoglioso quanto lui; e quindi lo porta a bere per festeggiare e poi chiama Cassie per darle la notizia.
Ma la verità è che Dean è teso.
Anche se adesso i suoi piedi arrivano al pavimento, quando saluta Cassie e accende la tv, le lunghe gambe di Sam piegate in un angolo del divano, i suoi occhi sono grandi e verdi e le ciglia lunghe e Castiel è seduto al suo fianco come vent’anni prima. È come se dovesse vederlo piangere da un momento all’altro.

“Non siamo nemmeno sicuri che tornerà a casa”, dice il minore.

“Lo farà”.

E John lo fa, ma sarebbe stato meglio se non lo avsse fatto.
È quello che urla Sam dopo un po’, perché suo padre è palesemente ubriaco, di nuovo, dice, non cambi mai, e in effetti no, Castiel l’ha visto ripetere le stesse azioni per quasi vent’anni, ha visto gli occhi di Dean farsi lucidi per quasi vent’anni.
E quindi quando Dean si mette davanti a Sam per proteggerlo Castiel si mette davanti a lui, ma il pugno di John lo attraversa così velocemente che un attimo dopo stanno tutti barcollando all’indietro, come se si fossero scottati; Castiel, però, lo sente lo stesso.

“Va al diavolo”, sputa Sam. Sbatte la sua lettera d’ammissione sul tavolo e non fa valigie né nulla, si avvia velocemente verso la porta e non si gira neppure quando John lo avverte di non tornare una volta varcata la soglia di casa.
È come se Dean si svegliasse soltanto adesso, gli occhi enormi mentre cerca di fermare suo fratello, una mano sullo stipite.

“Andiamo, papà”.

“Spostati, Dean. Non voglio rimanere in questa casa un secondo di più”.

“Sammy, andiamo. Non vedi che è ubriaco? Non sa nemmeno quello che dice, per favore”.

“Puoi andartene con lui, per quanto mi riguarda. Siete la delusione della mia vita”.

E allora Sam apre la porta con la forza e se la sbatte alle spalle allo stesso modo e Dean fissa il vuoto così a lungo con la schiena al muro; poi sospira profondamente, ma non piange.
 


Lo chiama ogni fine settimana, si accerta che le cose a Stenford vadano bene – sa che vanno bene, che ha un cervello mostruoso, ma chiama comunque per accertarsi che nessuno bullizzi quel secchione di suo fratello, dice.
Per Castiel è quasi impossibile capire cosa voglia dire veramente – Dean ha questo modo di piegare l’angolo della bocca adesso, la stira e la piega all’insù e la maggior parte delle volte non intende dire quello che dice e, d’accordo, è sempre stato abbastanza complicato comprendere le sue battute, ma ora? Ora Castiel non riesce a leggere tra le righe.
Allora lo guarda negli occhi, inclina il viso e scruta il suo, lo guarda a lungo, e quando Dean stira le labbra e sogghigna e dice qualcosa, non ha più senso starlo a sentire.

Con gli anni Castiel ha capito che Dean si contraddice, in continuazione, nega l’evidenza per la maggior parte del tempo ed è assolutamente controproducente; forse lo realizza ancor prima che lasci Cassie o in quel momento stesso, non lo sa con certezza, quello che sa è che Dean può farsi del male da solo e negarlo nello stesso tempo.
In qualche modo, in qualche modo che Castiel non arriva a concepire a pieno, fa male anche a lui.
 



“Mi dispiace”, gli dice quindi una sera. Lancia soltanto un’occhiata al letto bianco di John, poi torna a contare le lentiggini sul suo viso.
Gli poggia una mano sulla spalla e Dean tira su col naso, non lascia cadere nessuna lacrima – quelle le raccoglie Castiel.
È seduto sul sedile davanti mentre guida fino a Stanford per andare a cercare Sam.
Due anni sono un sacco di tempo per gli esseri umani; c’è stato un tempo in cui a Castiel bastava un battito di ciglia per spostarsi, ma è stato prima di Dean Winchester. Non ha lasciato il suo fianco nemmeno per un secondo.
È interessante. La vita umana è più interessante di quanto si aspettasse e allontanarsi da Dean è un’idea quasi dolorosa e anche questo è interessante perché Dean è soltanto un essere umano ed è la cosa più complessa che abbia mai visto.
 


“Pensavo si fosse ripreso dopo aver cambiato città”, riflette Sam.
“L’unica cosa che ha ripreso è la bottiglia, e quelle le vendono in tutte le città. Non ha avuto senso portarlo via di lì, sono stato un idiota”.
“Hai cercato di aiutarlo, Dean. Hai fatto il possibile quando nemmeno se lo meritava”.
“La verità è che aveva bisogno di te”.
Sam lo osserva per un attimo prima di tornare a guardare il padre. “Forse hai bisogno di riposare, posso stare io con lui. Ti faccio sapere se migliora”.
Dean annuisce piano, prende la giacca. Fuori piove a dirotto.
Piove a dirotto anche durante il funerale.
Non c’è molta gente attorno alla tomba di John Winchester, ma Dean non sembra farci caso. Ha indossato la giacca di pelle del padre per l’occasione.
“Era un bravo poliziotto”, dicono, mai era un brav’uomo. “Sarà difficile essere all’altezza del cognome che porti, ragazzo”.
E anche quando la pioggia smette e la notte cala e Dean rimane solo, Castiel rimane con lui, qualche passo indietro in segno di rispetto, perché è una cosa troppo intima e sarebbe un vigliacco a scrutare adesso i suoi pensieri.
“Dovresti andare a casa”, mormora al suo orecchio quando si fa davvero troppo tardi. Può quasi sentire la pelle gelida del suo collo sotto le dita.
“Si è fatto tardi, papà. Te la caverai senza di me?”.
“Te la caverai senza di lui, Dean”.
Dean annuisce piano, come se lo avesse sentito, prima di tornare a casa.
 


Sam riparte per Stanford la settimana dopo, Dean torna a lavoro il giorno stesso – c’è una sorta di muto accordo tra gli agenti, una sorta di riverenza nei suoi confronti, ma dura soltanto per un po’. John non è morto da eroe.
Due settimane dopo rincontra Lisa.
Dean la osserva da lontano la prima volta che la vede portare dei fiori su una tomba, la guarda rimanere finché non fa buio e a volte rimane con lei, soltanto per lei – rimane anche Castiel. E poi una sera glielo chiede, chi ha perso, le si avvicina e semplicemente glielo chiede e scopre che ha perso suo figlio e allora aspettano insieme che faccia buio e nessuno dei due parla.
Lisa ci mette un po’ a riconoscerlo e anche quando lo riconosce non cambia nulla perché non sono più gli stessi del liceo, non sono più dei ragazzini e lei ha perso suo figlio e non lo supererà mai.
Castiel sa che Dean sta sbagliando, che si sta affezionando a lei soltanto perché ha bisogno di lui – di qualcuno, Lisa ha bisogno di qualcuno.
Ma, ancora, Dean è così bravo a negare l’evidenza, non è bravo a gestire le emozioni, persino Castiel lo capisce.


“Non sono riuscito a salvare mio padre”, dice un giorno. Ha ancora addosso la divisa e le mani sporche di polvere da sparo, e allora Lisa lo bacia, anche se non lo conosce per niente, non quanto Castiel. Eppure sono passati mesi – è l’unico momento in cui Castiel distoglie lo sguardo perché, davvero, ha troppo rispetto per i morti.
Dean non è felice con lei, non è come con Cassie; è più sereno e sorride di più e il suo sorriso è sempre gentile, ma non è la stessa cosa – è quello di cui Lisa ha bisogno, ma non è Dean. Chiama sempre Sam il fine settimana, anche quando non è più a Stanford.


E poi c’è Benny, e a Castiel non piace.

Non fa altro che metterlo in pericolo con i suoi piani strampalati, gli fa storcere il naso il modo cieco in cui Dean lo segue, in cui lo asseconda; un giorno rimarrà ferito o morirà perché gli esseri umani sono così fragili e una pallottola può ucciderli in un istante e Castiel non potrà impedirlo.
Castiel desidera che Dean viva – Castiel desidera e non ha la più pallida idea di cosa gli abbia fatto Dean Winchester.
Quello che sa è che odia il suo lavoro, il lavoro di Dean, gli inseguimenti ad alta velocità e le sparatorie, e anche Lisa lo odia e glielo ripete in continuazione, che un giorno lo lascerà per questo, perché non può perdere anche lui.
Le persone perdono qualcuno ogni giorno, osserva Castiel, ogni giorno perdono qualcuno e non voglio perdere più nessuno – Castiel non ha mai perso nessuno.



Dean è ubriaco.
Non è la prima volta, è abbastanza bizzarro quando beve, le pupille dilatate e il pessimo equilibrio (Castiel ha fermato un numero considerevole di auto per evitare che venisse investito) e la voglia di cantare. L’unica differenza è che adesso c’è Benny.
“Cerco soltanto di rendere il mondo un posto migliore!”, urla Dean sbattendo il bicchiere sul tavolino, facendo ridere l’altro. Il cuore gli batte ancora fortissimo nel petto, l’adrenalina è ancora in circolo nel suo corpo. “Spero che quel figlio di puttana marcisca in prigione”.
“Amen”.

Ridono insieme, la tv accesa in un angolo, e l’attimo dopo si stanno guardando negli occhi e la mano di Benny è nei suoi pantaloni e Dean sta allargando le gambe e non è che sia la prima volta, Dean Winchester ha una vita sessuale molto attiva. Ma per qualche minuto Castiel li lascia soli.
 

Rimane a guardarlo, invece, quando lo fa con Lisa; osserva il modo in cui si lecca le labbra e le stringe i fianchi e cerca di capire cosa ci fosse di diverso in Cassie e nelle donne che Dean ha avuto prima di lei e in quelle che ha avuto dopo.
Traccia la curva del muscoli della sua schiena con i polpastrelli, fino ai capelli corti sulla nuca mentre si muove su di lei – cerca di capire, davvero, ma Dean gli sembra bellissimo come allora.




È il giorno dopo che Castiel sta male, come se gli avessero trapassato la spalla da parte a parte con una lama angelica. Ha l’impressione di sentire il sangue sulle dita, ma non c’è nessuna ferita e nessuna lama.

“Rimani a casa oggi”. Castiel gli passa una mano tra i capelli e Dean lo fissa, gli occhi socchiusi e addormentati, soltanto per un istante gli sembra che l’abbia sentito. “Dean, rimani a casa oggi”.

“Buongiorno”. Lisa gli dà un piccolo bacio all’angolo della bocca, dove le sue labbra si piegano appena, e poi si copre gli occhi con la mano. “Buon lavoro”.

“Ci vediamo più tardi”.
E Dean le accarezza il mento col pollice mentre Castiel cerca di afferrargli un braccio e non può, non può costringerlo a rimanere a letto.

Non può fare nulla.

Castiel si è sempre ritenuto un figlio ubbidiente, un soldato devoto, e lo è, davvero, lo è. Non ha mai nemmeno pensato di mettere in discussione le scelte di suo Padre, però.

“Rimani a casa”, ma Dean ha già messo la sua divisa blu e il distintivo e la pistola al fianco.

Così Castiel non può fare nulla – non può impedire al proiettile di lasciare la canna della pistola, non può impedire a l’uomo di sparare; si posiziona davanti a Dean, ma la pallottola gli trapassa la spalla e quando Dean si guarda la mano la trova sporca di sangue.
 
“Dean! Cazzo, cazzo”.
È Benny a stringerlo tra le braccia prima che crolli al suolo e gli sembra assurdo, seriamente, gli sembra surreale.
“Tieni premuto qui, amico, andrà tutto bene. Un’ambulanza, subito!”.
L’unica cosa che Castiel può fare è guardare mentre lo portano via.
 
 
Dean dorme per giorni.
Né Castiel né Sam lasciano l’ospedale, Lisa non riesce nemmeno ad entrare nella sua stanza – non voleva perdere anche lui, non vuole vederlo morire.
Nemmeno Castiel vuole; non vuole che Dean muoia in generale, non gli resta che pregare.
 


“Sono morto?”.
Castiel impiega un po’ a voltarsi, a capire che la voce si sta rivolgendo a lui mentre le macchine legate al corpo di Dean sembrano impazzire.

“Sei un angelo?”.
Castiel piega la testa, questa volta. Dean ha gli occhi verdi e il viso pallido e le sopracciglia aggrottate. “Come fai a saperlo?”.

“Mia madre me lo diceva sempre, che gli angeli vegliano su di me. Pensavo fosse una cazzata”.
Castiel riporta lo sguardo sul letto.

“Sto morendo”. Questa volta non è una domanda.

“Mi dispiace”.

“Mi hai detto di rimanere a casa”.

“Si”. Questa volta Castiel può toccarlo. Può allungare la mano e poggiarla sul suo petto e sentire il calore della sua anima ed è bellissima e la sua Grazia ribolle in risposta. “Ho provato a trattenerti, ma non sono riuscito a proteggerti. Mi dispiace”.
“Non è colpa tua, ho la testa dura”.
“Lo so”.

La sua Grazia brilla sulle sue dita e l’anima diventa luminosa, gli ferisce gli occhi, ma Castiel non può smettere di guardarla, non riesce a smettere perché non si è mai sentito così – non si è mai sentito in alcun modo.

“Ti rivedrò?”, chiede.

Ora il suo corpo giace tranquillo, il bip della macchina sembra tornato stabile.
“Spero non troppo presto”.


Quando Dean apre gli occhi, Castiel è ancora al suo fianco.
 
 

Lisa lo lascia qualche giorno dopo e va bene così, Dean non prova a fermarla, la ascolta in silenzio e le propone parlare di tanto in tanto, di sentirsi di tanto in tanto; cancella il suo numero appena lei esce dalla stanza.
 

Qualche mese dopo Sam si sposa.
Dean acquista una luce tutta sua quando si parla di Sam, gli brillano gli occhi e leggerlo è talmente facile che Castiel non ci è abituato, davvero, ma è felice di poterlo fare, di poterlo vedere in questo modo.
Suo fratello è un avvocato di successo, racconta mentre invita tutti ad alzare i bicchieri, ed è una splendida persona, nonostante il taglio discutibile dei capelli, e lui è così orgoglioso e dopotutto anche Castiel lo è.


Come sia finito, poi, a copulare in bagno con il testimone della sposa è qualcosa di troppo trascendentale persino per Castiel.

“Chiamami”, offre lo sconosciuto mentre gli lascia il numero nel taschino della giacca che non si sono preoccupati di sfilare.
“Aspetta”.

Dean gli tira la cravatta azzurra, facendo scontrare le loro labbra un’ultima volta.
 


Misha ha gli occhi blu ed è questo che frega Dean ogni volta; lo borbotta mentre infila una scarpa, stando in piedi su una sola gamba. L’altro uomo si stiracchia tra le lenzuola bianche, palesemente appagato.

“Ti piaccio soltanto per questo?”.

“Se ti dicessi le altre cose non mi lasceresti più uscire da questa stanza”.

“Non ti è mai dispiaciuto arrivare in ritardo”, sogghigna.

“È esattamente quello che dirò al mio capo quando mi prenderà a calci in culo”.

Misha lo tira per la camicia azzurra, i capelli neri scombinati e la bocca protesa in avanti per ricevere un bacio. “Nessuno può prendere a calci il tuo culo perfetto. Ti piaccio davvero soltanto perché ho gli occhi blu?”.

Dean si umetta le labbra, si abbassa per baciarlo. “Mi ricordi l’angelo dei miei sogni”.

Castiel trattiene il respiro nel momento in cui gli occhi di Misha si socchiudono. “E tu mi ricordi l’amore della mia vita”.
 



Dean ne parla con Sam una sera, una birra tra le mani e gli zigomi palesemente arrossati – non sa quand’è successo, spiega, quand’è che ha capito di essere in quel modo, no, anche in quel modo, è solo che ora ha conosciuto questo ragazzo che è un attore fallito ed è un tipo strano e fa delle cose assurde, e Sam a metà serata ha già concluso che a Dean piace da morire.

“Dio, sei così un cliché certe volte. Il testimone, davvero?”, ride il minore.

“Di solito è la damigella”, si difende l’altro, e Castiel sente le piume arricciarsi nel vederli così sereni, nel vedere Dean così felice.

“Spero di non mandare tutto a puttane”.

“Tienitelo stretto, Dean, o giuro che ti prendo a calci”.
 



Le cose funzionano per un po’.
A Castiel piace davvero Misha, adora il modo in cui Dean ride appena apre bocca, il modo in cui lo sbatte al muro e lo prende lì senza troppi giri di parole – lo adora perché Dean lo adora, è così evidente.
Le cose funzionano, funzionano sul serio; il lavoro va bene e Misha è fantastico e Dean ha persino degli amici e non passa la sera preoccupato a morte per John o preoccupato per Lisa o per Sam che viene bullizzato dai bulli di Stanford.

Poi Dean scopre di Jensen.

È domenica pomeriggio e Misha ha questa foto sul cellulare, questa foto di quest’uomo che assomiglia un sacco a Dean – non gli assomiglia per nulla, pensa Castiel, perché la sua anima è molto più bella, ma per loro non ha importanza.
Può percepire l’esatto momento in cui il cuore di Dean si spezza e le sue labbra si piegano in questo ghigno ironico che Castiel ha impiegato così tanto a decifrare. Gira lo schermo verso l’altro.

“Ti ricordo davvero l’amore della tua vita?”.

Misha solleva gli occhi blu, a Castiel non piace nemmeno più così tanto. “È un problema?”.
Dean scuote la testa. “Lui lo sa?”.

“Dean…”.

“Rispondimi e basta. Non sono arrabbiato, sono solo – wow, devo imparare a prenderti in parola, amico”.

“No”, risponde armeggiando con il lenzuolo. “Non lo sa. Non vorrebbe saperne nulla in ogni caso”.

“Dovresti dirglielo”. Dean afferra la camicia dal pavimento, le dita gli tremano mentre cerca di infilare i bottoni nelle asole. Castiel poggia una mano sulle sue, sfiora il dorso col pollice. “Invece di perdere tempo con una copia. Anche se è la migliore”.

“Dean, tu non sei solo una copia, lascia che – dove stai andando?”.
“Devo vedermi con Sam”, taglia corto.
 
 


Dean guida troppo veloce quando è arrabbiato; guida per chilometri e se Castiel non conoscesse ogni pezzo di Terra come il palmo della sua mano, perdersi sarebbe semplicissimo – ogni tanto a Dean piace perdersi.
Per questo non si sorprende quando lo vede uscire da un locale dopo un altro ogni sera, piacevolmente accompagnato da persone diverse. Castiel si accerta che non venga accoltellato in un vicolo.
 



Dean non perde più la testa per nessuno, almeno finché non arriva Mary.
Ha un sorriso sul viso che non gli ha mai visto mentre la tiene in braccio – Castiel ha aspettato fuori dalla sala operatoria seduto al suo fianco, come tradizione vuole, e ha atteso con impazienza il momento in cui gli occhi di Dean si sono accesi d’entusiasmo. Gli sembra di aver aspettato un’eternità.
Mary non ha quasi niente di Mary; ha i capelli castani e gli occhi chiari e Dean sembra abbastanza sicuro di aver trovato la donna della sua vita.
 
In qualche modo l’idea che un giorno Dean possa diventare padre gli scalda il cuore – le persone mettono a mondo dei bambini ogni giorno e ogni nascita è perfetta anche quando non lo è, ma la progenie di Dean potrebbe essere un’ ottima ragione della vita di Castiel.
 
“Saresti un’ottima tata”, ride Sam, e Castiel non può fare a meno di allontanare di scatto il viso quando la bambina sputa la propria colazione sulla faccia di Dean.
“Secondo me ha preso tutto da te”, borbotta mentre si pulisce il volto. “Guardala come si diverte a sputare cose in faccia allo zio Dean, tutta suo padre. Sei una piccola peste come quella piaga di papà, ah?”.
Mary ride, la bocca sdentata e le guance paffute, quando le fa il solletico con l’indice, appena sotto le braccia corte. La faccia di Dean probabilmente deve essere invitante perché la bimba ci spiaccica sopra un po’ del pasticcio ambrato e stavolta ride anche Castiel; gli parte dai polmoni, la cassa toracica si stringe, la sente vibrare sulle corde vocali e l’attimo dopo sta ridendo insieme a Dean e Sam e Jessica, e allora comprende finalmente l’umana condivisione dei sentimenti.
 


Dean esce più di rado da quando c’è Mary, non passa più così tanto tempo nei locali; va a lavoro e Castiel lo tiene al sicuro come può, va dai suoi genitori di tanto in tanto, passa il tempo libero nell’officina di Bobby insieme a sua nipote quando Sam e Jessica sono impegnati fuori città.
 
“Quella roba è legale?”, chiede mentre apre lo sportello dell’Impala, indicando dei rottami accantonati in un angolo. Bobby grugnisce.
“Vai a fare lo sbirro da un’altra parte, moccioso”.
“Nonno Bobby è più nervoso del solito oggi, ma non temere, ti ci abituerai. Non è che sia esattamente una principessa tutti gli altri giorni”.
“Smettila di mettermi in cattiva luce con la piccola, chi pensi che dovrà sopportarla quando voi idioti vi farete venire le crisi di mezz’età e tuo fratello vorrà portarla in campeggio?”.
Dean allaccia accuratamente tutte le cinture del seggiolino sul sedile davanti, sistemando la bambina. Castiel prende posto su quelli posteriori.
“Dacci un taglio, non vedi che la stai spaventando? Non dargli retta, piccola, zio Dean non lascerà che papà ti porti in campeggio a sentirlo lamentarsi degli insetti”.
“Idiota”, sbuffa l’uomo. “Non ti dimenticare di andare a prendere Ellen e Jo. E non dimenticare il tacchino”.
“Agli ordini, capo”.


Castiel poggia la guancia sul sedile davanti, osserva il riflesso di Dean dallo specchio mentre canticchia una canzone e comunica a Mary quale ascolteranno dopo – a John piacevano i Led Zeppelin e piacciono anche a lui, quindi di sicuro piaceranno anche a lei perché evidentemente è nel sangue dei Winchester, soltanto che Sam è uscito un po’ così. Dean le parla un sacco, cerca di insegnarle più cose possibili, e Castiel potrebbe quasi abituarsi a tutto questo, alla voce di Dean che canticchia una vecchia canzone.
 




Castiel non avrebbe mai pensato di poter apprezzare il Natale dei terrestri; l’ha sempre trovato rumoroso per la maggior parte del tempo e abbastanza inadeguato, a tratti frivolo e privo di significati.
Ricorda bene i primi Natali dei Winchester, il modo in cui non riusciva a raggiungere la punta dell’albero e John lo sollevava per posizionare l’angelo; Castiel li osservava con le sopracciglia aggrottate e si chiedeva distrattamente il perché di quella pratica oscena.
Ora Dean è un po’ più grande e ha delle piccole rughe attorno agli occhi, alcune sulle guance quando sorride; solleva Mary per aiutarla a sistemare l’albero e si lascia rimproverare da Ellen quando prova a sgraffignare qualcosa da magiare.
Lancia delle frecciatine a Jo, di tanto in tanto, copre le orecchie alla bambina mentre battibecca con quella puttana di suo fratello,  chiede a Bobby se serve aiuto a salire le scale visto che ha una certa età e non può fare più certi sforzi e schiva appena in tempo una pantofola volante, che attraversa la faccia di Castiel.
Dean si ferma soltanto per qualche minuto in camera di Mary – gli angeli vegliano su di te, dice mentre le accarezza lo zigomo con l’indice.
 
 
 
Dean non fa fatica a trovare compagnia nemmeno quando gli anni passano e il lavoro diventa un po’ più faticoso, le notti un po’ più brevi; va a prendere Mary a scuola quando può, si ferma un po’ più a lungo per vedere l’insegnante, ma questo ancora non lo sa.
Se ne accorgerà troppo tardi, come sempre.
 


“Zio, ti piace la signorina Milton?”.
Dean sbatte le palpebre, incrociando lo sguardo di sua nipote. Castiel è pienamente concentrato nel contare le sue lentiggini.
“Cosa? No! Voglio dire, se a te piace, piace anche a me”.
La bambina solleva il sopracciglio scuro. “Allora cosa stiamo aspettando esattamente?”.
Dean apre la bocca un paio di volte, Castiel perde il conto.
“Tutta suo padre”.
 
Alla fine Dean non deve nemmeno sforzarsi granché, è Anna a chiedergli di uscire per parlare della sua alunna; Castiel ha avuto a che fare con Dean per troppo tempo per crederle per più di un istante. Non deve fare altro che accettare.
 


“Il punto è che non voglio una relazione”, spiega, tenendo il cellulare tra l’orecchio e la spalla mentre rovista nell’armadio.
“Però ti piace”, sente dall’altra parte. La voce di Sam però è disturbata.
“Beh, mi piace pressappoco tutto ciò che respira, Samantha. Se sono queste le argomentazioni che porti in tribunale –”.
“Non stai ringiovanendo, Dee. Di questo passo invecchierai da solo e io non verrò a tenerti il catetere, fratello”.
“Beh, forse è il mio catetere che non vorrà essere tenuto da te. Beccati questo, Alicia Florrik”.
Castiel può quasi percepire gli occhi di Sam che si alzano al cielo dall’altra parte. Traccia con le dita la curva del braccio nudo, fino al piccolo foro sul pettorale.
“Dean, datti una possibilità, non partire prevenuto. Magari Anna è la persona giusta, non puoi saperlo se non ci provi”.
“Ma –”.
“Devo andare adesso, ci sentiamo più tardi. Fammi sapere come va l’appuntamento”.
Dean lancia il cellulare sul letto, si passa una mano tra i capelli mentre scruta il se stesso riflesso nello specchio. “Non sono vecchio”, borbotta prima di infilare una camicia scura.
 


A Dean Anna piace – non nel modo in cui gli piacciono tutte le altre, gli piace in quel modo e Castiel sospira perché se c’è una cosa che ha imparato di Dean Winchester negli ultimi quarant’anni è la sua capacità di auto sabotarsi. Ma la cena va bene, Dean fissa il numero di Anna tra un turno e l’altro per più di una settimana prima di richiamarla.

Il resto del tempo lo passa a lavoro.
 




C’è questa indagine in corso e Dean non ci dorme la notte, seriamente, rimane sveglio a fissare il soffitto perché sembra che questo mostro rapisca i bambini e non esiste che possa succedere qualcosa a Mary.
Istintivamente Castiel pensa di dover proteggere anche lei.
 


“Alcuni testimoni dicono di aver visto un camioncino bianco aggirarsi vicino alla scuola elementare”. Benny si massaggia gli occhi, si stiracchia appena nello stretto abitacolo dell’auto di polizia. “Tu non te la facevi con la maestra?”.

“Che genere di camioncino?”.

“Del genere bianco, amico”.

“Un camioncino dei gelati? Per il trasporto merci? Magari era un’autombulanza. Concentrati”.

“Beh, se ce n’è uno lo vedremo. Quei figli di puttana non ce la faranno sotto al naso”.



Scompaiono altri due bambini nel giro di pochi mesi, Dean non si guarda più molto allo specchio – è come se li portasse tutti sulla coscienza, come se non si stesse impegnando abbastanza, ma Castiel sa che Dean fa del suo meglio per rendere il mondo un po’ migliore e in qualche modo gli è grato per questo.
Interroga la signorina Milton più di una volta, Sam e Jessica hanno portato Mary in vacanza; la sera Dean si siede alla scrivania e lavora al caso, studia le foto e le carte e scopre che anche Ben, il figlio di Lisa, è scomparso allo stesso modo anni prima, in un’altra scuola.
Castiel lo osserva sfregarsi gli occhi, frustrato, il fallimento gli pesa sulla schiena come un macigno.
 
Non si può sempre vincere, pensa Castiel – il più delle volte gli esseri umani falliscono, si prefissano obiettivi troppo ambiziosi per la maggior parte del tempo e alla fine Dean ha risolto più casi di quanti ne abbia lasciati aperti.
 


“Non è colpa tua”, Anna lo guarda negli occhi mentre lo dice. Castiel vorrebbe poterlo fare, ultimamente vuole così tante cose.

“È il mio lavoro, dovrei essere in grado di farlo”.

“Lo sei”. Intreccia le proprie dita tra le sue sul bracciolo del divano. Castiel le fissa a lungo. “Dean, tu sei un ottimo poliziotto, ma non sempre sono i buoni a vincere.
Tu hai fatto il possibile”.

“Scusa, Anna, sono stanco. Penso che andrò a casa”.



E Dean lo è, davvero.
Ha le borse sotto agli occhi e le rughe un po’ più marcate attorno alla bocca anche quando non sorride, ha gli occhi lucidi anche quando non piange. E allora Castiel gli posa due dita sulla fronte e lo lascia dormire per un po’, si affaccia nei suoi sogni e lo guarda pescare tranquillo per tutta la notte.
 


Dean ha sempre bevuto, Castiel è rimasto ore seduto al bancone accanto a lui, ha praticamente imparato tutti i nomi dei liquori sugli scaffali, ha memorizzato alla perfezione le combinazioni dei cocktail, dei più vari e colorati – Dean ha sempre bevuto, ma non è mai diventato come John. È una di quelle soglie che Castiel pensa Dean non voglia varcare perché non vuole morire schiantandosi con la sua auto a tutta la velocità, non quando è ubriaco. A Dean piace la sensazione della velocità – non gli piace volare e Castiel gli ha tenuto il broncio per giorni per questo.
Eppure una notte si lascia andare, beve tutto quello che può reggere, e anche la notte successiva e quella ancora e quella ancora e quella ancora – non piange più, Dean, perché gli adulti non lo fanno, ma Castiel preferirebbe che lo facesse.
 



È piena estate quando incontra James.
Il caso dei bambini scomparsi non è stato ancora archiviato, Dean non ha mai incontrato i genitori di persona, a parte Lisa, e come avrebbe potuto? Ma James è arrabbiato e vuole essere ascoltato e Dean ha sempre avuto un debole per gli occhi blu e quindi lo fa sedere, e ha ragione, James ha ragione su tutto, Dean farà il possibile per trovare sua figlia Claire.
 
Alla fine li trovano. Di qualche anno più cresciuti, un po’ più magri, in un magazzino abbandonato durante delle riprese di un film porno amatoriale, ma vivi.
E Dean deve chiamare Lisa per farle sapere che per Ben è troppo tardi e deve ammanettare Anna e rispondere ad una marea di domande, ma soprattutto deve portare a cena James per ringraziarlo.
Anche Castiel gli è grato.
 




“Dovrai spiegarmi il perché di questa cena o penserò che ci stai provando con me”, dice, e Dean sorride, un sorriso bello, di quelli che piacciono a Castiel.

“Volevo ringraziarti. Per non esserti arreso quando la maggior parte delle persone avevano perso le speranze”.

“Non avrei mai potuto, Claire è mia figlia”. James scosta una foglia di insalata con la forchetta. “Grazie per avermela riportata”.
Dean gli risponde che quello è il suo lavoro, riportare indietro le persone scomparse, e che spera che Claire si riprenda presto dalla brutta esperienza e poi lo invita di nuovo a cena; così questa volta posso provarci sul serio, aggiunge. Ma Jimmy gli chiede di aspettare ed è perfetto perché Dean ha bisogno di tempo per ricucirsi, e quindi aspetta.
 




A Claire Dean non piace, e Castiel è quasi indignato perché, andiamo, Dean piace a tutti. Per quanto ci provi, per quanto provi ad essere gentile con lei, Dean si è rassegnato all’idea che piacerà sempre e comunque molto più al signor Novak che a sua figlia.
Mary, invece, ci va perfettamente d’accordo.

“Sono quasi invidioso”, borbotta dalla propria sedia a sdraio, sollevando gli occhiali da sole per osservare le due adolescenti confabulare tra loro. “Lei non ha dovuto sforzarsi per piacere a tua figlia”.
James gli si spalma letteralmente addosso, portandogli del bacon alle labbra. "Ai Novak non piacciono la maggior parte delle persone, arrenditi”.

“Quindi sono l’eccezione che conferma la regola, papà Novak?”.
“Dean non accetterà mai l’idea di non piacere a qualcuno”, interviene Sam. “È una prima donna”.
“Va al diavolo”.
 




Castiel rimane seduto sull’erba, osserva come il sole renda i capelli di Dean un po’ più grigi sulle tempie e la pelle più abbronzata; inclina la testa e per un attimo gli sembra di vedere John, ma è solo una sensazione e Castiel non è ancora bravo con le sensazioni.
Per la prima volta ha paura.
La riconosce quasi immediatamente perché è simile alla notte dell’incendio, simile al giorno della sparatoria, ma non c’è dolore questa volta, nessun segnale dall’alto – ha paura, Castiel, di quando Dean morirà.

Non è pronto a perdere qualcuno.

 Seriamente, non lo è, sa di non esserlo, ma i giorni passano così in fretta e cos’è il tempo per un angelo?

E Mary cresce così in fretta e Dean è già troppo stanco per assistere ad una nuova nascita, e Castiel è stanco con lui, come se sentisse i suoi milioni di anni soltanto adesso; così quando Dean si avvicina alla riva, anche Castiel rallenta per essere al suo passo e si immagina con i capelli bianchi e le rughe e gli pare quasi di vederlo, il suo riflesso nel mare accanto al  suo.

Si siedono sulla sabbia, senza scarpe.




“Ti ho cercato”, gli dice, lo sguardo perso nell’oceano.

“Non mi hai mai perso, sono sempre stato qui. Ho vegliato su di te”.

“Lo so. Ma avrei voluto incontrarti prima”.

 “Speravo di non doverti incontrare così presto, in realtà. Non so cosa farò senza di te”.

“Accompagnami dove andrò”. Dean si umetta piano le labbra, arriccia le dita dei piedi. “Non voglio andarci da solo”.

Castiel inclina la testa di lato, si tira le ginocchia al petto. La sua mano è così vicina, le loro dita si sfiorano quasi. “È un’idea”.

“Non so nemmeno come ti chiami”.

“Castiel”.


Castiel fissa per qualche secondo le loro mani sporche di sabbia, accarezza il dorso della sua con il pollice, come ha fatto anni prima.

“Grazie per aver vegliato su di me, Cas”.















 


#Angolodellaprocrastinazione


E NON LO SO.

Boh raga, se avete letto fin qui vivvibbi che siete così coraggiosi madonna, solo le note e poi vi lascio andare giuringiurello.
Cioè, me ne ricordo solo due 1. Alice è la protagonista di The Good Wife, l'avvocatooo-- la sapete, no? Sti ignoranti.
2. Tutte le persone con le quali Dean sta in questa storia hanno qualcosa di Cas apparte Lisa. Cassie il nome, Anna è un angelo e Jimmy beh LOL LISA ME SERVIVA PER INTRICA' LA TRAMA CHE NE SO
Comunque scappo che so le cinque de mattina e non voglio essere linciata da mia madre <3

La verità è che sto procrastinando I Always come when You call, vogliateme bene ugualE NON SO PERCHE' TENTO DI SIMULARE UN PESSIMO ACCENTO ROMANO

Grazie a tutti quelli che spenderanno un po' di tempo a leggere/recensire questa storia! Ve amo, fiori de campo de zia <3

*Sbatte la capa sul pc e va in coma*

 
  
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